STAGISTI OSSIGENATI, ZOMBIE E ASPIRANTI VIP SUL “PINK CARPET” DELLE SERIE TV MADE IN ITALY – AL ROMA FICTION FEST L’AUTOANALISI COLLETTIVA DI UN’INDUSTRIA CHE NON RIESCE A STARE AL PASSO CON GLI STRANIERI

Marco Cubeddu per "il Giornale"

 

roma fiction festroma fiction fest

Chiude il Luna Park delle serie tv che da qualche anno si organizza a Roma. Come per i baracconi itineranti, tornando a casa, ci si amareggia perché lo zucchero filato non era buono come ce lo ricordavamo, la casa degli orrori non faceva orrore per niente e ci siamo fatti gabbare da tirassegno truccati.

 

Forse non avevamo alcun bisogno di aggirarci tra efebici stagisti della Fox di un biondo innaturale, fanatici di The Walking Dead che sorseggiano spritz, truccati da zombie, pupazzoni di Simpson, Spongebob e Tartarughe Ninja che sfilano sul pink carpet (non è un refuso), circondati da invidiosi registi di videoclip e produttori indipendenti accorsi per procacciarsi contatti al mercatino di serial e docuweb, tra corridoi deserti la mattina, semideserti al pomeriggio e popolati della peggio marmaglia affetta da vippomania la sera. Ma insomma, una volta l'anno è divertente.

Carlo Freccero Carlo Freccero

 

Il vero centro della faccenda però sono i verbosi convegni sullo stato di salute della fiction in Italia. Alla domanda «Ma perché fino a oggi abbiamo prodotto solo merda» la risposta degli addetti ai lavori sembra essere l'evergreen di Norimberga: «Eseguivamo gli ordini».

 

A ben pensarci avrebbe anche potuto essere la log line del Roma Fiction Fest, certo più azzeccata della pretenziosa: «La fiction, niente di più vero» e della pedagogica: «Guardare la fiction per capire il reale» che campeggiano sui cartelloni dell'Auditorium.

Prese singolarmente, le intenzioni sono tutte ottime. A cominciare dalle riflessioni di Carlo Freccero, direttore artistico: «La nostra storia dimostra che i nostri migliori sceneggiatori hanno prodotto il nostro miglior cinema», «Il problema in Italia è che si produce solo per Canale 5 e Rai 1», «Ripartiamo dagli autori, produciamo per pubblici diversi, compreso quello che definisco dei borghesi con capitale culturale».

 

Carlo Freccero Carlo Freccero

Gli fanno eco Follini, Presidente dell'associazione dei produttori: «La produzione è un valore che la legge deve preservare», il Presidente della film commission Piemonte, Bracco: «La fiction è produttivamente interessante anche per il risvolto occupazionale sul territorio, date le varie settimane di riprese», Giusto Toni, tra le mille altre cose ex direttore generale Digicast, produttore di contenuti per Sky: «A parte piccoli orgasmi su Sky, la scelta sembra essere “O me ne vado a lavorare a Los Angeles o continuo a selezionare santi dal calendario”», lo sceneggiatore Nicola Lusuardi: «Siamo vittime di poche decisioni editoriali, pochi canali, quote fisse di guadagno che fanno in modo che il successo non conti e conti solo spendere meno di quello che incassi, in una gara al ribasso», il suo collega Stefano Sardo: «Su quanto sia necessario riportare al centro la scrittura in Italia basta pensare che le serie USA nel programma del Rff sono presentate con created by, quelle italiane con “regia di”.

 

Dovremmo creare più show runner» e si potrebbe andare avanti per ore: hanno tutti ragione. Lo dico senza ironia. Sono tutti (o quasi) persone sensibili, raffinate, con palati televisivi e cinematografici a dir poco esigenti. Prova ne è che nessuno di loro, da spettatore, guarderebbe mai niente di tutto quello che fa.

 

E allora perché lo fa? Le spiegazioni si accavallano. C'è chi attacca l'idea che manchi un approccio industriale, chi all'opposto sostiene che in nome dell'approccio industriale si perda l'autorialità, fattore centrale nel rinascimento delle serie tv nel mondo. Chi attacca le emittenti televisive, chi il pubblico barbaro, chi il sistema politico. E non c'è niente da fare. Hanno tutti molte ragioni, ma nessuna soluzione. Soprattutto, come a Norimberga, tutti si de-responsabilizzano, tentando di camuffare e nobilitare una verità innominabile: «Faccio merda perché se non la facessi io la farebbe qualcun altro, tanto vale che sia io quello che estingue il mutuo sulla casa e ne accende uno per la barca».

NICOLA LUSUARDINICOLA LUSUARDI

 

È una scelta legittima. Che mi sentirei di sposare in prima persona. Ma poi non lamentiamoci se ci troviamo costretti a idolatrare piccole oasi felici e accettare di vivere in un paese creativamente desertificato in cui il massimo che si può dire è: «Beh, 'sta serie, per essere fatta in Italia… non è male».

