BERLUSCONI DICE “NO” A SACCOMANNI ALL’ECONOMIA? E LUI VA DA DRAGHI, SUO SPONSOR POLITICO E "PADRONE" DEL DEBITO ITALIANO

Osvaldo De Paolini per "Il Messaggero"

Per Fabrizio Saccomanni quella di ieri non è stata sicuramente una giornata ordinaria. Il muro dei «no» che Silvio Berlusconi insieme ad alcuni esponenti del Pdl aveva eretto la mattina contro la sua candidatura a ministero dell'Economia, nonostante la sponsorizzazione del premier incaricato e del presidente Giorgio Napolitano, non era certo il miglior viatico per una partita che, comunque si chiuda, è certamente tra le più complesse. Per questo l'incontro con Mario Draghi, avvenuto nel pomeriggio a Città della Pieve dove il governatore della Bce possiede uno dei più suggestivi casali, lo avrà rinfrancato restituendogli serenità.

D'altro canto è nota la stima che Draghi nutre nei confronti del direttore generale della Banca d'Italia, cresciuta e consolidatasi negli anni in cui hanno militato fianco a fianco alla guida della Banca d'Italia. Una stima che più volte il governatore della Bce ha manifestato lodando le doti di negoziatore e profondo conoscitore dei meccanismi dell'economia del direttore generale della Banca d'Italia.

Doti assai utili a un ministro dell'Economia che, non appena insediato, dovrà prendere contatto con l'Europa per negoziare il nuovo perimetro entro il quale collocare l'Italia in relazione ai rigori del fiscal compact. Ma soprattutto dovrà relazionarsi con la Germania, visto che man mano che Bruxelles si dichiara sempre più sensibile ai problemi della crescita e meno a quelli del rigore, crescono le tensioni con Berlino che non perde occasione per ribattere colpo su colpo inibendo la stessa attività della Bce (è di ieri l'ennesima intemerata della Bundesbank sulle attività di supporto da parte di Francoforte verso i Paesi più problematici).

Certo, come dice Berlusconi il direttore generale della Banca d'Italia è un tecnico, e dopo un governo di tecnici che ha puntato tutto sul rigore non è facile far digerire a un politico l'idea che non tutti i tecnici sono uguali. E tuttavia, nel caso di Saccomanni fanno fede le ultime dichiarazioni, che danno il senso di un'apertura di segno decisamente nuovo verso il problema della crescita. Parlando a margine del Fondo monetario, pochi giorni fa il direttore generale di Via Nazionale non ha esitato ad affermare che «va rapidamente spezzata la spirale di pessimismo alimentata dalla mancanza di fiducia».

E per riuscire in ciò, ha aggiunto, «serve uno sforzo coordinato tra governo, banche e imprese finalizzato al rilancio dell'economia interna». Saccomanni si è però spinto più in là, con indicazioni che non sono certo di chi vede nel rigore l'unico percorso verso il risanamento del Paese. «Tutti possono toccare con mano come, parlando di finanza pubblica, l'Italia stia meglio altri partner. Il problema da noi è la crescita: servirebbe quindi una ricomposizione del bilancio pubblico per dare sostegno alle imprese e alle fasce deboli. Questa è un'impostazione di tipo politico che solo un governo può dare».

Ebbene, rilette alla luce delle novità sulla formazione del governo Letta, quelle dichiarazioni assumono un significato che travalica il semplice suggerimento. Soprattutto quando Saccomanni fa riferimento ai livelli attuali dello spread tra Btp e Bund.

«L'Italia - ha osservato il direttore generale della Banca d'Italia sempre a margine della riunione del Fmi - paga uno spread ancora troppo alto. Ora ci sentiamo sollevati nel vedere che ruota attorno a 280 perché pensiamo a quando era oltre 500. La verità è che per quello che l'Italia ha fatto nel corso del 2012, oggi lo spread dovrebbe essere a quota 100 e forse più in basso. È chiaro che la sostenibilità della finanza pubblica è legata alla ripresa della crescita, e su questo fronte non abbiamo fatto granché».

Semplici constatazioni oppure un percorso segnato con tanto obiettivo finale da perseguire? Per saperlo non dovremo attendere molto tempo.

