stefano mainetti

"IO UNICO A LAVORARE PER 'ZOMBIE' E PER IL PAPA" (WOJTYLA) -  STEFANO MAINETTI E' IL NUOVO DOCENTE DI COMPOSIZIONE PER LA MUSICA APPLICATA ALLE IMMAGINI PRESSO IL CONSERVATORIO DI SANTA CECILIA DI ROMA - "LA CULTURA MUSICALE NELLE SCUOLE? L’ITALIA È SOTTO IL LIVELLO DELLE ALTRE NAZIONI. NON AVERE MAI ASCOLTATO LE 'QUATTRO STAGIONI' DI VIVALDI È COME NON SAPERE CHI SIA PLATONE O GALILEO..." - VIDEO

 

 

DAGONOTA

E' giunta da pochi giorni l'ufficialità che Stefano Mainetti, tra i più accreditati compositori italiani, ha assunto, per titoli e meriti, l’incarico di docente di Composizione per la Musica Applicata alle Immagini presso il Conservatorio di Santa Cecilia di Roma, Istituto di Alta Formazione Musicale attualmente diretto da Roberto Giuliani ed afferente al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca dello Stato Italiano.

 

Da adnkronos.com

 

Stefano Mainetti 1

1) Una carriera importante, la tua, con prestigio internazionale. Come si inizia a diventare un apprezzato compositore e direttore d'orchestra?

Quali sono i passi minimi necessari da compiere per cominciare il mestiere? E quali sono stati i tuoi, se dovessi descrivere in poche parole la tua personale gavetta professionale?

 

Ho cominciato  presto, avevo sette anni, mi regalarono una chitarra classica, i miei decisero di farmi studiare e da lì non ho più smesso.

 

Dopo otto anni di studi  e concorsi capii che la mia vera passione era la composizione e non la carriera concertistica.

 

Scrivere era più nelle mie corde, invece quando mi esibivo in pubblico non ero a mio agio. Così, poco più grande, intrapresi lo studio della composizione e presto individuai la passione per le colonne sonore, forse per la mia attenzione verso l’Opera, dove varie forme d’arte s’intersecano innescando un processo meraviglioso che avvolge lo spettatore. 

Stefano Mainetti 2

 

A Firenze in pieno Rinascimento vi fu un mecenate, tale Giovanni Bardi che unì, con il nome di Melodramma, quelle che fino ad allora erano state forme d’arte separate; la musica, il canto, la recitazione, l’arte scenica. Nacque così il “recitar cantando” l’Opera, sostanzialmente. Credo che il cinema oggi, ma anche la televisione e i musical siano, con le dovute differenze, mutuati proprio dal mondo dell’opera. Questa azione sinergica di differenti arti sollecita lo spettatore su diversi piani e crea diverse emozioni contemporaneamente. 

 

Ecco, credo sia stato questo l’aspetto a colpirmi di più, la musica come strumento di comunicazione attraverso l’amplificazione dell’immagine e dell’azione scenica. Inoltre ho sempre vissuto la composizione come un’esigenza, qualcosa di cui non poter fare a meno, sento di esprimere meglio quello che provo proprio attraverso la musica, rispetto alle parole.

 

La musica arriva dritta al cuore, non ha bisogno di essere interpretata o tradotta, questo mi dà la possibilità di rimanere in contatto con la mia anima, senza filtri e sovrastrutture e allo stesso tempo di rimanere coerente con lo spirito che mi ha portato a scegliere questo lavoro. Comporre mi fa sentire libero, e anche quando scrivo per immagini non le vivo come una diminutio, ma come stimolo creativo.

 

stefano mainetti foto di bacco

La prima colonna sonora la scrissi nel 1983, per un documentario sulla vita di Federico Fellini, si intitolava “Il Sogno di una Città” per la regia di Ernesto G.Laura, allora direttore del Centro sperimentale di cinematografia. Poco dopo cominciai a scrivere musica per il teatro di Memè Perlini fu una lunga collaborazione che mi permise di fare parecchia sperimentazione. Devo molto a Memè. 

