maroni bossi salvini

FUORI DAI MARONI ­– CHE FINE HANNO FATTO I 49 MILIONI DELLA LEGA SCOMPARSI? – DURANTE I 15 MESI DI SEGRETERIA DELL’EX PRESIDENTE DELLA LOMBARDIA IL FAMOSO TESORETTO COMINCIA A EVAPORARE A COLPI DI BONIFICI – I SOLDI IN ALTO ADIGE, IL TRACOLLO DEL PATRIMONIO, PASSATO DAI 46 MILIONI DEL 2011 AI 4,5 DEL 2017 E IL CASO DELLA PARCELLA (DA 950 EURO ALL’ORA) DELL’AVVOCATO DOMENICO AIELLO

Giuseppe Pipitone e Giovanna Trinchella per https://www.ilfattoquotidiano.it

 

ROBERTO MARONI

Novecentocinquanta euro all’ora. Più l’Iva, la cassa forense, il rimborso spese. È il contratto siglato dall’avvocato Domenico Aiello e la Lega il 18 aprile del 2012. Travolto dagli scandali giudiziari, Umberto Bossi si era dimesso da segretario solo 13 giorni prima e il partito era stato affidato a un triumvirato composto da Manuela Dal Lago, Roberto Maroni e Roberto Calderoli.

 

È quest’ultimo – insieme all’allora segretario amministrativo Stefano Stefani – a siglare il contratto di Aiello, anche se l’avvocato è notoriamente uomo vicino all’ex governatore della Lombardia. Il quale, dopo aver lasciato la politica attiva, è recentemente tornato a esercitare la professione forense proprio nello studio dell’amico Aiello. All’epoca in cui il Carroccio si affidava al legale d’origine calabrese, Maroni si preparava a scalare il partito: sarà incoronato segretario nel luglio dello stesso anno e resterà in carica fino alla fine del 2013.

 

L'AVVOCATO DOMENICO AIELLO

Titoli e soldi: un partito impoverito – È in quel periodo, in quei quindici mesi, che il famoso tesoretto della Lega comincia a evaporare: scompare a colpi di bonifici. Nel 2011 a bilancio erano iscritti attivi per 47 milioni 791mila euro, con un patrimonio da 46 milioni, 20,3 milioni in titoli, 12,8 milioni di liquidi. Nel 2017 il patrimonio è sceso a 4,5 milioni: 41 milioni si sono persi per strada in sei anni. Di quei titoli, invece, non c’è traccia: nel 2012 scendono a 7,8 milioni, nel 2014 a 3,2 , l’anno dopo sono iscritti per 1 euro e 44 centesimi. Quindi nel 2015 scompaiono. Che fine hanno fatto? Non si sa, e dal bilancio pubblicato online dal partito non si capisce.

 

bossi salvini maroni

Quello che si sa è che ha ragione Matteo Salvini quando dice che i famosi 49 milioni di euro, oggetto delle ricerche delle procure di Genova e Milano, non ci sono più: sono stati spesi. E in modo molto veloce. Il problema, semmai – come segnala l’ex revisore Stefano Aldovisi in un esposto alla procura depositato alla fine del 2017 – è capire come siano stati spesi. I bilanci, infatti, raccontano che proprio durante l’era Maroni, la cassa del partito è stata praticamente bruciata.

 

“Volevano chiudere il partito” – “Sembrava che Maroni volesse chiudere la Lega: per questo ne ha svuotato le casse. Prima ha esternalizzato tutti i servizi interni, poi ha usato ogni energia e risorsa per vincere le elezioni regionali”, dice un ex dipendente del Carroccio al fattoquotidiano.it. La prima pesante botta ai conti del partito ex secessionista arriva nel 2012, primo anno di Bobo segretario: l’attivo scende da 47 a 40 milioni , il patrimonio da 46 a 35 e fa registrare una sorta di giallo. Si chiamano oneri diversi di gestione e – come fa notare Fabio Pavesi su Lettera43 – di solito sono spese minime: a bilancio, però, sono iscritti per più sei milioni di euro.

DOMENICO AIELLO

 

A cosa sono serviti quei soldi non è chiaro come non è chiaro a chi siano finiti i 5,4 milioni di “contributi ad associazioni”. Quali associazioni? Dal bilancio non si capisce. Nel 2013, ultimo anno di Maroni leader, gli oneri diversi di gestione pesano sulle casse di via Bellerio addirittura per quasi nove milioni, mentre i contributi ad associazioni sono due milioni.

