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DAGOREPORT – RISIKO BESTIALE A BRUXELLES! URSULA VON DER LEYEN, NONOSTANTE I VETI DEL TRIO TUSK-MACRON-SCHOLZ, S’ALLISCIA LA MELONI PER BLOCCARE I FRANCHI TIRATORI TRA POPOLARI E SOCIALISTI. MA L’INCIUCIONE SARÀ RIVELATO DOPO IL VOTO: SE L’ITALIA INCASSERÀ UN COMMISSARIO DI PESO, FRATELLI D’ITALIA SI SARÀ APPECORONATO ALLA COFANA TEDESCA (E ALLORA SÌ CHE SALVINI E LE PEN INIZIERANNO A CECCHINARE LA “TRADITRICE” GIORGIA) – OCCHIO A MACRON: ANCHE SE INDEBOLITO PER L’AVANZATA DELLE DESTRE IN FRANCIA, DA “ANIMALE FERITO” PUÒ DIVENTARE UNA MINA VAGANTE

DAGOREPORT

ursula von der leyen giorgia meloni g7 borgo egnazia

La strada per Ursula von der Leyen si fa più stretta. I veti incrociati stanno bloccando la corsa della cofana bionda tedesca, che sperava in un via libera già alla cena informale di ieri sera, a Bruxelles.

 

E invece, popolari e socialisti, che vogliono impostare la spartizione delle poltrone in una logica a “pacchetto”, si sono scannati sulla presidenza del Consiglio europeo. Il Ppe, per cui trattano il polacco Tusk e il greco Mitsotakis, non accetta il portoghese Antonio Costa per cinque anni e invoca una “staffetta", bloccando di fatto anche le altre nomine (in ballo ci sono anche l’alto rappresentante e il Parlamento).

 

EMMANUEL MACRON - DONALD TUSK - OLAF SCHOLZ

Per pararsi il fianco da eventuali sgambetti, von der Leyen sta cercando in tutti i modi il sostegno di Giorgia Meloni. Per ottenerlo ha addirittura posticipato la presentazione del report sulla libertà di stampa in Italia e starebbe pensando di rinviare anche la raccomandazione sui conti pubblici, ma dai suoi alleati è arrivata l’inchiodata.

 

Macron e Scholz sono contrarissimi ad aprire la maggioranza a una leader di “estrema destra” (così l’ha definita il cancelliere tedesco), e ieri è arrivata la badilata di Donald Tusk: “Non ci servono i voti della Meloni, la maggioranza è quella solita, composta da Ppe, Pse e Liberali”.

 

tazze per ursula von der leyen al vertice ppe

Ursula non molla: la candidata “c’est moi” e i voti li prendo io, è il ragionamento della presidente della Commissione. Ma, sotto sotto, sa bene di dover affrontare il campo minato del voto segreto in aula. Popolari, Socialisti e Liberali, insieme, hanno 406 seggi. Sufficienti per la maggioranza (361), ma non abbastanza da mettere al riparo la nomina di Ursula dai tentativi di sabotaggio (tutti gli analisti prevedono una quota del 10-15% di franchi tiratori).

 

GIORGIA MELONI MATEUSZ MORAWIECKI SANTIAGO ABASCAL

Una volta superato il pantano del voto segreto, una eventuale alleanza sottobanco tra Ursula & Giorgia non resterebbe nell’ombra. Dopo l’elezione del Von der Leyen bis, infatti, basterà vedere i posti ottenuti dall’Italia nella nuova commissione per scoprire l’inciucione.

 

Se l’Italia otterrà un vicepresidente o un commissario di peso, sarà chiaro che i Fratelli d’Italia avranno votato per Ursula. La Ducetta, insomma, non potrà fare, per l’ennesima volta, il doppio gioco.

 

La premier italiana ha tentato di prendere tempo: voleva posticipare la trattativa e arrivare all’8 luglio senza un accordo. Il suo obiettivo, visto che il 7 c’è il secondo turno delle elezioni in Francia, era sedersi al tavolo con un Macron indebolito, in modo da trattare da una posizione di forza. Ma Macron e il suo fido scudiero, Charles Michel, l’hanno fregata ben bene anticipando al 27/28 giugno il Consiglio europeo formale in cui saranno decise le nomine.

 

EMMANUEL MACRON CHARLES MICHEL

Anche il piano B di Giorgia è un guazzabuglio: non votare la Commissione Ue significa isolarsi e non contare niente nelle partite che contano in Europa. Senza considerare che un “assorellamento” con Marine Le Pen diventa complesso. La Duciona di Francia si è già seduta all’opposizione del tradizionale asse Ppe-S&D-Renew, e non vuole scendere a compromessi. Fare lo stesso, per la Meloni, significherebbe disunirsi: finirebbe ai margini degli euro-poteri, diventando junior partner della valchiria francese (il Rassemblement national ha 30 eurodeputati, contro i 24 di Fdi).

 

matteo salvini giorgia meloni antonio tajani atreju

Ps/1. E Salvini che fa? L’unico obiettivo del “Capitone” è mettere i bastoni tra le ruote di Giorgia Meloni. Insieme al generale Vannacci, le spara grosse, arrivando addirittura a non escludere un ritorno dei nazisti di Afd nel gruppo Identità e democrazia, e non perde occasione per dimostrare di essere più a destra della sora Giorgia, compromettendo le (poche) chance della premier di accreditarsi a Bruxelles come leader di una destra presentabile.