 

Intanto la tecnologia stava avanzando e le prime macchine destinate alla computer music si affacciavano sul mercato. Questo cambiò non di poco il mio approccio, non tanto alla composizione, quanto alla fase realizzativa dello score. Se prima i miei strumenti erano carta, matita e pianoforte l’uso del computer dava ora la possibilità immediata di verificare con il regista quello che stavi scrivendo.

 

Erano suoni di sintesi e campioni che poi sarebbero stati sostituiti dall’orchestra, nella migliore delle ipotesi. Il computer è tutt’oggi un’arma a doppio taglio nel nostro lavoro, va usato a ragion veduta e non sostituisce in alcun modo le tue capacità compositive.

 

Allo stesso tempo velocizza molte, e a volte elimina, fasi della catena produttiva. Questo fece aumentare di molto la mia produzione di quegli anni, arrivai a scrivere anche 8/10 colonne sonore in un anno, solo per il cinema; Erano per lo più film di genere, azione, fantascienza, horror come “Zombie 3” di Lucio Fulci, ma anche commedie e film d’autore, come “Cartoline Italiane” di Memè Perlini.

stefano mainetti elena sofia ricci foto di bacco (2)

 

2)  Il tuo repertorio spazia tra scrittura di musiche per cinema, teatro e televisione, con progetti impegnativi riguardanti il mondo musicale sinfonico.  Inizialmente hai lavorato in Italia e poi negli Stati Uniti,  dove ti sei alternato  prima per studio e successivamente  per lavoro durante gli anni novanta. Hai sempre viaggiato e viaggi  ancora molto.

 

Cosa hai capito nel tuo peregrinare professionale rispetto al mondo della Musica? L'italia favorisce le proprie eccellenze musicali oppure è l'estero che - come spesso accade - consacra ciò che in Patria viene dato per scontato e non valorizzato abbastanza? 

 

stefano mainetti elena sofia ricci foto di bacco (1)

Nei primi anni ’90 cominciai a scrivere musica per film americani, spostandomi per lunghi periodi a Los Angeles. Ho lavorato tra gli altri con Russell Mulchay (il regista di "Highlander" ndr), ho scritto due colonne sonore per i film di Russell: "Silent Trigger" e "Tale of the Mummy" è un regista “visionario” molto diverso da tutti gli altri con cui ho lavorato come Ted Kotcheff, ad esempio; per lui ho scritto lo score di "The Shooter" un film d’azione interpretato da Dolph Lundgren.

 

Ted è un grande regista, ha diretto Silvester Stallone in "Rambo" ed è stato un onore per me poter lavorare con lui, siamo ancora molto legati. Sia Russell che Ted sono artisti di assoluto valore, con una grande cultura musicale che rende speciale il rapporto tra musica e immagine.

 

Russell è stato autore di videoclip sensazionali, dai Supertramp a Elton John passando per i Queen e Ted, oltre ad essere violinista, ha lavorato con compositori del calibro di Stanley Mayers e Jerry Goldsmith. Quando ti confronti con registi così musicalmente preparati, è molto stimolante, sanno cosa chiederti, c’è un linguaggio comune, condiviso. Non è sempre così e capita di incontrare registi che ti lasciano al tuo destino, non li vedi fino alla fine del film… non sempre questo è un male.

stefano mainetti foto di bacco

 

Gli Stati Uniti producono molti più film rispetto a noi, l’industria di Hollywood è una macchina impressionante, è quindi naturale che ci sia un mercato più fiorente, anche per le colonne sonore.

 

Ma non è solo un fatto di quantità e di dollari. Il cinema americano ha sempre riservato una particolare attenzione alla musica, non dimenticando mai che il compositore, insieme al regista e allo sceneggiatore, è uno degli autori del film e come tale ne risponde, è in grado di influenzare, nel bene e nel male, la qualità e la riuscita della pellicola; una buona colonna sonora aiuta decisamente il film; ma è altrettanto vero che uno score sbagliato lo penalizza.

 

Lo spettatore non è tenuto a capire perchè il film non funziona, ma percepisce che qualcosa non va. I produttori e i registi americani lo sanno bene ed è per questo che lì il lavoro del compositore  comincia in fase di sceneggiatura. Così ci sarà più tempo per maturare e verificare le idee musicali in corso d’opera, non solo in fase finale di montaggio quando ormai tutti i tagli sono definitivi e i margini per recuperare sono esigui.

