1. TUTTI IN PIEDI! ARRIVA “DJANGO UNCHAINED”, IL NUOVO CAPOLAVORO DI TARANTINO 2. ESATTAMENTE COME “INGLORIOUS BASTARDS” USAVA IL ‘’MACCARONI WAR MOVIES’’, QUENTIN SI SERVE DI UN GENERE MOLTO AMATO, LO SPAGHETTI WESTERN, PER PARLARE D’ALTRO 3. COI SUOI AMERICANI STUPIDI, RAZZISTI E ANALFABETI, I NERI INTELLIGENTI E I TEDESCHI SPIRITOSI E COLTISSIMI, “DJANGO UNCHAINED” È MOLTO PIÙ PROFONDO DI QUANTO VI DIRANNO. E MOLTO PIÙ FUORVIANTE E PIENO DI SORPRESE. UNA SPECIE DI COMPLESSO TRATTATO SUI RAPPORTI TRA LA CULTURA EUROPEA E AMERICANA DI FRONTE ALLA LIBERAZIONE DI UN POPOLO OPPRESSO IN CERCA DI UNA PROPRIA IDENTITÀ. NON SOLO NEL CINEMA

Marco Giusti per Dagospia

E' impossibile non amare un film che apre con i titoli di testa, ovviamente rossi, sulle note della celebre "Django" composta Luis Bacalov e cantata da Rocky Roberts per il film di Sergio Corbucci e si conclude con "Lo chiamavano Trinità" di Franco Micalizzi mentre il suo eroe, il nuovo Django di Jamie Foxx, è diventato da schiavo barbuto un sofisticato eroe da blaxploitation anni '70 con occhialetto nero che lascia Candyland tra le fiamme.

All'interno di questi due brani fondamentali per la storia degli spaghetti western, ci sarà di tutto, dagli omaggi a "Mandingo" a "The Legend of Nigger Charley", da "Minnesota Clay" a "Charley One-Eye", da "The Bounty Killer" a "Lo chiamavano King", da James Brown a Ennio Morricone, ma meno sostanza da spaghetti western di quel che i fan si aspettavano.

"Django Unchained" di Quentin Tarantino, esattamente come "Inglorious Bastards" usava il maccaroni war movies, si serve di un genere molto amato, lo spaghetti western, e di tutti i suoi miti, da Django al bounty killer, per parlare d'altro. Dell'odio secolare di una massa di critici per "Nascita di una nazione" di David W. Griffith, ad esempio, preso in giro in una scena di gran culto con Don Johnson a capo di una banda di incappucciati con cappucci rudimentali che non ti permettono di veder niente.

Del non amore fin troppo esibito per John Ford, reo di aver preso parte al film di Griffith proprio come incappucciato, anche se poi proprio Django e Doc King Shultz percorrono l'America alla ricerca della moglie di Django, Brunhilda von Shaft, come John Wayne e Jeffrey Hunter alla ricerca di Natalie Wood in "Sentieri selvaggi".

Dell'importanza del film di genere italiano, che, grazie al successo prima del peplum, con il capostipite "Hercules Unchained" di Pietro Francisci e Mario Bava sfonda le catene dell'imperialismo cinematografico yankee una volta per sempre, poi prende il potere con gli spaghetti western sul massimo genere cinematografico americano e fordiano e infine si trasforma, grazie alla violenza di Corbucci&co in blaxploitaion, cioè rilettura black di tutti i generi precedenti liberati dal cinema europeo.

A questo punto arriva la domanda fondamentale che si fanno sia lo schiavo liberato Django che tutti gli spettatori in sala. Perché Doc King Shultz, ex-dentista diventato bounty killer, cioè commerciante di carne morta, rischia la propria vita per Django e per liberare sua moglie Brunhilde von Shaft, l'unica schiava che parla tedesco? Forse perché il cattivissimo Calvin Candie, padrone assoluto della piantagione di schiavi Candyland, non sa che era nero Alexandre Dumas, che ha citato a sproposito battezzando un suo mandingo D'Artagnant.

Forse perché, come spesso ripete, è entrato in un personaggio da western all'italiana come capitò spesso a Horst Frank e a Klaus Kinski, anche Django sarà obbligato a recitare personaggi diversi nel corso della storia, e quindi deve mantenere il suo ruolo fino alla fine. "Non ho resistito". O forse perché, come John Wayne in "Sentieri selvaggi" non vuole salvare Natalie Wood, la bianca rapita dal capo Scarf, che poi era interpretato dall'ebreo ungherese Henry Brandon, ma vuole risolvere un proprio conflitto interno legato al razzismo e all'essere americano.