 

 

saccomanni-draghi FABRIZIO SACCOMANNI GIULIANO AMATO Berlusconi - DraghiDRAGHI-NAPOLITANOSACCOMANNI VISCO LA VIA FEDERICO GHIZZONI FABRIZIO SACCOMANNI SACCOMANNI E CARLO DE BENEDETTI MONORCHIO GALATERI SACCOMANNI SACCOMANNI E BINI SMAGHISaccomanni Marcegaglia Monti

Ultimi Dagoreport

maurizio belpietro giorgia meloni francesco saverio garofani

A CIASCUNO LA SUA “VERITÀ” - L’ARTICOLO PUBBLICATO DAL QUOTIDIANO DI BELPIETRO SUL "PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È PRATICAMENTE IDENTICO ALLA MAIL RICEVUTA DA MOLTI ALTRI QUOTIDIANI, DA UN ANONIMO CHE SI FIRMAVA "MARIO ROSSI", CHE HANNO DECISO DI IGNORARE LA VICENDA PERCHÉ NON VERIFICABILE - PERCHE' BELPIETRO HA DECISO DI DARE SPAZIO E RISALTO A UNA STORIA COSI' AMBIGUA? HA IN MANO ANCHE UN AUDIO O CI SONO ALTRE RAGIONI? DI CERTO, L'EX ALLIEVO DI VITTORIO FELTRI È UN PO' IN DIFFICOLTÀ: LE COPIE VENDUTE DAL SUO GIORNALE CALANO E "LA VERITÀ" STA DIVENTANDO POST-VERITÀ, CON LO SPAZIO CONCESSO A COMPLOTTISTI, NO VAX E PUTINIANI - FORSE CREARE UN PO’ DI CACIARA CON IL GAROFANI-GATE SERVE A RIPORTARE IL QUOTIDIANO SOTTO I RIFLETTORI - DI SICURO HA FATTO UN FAVORE A GIORGIA MELONI. DEL RESTO, FU LEI NEL 2023 A OPPORSI ALLA VENDITA DEL GIORNALE AD ANGELUCCI, E A TROVARE IN FEDERICO VECCHIONI, AD DI "BONIFICHE FERRARESI" E CARO A LOLLOBRIGIDA, IL "SALVATORE" PRONTO A RILEVARE IL 25% DELLA SOCIETA' EDITRICE BY BELPIETRO - DA ALLORA FIOCCANO INSERZIONI DELLE PARTECIPATE E PEZZI PRO-GIORGIA...

matteo salvini giorgia meloni donald trump vladimir putin sergio mattarella

DAGOREPORT - COME MAI GLI ARTICOLI DELLA “VERITÀ” SUL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” ARRIVANO IL GIORNO DOPO LA RIUNIONE DEL CONSIGLIO SUPREMO DI DIFESA, DI CUI GAROFANI È SEGRETARIO, IN CUI SI È RIBADITA LA LINEA DI “PIENO SOSTEGNO ITALIANO ALL’UCRAINA”? - LA LINEA PRO-KIEV DI GIORGIA MELONI SI E' AFFIEVOLITA DA TEMPO (HA MESSO IN “PAUSA” L'ADESIONE DELL'ITALIA AL PIANO PURL PER LE ARMI USA A KIEV) E SALVINI E' IL SOLITO "FIGLIO DI PUTIN" CHE SI OPPONE A OGNI SOSTEGNO A ZELENSKY - NON SOLO: MATTARELLA, ORMAI DA ANNI, INFIOCINA I SOVRANISMI DI MEZZO MONDO, HA PIU' VOLTE CRITICATO TRUMP, PUTIN, ORBAN, NETANYAHU E AFD (GUARDA CASO TUTTI AMICI DI MELONI E SALVINI) - SE L'AUDIO DI GAROFANI ESISTE, E CERTIFICA UN "COMPLOTTO" E NON UN SEMPLICE RAGIONAMENTO POLITICO, PERCHÉ BELPIETRO NON LO PUBBLICA? IL COLLOQUIO DELL'EX DEPUTATO DEL PD È STATO CARPITO AL RISTORANTE IN UNA "CHIACCHERATA TRA AMICI". SE ESISTE L'AUDIO, CHI LO HA REGISTRATO? UN AMICO? UN PRIVATO CITTADINO CHE HA RICONOSCIUTO GAROFANI, NONOSTANTE FOSSE UN VOLTO POCO NOTO? O IL CONSIGLIERE DI MATTARELLA ERA "ATTENZIONATO"? DA CHI?