 

stefano mainetti elena sofia ricci foto di bacco

Diverso è il lavoro sulle lunghe serialità televisive, una volta definita la linea editoriale il compositore riceve i montaggi definitivi a scadenze fisse e deve in tempi brevissimi restituire la colonna sonora finita. In questi casi, a parte la prima fase decisamente creativa, il tutto si riduce spesso ad un lavoro in catena di montaggio  e questo avviene a tutte le latitudini.

 

3) Hai presentato al  pubblico nel Giugno 2017 il tuo  progetto Rendering Revolution per il quale hai ottenuto la Menzione d’Onore dal Conservatorio di Santa Cecilia di Roma per la valenza scientifica e artistica. Questo progetto ti sta impegnando molto nella sua diffusione.

 

Al momento, Rendering Revolution è una esperienza audiovisiva dove musica, pittura, danza e video art si fondono all'interno di uno spazio, accrescendone il valore artistico e sensoriale. A che punto stiamo per la realizzazione del progetto?

“Rendering Revolution” è un esperienza a se stante. Sono uscito dallo schema della colonna sonora per entrare in una realtà non lineare che mi ha assorbito per quasi tre anni, tanto c’è voluto per montare tutta l’operazione.

 

elena sofia ricci stefano mainetti (2)

Ogni volta volta che provo a spiegare questo progetto mi trovo in difficoltà, sarebbe molto più facile ascoltarlo, vederlo, viverlo. alla base c’è la volontà di sfruttare la dimensione spaziale nella musica. Normalmente la musica ha bisogno di tempo per esprimersi, non di spazio. A differenza delle arti plastiche, come la pittura, la musica necessita di un principio di uno sviluppo e di una fine, per poter essere capita, ha quindi bisogno della dimensione “tempo”.

 

Per apprezzare “La Gioconda” abbiamo bisogno di spazio e non di tempo, la sua bellezza può essere percepita in un attimo. Fatta questa premessa, con “Rendering Revolution” ho implementato un sistema in grado utilizzare lo spazio nella musica; vuol dire che lo spettatore che si muove all’interno di questo spazio cambia la musica che percepisce, e questo cambiamento avviene in maniera graduale e coerente.

elena sofia ricci stefano mainetti (1)

 

In più chi assiste è stimolato da immagini che lo coinvolgono su un piano multisensoriale. Lo spettatore non è mai passivo, è lui con la sua posizione che determina il significato della musica in quel momento, è lui che attivamente variando la sua posizione può decidere di cambiare il senso della partitura. Il progetto è attualmente realizzato in forma virtuale ed è fruibile attraverso proiezioni interattive tridimensionali; lo spettatore ha un joystick e si può muovere liberamente nello spazio virtuale.

 

Questa forma digitale di rappresentazione mi ha dato la possibilità di mostrare il progetto ai media, al MAXXI di Roma, il museo nazionale delle arti del XXI secolo. Devo dire che la stampa è stata benevola con “Rendering Revolution”, essendo un progetto innovativo mi sarei aspettato delle buone critiche dai giornali di settore, invece anche i quotidiani e comunque i non addetti ai lavori si sono appassionati a questa idea un po’ folle che non è solo un’esperienza musicale ma che probabilmente incuriosisce il bambino che è in ognuno di noi.

 

Proprio per questo mi piace presentare il progetto, a volte faccio dei workshop o delle masterclass dedicate in conservatori ed università, ma anche in fondazioni private e, ultimamente alla Discoteca di Stato che, con magna benevolentia, ne ha certificato l’originalità.

 

C’è anche la volontà di portare tutto dalla realtà virtuale ad uno spazio fisico, dove gli spettatori si possano muovere liberamente. Questo è tecnicamente possibile, i principi che sono alla base del suo funzionamento sono gli stessi.

