ROCKSAURI - A 70 ANNI KEITH E MICK HANNO FATTO PACE. JAGGER HA PRETESO SCUSE PUBBLICHE. CHE SONO ARRIVATE

Andrea Laffranchi per il "Corriere della Sera"

I Rolling Stones vicini alla rottura. A un passo dal traguardo dei 50 anni, la band simbolo del rock and roll ha rischiato di sfaldarsi. «Ci penso spesso: la band è ormai a pezzi, ma si può mettere a posto. Nessuno di noi l'ha mai buttata nella spazzatura. Eravamo più sulla linea di "Ok, è rotta ma con un po' di impegno la possiamo rimettere in sesto". È quello che abbiamo fatto nell'ultimo anno, e ora è molto più in forma di quel che speravo».

Parole di Keith Richards che, in un'intervista in uscita sull'edizione italiana di Rolling Stone in edicola sabato, ripensa a quanto la sua autobiografia «Life» e le sue cattiverie sul fratello-rivale Mick Jagger - lo ha definito «insopportabile» - abbiano rischiato di far saltare il delicato equilibrio.

Fratello poi è una parola che Mick, lo precisa nello stesso articolo, non digerisce. «È quello che dicono tutti, ma io un fratello ce l'ho già. Il mio rapporto con lui non ha niente a che fare con quello con Keith. Con un fratello ci sono i genitori in comune, le famiglie. Keith e io non abbiamo niente di simile. Lavoriamo insieme. Chi non ha fratelli pensa che suonare insieme in una band sia come essere fratelli, ma in realtà è tutta un'altra cosa».

Sia quel che sia, alla fine Keith e Mick hanno fatto pace per l'ennesima volta. Jagger ha preteso scuse pubbliche. Che sono arrivate. Ma nel botta e risposta i due si pizzicano ancora. Mick : «Beh, diciamo che è stata una buona cosa il fatto che si sia scusato. Sì, in fondo era la condizione necessaria per andare avanti», dice il cantante. Keith: «Ho risposto che ero dispiaciuto di averlo fatto soffrire e... sai che c'è? Direi qualsiasi cosa per tenere insieme la band, avrei mentito a mia madre», spiega il chitarrista.

Alla fine gli Stones sono tornati a suonare per celebrare i loro 50 anni. Dopo i concerti dello scorso autunno, si sono rimessi in tour negli Stati Uniti e ora sono in Inghilterra dove sabato li attende il mitico festival di Glastonbury. La formula che li tiene assieme è segreta. Forse a loro stessi.

«Sappiamo di essere grandi e coltiviamo il folle desiderio di diventare ancora più grandi - ammette Keith -. Non esiste una band in cui tutti i membri vanno sempre d'accordo. Però nessuno parla mai del 98 per cento delle volte in cui Mick ed io andiamo d'accordo. Il mio unico mezzo di comunicazione è la musica. Chiamalo accordo tra gentiluomini o come ti pare, ma il fatto è che, quando lavoriamo insieme, tutte le barriere tra di noi tendono a scomparire».

Prova a trovare un punto di equilibrio Charlie Watts, il batterista: «Quando suoniamo, se la musica è grandiosa, Mick perdona Keith, e viceversa. È andata così, e anche Keith ha perdonato se stesso per quello che ha scritto. La musica salva ogni cosa».

Se non è per le liti fra i due, degli Stones si parla in abbinata agli eccessi. Stones e droga. Sembra che non si possano scindere. «Rimanere sobrio sarebbe abbastanza innaturale per me, non trovi? Tutto con moderazione, come si suol dire. È quando ti dimentichi di questo vecchio detto che le cose si mettono male», dice Keith che con l'eroina ci è andato giù pesante.

Anche Ron Wood, l'altro chitarrista, si è ripulito da sostanze e alcol: «È una specie di magia. Essere lucido mi ha ridato sicurezza, suono meno di prima, ma mi sembra che quello che faccio abbia più significato. È una bella gratificazione - confessa a Rolling Stone -. Me ne rendo conto soprattutto nel mio rapporto con Keith. Ora cerchiamo di capirci e di chiarire tutto, prima quando eravamo strafatti giravamo la testa dall'altra parte e ci pensavamo dopo».

Le liti, la droga e la longevità. Ecco il terzo punto che non si può trascurare in una conversazione sulla band inglese. «È la longevità che aumenta il nostro fascino, come uno strato che si deposita sopra, la patina del tempo su un bel mobile antico - precisa Mick -. Essere in giro da 50 anni ti dà... una luce e una brillantezza diverse, direi».

Lui, ieri ha compiuto 70 anni, deve pensare anche alla forma fisica: «Quando sono sul palco non mi limito a cantare, voglio anche offrire una performance. Muovo le braccia, corro, ballo e questo mi porta via la metà del fiato. Il mio obiettivo è trovare un equilibrio, non voglio certo ritrovarmi senza voce. A casa, per mantenerla allenata, mi esercito con il karaoke, scrivo molte canzoni, registro dei demo, canto». Il karaoke? Ecco, se non ce l'hanno fatta liti droga o l'età, un mito si può distruggere così.

 

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