giorgia meloni silvio berlusconi mario draghi matteo salvini

AVVISATE SALVINI E MELONI: AL CENTRODESTRA PER GOVERNARE NON BASTA VINCERE LE ELEZIONI – SOCCI: LA STORIA INSEGNA CHE SE NON PIACE ALL'EUROPA, L'ESECUTIVO HA VITA BREVE. NEL 2011 BERLUSCONI CADDE COSÌ. A LEGA, FORZA ITALIA E FRATELLI D'ITALIA SARÀ ANCORA UTILE DRAGHI...

ANTONIO SOCCI per Libero Quotidiano

 

salvini meloni berlusconi

Rientrata la polemica relativa alle dichiarazioni di Giancalo Giorgetti nel centrodestra tutto sembra tornare come prima. La strategia del Centrodestra, a quanto pare, resta quella del passato: presentarsi unito alle prossime elezioni, vincerle e governare l'Italia in base al proprio programma, indicando - come premier - il leader del partito che ha preso più voti.

 

I sondaggi continuano ad assegnare a questa coalizione un'ampia maggioranza e ciò probabilmente consolida in Salvini e Meloni la convinzione che non ci sia nulla da ripensare, ma solo da marciare sicuri verso il trionfo. Ma, ammesso e non concesso che i tre partiti (di cui due al governo, oggi, e uno all'opposizione) arrivino veramente uniti alle elezioni; ammesso e non concesso che Forza Italia, dopo la scelta del nuovo Capo dello Stato, non si frantumi, ma perseveri nell'alleanza con Lega e Fratelli d'Italia, sono proprio sicuri, Salvini e Meloni, che a loro basti vincere nelle urne per governare? Sono davvero certi che sia sufficiente avere la maggioranza dei seggi parlamentari per formare un governo con il programma e la leadership che vogliono?

matteo salvini e giorgia meloni incontrano silvio berlusconi nella sua villa a roma 9

 

LA PROFEZIA Qualche giorno fa Carlo De Benedetti - interpellato sull'ipotetico arrivo di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi - ha commentato: «Non succede perché l'Europa non ce lo lascia fare». Gli è stato obiettato che «allora siamo un paese commissariato». Risposta: «Ma assolutamente». Come se fosse normale che a decidere chi governa il nostro Paese dovessero essere altri stati a cui il popolo italiano si adeguerebbe per convenienza. La leader di Fratelli d'Italia gli ha risposto sarcasticamente. Tuttavia il problema c'è. Anche perché De Benedetti non è il solo ad avere quella convinzione: a sinistra è una certezza. Alcuni giorni fa, Romano Prodi, storico leader del centrosinistra (e ancora oggi aspirante presidente della Repubblica) dichiarava: «Meloni e Salvini sono inadeguati a governare».

matteo salvini e giorgia meloni incontrano silvio berlusconi nella sua villa a roma 5

 

C'è in queste parole la solita pretesa dei progressisti di decidere se gli avversari sono adatti a governare oppure no, cosa che la Costituzione riserva invece agli elettori italiani. Ma l'ex premier emiliano ha aggiunto un'altra cosa: «Ci sono legami mai sciolti, a cominciare dai simboli, e alleanze pericolose con le forze antieuropee. La nostra Destra a Bruxelles è alleata con forze antieuropee. Per questo se Salvini e Meloni arrivassero a governare, sarebbe un problema gravissimo per il Paese». È un ragionamento strano, perché non si capisce cosa significhi «forze antieuropee»: partiti o stati della Ue che hanno un'idea della Ue diversa da Prodi o dalla Germania? È forse proibito? E avere rapporti con il governo britannico del conservatore Johnson, come ha Draghi, è ritenuto antieuropeo?

 

matteo salvini e giorgia meloni incontrano silvio berlusconi nella sua villa a roma 2

Peraltro la Costituzione italiana non prevede una simile conventio ad excludendum e - se proprio vogliamo considerare i rapporti internazionali - siamo sicuri che ritenere di dover avere strette relazioni con la Cina (come si fa a sinistra) sia più rassicurante? L'allusione di Prodi però evoca un'altra cosa. Fa venire in mente come fu abbattuto, nel 2011, il governo Berlusconi: al centrodestra non bastò aver vinto le elezioni del 2008. Eppure il Popolo della libertà, guidato dal Cavaliere, stava nel Ppe e non c'erano alleanze con "forze antieuropee".

 

Il problema sembra sorgere, in realtà, quando un governo italiano difende interessi nazionali che non si allineano a quelli tedeschi (e francesi) e si porrà anche nei prossimi anni perché le criticità che c'erano nel 2011 restano anche oggi e con il Pnrr il potere di condizionamento della Ue è ancora maggiore. In una recente intervista, Andrea Malaguti della Stampa, ha chiesto a Massimo Cacciari: «Salvini e Meloni sono inadatti al governo del Paese, come dice Berlusconi?» (si riferiva a una frase che poi era stata smentita). Cacciari ha risposto: «Lo sono tout court, ma soprattutto, come sanno anche loro, non governi l'Italia senza la simpatia e la stima degli arcani imperi europei e internazionali. E loro non ce l'hanno».

matteo salvini e giorgia meloni incontrano silvio berlusconi nella sua villa a roma 18

 

Come si vede si torna sempre allo stesso concetto, che di sicuro la sinistra userà in campagna elettorale per alimentare la paura negli elettori. Diranno che con la vittoria del centrodestra l'Italia finirebbe isolata e sarebbe drammaticamente destabilizzata. Tuttavia che il problema esista davvero è dimostrato dal precedente storico: l'abbattimento dell'ultimo governo di centrodestra, nel 2011.