 

Basta fare un esperimento. Se uno si guarda l'anteprima di serie come House of Cards, Utopia, Fargo, True detective, Orange Is the New Black (il RFF vale la pena per queste) e il minuto dopo entra in un'anteprima italiana, come si sente? Panico, vertigine, nausea. È quello che mi è successo con Il candidato. Presentata come «la risposta italiana al political drama» e «un'opera meravigliosa su un argomento spinoso: la politica» (apriti cielo), andrà in onda durante Ballarò con protagonista Filippo Timi. Gli autori dichiarano di non aver «ricevuto nessuna pressione dalla Rai» (chissà cosa avrebbero combinato altrimenti). Il risultato è una sketchcom che fa pensare a Camera café come a un capolavoro.

 

filippo timifilippo timi

Per fortuna si ride con La narcotici. Peccato sia una serie drammatica. Altro argomento «spinoso»: la droga. Si sa, una piaga sociale. Trattata, viene detto, in maniera politicamente scorretta, ma «con uno sguardo ai bambini che ci guardano da casa» (ma che vorrebbe dire?!?). Immaginatevi il risultato. Vi dico solo che c'è una brava ragazza che viene indotta a drogarsi dal padre ricco e pederasta, dipendente da una sostanza letale. È chiaro che, subito dopo il primo tiro di roba, diventa lussuriosa e spregiudicata, continua a farsi senza sosta fino a ingaggiare una gara automobilistica con un treno in corsa.

 

 Picchi di sceneggiatura: «Avrei voluto che esistesse il tasto rewind per cambiare tutto e rimettere le cose a posto», «Sara, svegliati è primavera» e «Sembra un angelo caduto dal cielo».

 

Dire «cosa fare» per saldare autorialità e industria (che sono in contrapposizione solo nella testa dei mentecatti), assumerci responsabilità artistiche personali e smettere di «eseguire ordini» è complicato. Ma è semplice dire «cosa non fare»: non assegnare premi per sceneggiature inedite a ragazzine che ritirandolo dicono senza ironia: «Ringrazio il mio cane per avermi ispirato i dialoghi», non farsi impartire lezioni di drammaturgia low budget dai produttori spagnoli di una soap di ambientazione bucolica ottocentesca o dai loro sodali turchi (ci mancava solo il turkish drama) capaci di dichiarare: «Non abbiamo fatto nulla per avere successo all'estero, ci guardano anche i vietnamiti ma non sappiamo perché». Sarebbe un buon inizio per il Fiction Fest 2015.

 

Twitter: @cubamsc

Ultimi Dagoreport

friedrich merz donald trump starmer macron meloni von der leyen jd vance

DAGOREPORT - L’INCONTRO DI GIORGIA MELONI CON VANCE E VON DER LEYEN È STATO SOLO ''ACCIDENTALE'': È STATO POSSIBILE IN VIRTU' DELL’INSEDIAMENTO DI PAPA LEONE XIV (NON È STATA LA DUCETTA A CONVOCARE I LEADER, BENSI' SANTA ROMANA CHIESA) – LA "COMPASSIONE" DI TRUMP, CHE HA COINVOLTO LAST MINUTE "COSETTA" MELONI NELLA CHIAMATA CON MACRON, STARMER E MERZ – LE FAKE NEWS DI PALAZZO CHIGI PROPALATE DALLA STAMPA E MEDIA DI DESTRA COL SUPPORTO DEL “CORRIERE DELLA SERA”:  ALL’ORIZZONTE NON C’È MAI STATO ALCUN INVIO DI TRUPPE EUROPEE AL FIANCO DI KIEV CONTRO MOSCA. SOLO DOPO LA FIRMA DI UNA TREGUA, GRAN BRETAGNA E FRANCIA SONO A FAVORE DI UN INVIO DI TRUPPE, MA UNICAMENTE AL FINE DELLA SALVAGUARDIA DEI CONFINI UCRAINI, E COL FONDAMENTALE SUPPORTO INTELLIGENCE DELLA CIA - ALTRA MINCHIATA DELLA PROPAGANDA ALLA FIAMMA: NON E' MAI ESISTITA LA VOLONTÀ DI ESCLUDERE L’ITALIA DAL GRUPPO DEI ''VOLENTEROSI''. È LA "GIORGIA DEI DUE MONDI" STESSA A ESSERSI CHIAMATA FUORI, IN PREDA ALL'AMBIZIONE SBAGLIATA DI DIVENTARE LA "PONTIERA'' TRA STATI UNITI ED EUROPA, E PER EVITARE GUAI IN CASA CON IL SUO NEMICO PIU' INTIMO, MATTEO SALVINI...

