petrolio

DALLA NORVEGIA ALLA RUSSIA, QUANTI GUAI PER I “PETROL-STATI” - IL CROLLO DELLE QUOTAZIONI DEL GREGGIO HA INNESCATO LA CRISI DEI CONTI PUBBLICI E L’AUMENTO DELLA DISOCCUPAZIONE - SOFFRONO ANCHE VENEZUELA E ARABIA

Maurizio Ricci per “la Repubblica”

 

petroliopetrolio

«L’estate è stata eccezionalmente lunga, ma adesso l’inverno sta arrivando». Il “Trono di spade” sta per tornare in tv, ma l’ultimo a pronunciare la frase chiave della saga fantasy di George R.R.Martin non è stato un attore e le parole non sono risuonate nella stanza di un castello o in una landa desolata.

 

Al contrario, c’era un microfono, un’ampia sala foderata di legno e una platea di signori in grisaglia e cravatta. Chi parlava era Oyestein Olsen, governatore della Banca centrale di Norvegia e annunciava la fine della lunga estate dell’oro nero e l’arrivo, nei petrostati, dell’inverno delle rinunce e dei sacrifici.

 

I prezzi, secondo l’Ocse, non riprenderanno a salire prima del 2017 e, intanto, la corsa all’ingiù del barile ha finito per segnare anche uno dei paesi più ricchi del mondo: il 2015 è stato pessimo, il 2016, assicura Olsen, sarà peggio. Non gli deve essere costato poco dirlo. La verità è che né lui, né il suo staff hanno mai sperimentato una crisi. Nell’ultimo quarto di secolo, la rendita petrolifera ha tenuto loro e tutta la Norvegia al riparo da qualsiasi tempesta. Sino al novembre 2014: fine della vita facile.

PETROLIOPETROLIO

 

Per un paese che deve un quarto del suo Pil e metà delle sue esportazioni a petrolio e gas, il crollo dei prezzi scatenato meno di un anno e mezzo fa non poteva avere un effetto diverso. Fra il 2014 e il 2015, la disoccupazione è salita dal 3,5 al 4,1 per cento. Cifre piccole, ma significa un quinto di disoccupati in più nel giro di soli dodici mesi. La corona vale un terzo di meno. Nell’ultimo trimestre del 2015, il Prodotto interno lordo si è ristretto dell’1,2 per cento, il triplo di quanto avessero previsto gli economisti.

 

PETROLIOPETROLIO

Il bilancio dello Stato è stravolto. Fino a ieri, infatti, il lavoro del ministro delle Finanze, a Oslo, non comportava neanche una stilla di sudore. Sul lato delle spese, era un colabrodo: un norvegese su tre è un impiegato pubblico (la media Ocse è uno su cinque), l’orario di lavoro si aggira sulle 37 ore a settimana, con i week-end che si mangiano anche il venerdì, le baby pensioni e le invalidità inghiottono quasi il 4 per cento del Pil, circa il doppio della media dei paesi industrializzati. Ma questa voragine veniva facilmente colmata.

 

Nel 2012, il bilancio segnava 100 miliardi di corone (più o meno 10 miliardi di euro, per un paese di 5 milioni di persone, circa 2 mila euro a testa) di deficit. Ma gli incassi del petrolio ne pompavano 420 miliardi nelle casse dello Stato. Nel 2015, la forbice si è drammaticamente ristretta: il deficit è salito a 180 miliardi di corone e il greggio ne ha portati solo 250 miliardi. Nel 2016, la forbice potrebbe chiudersi.

 

PETROLIO OFFSHORE PETROLIO OFFSHORE

Trattandosi di uno dei paesi più ricchi del mondo, governato da persone previdenti, non è il caso di far scattare l’allarme rosso. La bonanza del petrolio degli anni scorsi ha permesso di costituire un super-mega tesoretto: un fondo sovrano con 800 miliardi di dollari in cassa, il più grande del mondo. Il problema – e lo choc – è che nessuno pensava di dover rompere il salvadanaio. Ancora a ottobre, il governo contava di prelevare dal fondo, per tappare i buchi della spesa sociale, meno di 5 miliardi di corone.

 

Adesso Olsen prevede, invece, che il fondo sborsi 80 miliardi di corone (circa 8 miliardi di euro) per sostenere la spesa pubblica, sedici volte di più. Le tasche del fondo sono profonde, i miliardi di corone in cassa sono più di 6 mila, ma è l’inversione che preoccupa chi fa di conto. Misurato in dollari, il patrimonio del fondo, fra il 2014 e il 2015 è aumentato solo di pochi spiccioli e al drenaggio del governo si aggiunge la difficoltà di trovare investimenti soddisfacenti, in un mondo di tassi zero.