Coi suoi americani stupidi, razzisti e analfabeti, i neri intelligenti e i tedeschi spiritosi e coltissimi, "Django Unchained" è molto più profondo di quanto vi diranno. E molto più fuorviante e pieno di sorprese. Costruito come un saggio sul cinema exploitation italiano anni '60 e americano anni '70 e sulle sue dipendenze verso Hollywood e l'Europa, uno degli amici di Candie si chiama Leonide Moguy, finora lo poteva citare solo Gian Luigi Rondi (!!), è, nella sua parte più bella e profonda, cioè la grande messa in scena a Candyland, dove avrà un ruolo chiave Stephen, l'Uncle Tom cattivo di Calvin Candie, oltre che una parodia del fidato Woody Strode di John Wayne in "Liberty Valance" di Ford, una specie di complesso trattato sui rapporti tra la cultura europea e americana di fronte alla liberazione di un popolo oppresso in cerca di una propria identità. Non solo nel cinema.

Candie e Stephen, il padrone bianco e lo schiavo bastardo nero, che ripetono gli schemi del gioco dei film di Hollywood tipo "Il magliaro a cavallo" ("The Skin Game", 1971), sono lo specchio deformato di Doc King Schultz e Django. Ma sarà Doc a dover decidere per tutti la conclusione. Se stringere la mano al razzismo americano, e alla dipendenza schiavista di Hollywood, o liberare Django per sempre. Con tutto quello che comporterà.

Grandissimo film teorico sul cinema che più amiamo, "Django Unchained" usa Corbucci per arrivare a Ford, che Tarantino odia come se fosse Calvin Candie, ma che è molto più simile a lui di Corbucci. Anche John Wayne, di fronte a Natalie Wood diventata indiana dovrà scegliere se salvarla o ucciderla nell'ultima scena di "Sentieri selvaggi". E la porterà a casa. Perché quello è il cinema e quella è l'America. Doc King Schultz farà anche di più.

Inutile dire che gli attori sono tutti meravigliosi. Christoph Waltz domina il film, soprattutto nella prima parte, quella del viaggio, con una intelligenza impressionante. Jamie Foxx cresce piano piano e il suo ruolo diventa sempre più erculeo e poi shaftiano a Candyland. Leonardo Di Caprio e Samuel L. Jackson ci riportano in scena il mondo di Melville e di Poe, da "Benito Cereno" a "Gordon Pym", e si permettono grandi entrate e uscite teatrali rubando la scena a Waltz e Foxx. Franco Nero, il Django originale, viene giustamente omaggiato, ma ci sono grandi cammei di attori western e non di grande fascino, da Bruce Dern a Don Stroud, da Robert Carradine a Michael Parks. Tutti vecchi e bellissimi.

La canzone di Elisa è l'unica cosa che ci potevamo davvero risparmiare, soprattutto in una colonna sonora così prestigiosa. Poco importa, inoltre, se Spike Lee non riuscirà a capire né "Django Unchained" né il rapporto tra Doc King Schultz e Django. Non riesce neanche a capire che non è uno spaghetti western. Del resto neanche i nostri critici si resero conto di cosa potesse scatenare il "Django" di Corbucci scritto dai senesi Franco Rossetti e Piero Vivarelli e musicato dal brasiliano Luis Bacalov.

Era un atto di libertà, un liberarsi dalle catene del cinema capitalista bianco di Hollywood. E così venne visto in tutto il Terzo Mondo. "Django" era popolare in Africa e in Sud America come film rivoluzionario contro il razzismo bianco. A un livello che né Corbucci né i suoi autori avrebbero mai immaginato. Cose che forse non vedevano e non avevano nemmeno pensato. Ma se le abbiamo viste noi, e Tarantino, per tanti anni, vuol dire che esistevano. In sala dal 18 gennaio.

PS - Ah scordavo... solo per i fan più stretti. Più che possibile che per il personaggio di Doc King Schultz ci sia un legame con il Richard Harrison di "Lo chiamavano King" di Renato Savino. E non a caso viene ripreso anche il tema musicale di Bacalov di quel film. Anche il Doc King di Harrison era a caccia di una banda di fratelli. Ma tra le grandi ispirazione metterei soprattutto "Charley One-Eye" (1972) di Don Chaffey, inedito da noi, buffo spaghetti western terzomondista girato in Spagna, andò anche al Festival di Berlino, interpretato da Richard Roundtree, cioè Shaft, nel ruolo principale. Lì c'è una coppia bianco-nero con Roy Thinnes, meticcio, che ricalca i film americani tipo "Il magliaro a cavallo" con la coppia mista che fingono di fare schiavo e padrone.