 

LE TRE OPZIONI Di fronte a tale situazione la coalizione di centrodestra può scegliere tre strade molto diverse: infischiarsene (cosa che provocherebbe una crisi nella decisiva componente di Forza Italia e forse la sconfitta nelle urne); lamentare il fatto che si cerca di espropriare gli italiani della loro sovranità proclamata dall'articolo 1 della Costituzione e così lanciare la "sfida patriottica" a tutti i poteri sovrannazionali (la Ue, la Bce, i Mercati ecc.), cosa che di sicuro porterebbe nel burrone. Infine il centrodestra ha una terza possibilità: fare politica.

 

matteo salvini e giorgia meloni incontrano silvio berlusconi nella sua villa a roma 11

Cosa significa? Anzitutto prendere atto della situazione e partire dalla realtà che c'è, per quanto problematica, anziché da quella che si vorrebbe che ci fosse. Dopodiché ricordarsi che non il fondamentalismo, ma «il compromesso è la vera morale dell'attività politica» (Ratzinger).

 

La storia insegna: Togliatti, che era un politico scaltro, si fece piacere pure il governo Badoglio pur di arrivare al suo scopo. Inoltre tener presente che il tempo è una dimensione fondamentale della politica che non permette mai a nessuno il "tutto e subito", ma impone di darsi strategie di breve, di medio e di lungo termine, sia per gli obiettivi, sia per le (pur legittime) ambizioni personali dei leader (che tuttavia non dovrebbero mai prevalere sul disegno politico). Non so se le riflessioni di Giorgetti siano state di questo tipo. Di sicuro, in un tale quadro, sarebbe assurdo non considerare l'autorevolezza internazionale di una personalità come quella di Mario Draghi, di cui l'Italia non può privarsi e che può essere molto prezioso anche per il centrodestra. www.antoniosocci.com

MARIO DRAGHI

Ultimi Dagoreport

matteo salvini roberto vannacci giorgia meloni massimiliano fedriga luca zaia

DAGOREPORT – GIORGIA MELONI HA GLI OCCHI PUNTATI SULLA TOSCANA! NELLA REGIONE ROSSA SARÀ CONFERMATO EUGENIO GIANI, MA ALLA DUCETTA INTERESSA SOLO REGISTRARE IL RISULTATO DELLA LEGA VANNACCIZZATA – SE IL GENERALE, CHE HA RIEMPITO LE LISTE DI SUOI FEDELISSIMI E SI È SPESO IN PRIMA PERSONA, OTTENESSE UN RISULTATO IMPORTANTE, LA SUA PRESA SULLA LEGA SAREBBE DEFINITIVA CON RIPERCUSSIONI SULLA COALIZIONE DI GOVERNO – INOLTRE ZAIA-FEDRIGA-FONTANA SONO PRONTI A UNA “SCISSIONE CONTROLLATA” DEL CARROCCIO, CREANDO DUE PARTITI FEDERATI SUL MODELLO DELLA CDU/CSU TEDESCA - PER LA MELONI SAREBBE UNA BELLA GATTA DA PELARE: SALVINI E VANNACCI POTREBBERO RUBARLE VOTI A DESTRA, E I GOVERNATORI IMPEDIRLE LA PRESA DI POTERE AL NORD...

matteo salvini luca zaia giorgia meloni orazio schillaci

FLASH! – L’”HUFFPOST” RIPORTA CHE SALVINI VUOL CONVINCERE LUCA ZAIA A PORTARE IL SUO 40% DI VOTI IN VENETO MA SENZA CHE IL SUO NOME BRILLI SUL SIMBOLO – PER ACCETTARE IL CANDIDATO LEGHISTA STEFANI, LA MELONA INSAZIABILE, PAUROSA CHE L’EX GOVERNATORE VENETO PORTI VIA TROPPI VOTI A FDI, L’HA POSTO COME CONDIZIONE A SALVINI – PER FAR INGOIARE IL ROSPONE, OCCORRE PERÒ CHE ZAIA OTTENGA UN INCARICO DI PESO NEL GOVERNO. IL MAGGIORE INDIZIATO A LASCIARGLI LA POLTRONA SAREBBE ORAZIO SCHILLACI, MINISTRO TECNICO IN QUOTA FDI, ENTRATO IN COLLISIONE CON I TANTI NO-VAX DELLA FIAMMA - AVVISATE QUEI GENI DI PALAZZO CHIGI CHE ZAIA SUI VACCINI LA PENSA ESATTAMENTE COME SCHILLACI…

