1. BUFERA SUL GIUDICE ESPOSITO: SILVIO BERLUSCONI NON E' STATO CONDANNATO “PERCHE' NON POTEVA NON SAPERE”, MA “PERCHE' SAPEVA”: ERA STATO INFORMATO DEL REATO! 2. ORA TOCCA AD ESPOSITO FINIRE IN CASSAZIONE! NON SI PUO’ ANTICIPARE LE MOTIVAZIONI DI UNA SENTENZA, STRAPARLANDO CON UN GIORNALISTA E POI SMENTIRE PENOSAMENTE 3. IL PADRE COME IL FIGLIO, UNA GRAN BELLA FAMIGLIA, QUESTI ESPOSITO SENZA CONTROLLO 4. ALESSANDRO BARBANO, DIRETTORE DE 'IL MATTINO': ''POSSO ASSICURARE VOI E I MIEI LETTORI CHE L'INTERVISTA E' LETTERALE, CIOE' SONO STATI RIPORTATI INTEGRALMENTE IL TESTO, LE PAROLE E LE FRASI PRONUNCIATE DAL PRESIDENTE DI CUI OVVIAMENTE ABBIAMO LA REGISTRAZIONE''. E POI LO PRENDI ANCHE PER I FONDELLI: “NON E' UNA COLPA DA ATTRIBUIRE AI GIORNALISTI MA ALLA RESPONSABILITA' E ALLA MATURITA' DI CHI PARLA''
1. BERLUSCONI:ESPOSITO, INTERVISTA SULLA SENTENZA,POI SMENTITA IL MAGISTRATO AL MATTINO, POI CORREGGE IL TIRO
(ANSA) - Il giudice Antonio Esposito, presidente della sezione feriale della Cassazione, parla della sentenza sul processo Mediaset-Berlusconi, in un'intervista al Mattino, alla quale stamattina lo stesso magistrato ha fatto seguire una smentita riguardo ad alcuni passaggi. Nel dettaglio, riguardo al principio secondo il quale si puo' essere condannati in base al presupposto che l'imputato non poteva non sapere, Esposito sottolinea nell'intervista: ''Potrebbe essere un'argomentazione logica ma non puo' mai diventare principio alla base di una sentenza''.
Parlando del motivo per cui si e' giunti alla condanna, sottolinea nell'articolo: ''Tu venivi portato a conoscenza di quello che succedeva, tu non potevi non sapere, perche' Tizio, Caio e Sempronio hanno detto che te lo hanno riferito. E' un po' diverso dal non poteva non sapere''. Un passaggio che il giudice definisce nella nota di rettifica 'completamente inventato''. Esposito smentisce anche ''di aver pronunziato, nel colloquio avuto con il cronista - rigorosamente circoscritto a temi generali e mai attinenti alla sentenza, debitamente documentato e trascritto dallo stesso cronista e da me approvato - le espressioni riportate virgolettate:
"Berlusconi condannato perche' sapeva non perche' non poteva non sapere". Nell'intervista il magistrato inoltre chiarisce come non ci sia stata alcuna fretta: ''C'e' un principio generale che attiene allo spirito della formazione della sezione feriale della Corte di Cassazione'', questo collegio di giudici ''serve ad evitare che i processi subiscano la condanna del tempo con la prescrizione'', quindi spiega ''a me come presidente della sezione feriale non restava altro che fissare la data in tempo non utile ma utilissimo e ravvicinato onde evitare la prescrizione''.
Sulle polemiche nei suoi confronti, afferma: ''Non rispondo perche' chiedero' ad altre sedi la tutela della mia onorabilita'''. Riguardo alle parole del capo dello Stato, Giorgio Napolitano, dopo la sentenza, Esposito afferma: ''Sono sempre di saggezza istituzionale e rigore costituzionale''.
1. DIRITTI TV: BARBANO, INTERVISTA ESPOSITO E' LETTERALE, C'E' REGISTRAZIONE
(Adnkronos) - ''Posso assicurare voi e i miei lettori che l'intervista e' letterale, cioe' sono stati riportati integralmente il testo, le parole e le frasi pronunciate dal presidente di cui ovviamente abbiamo prova''. Lo ha dichiarato Alessandro Barbano, direttore del quotidiano 'Il Mattino', questa mattina a 'Start, la notizia non puo' attendere', programma di Rai Radio 1 condotto da Francesca Quattrocchi, in merito all'intervista pubblicata sullo stesso quotidiano questa mattina.