 

TARANTINO DJANGO UNCHAINED django unchainedDJANGO UNCHAINED LOCANDINA DJANGO UNCHAINED: LEO DI CAPRIODJANGO UNCHAINED: CRISTOPH WALTZ E JAMIE FOXXtarantino django unchained TARANTINO CONFERENZA STAMPA A ROMA John Ford sergio corbucciJOHN WAYNETARANTINO Luis Bacalov

Ultimi Dagoreport

barigelli cairo

DAGOREPORT - PANDEMONIO ALLA "GAZZETTA DELLO SPORT"! IL DIRETTORE DELLA “ROSEA” STEFANO BARIGELLI VIENE CONTESTATO DAL COMITATO DI REDAZIONE PER LE PRESSIONI ANTI-SCIOPERO ESERCITATE SUI GIORNALISTI – LA SEGRETARIA GENERALE FNSI DENUNCIA: “I COLLEGHI DELLA 'GAZZETTA' CHE VOGLIONO SCIOPERARE VENGONO RINCORSI PER I CORRIDOI DAI LORO CAPIREDATTORI E MINACCIATI: ‘NON TI FACCIO FARE PIÙ LA JUVENTUS…” - BARIGELLI AVREBBE RECLUTATO UNA VENTINA DI GIORNALISTI PER FAR USCIRE IL GIORNALE SABATO E DIMOSTRARE COSI' ALL’EDITORE URBANETTO CAIRO QUANTO CE L’HA DURO – LA VICE-DIRETTRICE ARIANNA RAVELLI AVREBBE PURE DETTO IN MENSA A BARIGELLI: “STIAMO ATTENTI SOLO CHE NON CI SPUTTANI DAGOSPIA...” - VIDEO

giorgia meloni ignazio la russa matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT – LE REGIONALI SONO ANDATE A FINIRE COME NON VOLEVA, SALTELLANDO FUNICULÌ-FUNICULÀ, GIORGIA MELONI: LA "STATISTA DELLA SGARBATELLA", CHE RISCHIA DI NON TORNARE A PALAZZO CHIGI TRA DUE ANNI, ACCELERA SULLA DOPPIETTA PREMIERATO-LEGGE ELETTORALE, MA NON TUTTO FILA LISCIO A PALAZZO CHIGI: SALVINI E TAJANI SPUTERANNO SANGUE PUR DI OPPORSI ALL’INDICAZIONE DEL NOME DEL PREMIER SULLA SCHEDA ELETTORALE, CHE FINIREBBE PER CANNIBALIZZARLI - LA LEGA È CONTRARISSIMA ANCHE AL PREMIO DI MAGGIORANZA ALLA COALIZIONE (CON LA SOGLIA AL 40%, LA LEGA DIVENTEREBBE SACRIFICABILE) – ALTRA ROGNA: IGNAZIO LA RUSSA SCENDE IN CAMPO IN MODALITÀ SCASSA-MELONI: HA RINFOCOLATO LA POLEMICA SU GAROFANI E SE NE FOTTE DEI DIKTAT DELLA DUCETTA (FIDANZA SINDACO DI MILANO? NO, MEJO LUPI; PRANDINI GOVERNATORE DELLA LOMBARDIA? NO, QUELLA È ROBA MIA)

francesco de tommasi marcello viola daniela santanche ignazio leonardo apache la russa davide lacerenza pazzali

DAGOREPORT - CHE FINE HANNO FATTO LE INCHIESTE MILANESI SULLA SANTANCHE', SUL VISPO FIGLIO DI LA RUSSA, SUL BORDELLO DELLA "GINTONERIA" AFFOLLATA DI POLITICI, IMPRENDITORI E MAGISTRATI, OPPURE SULL'OSCURA VENDITA DELLA QUOTA DI MPS DA PARTE DEL GOVERNO A CALTAGIRONE E COMPAGNI? - A TALI ESPLOSIVE INDAGINI, LE CUI SENTENZE DI CONDANNA AVREBBERO AVUTO UN IMMEDIATO E DEVASTANTE RIMBALZO NEI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, ORA SI AGGIUNGE IL CASO DEL PM FRANCESCO DE TOMMASI, BOCCIATO DAL CONSIGLIO GIUDIZIARIO MILANESE PER “DIFETTO DEL PREREQUISITO DELL’EQUILIBRIO” NELL’INDAGINE SUL CASO DI ALESSIA PIFFERI – MA GUARDA IL CASO! DE TOMMASI È IL PM DELL’INCHIESTA SUI DOSSIERAGGI DELL’AGENZIA EQUALIZE DI ENRICO PAZZALI, DELICATISSIMA ANCHE PER I RAPPORTI DI PAZZALI CON VERTICI GDF, DIRIGENTI DEL PALAZZO DI GIUSTIZIA MILANESE E 007 DI ROMA - SE IL CSM SPOSASSE IL PARERE NEGATIVO DEL CONSIGLIO GIUDIZIARIO, LA CARRIERA DEL PM SAREBBE FINITA E LE SUE INDAGINI SUGLI SPIONI FINIREBBERO NEL CESTINO - LA PROCURA DI MILANO RETTA DA MARCELLO VIOLA, CON L'ARRIVO DELL'ARMATA BRANCA-MELONI, E' DIVENTATA IL NUOVO ''PORTO DELLE NEBBIE''?

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…