 

Spese fuori controllo, e per averne la prova basta vedere quanto spende la Lega per quelle due voci nel 2017: gli oneri diversi di gestione valgono “appena” 201mila euro mentre il Carroccio dona alle associazioni solo 15mila euro.

 

Avvocati che costano – Il 2013 è l’annus horribilis per i conti della Lega: i liquidi passano dai 23 milioni dell’anno prima ad appena sei milioni, il patrimonio scende da 35 a 21 milioni. Nello stesso periodo un’altra voce esplode: quella delle spese legali. Nel 2011 pesavano per 305.953 euro, l’anno successivo crescono fino a 538.288. Quanto paga di avvocati la Lega nel 2013?

 

matteo salvini giancarlo giorgetti

Tre milioni e 102 mila euro. Dieci volte in più rispetto all’ultimo bilancio firmato da Bossi. Un particolare che ha nutrito i gossip degli ex dipendenti della Lega, messi tutti in mobilità tra il 2015 e il 2017. “Bobo – spiega uno di loro al fattoquotidiano.it – ha messo dentro il suo avvocato con un contratto da alcune centinaia di euro all’ora”.

 

pontida

Ilfattoquotidiano.it ha potuto prendere visione di quell’accordo che lega l’avvocato calabrese al partito di Alberto da Giussano: per sé Aiello pattuisce una paga da 450 euro, per il suo associato Lorenzo Bertacco di 300, per altri da individuare caso per caso di 200. Tutto all’ora, più il 22% di Iva e il 4% di cassa di previdenza forense, come è verbalizzato su carta intestata dello studio associato Aiello Brandstatter: si tratta di Gerhard Brandstätter, ex socio dell’uomo di Maroni. Ma soprattutto presidente della Sparkasse, perquisita nei mesi scorsi dalla Guardia di finanza di Genova alla ricerca di tre milioni di euro che dal Lussemburgo sarebbero tornati in Italia.

MARONI BOSSI

 

Il sospetto degli investigatori delle Fiamme gialle è che quella possa essere una parte del tesoro e contemporaneamente stanno esaminando l’intreccio di società, associazioni e fiduciarie che sono state create durante il processo a Bossi, Belsito e i revisori. Sotto la lente ci sono almeno una quindicina di “satelliti”: bisogna stabilire se abbiano ricevuto soldi dal partito o per il partito o se siano soggetti autonomi.

 

UMBERTO BOSSI E BELSITO

I soldi in Alto Adige – La banca altoatesina ha ospitato in passato un conto corrente della Lega pari a 20 milioni di euro. Ad aprirlo era stato lo stesso Aiello, che parlando con Peter Schedl, allora direttore generale della Sparkasse, cercava di ottenere un interesse vantaggioso.

 

Le conversazioni dell’avvocato calabrese sono state intercettate dalla Dia di Reggio Calabria e pubblicate da Marco Lillo nel volume Il potere dei segreti (Paper First): anche se non hanno avuto alcuna ripercussione sul piano penale sono utili per capire cosa si muovesse sullo sfondo del Carroccio all’epoca. “Andiamo via in una situazione che è il 3 e mezzo. Lui indicava il 4, c’ero io quando ha chiamato”, dice Aiello intercettato riferendosi a Brandstatter.

 

CALDEROLI BOSSI

“Il 4 non è possibile – risponde il dg – facciamo così partiamo dal 3 e mezzo e poi da lì vediamo strada facendo”. L’anno successivo Salvini – appena eletto segretario – ordina di spostare quei soldi su un conto in Banca Intesa. Il motivo è spiegato in una mail inviata da un dirigente Sparkasse allo stesso Aiello nel febbraio del 2013: “Il tasso attualmente applicato si intendeva legato a una determinata operatività… si era prospettata la possibilità di investire in fondi, azioni, obbligazioni societarie. Successivamente siamo venuti a conoscenza del fatto che la legge vieta ai partiti politici di investire la propria liquidità in strumenti finanziari diversi dai titoli emessi da Stati membri della Ue”.

 

matteo salvini, giancarlo giorgetti, gian marco centinaio

Una contestazione che lo stesso manager fa all’avvocato al telefono il 12 marzo del 2013: “Che pasticcio! Questa cosa spicca agli occhi di qualcuno che venisse a fare dei controlli nel senso che mi dicono: ‘perché tutti gli altri clienti con patrimoni grossi hanno l’1,5 e questo ha il 3,5”. È forse anche per questo motivo che l’avvocato viene pagato profumatamente: è l’uomo che risolve i problemi.