''Non posso commentare la smentita - ha proseguito Barbano - ma posso commentare, di fronte a qualunque sede, che il Presidente Esposito ha pronunciato esattamente le parole con la sintassi e la conseguenza logica con cui noi le abbiamo pubblicate''. Avete la registrazione dell'intervista? ''Ovviamente si''', ha risposto Barbano. ''Posso immaginare che il Presidente della Cassazione abbia valutato a posteriori che, in qualche modo, spiegare le motivazioni della condanna prima di averla emessa, possa avere per lui un ritorno non positivo - ha aggiunto - Pero' non e' una colpa da attribuire ai giornalisti ma alla responsabilita' e alla maturita' di chi parla''.
2. DIRITTI TV: D'ALESSANDRO (PDL), DA ESPOSITO SMENTITA CHE NON SMENTISCE ESPONE VERSIONE CHE SOLLEVA DUBBI SU SUE CAPACITA' DISCERNIMENTO
(Adnkronos) - "L'ineffabile dottor Esposito ha oggi inventato la smentita che non smentisce, anzi che conferma l'intervista rilasciata al 'Mattino'. Al di la' dei commenti piu' espliciti sulla sentenza, che egli dichiara di non aver proferito e sui quali attendiamo curiosi la replica del 'Mattino', il presidente della sezione feriale della Cassazione conferma non solo di aver ricevuto il giornalista, ma anche di averci parlato e di aver rilasciato l'intervista, il cui testo (leggiamo dalla sua stessa smentita) e' stato 'debitamente documentato e trascritto dallo stesso cronista e da me approvato'".
Lo ha sottolineato Luca d'Alessandro (Pdl), segretario della commissione Giustizia della Camera. "Poiche' tutta la conversazione attiene al processo a Silvio Berlusconi e alla sentenza emessa proprio da Esposito, e' davvero paradossale e grave che egli sostenga di aver parlato solo in termini generali. Ribadiamo che non e' importante cio' che il giudice dice (ancorche' grave), ma e' inquietante che egli intervenga pubblicamente e lo faccia anche prima delle motivazioni", prosegue D'Alessandro.
"Quanto poi al testo che egli avrebbe controllato e approvato, il fatto che non sia reso conto che tutta l'intervista - da lui letta prima della pubblicazione - abbia riguardato il processo a Berlusconi ci fa sorgere piu' di un dubbio sulle sue capacita' di discernimento. E se ha cosi' mal compreso quanto ha scritto il giornalista, da lui sottoscritto, ci chiediamo con terrore se sia stato in grado di comprendere fino in fondo le carte di un processo cosi' delicato per la sorte di un leader politico, che ha un seguito di dieci milioni di elettori, e di un intero Paese", conclude D'Alessandro.
3. L'INTERVISTA DE "IL MATTINO": «BERLUSCONI CONDANNATO PERCHà SAPEVA NON PERCHà NON POTEVA NON SAPERE»
Antonio Manzo per "Il Mattino"
Aveva già giudicato Berlusconi, imputato con Craxi, nel processo All Iberian. E poi, ancora, Cesare Previti, nel processo della corruzione dei giudici per il lodo Mondadori, la costola penale di una partita civilistica finita con la condanna di Berlusconi a risarcire De Benedetti. Ma Antonio Esposito, settantuno anni, presidente della sezione feriale della Corte di Cassazione che giovedì scorso ha letto la sentenza di condanna per Silvio Berlusconi, stavolta non è passato inosservato.
Anzi, è diventato il giudice simbolo di un Paese diviso. C'è chi lo etichetta come il magistrato del pregiudizio. E chi, invece, lo descrive come un giudice sereno che non si è mai lasciato condizionare né dai nomi e cognomi degli imputati, né dalle inchieste e dai processi. Fin da quando, pretore in un paese del Cilento, Sapri, dovette subìre l'incendio della Pretura per aver mandato in carcere amministratori e speculatori che assalivano con il cemento le coste tirreniche. Oppure quando, per le sue inchieste agli inizi degli anni Ottanta, fu al centro di indagini ministeriali dalle quali poi è uscito del tutto indenne. «Solo colpevole di aver fatto sempre il mio dovere» ricorda lui.
