LA MORIA DELL’EDITORIA - TRENTAMILA EDICOLE E 200 TESTATE SONO A RISCHIO CHIUSURA: TRABALLANO TREMILA POSTI DI LAVORO - LE EDICOLE SI LAMENTANO DEI DISTRIBUTORI MA IL PROBLEMA E’ CHE I LETTORI SONO IN FUGA

To.Ro. per il “Fatto quotidiano”

 

Trentamila edicole “superstiti” e sofferenti, in un mercato in crisi nera. Oltre 200 testate su tutto il territorio nazionale che rischiano di chiudere i battenti, cancellando 3.000 posti di lavoro.

 

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All’Hotel Nazionale di Roma, sindacalisti e imprenditori del settore hanno scattato una fotografia impietosa dell’editoria italiana. Proponendo, contestualmente, gli interventi necessari per invertire il declino. L’iniziativa, promossa dalle tre principali sigle degli edicolanti (Sinagi, Snag e Usiagi), parte dalla domanda che dà il titolo all'incontro: “Editoria, riforma o rivoluzione?”.

 

Secondo Vincenzo Vita, ex senatore e giornalista, moderatore del dibattito, servirebbe davvero “una piccola rivoluzione copernicana”. In pochi anni, si è passati da 42 mila a 30 mila edicole. Quelle che resistono sono “una rete sociale unica e un patrimonio da conservare a tutti i costi”.

 

Giuseppe Marchica (segretario generale del Sinagi) ha messo in fila una lunga serie di proposte qualificate per la riforma promessa (da tempo) dal governo Renzi.

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Primo: “Bisogna abolire la distinzione, vecchia e superata, tra edicola esclusiva e non esclusiva (ovvero tra gli esercizi che vivono esclusivamente della vendita di carta stampata e i negozi che invece affiancano giornali e periodici ad altre forme di commercio, come negozi e supermercati).

 

Secondo: “Non possiamo più pensare di uscire dalla crisi con il denaro pubblico. Oggi chiedere soldi a pioggia allo Stato non ha più senso, né possibilità di successo. I fondi residui, piuttosto, siano utilizzati per finanziare un ticket per la cultura a disposizione di giovani e famiglie, per l’acquisto di giornali, libri e riviste al 50 per cento di sconto”.

 

Secondo Armando Abbiati (segretario dello Snag), il primo presupposto di qualsiasi riforma dovrebbe essere la costituzione di “un unico sistema di informatizzazione condiviso tra le tre categorie” (editori, fornitori e venditori). Abbiati è pessimista: “Probabilmente non sarà mai fatto. Editori e fornitori non vogliono trasparenza e controllo: è come avere la finanza in casa”.

 

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Ma il più grave e urgente dei problemi dell’editoria italiana, per il sindacalista, è un altro: “Il sistema distributivo è chiuso, blindato, monopolizzato. Si è obbligati a rivolgersi a uno dei quattro distributori nazionali, due di quali sono di proprietà di grandi gruppi editoriali”.

 

A livello locale la situazione è anche peggiore: “Sul territorio ci sono 90 distributori locali. I contratti di fornitura sono imposti con regole capestro. Si comportano da signori feudali e hanno in mano il rubinetto della carta stampata. Se un’edicola è considerata non profittevole, la chiudono: in Italia 4 distributori locali hanno lasciato interi paesi senza giornali”. La priorità di qualsiasi intervento legislativo, condivisa da tutte le sigle sindacali, è spezzare questa catena.

 

Tra gli interventi anche quello di Cinzia Monteverdi, amministratore delegato del Fatto Quotidiano. “La riforma deve essere di sistema e deve coinvolgere tutte le parti della filiera. Imprenditori, editori, distributori: ognuno deve mettersi in discussione e rinunciare a qualcosa. Ma in fretta: questa crisi non lascia più tempo”.

 

CINZIA MONTEVERDI CINZIA MONTEVERDI

In platea, accanto agli operatori del settore, siedono i destinatari delle proposte: l’europarlamentare di Forza Italia Lara Comi, gli onorevoli Roberto Rampi (Pd), Giuseppe Brescia (M5s), Giovanni Paglia (Sel), Stefano Candiani (Lega). In rappresentanza del governo, c’è Antonio Funiciello, collaboratore di Luca Lotti, titolare della delega all’editoria. Funiciello ha garantito “l’apertura di un tavolo per la riforma del settore entro pochissime settimane”. Trentamila edicolanti attendono il governo al banco.

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