 

D’altronde, nel giardino europeo Salvini, Meloni e Tajani giocano in squadre diverse. Fdi con i Conservatori e riformisti, Forza Italia con il Ppe, la Lega con Identità e democrazia. Divisi alla meta.

 

ANTONIO COSTA - PEDRO SANCHEZ

Ps/2. Giorgia Meloni farebbe bene a non sottovalutare Macron, per quanto in difficoltà sul fronte interno. Il presidente francese, al secondo mandato, non ha più nulla da perdere, e può battagliare senza preoccuparsi di quelle correttezze formali di chi deve mantenere il consenso. Da “animale ferito” per l’avanzata delle destre, il “toyboy dell’Eliseo” può diventare una mina vagante…

 

STALLO SULLE NOMINE UE, VETI INCROCIATI TRA LEADER. VON DER LEYEN IN BILICO

Estratto dell’articolo di Claudio Tito per “la Repubblica”

 

donald tusk ursula von der leyen

La prima è da ripetere. Perchè l'accordo sui "top jobs" europei, ossia sulle massime cariche istituzionali dell'Ue, ancora non c'è. Anche su Ursula von der Leyen. La situazione si è incrinata ieri pomeriggio. Il negoziato tra popolari ha improvvisamente imboccato la strada in salita.

 

Le richieste e i veti reciproci stanno provocando uno stallo. Un braccio di ferro che ha portato anche il governo italiano a tirarsi fuori dall'intesa e a sfilarsi. Certo la partita non è chiusa ma rischia di essere rinviata al Consiglio europeo formale del prossimo 27 giugno senza una rete di protezione.

 

giorgia meloni e mateusz morawiecki alla conferenza di ecr a varsavia

Tutto inizia con una prima dichiarazione del premier polacco, Donald Tusk, "negoziatore" per conto del Ppe. Al vertice dei popolari dice a chiare lettere: «Non ci servono i voti della Meloni, la maggioranza è quella solita, composta da Ppe, Pse e Liberali». Uno schiaffo al governo italiano che sperava di fare asse con proprio con il partito di Tusk e Von der Leyen. Si è smascherato così l'inganno: Fratelli d'Italia non è determinante in Europa.

 

Poi arriva una stoccata anche ai socialisti: «Ci sono dubbi su Costa alla presidenza del Consiglio europeo». […] Antonio Tajani, ministro degli Esteri e segretario di Forza Italia, rincara la dose: «Costa non offre garanzie piene sulla linea filo-Ucraina».

 

CHARLES MICHEL - KAJA KALLAS - GIORGIA MELONI

I socialisti non possono accettarlo. Se non c'è Costa, non c'è neppure Von der Leyen. Il "pacchetto" insomma è unico: si chiude e si respinge in blocco. […] Prima della cena tra i leader (a cui non partecipa la presidente uscente della Commissione), i "negoziatori" dei due principali partiti si rivedono.

 

Il Cancelliere tedesco Scholz, il primo ministro spagnolo Sanchez, Tusk e il premier greco Mitsotakis. I due socialisti (Scholz e Sanchez) apprezzano il muro alzato contro Ecr e la presidente del consiglio italiano. Era una loro condizione. Sul resto però la lite è costante.

Ed è una lotta di potere vera e propria. Lo sbarramento contro Costa si sostanza con una clausola capestro: per lui solo due anni e mezzo di mandato al fine di consegnare la seconda metà a un popolare. Non solo. Chiedono che il "cambio della guardia" a metà legislatura non riguardi invece Metsola al Parlamento. Tutte condizioni che il Pse considera irricevibili.

 

ursula von der leyen roberta metsola emmanuel macron

Ma anche i liberali di Macron devono fare i conti con la tendenza decisamente egemonica dei popolari. I dubbi, infatti, riguardano anche Kaja Kallas, premier estone, come Alta rappresentante. Una situazione che irrita gli alleati che intravvedono una modalità di dominio delle poltrone per i prossimi cinque anni. Soprattutto con la possibilità di utilizzare le "geometrie variabili": accordarsi con le destre quando serve.

 

La conseguenza è che per ora tutto è bloccato. Von der Leyen è al momento ancora la candidata unica al vertice della Commissione, ma la sua posizione è sottoposta ad un possibile logoramento.

 

Dopo l'eventuale designazione al prossimo Consiglio europeo, la presidente uscente della Commissione dovrà cercare i voti sufficienti per raggiungere la maggioranza assoluta di 361 eurodeputati. In teoria la coalizione Ppe-Pse-Renew ne ha poco più di 400. Ma potrebbero non bastare vista l'alta percentuale di franchi tiratori. Si potrebbe rivolgere a piccoli gruppi di eletti inseriti tra i cosiddetti "non iscritti" come i Cinquestelle. Ma si tratta di una conta pericolosa […]

 

antonio costa

Non è un caso che Meloni abbia di fatto ritirato la sua disponibilità a votare il "pacchetto". […] I Verdi, al contrario, sono pronti a sostenere Ursula. Ma su di loro c'è il veto del Ppe […]

 

La partita dunque è appena iniziata e continuerà il prossimo 27 giugno al Consiglio europeo. Ma certo è molto meno agevole di quanto qualcuno potesse pensare. E non a causa del ruolo del governo italiano che invece è sempre più schiacciato sulla destra sovranista orbaniana.

ursula von der leyen giorgia meloni g7 borgo egnazia

giorgia meloni e mateusz morawiecki a varsavia

 

 

g7 borgo egnazia i leader osservano il lancio dei paracadutisti

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