tommaso foti galeazzo bignami

CHIAGNI E FOTI – A VOLERE QUEL FENOMENO DI GALEAZZO BIGNAMI COME CAPOGRUPPO DI FDI ALLA CAMERA FU TOMMASO FOTI, CHE SCELSE IL CAMERATA BOLOGNESE COME SUO SUCCESSORE. QUANDO CI FU IL PASSAGGIO DI CONSEGNE, FOTI ASSICURÒ CHE NON AVREBBE POTUTO SCEGLIERE UN SUCCESSORE MIGLIORE (PENSA COM'ERANO GLI ALTRI PRETENDENTI) - DI SICURO BIGNAMI NON È MAI STATO TROPPO ISTITUZIONALE NEGLI INTERVENTI IN AULA: SPESSO PROVOCATORIO, OGNI VOLTA CHE PARLA IRRITA L'OPPOSIZIONE. PARE CHE UNA TELEFONATA DA PALAZZO CHIGI E UN CONSIGLIO “PATERNO” BY FOTI LO AVESSERO INDOTTO A MAGGIOR EQUILIBRIO. SINO A IERI…

sergio mattarella guido crosetto galeazzo bignami adolfo urso giorgia meloni

FLASH! - SULLA QUESTIONE GAROFANI-BELPIETRO, RIMBOMBA IL SILENZIO ASSORDANTE DI GUIDO CROSETTO. CHE LA LINEA DEL MINISTRO DELLA DIFESA E COFONDATORE DI FRATELLI D’ITALIA SIA PIÙ IN SINTONIA CON IL COLLE CHE CON I CAMERATI DI “PA-FAZZO” CHIGI DI VIA DELLA SCROFA, NON È UNA NOVITÀ. D’ALTRONDE, NEL 2022 FU MATTARELLA A VOLERE CROSETTO ALLA DIFESA, DOPO AVER BOCCIATO IL NOME DI ADOLFO URSO PROPOSTO DA MELONI. ED È SEMPRE STATO CONSIDERATO UN “INTERLOCUTORE” DEL COLLE, TANT’È CHE GUIDONE SMISE DI PARTECIPARE  AI CONSIGLIO DEI MINISTRI POICHÉ TUTTI DAVANTI A LUI TENEVANO LA BOCCUCCIA CHIUSA…

maurizio belpietro giorgia meloni galeazzo bignami francesco saverio garofani sergio mattarella

GIORGIA MELONI NON ARRETRA! DOPO L'INCONTRO AL QUIRINALE CON MATTARELLA, LA DUCETTA HA RIBADITO LA VERSIONE DEL CAMERATA GALEAZZO BIGNAMI: “RAMMARICO PER LE PAROLE ISTITUZIONALMENTE E POLITICAMENTE INOPPORTUNE DI FRANCESCO SAVERIO GAROFANI” – AL CONSIGLIERE DI MATTARELLA SARÀ SFUGGITA UNA PAROLA DI TROPPO, MA DA UNA BANALE OSSERVAZIONE POLITICA SUL CENTROSINISTRA AL GOLPE QUIRINALIZIO, CI PASSA UN OCEANO – PERCHÉ BELPIETRO NON PUBBLICA L'AUDIO IN CUI GAROFANI EVOCAVA UN “PROVVIDENZIALE SCOSSONE” (AMMESSO CHE LO "SCOSSONE" NON SI RIFERISSE AL CENTROSINISTRA)? SE LO FACESSE, LA QUESTIONE SAREBBE CHIUSA: PER GAROFANI SAREBBE DIFFICILE RESTARE AL SUO POSTO – IL QUIRINALE AVEVA FATTO SAPERE CHE DOPO L’INCONTRO CI SAREBBE STATO UN COMUNICATO. PER ORA L’HA FATTO LA MELONI: CI SARÀ UN’ALTRA NOTA DAL COLLE? - BIGNAMI INSISTE: "CI HA SORPRESO LA REAZIONE SCOMPOSTA DEL PD, GAROFANI HA CONFERMATO I CONTENUTI E NON HO VISTO PIATTI VOLARE DAL QUIRINALE..."