
DAGOREPORT - LUCA ZAIA MINACCIAVA DI DIVENTARE UN SERIO “PROBLEMA” PER MATTEO SALVINI E FORSE LO SARÀ: NON POTENDO IL “DOGE”, PER ORDINE DI SALVINI IN COMBUTTA CON MELONI, GUIDARE UNA LISTA A SUO NOME, UNA VOLTA SBATTUTO A CAPOLISTA IL SUO ENTUSIASMO POTREBBE SCEMARE E LA LEGA IN VENETO CORRE IL RISCHIO DI UN SORPASSO DI FRATELLI D'ITALIA - EVENTUALITA' CHE METTEREBBE DI NUOVO IN DISCUSSIONE LA LEADERSHIP DEL "CAPITONE" - I RAS LOCALI HANNO CRITICATO PER ANNI SALVINI, SENZA MAI AVERE IL CORAGGIO DI SFIDUCIARLO. QUESTA VOLTA, TRA UN VANNACCI CHE SI PRENDE I PIENI POTERI NEL PARTITO E I MALUMORI PER LA "CESSIONE" DELLA LOMBARDIA A FDI, UN FLOP IN VENETO POTREBBE ESSERE LA GOCCIA CHE FA TRABOCCARE IL VASO - SE SALVINI NON RIDE IN VENETO, ELLY SCHLEIN POTREBBE PIANGERE IN CAMPANIA: IL GRILLONZO ROBERTO FICO NON ENTUSIASMA E FA INCAZZARE DE LUCA CON LE SUE LEZIONCINE ETICHE SUI CANDIDATI. TANT'E' CHE TRA I FEDELISSIMI DI DON VICIENZO È PARTITO IL FUGGI FUGGI VERSO LE SIRENE DELLA DESTRA DI POTERE...
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Le elezioni in Veneto si avvicinano e Luca Zaia sta mantenendo la promessa. Il Governatore uscente, di fronte ai molti no di Salvini e Meloni (prima alla sua terza ricandidatura, poi alla creazione di una lista civica a suo nome), ha minacciato: “Se sono un problema vedrò di renderlo reale, il problema. Cercherò di organizzarmi in maniera tale da rappresentare fino in fondo i veneti”.
Parole che sono state accompagnate dall’annuncio di una sua candidatura come capolista “in tutti i collegi del Veneto”, nelle liste della Lega. Tradotto: voi non mi volete? Io vi faccio vedere a suon di decine di migliaia di preferenze che la Regione “c’est moi”.
MATTEO SALVINI E ROBERTO VANNACCI - PONTIDA 2025
Ma tra il dire e il fare, si sa, c’è di mezzo il mare. Il “Doge” sarebbe sempre più disilluso: anche se incassasse un consenso bulgaro alle Regionali, è di fatto conclusa la sua era d'oro. Dopo 15 anni di governo del territorio, di fatto scivola in una posizione di secondo piano.
Sfumate le ipotesi di un ruolo a livello nazionale, vale a dire di ministro, sembra finito in un buco nell'acqua anche il suo desiderio di spacchettare la Lega in due formazioni federate, sul modello Cdu-Csu (ieri Salvini, con cui Zaia non parla da settimane, ha liquidato l’ipotesi come “rumors senza fondamento”).
Zaia sarà con ogni probabilità il recordman di preferenze, ma a che pro? A cosa gli servirà sventolare il consenso dei suoi fedeli elettori? Il potere si detiene quando si può contare sulla forza di incidere e di decidere: e non la si può avere da soli, senza un gruppo di persone da infilare nelle giuste caselle del consiglio regionale.
A novembre, ottenuto un mezzo plebiscito, Zaia sarà un consigliere regionale “semplice”, agli ordini del salviniano Alberto Stefani, a sua volta circondato da un agguerrito gruppo di Fratelli d'Italia, guidato dal camerata Luca De Carlo, incazzatissimo per non essere stato scelto come candidato Governatore.
Di spazio di manovra per orientare le scelte, Zaia ne avrà ben poco.
È evidente che il 34enne Stefani, che fu svezzata da Zaia, farà di tutto per dimostrare la sua autonomia e leadership: ma senza avere al fianco un numero di consiglieri superiori a quelli dei Fratellini d'Italia, il suo campo di azione viene va farsi fottere.
Un caso simile si è materializzato in Puglia, dove Decaro, pur di non avere tra le orecchiette l'ingombrante rete di potere di Michele Emiliano, ha minacciato di non candidarsi. Ma se vuoi non avere sul groppone i "mammasantissima" a decidere nell'ombra, devi avere i voti e Decaro, a differenza di Stefani, ne ha in abbondanza.