PETROLIO QUOTAZIONI PETROLIO QUOTAZIONI

 

E’ l’altra faccia della guerra del petrolio. Non quella dei consumatori americani, europei, cinesi, indiani che vedono scendere il pezzo della luce, del riscaldamento e della benzina, ma quella dei petrostati, costretti a chiamare i loro cittadini a sacrifici che un’intera generazione non ha mai conosciuto.

 

Lo choc dei norvegesi è, probabilmente, niente, del resto, di fronte a quello dei venezuelani, che, dalla sera alla mattina, hanno visto il prezzo della benzina alla pompa schizzare del 6.200 per cento, ovvero rincarare di 60 volte, per la riduzione dei sussidi statali. Il risultato è ancora modesto: l’equivalente di meno di 15 centesimi di euro al litro, ma per i portafogli disastrati dei venezuelani questa è ancora una cifra. Come lo sono i 20 centesimi di euro al litro che è il nuovo prezzo della benzina nel paese per eccellenza del petrolio, l’Arabia saudita.

PETRODOLLARI PETRODOLLARI

 

L’aumento, rispetto al passato, è del 50 per cento e si affianca alla fine dei sussidi – e conseguente aumento di prezzo – per l’acqua e l’elettricità (cruciale per i condizionatori). Anche a Riad, dove il petrolio vale il 40 per cento del Pil e il 90 per cento delle entrate fiscali, un disavanzo statale arrivato al 15 per cento del prodotto lordo è stato giudicato insostenibile. Di fianco all’Arabia saudita, nel Bahrein, oltre alla benzina è raddoppiato il prezzo della carne e del pollo che il governo, finora, teneva basso grazie ai sussidi.

 

PETROLIO NORVEGIA PETROLIO NORVEGIA

L’altro grande produttore, la Russia, che deve più di metà delle entrate statali alle tasse sulle esportazioni di petrolio, ha annunciato un taglio del 10 per cento della spesa pubblica. Ma aveva fatto i conti a fine dicembre, quando il greggio stava a 37 dollari al barile, mentre adesso pende pericolosamente verso i 30 dollari. La promessa di non toccare pensioni e stipendi pubblici potrebbe non tenere. La Sberbank, una delle grandi banche pubbliche, sta conducendo stress test sui suoi bilanci ipotizzando un greggio a 25 dollari a barile.

 

petrolio e dollari petrolio e dollari

Anche un altro grande produttore, la Nigeria, ha annunciato che tirerà la cinghia. Ma, in un paese dove il testo del bilancio statale è scomparso per un mese ed è riapparso con significative modifiche non previste, i conti sono difficili da fare. Quello che sembra certo è che il presidente ha drammaticamente tagliato di oltre l’80 per cento, da 40 a 8 milioni di dollari, la spesa per le proprie auto blu.

 

 

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni maurizio belpietro francesco saverio garofani sergio mattarella

DAGOREPORT - IL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE MELONI” NON ESISTE: LO “SCOOP” DELLA “VERITÀ” È STATO CONFEZIONATO CON L’OBIETTIVO DI PRENDERE DI MIRA SERGIO MATTARELLA, COME MASSIMA RAPPRESENTANZA DI QUEL "DEEP STATE" CHE I CAMERATI DI PALAZZO CHIGI HANNO SUL GOZZO – LA STATISTA DELLA SGARBATELLA SOGNA L’EGEMONIA ISTITUZIONALE: BOCCIATO IL PREMIERATO, VUOLE CAMBIARE CON LA FORZA IL SISTEMA MODIFICANDO LA LEGGE ELETTORALE E INSERENDO IL NOME DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO SULLA SCHEDA (COSI' DA BYPASSARE DI FATTO I POTERI DI NOMINA DEL PREMIER CHE SPETTANO AL COLLE) - MA NON TUTTO FILA LISCIO: LEGA E FORZA ITALIA SI OPPONGONO PERCHE' NON VOGLIONO ESSERE CANNIBALIZZATI DA FDI E IN CAMPANIA E PUGLIA SI PROSPETTA UNA BATOSTA PER IL CENTRODESTA - DA QUESTO DERIVA QUEL NERVOSISMO, CON VITTIMISMO PARACULO ANNESSO, CHE HA SPINTO GIORGIA MELONI A CAVALCARE IL “COMPLOTTO DEL COLLE” – E SE FDI, PER BOCCA DI BIGNAMI E MALAN, NON AVESSE RINCULATO, DAL QUIRINALE SAREBBE PARTITO UN SILURO A TESTATA MULTIPLA...