monique veaute

NO-CAFONAL! – ARCO DI TRIONFO PER MONIQUE VEAUTE, QUELLA VISPA RAGAZZA FRANCESE CHE NEL 1984 GIUNSE A ROMA PER LAVORARE ALL’ACCADEMIA DI FRANCIA DI VILLA MEDICI - DA ABILISSIMA CATALIZZATRICE DI GENIALI E VISIONARIE REALTÀ ARTISTICHE INTERNAZIONALI, DETTE VITA A UN FESTIVAL CHE SCOSSE LO STATO DI INERZIA E DI AFASIA CULTURALE IN CUI ERA PIOMBATA ROMA DOPO L’ERA DI RENATO NICOLINI – L'ONORIFICENZA DI ''COMMANDEUR DE L'ORDRE DES ARTS ET DES LETTRES'' NON POTEVA NON ESSERE CONSEGNATA DALL’AMBASCIATORE FRANCESE SE NON A VILLA MEDICI, DOVE 40 ANNI FA TUTTO È NATO….

de luca manfredi schlein tafazzi conte landini silvia salis

DAGOREPORT - LA MINORANZA DEL PD SCALDA I MOTORI PER LA RESA DEI CONTI FINALE CON ELLY SCHLEIN. L’ASSALTO ALLA GRUPPETTARA (“NON HA CARISMA, CON LEI SI PERDE DI SICURO”), CHE HA TRASFORMATO IL PD DA PARTITO RIFORMISTA IN UN INCROCIO TRA UN CENTRO SOCIALE E UN MEETUP GRILLINO – NONOSTANTE LA SONORA SCONFITTA SUBITA NELLE MARCHE E IL FLOP CLAMOROSO IN CALABRIA, LA SEGRETARIA CON TRE PASSAPORTI E UNA FIDANZATA RESISTE: TRINCERATA AL NAZARENO CON I SUOI FEDELISSIMI QUATTRO GATTI, NEL CASO CHE VADA IN PORTO LA RIFORMA ELETTORALE DELLA DUCETTA, AVREBBE SIGLATO UN ACCORDO CON LA CGIL DI “MASANIELLO” LANDINI, PER MOBILITARE I PENSIONATI DEL SINDACATO PER LE PRIMARIE – IL SILENZIO DEI ELLY ALLE SPARATE DI FRANCESCA ALBANESE - I NOMI DEL DOPO-SCHLEIN SONO SEMPRE I SOLITI, GAETANO MANFREDI E SILVIA SALIS. ENTRAMBI INADEGUATI A NEUTRALIZZARE L’ABILITÀ COMUNICATIVA DI GIORGIA MELONI – ALLARME ROSSO IN CAMPANIA: SE DE LUCA NON OTTIENE I NOMI DEI SUOI FEDELISSIMI IN LISTA, FICO RISCHIA DI ANDARE A SBATTERE…

emmanuel macron

DAGOREPORT – MACRON, DOMANI CHE DECIDERAI: SCIOGLI IL PARLAMENTO O RASSEGNI LE DIMISSIONI DALL'ELISEO? - A DUE ANNI DALLA SCADENZA DEL SUO MANDATO PRESIDENZIALE, IL GALLETTO  È SOLO DI FRONTE A UN BIVIO: SE SCIOGLIE IL PARLAMENTO, RISCHIA DI RITROVARSI LA STESSA INGOVERNABILE MAGGIORANZA ALL’ASSEMBLEA NAZIONALE – PER FORMARE IL GOVERNO, LECORNU SI È SPACCATO LE CORNA ANDANDO DIETRO AI GOLLISTI, E ORA FARÀ UN ULTIMO, DISPERATO, TENTATIVO A SINISTRA CON I SOCIALISTI DI OLIVIER FAURE (MA MACRON DOVRA' METTERE IN SOFFITTA LA RISANATRICE RIFORMA DELLE PENSIONI, DETESTATA DAL 60% DEI FRANCESI) – L’ALTERNATIVA E' SECCA: DIMETTERSI. COSÌ MACRON DISINNESCHEREBBE MARINE LE PEN, INELEGGIBILE DOPO LA CONDANNA - MA È UN SACRIFICIO ARDUO: SE DA TECNOCRATE EGOLATRICO, CHE SI SENTIVA NAPOLEONE E ORA È DI FRONTE A UNA WATERLOO, SAREBBE PORTATO A DIMETTERSI, TALE SCELTA SAREBBE UNA CATASTROFE PER L'EUROPA DISUNITA ALLE PRESE CON LA GUERRA RUSSO-UCRAINA E UN TRUMP CHE SE NE FOTTE DEL VECCHIO CONTINENTE (LA FRANCIA E' L'UNICA POTENZA NUCLEARE EUROPEA E UN POSTO NEL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL'ONU), COL PERICOLO CONCRETO DI RITROVARSI ALL'ELISEO BARDELLA, IL GALLETTO COCCODE' DI LE PEN, CHE NEL 2014 AMMISE A "LE MONDE" DI AVER RICEVUTO UN FINANZIAMENTO DI 9 MILIONI DA UNA BANCA RUSSA CONTROLLATA DA PUTIN...