Alla luce di questo cul de sac, Zaia è assalito dalla domanda: ma vale la pena sbattersi, portare in dote i miei voti alla Lega di Salvini per poi sentirmi dire: "Grazie e ora levati dai piedi"?
Alcuni analisti prefigurano infatti che il risultato della Lega, alle Regionali in Veneto, sarà meno spumeggiante del previsto.
Certo, sarà difficile ripetere il flop della Toscana, dove il partito di Salvini, "trainato" dall’ex generalissimo Roberto Vannacci, si è fermato a un misero 4,4%, ma se Zaia tira i remi in gondola e il Carroccio dovesse essere superato da Fratelli d’Italia, per il fu "Truce del Papeete" sarebbe difficile continuare a far finta di niente.
Ieri, arrivando al congresso federale, il segretario ha abbozzato una mini-autocritica: “[…] quando hai un risultato al di sotto delle aspettative ti devi chiedere perché. Non è colpa della sfortuna o degli elettori. Quindi tutti noi abbiamo sbagliato qualcosa? Si, io in primis. Sono in Lega da 35 anni, ho vinto tante volte e ho perso altrettante volte. Da una sconfitta devi trarre lezione per la futura vittoria”.
Scuse e giustificazioni che a malapena possono bastare per una Regione rossa come la Toscana, ma saranno sufficienti a sedare i malumori leghisti in caso di batosta in una storica roccaforte del Carroccio?
Quali argomentazioni addurrà Salvini per spiegare l'eventuale sorpasso di Fdi? È utile ricordare cosa avvenne nel 2020: Luca Zaia stravinse con il 76,79% dei voti. La sua lista ottenne, "Zaia presidente", ottenne il 44,57% dei consensi e la LEga si fermò a un più modesto 16,92%.
luca zaia matteo salvini massimiliano fedriga attilio fontana
L'avversario di sempre, Fratelli d'Italia, restò a cuccia con il 9,5%. Stavolta la lista Zaia non c'è: quel 44,57% del 2020, ora che il Doge è un semplice capolista e non avrà responsabilità di amministrare, si travaserà integralmente sul bottino della Lega? O i fedelissimi di Zaia preferiranno una scampagnata anziché recarsi alle urne? O magari si sparpaglieranno delusi verso gli altri partiti, finendo per ingrossare il granaio meloniano?
E che succederà, in caso di sorpasso di Fdi sulla Lega, alla fragile leadership di Salvini? Se dovessimo azzardare un pronostico, visto l'andamento degli ultimi anni, diremmo niente: i vari feldmarescialli locali (Zaia, Fedriga, Fontana eccetera) nel tempo si sono dimostrati maestri di lagne ma pavidi nell'agire. Nessuno di loro ha mai sfidato a viso aperto Salvini per contendergli la guida del partito. Stavolta, però, ci sono elementi nuovi:
1) L'incontrollata ascesa di Roberto Vannacci con graduale spostamento verso l'estrema destra della Lega e conseguente insofferenza della base moderata e pragmatica.
2) La cessione della Lombardia a Fratelli d'Italia alle Regionali del 2028, già concordata e firmata in cambio della candidatura di Stefani in Veneto.
3) Il commissariamento del Veneto. Come già successo al Pirellone, dove negli ultimi anni Attilio Fontana è stato "accerchiato" dalle truppe dei "La Russa boys", grazie all'ascesa elettorale di Fratelli d'Italia, anche in Veneto i meloniani in Consiglio regionale e in Giunta potrebbero sopravanzare i leghisti, con il risultato di fare di Stefani un mezzo presidente.
elly schlein giuseppe conte roberto fico - manifestazione piazza del popolo
Ps. Se il risultato della Lega in Veneto sarà dirimente per Salvini, quello in Campania lo sarà per Elly Schlein. La candidatura dell’impalpabile grillonzo Roberto Fico, concessa a Giuseppe Conte, non entusiasma gli elettori campani.
E come Zaia in Veneto, anche il “cacicco” di Salerno, Vincenzo De Luca, oltre a non essere felice di essere stato pre-pensionato, soprattutto non sopporta le lezioncine etiche sui candidati di De Luca da parte di un Fico secco senza voti a cui si aggiunge la sua ipocrita vaghezza nel dichiararsi pronto a mandare in porto i progetti già lanciati dallo Sceriffo di Salerno.
In tale stato di precarietà di potere, si registra un fuggi-fuggi delle truppe di Don Vicienzo “sceriffo” verso destra (dove Fratelli d’Italia, in quanto partito di potere nazionale, ha molti margini di “promessa”)...