 

stefano mainetti ed elena sofia ricci

Per questo mi sto muovendo anche all’estero dove ci sono in effetti delle istituzioni interessate alla realizzazione. Una di queste è il prestigioso FAD, The Fostering Arts and Design, di Barcellona; qui sarebbero felici di ospitare “Rendering Revolution” nel loro meraviglioso spazio museale. A riguardo stiamo facendo tutti i passi necessari per rendere possibile questa operazione.

 

4) La Musica di qualità  ed i Giovani oggi. Un matrimonio ben riuscito? Un rapporto in crisi? Oppure...un divorzio in vista? Cosa consiglieresti a chi vuole conoscere davvero  il meraviglioso mondo delle sette note nella sua essenza pura? 

La cultura musicale di base fa la differenza, sostanzialmente c’è un approccio diverso rispetto a noi, e non solo nei paesi anglosassoni. Francia, Germania, ma anche nell’Europa dell’est hanno una popolazione più preparata musicalmente.

 

Questo in gran parte dipende dall’insegnamento della musica nella scuola di base, che in Italia è sotto il livello delle altre nazioni. le istituzioni non aiutano e nelle scuole tradizionali l’ora di musica è relegata spesso e volentieri al ruolo di ricreazione, o poco più. E’ un vero peccato perché un sano approccio alla musica sin da ragazzi sarebbe formativo al pari di materie come la filosofia o la matematica. Indipendentemente dal lavoro che svolgeranno nella società di domani i ragazzi troverebbero grande giovamento nell’apprendere almeno i requisiti musicali di base.

il maestro stefano mainetti spiega rendering revolution

 

Avere una buona pratica musicale dona una grande elasticità mentale e dà una chiave di lettura in più della realtà. Come spesso avviene nel nostro Paese, l’iniziativa è lasciata ai singoli insegnanti che per quanto possano essere preparati si trovano di fronte ad una mancanza cronica di strutture di base: assenza di strumenti musicali, orari dedicati assai risicati, impossibilità di fare musica d’insieme o semplicemente di ascoltare musica diversa da quella commerciale.

 

Alla fine l’insegnamento della musica nelle scuole italiane si riduce, quando va bene, all’ora settimanale di flauto; strumento rispettabilissimo, per carità, ma che non può certo dare una visione completa della musica essendo uno strumento monodico senza nessuna possibilità di destreggiarsi nel meraviglioso mondo dell’armonia.

 

stefano mainetti ed elena sofia ricci

Anche la mancanza di un repertorio minimo di musica classica a disposizione nelle scuole è deplorevole; Non avere mai ascoltato le “Quattro Stagioni” di Antonio Vivaldi, così come tanti altri classici, è come non sapere chi sia Platone o Galileo Galilei. Per fare un esempio; In Italia è passato, purtroppo e soprattutto in certi ambienti, il falso messaggio che la vera “cultura” è solo quella umanistica e tutto ciò che viene dal mondo della scienza e della matematica viene considerato di secondo piano, come se fosse tecnicismo sterile, fine a se stesso, non cultura vera e propria. Temo che la musica stia subendo lo stesso trattamento.

 

A differenza di altre forme d’arte che vengono giustamente approfondite nella dovuta maniera, la musica non segue questo iter e fa ancora più male se pensiamo che l'Italia è stata per secoli lo scrigno della cultura musicale Europea.

elena sofia ricci e il maestro stefano mainetti

 

5) I tuoi prossimi progetti.

Ultimamente sto scrivendo “musica assoluta”, vuol dire svincolata da immagini. C’è una rassegna dedicata alla musica sacra contemporanea, organizzata dall’IPRS, che annualmente presenta lavori di compositori contemporanei con formazioni orchestrali miste, con musicisti di ogni parte del mondo, di diverse estrazioni culturali e credo differente. Quest’anno mi hanno chiesto di scrivere un brano per loro. La cosa mi appassiona, prima di tutto perchè è nel mio dna la ricerca e la fusione di diverse culture musicali.

 

Credo che ci siano pochi mezzi potenti come la musica in grado di far dialogare le persone di ogni razza, estrazione e nazionalità. Poi perchè comporre questa suite mi ha dato la possibilità di sintetizzare un percorso a latere che nel tempo mi ha visto scrivere progetti legati alla spiritualità; come le musiche per la Bibbia “The Word of Promise” o i cd “Abba Pater” e “Alma Mater” che hanno avuto come eccezionali protagonisti rispettivamente Papa Wojtyla e Papa Ratzinger.