 

“Deve arrivare una valanga di soldi” – La storia della scomparsa dei soldi della Lega, infatti incrocia le lotte di potere intestine al Carroccio, dilaniato dall’estromissione di Bossi e dalla scalata di Maroni. Che all’epoca sembra avere un solo obiettivo: costituire una sorta di fondazione blindata dove nascondere i beni del partito per metterli al riparo dalle rivendicazioni dei fedelissimi del senatur.

 

calderoli - giancarlo giorgetti

Come Matteo Brigandì, legale storico di Bossi, ex parlamentare e acerrimo “nemico” di Aiello: ad oggi è l’unico che è riuscito a spillare quattrini alla Lega. Lo ha fatto alla fine del 2012, quando chiede e ottiene dal tribunale di Pinerolo il sequestro di 2 milioni e 600mila euro su un conto corrente aperto nella filiale vicentina di Unicredit. Brigandì è uno che conosce bene il Carroccio, di cui è stato parlamentare: attacca chirurgicamente i conti periferici del partito, quelli dove arrivavano i finanziamenti pubblici.

 

“Noi dobbiamo segregare un patrimonio esistente di 20 milioni e uno nascente”, confiderà nel gennaio del 2013 Aiello al commercialista Massimo De Dominicis: “Anche perché loro prendono una vagonata di soldi a dicembre e una vagonata a luglio e adesso è arrivata una vagonata di soldi”, aggiunge il legale. Che è essenziale anche in un’altra fase: la firma dell’accordo tra Bossi e Salvini per sancire la pace tra la Lega del passato e Lega del futuro.

 

giorgetti bossi

Faide e guerre intestine – Era la famosa scrittura privata siglata da Salvini, da Bossi, da Brigandì e dall’allora segretario amministrativo Stefano Stefani. In quattro pagine firmate il 26 febbraio del 2014, si siglava la pace tra vecchia e nuova Lega. Brigandì rinunciava a rivendicare una parcella milionaria per aver difeso il partito dal 2000 al 2013 e in cambio l’attuale segretario assicurava a Bossi una “quota” pari al 20% delle candidature in posizione di probabile elezione, più uno stipendio da presidente di partito pari a 450mila euro l’anno come “agibilità politica“.

 

Poi, al punto sei del documento, Salvini sottoscriveva che “la Lega non darà ulteriori mandati all’avvocato Aiello”, mentre al punto otto, si impegnava “ad affermare, a mera richiesta, in ogni sede la correttezza del comportamento di Brigandì dal punto di vista morale e deontologico”.

 

ROBERTO MARONI RENZI A CASA

La pace non rispettata – Un patto che verrà in gran parte disatteso. A cominciare dalla presunta correttezza di Brigandì: l’avvocato, infatti, ha visto la Lega costituirsi parte civile nel processo a suo carico a Milano per patrocinio infedele e autoriciclaggio. Proprio per questo motivo, all’udienza dell’8 novembre Brigandì ha ricordato l’esistenza di quella scrittura privata, “Quella sottoscrizione è ben antecedente alle accuse emerse dall’inchiesta”, ha detto l’avvocato Lorenzo Bertacco, che rappresenta ancora oggi la Lega e fa sempre parte dello studio legale Aiello. Anche dopo il ritiro dalla politica di Maroni, dunque, l’avvocato calabrese è rimasto vicino al Carroccio: via Bellerio, in pratica, ha continuato ad affidargli mandati difensivi. Se ai prezzi stabiliti nel 2012 o ad altri più economici non è dato sapere.

 

SALVINI CON LE MANI NEI CAPELLI

Il processo che si estingue – D’altra parte è lo stesso Aiello che già quattro anni fa avvertiva Stefani su quello che era l’oggetto fondamentale di quell’accordo di pace tra Salvini e Bossi. È il punto sette della scrittura privata: “Il procedimento penale pendente avanti il tribunale di Milano ove Bossi è difeso da Brigandì, non avrà, da questo momento, alcuna interferenza da parte della Lega che non intende proporre azione risarcitoria nei confronti di alcuno dei membri della famiglia Bossi”. È il processo d’appello che a Milano vede imputato il Senatur, il figlio Renzi e Belsito: se entro il 30 novembre Salvini non depositerà una querela di parte, le accuse per appropriazione indebita si estingueranno dopo le condanne di primo grado.

pozzetto bossi maroni

 

L’intercettazione – “Tu gli stai firmando che la Lega non si costituisce parte civile contro Belsito”, diceva l’avvocato intercettato a Stefani il 24 febbraio del 2014, cioè due giorni prima che quella scrittura privata venisse firmata. 