francesco saverio garofani sergio mattarella giorgia meloni maurizio belpietro

DAGOREPORT - MA QUALE “COMPLOTTO DEL QUIRINALE CONTRO GIORGIA MELONI”! DIETRO ALLA DIFFUSIONE DELLE PAROLE DI FRANCESCO SAVERIO GAROFANI ALLA “VERITÀ” DI BELPIETRO C'E' UNA “GOLA PROFONDA” UN PO’ PASTICCIONA, CHE SI E' FATTA SGAMARE IN MEZZA GIORNATA - DAGOSPIA È IN GRADO DI AGGIUNGERE ALCUNI DETTAGLI SULLA CENA DI GIOVEDÌ 13 NOVEMBRE ALLA TERRAZZA BORROMINI. A TAVOLA C’ERANO SEDICI PERSONE: OLTRE ALL’ORGANIZZATORE, LUCA DI BARTOLOMEI E A FRANCESCO GAROFANI, C’ERANO MANAGER, CONSULENTI, UN AD DI UNA BANCA, DUE CRONISTI SPORTIVI E…UN GIORNALISTA CHE IN PASSATO HA LAVORATO IN UN QUOTIDIANO DI DESTRA, GIA' DIRETTO DA BELPIETRO. SARÀ UN CASO CHE LA MAIL A FIRMA “MARIO ROSSI”, DA CUI È NATO LO “SCANDALO”, SIA STATA INVIATA ANCHE AL MELONIANO "IL GIORNALE" (CHE PERO' L'HA IGNORATA)? - IL CONTESTO ERA CONVIVIALE, SI PARLAVA DI CALCIO E DEL PD, MA GAROFANI NON HA MAI PRONUNCIATO LA PAROLA “SCOSSONE”, CHE INFATTI NELLA MAIL ORIGINALE NON C’È - L’AUDIO? ANCHE SE CI FOSSE, BELPIETRO NON POTREBBE PUBBLICARLO PERCHÉ SAREBBE STATO CARPITO ILLEGALMENTE...

maurizio belpietro giorgia meloni la verita

DAGOREPORT - IL GIOCO DI PRESTIGIO DI MAURIZIO BELPIETRO: LO "SCOOP" SUL PRESUNTO “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È BASATO SULLE PAROLE “PROVVIDENZIALE SCOSSONE”, CHE IL CONSIGLIERE DEL COLLE, FRANCESCO SAVERIO GAROFANI, AVREBBE PRONUNCIATO ALLA CENA DOPO L’EVENTO IN RICORDO DI AGOSTINO DI BARTOLOMEI. MA NELLA MAIL ANONIMA CHE SEGNALA LA VICENDA A "LA VERITA'" QUELLE DUE PAROLE NON SONO VIRGOLETTATE: SEMBRANO ESSERE UN RAGIONAMENTO DELL’AUTORE, IL MISTERIOSO "MARIO ROSSI" – “LINKIESTA”: “PER CAPIRE COSA PENSI MELONI BISOGNA LEGGERE ‘LA VERITÀ’, ESATTAMENTE COME PER CAPIRE COSA PENSI GIUSEPPE CONTE BISOGNA LEGGERE ‘IL FATTO’. QUANTI SI BEVONO OGGI LA FAVOLA DELLA SVOLTA ATLANTISTA ED EUROPEISTA DI MELONI, FAREBBERO BENE A LEGGERE ‘LA VERITÀ’, SMACCATAMENTE FILO-PUTINIANO, NO VAX E NO EURO. LA VERITÀ DEL GOVERNO MELONI STA LÌ”

tommaso cerno antonio giampaolo angelucci alessandro sallusti il giornale

FLASH! – COME PREVISTO, ANTONIO E GIAMPAOLO ANGELUCCI HANNO DECISO CHE, A PARTIRE DAL PRIMO DICEMBRE, AVVERRÀ IL CAMBIO DI DIREZIONE DE “IL GIORNALE” CON L’ARRIVO DI TOMMASO CERNO CHE, A SUA VOLTA, VERRÀ RIMPIAZZATO A “IL TEMPO” DA DANIELE CAPEZZONE – MALGRADO LA PROPOSTA DI ANDARE ALLA DIREZIONE EDITORIALE DE “IL GIORNALE”, AL POSTO DI VITTORIO FELTRI, CHE PASSEREBBE A QUELLA DI “LIBERO”, ALESSANDRO SALLUSTI NON L’HA PRESA BENE: IL BIOGRAFO DI GIORGIA MELONI LO CONSIDERA UNA DIMINUTIO PER IL SUO PRESTIGIO E MIREREBBE A DARE VITA A UN PROGETTO MEDIATICO CON NICOLA PORRO…