giuliano amato

AMOR CH’A NULLO AMATO – IL RITRATTONE BY PIROSO DEL DOTTOR SOTTILE: “UN TIPO COERENTE E TUTTO D’UN PEZZO, UN HOMBRE VERTICAL? O UN SUPER-VISSUTO ALLA VASCO ROSSI, ABILE A PASSARE INDENNE TRA LE TURBOLENZE DELLA PRIMA REPUBBLICA, UOMO-OMBRA DI CRAXI, MA ANCHE DELLA SECONDA?” – ALCUNI PASSAGGI STORICI DA PRECISARE: AMATO NON SI CANDIDÒ NEL 2001 A CAUSA DI ALCUNI SONDAGGI-PATACCA SVENTOLATIGLI DA VELTRONI, CHE DAVANO RUTELLI IN VANTAGGIO SU BERLUSCONI – A FERMARE LA CORSA AL QUIRINALE DEL 1999 FU MASSIMO D’ALEMA, CHE LO SCARICÒ PER IL “NEUTRO” CIAMPI  - IL MANCATO VIAGGIO AD HAMMAMET E IL RAPPORTO CON GIANNI DE GENNARO...

ernesto galli della loggia giorgia meloni

DAGOREPORT - FAZZOLARI E' PER CASO IL NUOVO DIRETTORE DEL "CORRIERE"? - IN UNA PRIMA PAGINA CHE NASCONDE LE MENZOGNE DI GIORGIA MELONI, SPUTTANATA DA MACRON, BRILLA UN EDITORIALE VERGOGNOSO DI GALLI DELLA LOGGIA CHE SI DOMANDA: "SE LA GERMANIA (DI AFD) HA DAVVERO FATTO I CONTI CON IL SUO PASSATO NAZISTA. IN ITALIA, INVECE, UN PARTITO CHE PURE HA LE SUE LONTANE ORIGINI NEL FASCISMO GOVERNA DA TRE ANNI IN UN MODO CHE SOLO I COMICI (DUNQUE PER FAR RIDERE…) GIUDICANO UNA MINACCIA PER LA DEMOCRAZIA" - L’EX MAOISTA, POI TERZISTA, QUINDI BERLUSCONIANO, 5STELLE, INFINE MELONIANO  DEVE STUDIARE UN PO’, INVECE DI CAMBIARE PARTITO A OGNI CAMBIO DI GOVERNO. NEL DOPOGUERRA IN GERMANIA, GLI EX NAZISTI RIENTRARONO NEL CONTESTO SOCIALE E OTTENNERO POSTI DI POTERE NELLE INDUSTRIE PIÙ AVANZATE FINO ALLA CONTESTAZIONE DEL '68, SIMBOLEGGIATA DALLO SCHIAFFONE RIFILATO DALLA STUDENTESSA BEATE KLARSFELD AL CANCELLIERE (EX NAZISTA) KURT KIESINGER – IN ITALIA LA DESTRA ALLA FIAMMA DI FINI FU SDOGANATA DAL GOVERNO BERLUSCONI, DOVE IL MINISTRO DELLA GIOVENTU' ERA GIORGIA MELONI. COSA CHE IL GALLI OMETTE ESSENDO ORA COLLABORATORE DEL GOVERNO DUCIONI PER IL SETTORE SCUOLA...

andrea orcel unicredit

DAGOREPORT - IL RISIKO DELLE AMBIZIONI SBAGLIATE - COME PER IL GOVERNO MELONI, ANCHE ANDREA ORCEL NON IMMAGINAVA CHE LA STRADA PER LA GLORIA FOSSE TUTTA IN SALITA - IL RAFFORZAMENTO IMMAGINATO DI UNICREDIT, PER ORA, È TUTTO IN ARIA: IL MURO DI GOLDEN POWER DELLA LEGA HA RESO MOLTO IMPROBABILE LA CONQUISTA DI BANCO BPM; BERLINO RITIENE “INACCETTABILE” LA SCALATA ‘’NON AMICHEVOLE” DI UNICREDIT ALLA SECONDA BANCA TEDESCA COMMERZBANK; LE MOSSE DI NAGEL E DONNET GLI DANNO FILO DA TORCERE; CREDIT AGRICOLE, CHE HA UN CONTRATTO IN SCADENZA PER LA GESTIONE DEL RISPARMIO CHE RACCOGLIE UNICREDIT, HA UN ACCORDO CON BPM, DI CUI E' PRIMO AZIONISTA. E IL CDA DI UNICREDIT NON È PIÙ QUELLA FALANGE UNITA DIETRO AL SUO AZZIMATO CONDOTTIERO. COME USCIRE DAL CUL-DE-SAC? AH, SAPERLO…

orcel giorgetti

DAGOREPORT – GIORGETTI SI CONFERMA UN SUPPLÌ CON LE UNGHIE: ALL’INCONTRO CON I RAPPRESENTANTI DI UNICREDIT PER LA MODIFICA DEL DECRETO GOLDEN POWER CHE BLINDA L'OPS SU BPM, BANCA CARA ALLA LEGA, CHI HA INCARICATO IL MINISTRO DI CAZZAGO? STEFANO DI STEFANO, DIRETTORE GENERALE DELLE PARTECIPAZIONI DEL MEF, MA ANCHE COMPONENTE DEL CDA DI MPS. INSOMMA, LA PERSONA GIUSTA AL POSTO GIUSTO... – CALTA C’È: LA GIRAVOLTA DEL CEO DI MPS, LUIGI LOVAGLIO, SULL'OPERAZIONE MEDIOBANCA-BANCA GENERALI…