 

“Sì e ti spiego perché, perché lui (Brigandì, ndr) questa vuol trattarla come merce di scambio affinché Belsito non dica che ha dato i soldi a…su ordine di Bossi perché se no dovevamo costituirci anche contro Bossi e allora”, risponde il tesoriere. “Non è vero questo, non è vero – sbotta l’avvocato – guarda che ti assumi una responsabilità personale molto importante se fai una cosa del genere. Riflettici, eh”. “Non sono solo io!”, “Io ti do un consiglio da fratello, non la firmare perché questa clausola ti porterà solo dei guai a te e a chiunque la firma. Eh”.

 

SALVINI CON IL PUPAZZO DI DI MAIO

“Chiamo anche Giorgetti e glielo dico. Perché è una cosa troppo delicata”, “Sono soldi pubblici quelli del partito, non puoi rinunciare così perché stai negoziando una cosa. Perché tu hai l’obbligo di recuperare quello che è il patrimonio che il partito ha perso, non è che uno, solo per chiudere una transazione positiva perché, ripeto, questa transazione…altrimenti diventiamo noi anche compartecipi di questo reato cioè è questo qui che lui chiede”.

 

“Salvini non vuole rotture di coglioni” – In pratica Aiello avverte Stefani: con la firma di quella scrittura privata anche la Lega di Salvini si rende compartecipe dei reati commessi da Bossi. L’allora tesoriere capisce che la situazione e delicata e annuncia l’intenzione di chiamare Giancarlo Giorgetti. Non si sa se Stefani abbia davvero chiamato l’attuale sottosegretario alla presidenza del consiglio. Aiello di sicuro chiama Maroni.

 

salvini giorgetti

“Ma chi la stava firmando: anche Salvini?”, chiede l’ex governatore della Lombardia.  “Si – risponde l’avvocato – anche Salvini e poi Stefani me l’ha mandata e mi ha detto: io se tu non mi dai l’ok non firmo”. “Ok  – spiega Maroni – ma Salvini non vuole rotture di coglioni, dice chiudiamo in fretta, però non esiste al mondo, tolgano il mio nome e facciano quello che vogliono”. “Il disegno è questo”. Quella scrittura privata sarà firmata 48 ore dopo. Nella versione in possesso del fattoquotidiano.it il nome di Maroni non c’è.

Ultimi Dagoreport

pam bondi

DAGOREPORT - COME MAI L’INFORMAZIONE ITALICA SI È TOTALMENTE DISINTERESSATA DELLO SBARCO A ROMA DEL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA, LA FOSFORESCENTE SESSANTENNE PAM BONDI, ARRIVATA CON TANTO DI AEREO DI STATO IL 10 DICEMBRE? - EPPURE LA FEDELISSIMA DI TRUMP NON SI È TENUTA NASCOSTA: HA ALLOGGIATO ALL’HOTEL ST. REGIS, SI E’ ATTOVAGLIATA AL BOLOGNESE DI PIAZZA DEL POPOLO, HA INCONTRATO AL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA DI VIA ARENULA CARLETTO NORDIO, HA AVUTO L'INESPRIMIBILE GIOIA DI CONOSCERE IL VICEPREMIER MATTEO SALVINI A UN RICEVIMENTO DELL'AMBASCIATORE USA IN ITALIA, TILMAN J. FERTITTA. E, FORSE, LA BEN DOTATA DALLA NATURA PAMELONA HA PURE INCOCCIATO IL MINISTRO PIANTEDOSI - MA DELLA “VACANZA ROMANA” DELL'ITALOAMERICANA CARISSIMA A TRUMP, NON SI REGISTRA MANCO UNA RIGA SUI GIORNALONI DE' NOANTRI - VABBE', A NATALE BISOGNA ESSERE BUONI: MAGARI ERANO TUTTI TROPPO IMPEGNATI A SEGUIRE LA FESTILENZA DI ATREJU DEI FRATELLINI DI GIORGIA…

