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WELCOME TO THE MACHINE - IL MAESTRO DEL POP ELETTRONICO STROMAE E' TORNATO MA HA COMPOSTO 'HELLO SHADOW' CON L'INTELLIGENZA ARTIFICIALE, PER UN INTERO DISCO GENERATO DALL'INFORMATICA E LANCIATO DA SPOTIFY. CHE NE SARA' DEI MUSICISTI E DEI DIRITTI D'AUTORE? - VIDEO

Simona Orlando per “Il Messaggero”

 

VIDEO ‘SKYGGE FEAT.STROMAE E KIESZA’

 

 

VIDEO 'BREAK FREE DI TARYN SOUTHERN'

 

 

stromae

Si dice che la tecnologia ci offra sempre ottimi strumenti per regredire e questo potrebbe essere il caso. La piattaforma di streaming Spotify ha lanciato i primi due brani composti da artisti con l’aiuto dell’intelligenza artificiale, e uno porta la firma di Stromae, il maestro del pop elettronico che si è ritirato a tempo indeterminato dopo aver venduto milioni di dischi e girato con un tour mondiale che lo ha esaurito.

 

kiesza

L’intelligenza artificiale ha permesso all’artista belga e alla cantante canadese Kiesza di generare melodie e armonie che, a loro gusto, potevano utilizzare o abbandonare, e il risultato è ‘Hello Shadow’, singolo con tanto di video e preludio al disco ‘Hello World’, che arruolerà altri musicisti in carne e ossa, curiosi di affidarsi agli algoritmi per creare un intero album mainstream da mettere in commercio e mandare in classifica. L’altro brano è "In the House of Poetry", titolo beffardo per chi in un simile procedimento non trova alcunché di poetico. Già annunciano che in caso di successo, l’album uscirà in formato vinile, a rassicurare che il futuro ha ancora bisogno del passato, soprattutto ora che i supporti vintage vendono bene.

 

INTELLIGENZA ARTIFICIALE

Il progetto dell’etichetta Flow Records è il risultato di ricerche condotte da François Pachet, capo del laboratorio scientifico della Sony a Parigi, il quale giura di non voler relegare gli artisti al ruolo di spettatori. Al contrario, vuole fornire nuovi stimoli e strumenti, un po’ come successe negli anni ’80 con i sintetizzatori, e usare la tecnologia per capire la nozione di stile nelle opere. Il primo esperimento (senza grandi nomi) l’anno scorso fu ‘Daddy's car’, brano che si ispirava ai Beatles: il compositore doveva solo scegliere uno stile (in questo caso alla Fab Four) e l’intelligenza artificiale si occupava del resto, ovvero analizzava tutte le canzoni del gruppo, intercettava i tratti comuni e imparava a sfornarne di simili.

 

INTELLIGENZA ARTIFICIALE

Insomma da ora in poi ogni volta che vedremo tra i crediti di un brano il nome Skygge, che in danese significa ombra e nasconde la digito-pressione sui tasti di Pachet e Benoit Carré (compositore che ha già scritto per star francesi come Françoise Hardy e Imany), vuol dire che è stato scritto con i dati, che le note musicali non sono che neuroni di una macchina, e che l’album è in realtà un progetto scientifico. Non è rassicurante (l’ombra era il padrone in una fiaba di Hans Christian Andersen) ma i produttori commentano che il criterio con cui molti album pop oggi sono ideati non è poi così spontaneo e lontano dal calcolo.

stromae 1

 

Tra l’altro l’intelligenza artificiale non può prescindere da quella umana. Dall’esperienza gli artisti possono essere divertiti, affascinati e disturbati, ma la loro libertà di scelta resta garantita. Dice Pachet: «Le macchine possono creare, ma non possono sapere se ciò che hanno creato è interessante, perché non hanno coscienza. La scelta umana è principale e primordiale». E in effetti, nel brano di Stromae, la sua malinconia continua a percepirsi nonostante l’informatica. Il problema è ciò che succederà se un esperimento alla portata di tutti diventa consuetudine, inganno diffuso, resa incondizionata ai dati.

 

INTELLIGENZA ARTIFICIALE

Il web ha già raccolto la sfida di Spotify. Taryn Southern, star di YouTube e creatrice di contenuti, ha pubblicato ’Break Free’, ballata che ha subito registrato un milione e mezzo di views, composta sul suo laptop da intelligenza artificiale. L’hanno già chiamata in concerto al web summit di Lisbona, dove le teste di tech si sono entusiasmate, e nel 2018 uscirà il suo EP. Parte delle royalties vanno però ad Amper, la società che ha costruito il suo software, a conferma che, sì, dietro le macchine ci sono gli uomini. Gli artisti dovranno fare perlomeno considerare se la simulazione di sincerità sia favorevole alle loro tasche.

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