Oggi è il magistrato conosciuto in tutto il mondo. Lui con la toga che legge la sentenza e, nel giro di un minuto, fa esultare e poi deprimere il popolo del Cavaliere quando pronuncia le prime righe del dispositivo: comincia con l'«annullamento» della sentenza, ma è riferito solo alle condanne accessorie e, immediatamente dopo, prosegue leggendo l'ultima parte del dispositivo: «Rigetto del ricorso». E, quindi, la condanna per il Cavaliere. Antonio Esposito è di nuovo nel suo ufficio in Cassazione. Passo svelto, con la borsa. Nessuna scorta.
à erede di una famiglia di giuristi, fratello dell'ex pg della Cassazione, Vitaliano, ma anche padre di un pm milanese, Ferdinando, fotografato, tempo fa, in un bar con Nicole Minetti e, naturalmente, finito nel mirino di chi divide il mondo in berlusconiani e antiberlusconiani anche al caffè.
Il Pdl dice: la Cassazione è sempre così lenta, stavolta ha fatto tutto in fretta. Perché è stata così rapida nella fissazione dell'udienza per il processo Mediaset-Berlusconi?
«C'è un principio generale che attiene allo spirito della formazione della sezione feriale della Corte di Cassazione. Questo collegio di giudici, che poi muta nel corso dei mesi estivi, serve ad evitare che i processi subiscano la condanna del tempo con la prescrizione oppure, altro esempio, quando i termini di custodia cautelare possono decadere».
Quindi, atto dovuto per qualsiasi processo che in periodo feriale arriva in Cassazione con il pericolo della prescrizione?
«Esatto, atto dovuto per qualunque processo con qualunque imputato».
E nel processo Berlusconi-Mediaset?
«C'era l'indicazione dell'ufficio detto ufficio spoglio della terza sezione penale della Cassazione, secondo il quale la prescrizione sarebbe scattata il primo agosto. E, quindi, a me come presidente della sezione feriale non restava altro che fissare la data in tempo non utile ma utilissimo e ravvicinato onde evitare la prescrizione».
Solo sul processo Mediaset-Berlusconi c'era il pericolo della prescrizione?
«Assolutamente no. Il processo Berlusconi si prescriveva il primo agosto. C'erano processi che si sarebbero prescritti il 30 luglio, il 31 luglio e il 4 agosto. Anche per quelli c'era il rischio prescrizione, bisognava afferrarli per i capelli. Così abbiamo fatto».
Quanti processi arrivano mediamente alla sezione feriale della Cassazione?
«A getto continuo. Ne sono stati già fissati 140-150».
Come viene composta la sezione feriale?
«à il primo presidente della Cassazione che, dopo aver acquisito la disponibilità di due-tre magistrati per ogni sezione, compone i collegi. Per il 2013 i collegi sono stati istituiti con decreti del 23 maggio scorso. Io finisco domani (oggi per chi legge). Nei prossimi giorni subentreranno altri presidenti, i colleghi Marasca e Siotto».
à vero che lei era d'accordo alla pubblicità integrale, in diretta, delle udienze del processo Mediaset-Berlusconi?
«Sì, lo ero per un processo di meritevole rilevanza sociale. Di qui, l'autorizzazione per la pubblicità delle udienze. Ma ho dovuto cambiare idea di fronte alla richiesta di 32-33 emittenti televisive, da quelle nazionali a quelle internazionali. C'erano richie ste della Cnn, di una tv belga, di tre tv tedesche, una tv giapponese, mi pare anche una araba. Avremmo potuto determinare un oggettivo turbamento allo svolgimento delle udienze. E non era giusto, per la doverosa serenità che bisogna assicurare ad ogni processo, ad ogni imputato oltre che ai magistrati che avrebbero dovuto giudicare».
Eravate consapevoli della importante dirompenza del processo, come aveva anche detto allavigilia lo stesso capo dello Stato?
«L'autorevolezza delle parole del capo dello Stato andavano nel segno della richiesta di un supplemento di serenità e imparzialità che ogni giudice, in qualsiasi processo, deve osservare e fare osservare».
Perché sette ore di camera di consiglio?
«Non posso svelare quel che è segreto».
Ci potrà dire se avete almeno fatto qualche pausa...
«Sì, per consumare un panino».
Ma si renderà conto della lunghezza del tempo.