 

Tutto questo si è concretizzato in “Multiversus Namaz”, una suite di una ventina di minuti che prende spunto dai lavori precedenti e vede come protagonista Yasemin Sannino, meravigliosa artista Turca alla quale ho dedicato questo brano che è stato eseguito in prima assoluta nella Basica di San Marco e in seguito al Teatro Argentina di Roma. Lavoro spesso con due musicisti eccezionali, Luca Pincini e Gilda Buttà, quest’estate hanno eseguito in concerto alcune mie composizioni durante il Festival del Cinema di Maratea ora vorremmo registrarle in studio, tempo permettendo.

 

Amo lavorare con i giovani e ultimamente sono stato invitato chiamato a partecipare ad un progetto internazionale che parte dalla Francia; si chiama Charte 18/XXI. Sotto l’egida del Teatro della Ville di Parigi altri teatri di tutto il mondo, dalla Pergola di Firenze a teatri di Lisbona, Taiwan, Barcellona, Los Angeles si uniscono con l’intento di produrre spettacoli per i giovani e con i giovani, il titolo Charte 18/XXI, si riferisce infatti a tutti coloro che hanno compiuto il 18mo anno di età nel XXI secolo. Credo sia un progetto eccezionale che meriti l’attenzione del mondo della cultura e dell’arte. Credo fermamente che da proposte come queste possa derivare un’Europa più coesa e che solo investendo e aiutando i ragazzi a crescere artisticamente ed emotivamente si possa sperare in un futuro migliore.

 

 

6) Un consiglio a chi è agli inizi della carriera.

Stefano Mainetti con Elena Sofia Ricci

Quando ho cominciato a scrivere musica era più facile, c’erano più opportunità e più spazio, In Italia si producevano 400 film l’anno e altrettante colonne sonore, quasi tutte originali. Oggi di film se ne fanno molti meno e ancor peggio mai così pochi spettatori vanno al cinema rispetto al passato.

 

Per contro sono aumentate tantissimo le produzioni televisive. L’attività del compositore per la musica applicata all’immagine si estende anche ad altri campi, i videogame per esempio, che ultimamente arrivano ad avere dei budget da fare invidia al cinema mainstream.

 

Ma anche il teatro, i documentari, gli spot pubblicitari, sono tutti ambiti dove il compositore può cimentarsi con soddisfazione. Rispetto al passato la figura del compositore è cambiata; se prima era normale prassi scrivere concerti e sinfonie, e per questo si veniva ingaggiati da mecenati, alti prelati o nobili signori, oggi il trend è decisamente cambiato; molto raramente troveremo un musicista in grado di mantenersi scrivendo musica assoluta, tralasciando campi musicali come il pop, il rock e il jazz che meriterebbero un discorso a parte. La maggior parte dei compositori usciti dai conservatori lavorerà nell’ambito della musica applicata: cinema, teatro o televisione e nuovi media.

 

stefano mainetti

Scomparsa la figura del mecenate colui che sovvenziona i progetti musicali oggi è il produttore, che sia televisivo teatrale o cinematografico e in questi ambiti la musica prevede vari piani di  realtà lavorative; dalla composizione all’arrangiamento, dalla direzione d’orchestra in studio alla preparazione delle sequenze midi. Dalla realizzazione delle parti con programmi dedicati agli assistenti di studio. Dal sound design agli ingegneri del suono.

 

Ognuna di queste attività, molte delle quali nate da poco, offrono al compositore nuove opportunità di lavoro. Quanto detto prevede però una preparazione non indifferente, in un mondo che si sta sempre più super-specializzando, il mio consiglio è quello di chiarirsi presto le idee, studiare, approfondire e andare al sodo quanto prima. La concorrenza è spietata e se è vero che all’estero ci sono più opportunità di lavoro è anche vero che la selezione viene fatta sulla base di una preparazione sempre più specifica e capillare.

stefano mainetti

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