«Certamente. Il tempo che abbiamo dovuto impiegare è la conseguenza delle dimensioni della discussione dei motivi con i quali era stato chiesto l'annullamento del processo, 47 motivi solo per Berlusconi. Per un totale di una novantina, comprensivi anche di quelli sollevati dai difensori degli altri imputati».
Avete discusso motivo per motivo in camera di consiglio?
«In camera di consiglio, sempre e comunque come prescrive l'articolo 606 del codice di procedura penale, la Corte valuta preliminarmente motivi che potrebbero determinare nullità processuali, ad esempio se è stato notificato o meno un atto, poi la inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche. E ancora, inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità , di inutilizzabilità , di inammissibilità o di decadenza. Fino alla valutazione della eventuale mancata assunzione di una prova decisiva, o mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione».
Ci sono state indiscrezioni secondo le quali all'interno della camera di consiglio vi sarebbe stata una divisione tra una linea morbida, rappresentata dal giudice re latore, e una linea dura interpretata da lei.
«Assolutamente non posso rispondere».
Ma la sua persona è finita nel mirino delle polemiche, con accuse di pregiudiziale ostilità nei confronti degli imputati. Perfino con l'aver anticipato, anni fa, sentenze, oltre che giudizi, contrari a Berlusconi.
«Polemiche registrate alla vigilia, oltre che dopo la sentenza. Non rispondo, perché chiederò ad altre sedi la tutela della mia onorabilità ».
Lasciamo in un angolo le polemiche. Può esistere, chiamiamolo così, un principio giuridico secondo il quale si può essere condannati in base al presupposto che l'imputato «non poteva non sapere»?
«Assolutamente no, perché la condanna o l'assoluzione di un imputato avviene strettamente sulla valutazione del fatto-reato, oltre che dall'esame della posizione che l'imputato occupa al momento della commissione del reato o al contributo che offre a determinare il reato. Non poteva non sapere? Potrebbe essere una argomentazione logica, ma non può mai diventare principio alla base di una sentenza».
Non è questo il motivo per cui si è giunti alla condanna? E qual è allora?
«Noi potremmo dire: tu venivi portato a conoscenza di quel che succedeva. Non è che tu non potevi non sapere perché eri il capo. Teoricamente, il capo potrebbe non sapere. No, tu venivi portato a conoscenza di quello che succedeva. Tu non potevi non sapere, perché Tizio, Caio o Sempronio hanno detto che te lo hanno riferito. à un po' diverso dal non poteva non sapere».
Dopo la sentenza il presidente Napolitano ha detto: le sentenze si rispettano ed ora bisogna riformare la giustizia.
«Le parole del capo dello Stato sono sempre di saggezza istituzionale e rigore costituzionale. Soprattutto quando i giudici procedono avendo come riferimento la sacralità di uno dei principi della Costituzione: tutti siamo eguali davanti alla legge».
Lei ha fatto molti processi in Cassazione, da quello sull'attentato all'Addaura ai più importanti processi della Tangentopoli milanese e nazionale. Quale ricorda con maggiore memoria?
«Quello per il fallito attentato a Giovanni Falcone. Una inchiesta ed un processoche si trasformò anche in un infame linciaggio al giudice-eroe.
All'Addaura, prim'ancora di Capaci, volevano ammazzare Falcone con un ordigno potentissimo sistemato sulla spiaggia: avrebbe potuto colpire in un raggio di 60 metri. L'amarezza è che in quei giorni, ed anche nelle fasi processuali, ci furono personaggi delle istituzioni che sostenevano che l'attentato fosse una simulazione. Nella sentenza censurammo con parole forti questi depistaggi, in un fatto gravissimo che avrebbe dovuto portare anticipatamente alla morte Giovanni Falcone. Non è stato mai spiegato il motivo per il quale un artificiere chiamato sul luogo dell'attentato alle 7,30 del mattino arrivò alle 11,30».
C'è chi è tornato a sostenere in queste ore: aboliamo la Cassazione come ultimo grado di giudizio.
«La Cassazione serve. Anzi, come non mai. à l'ultimo grado di legittimità come prescrive l'articolo 111 della Costituzione. à una garanzia per il cittadino, un sacrosanto suo diritto per la tutela di un giusto processo e l'affermazione dei principi di legalità ».




