john elkann theodore kyriakou leonardo maria del vecchio

DAGOREPORT - L’OSTACOLO PIÙ TOSTO DELLA TRATTATIVA IN CORSO TRA IL MAGNATE GRECO KIRIAKOU E JOHN ELKANN NON E' L'ACQUISIZIONE DEL GRUPPO GEDI BENSÌ COME “RISTRUTTURARE” UN ORGANICO DI 1300 DIPENDENTI, TRA TAGLI ALLE REDAZIONI LOCALI, PREPENSIONAMENTI E “SCIVOLI”, DI CUI CIRCA 280 GIORNALISTI FANNO CAPO A “REPUBBLICA” E ALTRI 170 A “LA STAMPA” - LA PARTITA SUL FUTURO DEL QUOTIDIANO TORINESE, ASSET CHE NON RIENTRA NEL PROGETTO DI KYRIAKOU, NON ACCELERA CON LA CORDATA VENETA MESSA SU DA ENRICO MARCHI - NEL CASO LA TRANSIZIONE ELLENICA NAUFRAGASSE, LEONARDINO DEL VECCHIO HA CONFERMATO DI ESSERE PRONTO: “NOI CI SIAMO” - “NOI” CHI? ESSENDO “QUEL RAGAZZO'' (COPY ELKANN), DEL TUTTO A DIGIUNO DI EDITORIA, I SOSPETTI DILAGANO SU CHI SI NASCONDE DIETRO LA CONTRO-OFFERTA CON RILANCIO DELL’AZIONISTA DELL’IMPERO DEL VECCHIO, IL CUI CEO MILLERI È STATO ISCRITTO NEL REGISTRO DEGLI INDAGATI CON CALTAGIRONE E LOVAGLIO, PER LA SCALATA DI MPS SU MEDIOBANCA-GENERALI - E DA TORINO, AVVISANO LE REDAZIONI IN RIVOLTA DI ROMA E TORINO DI STARE ATTENTI: DALLA PADELLA GRECA RISCHIANO DI FINIRE NELLA BRACE DI CHISSÀ CHI...

nietzsche e marx si danno la mano venditti meloni veneziani

VIDEO! “ATREJU E’ IL LUOGO IN CUI NIETZSCHE E MARX SI DAVANO LA MANO, COME DIREBBE ANTONELLO VENDITTI” – GIORGIA MELONI CITA “COMPAGNO DI SCUOLA”, IL BRANO DATATO 1975 DEL CANTAUTORE DI SINISTRA. OVVIAMENTE MARX E NIETZSCHE NON SI DIEDERO MAI LA MANO, NÉ AD ATREJU NÉ ALTROVE. CIÒ È STATO ANCHE IMMAGINATO NELL’ULTIMO LIBRO DI MARCELLO VENEZIANI “NIETZSCHE E MARX SI DAVANO LA MANO”. LO SCRITTORE IPOTIZZA COME MISE EN SCÈNE CHE LA SERA DEL 5 MAGGIO 1882 I DUE SI SIANO TROVATI IN UNA LOCANDA DI NIZZA (DOVE ENTRAMBI PASSARONO). NON SI CAPISCE BENE SE LA MELONI CI ABBIA CREDUTO DAVVERO – VIDEO

giorgia meloni balla ad atreju

GIORGIA, ER MEJO TACCO DI ATREJU! - ZOMPETTANDO COME UN MISIRIZZI, LA MELONI CAMALEONTE HA MESSO IN SCENA CIO' CHE SA FARE BENISSIMO: IL BAGAGLINO DI CORBELLERIE (''QUESTO È IL LUOGO IN CUI NIETZSCHE E MARX SI DANNO LA MANO'') E DI SFOTTO' SU ELLY SCHLEIN: "IL CAMPO LARGO L'ABBIAMO RIUNITO NOI... CON IL SUO NANNIMORETTIANO 'MI SI NOTA DI PIÙ SE VENGO O STO IN DISPARTE O SE NON VENGO PER NIENTE' HA FATTO PARLARE DI NOI" -UBRIACA DI SE' E DEI LECCAPIEDI OSPITI DI ATREJU, HA SCODELLATO DUE ORE DI PARACULISSIMA DEMAGOGIA: NULLA HA DETTO SU LAVORO, TASSE, SANITA', ECC - IDEM CON PATATE SULLA GUERRA RUSSIA-UCRAINA, SUL CONFLITTO STATI UNITI-EUROPA, SUL RUOLO DEL GOVERNO SU DIFESA E IL RIARMO EUROPEO - IN COMPENSO, HA STARNAZZATO DI VITTORIE DEL GOVERNO MA  GUARDANDOSI BENE DI CITARE MINISTRI O ALLEATI; SI E' INFERVORATA PER IL PARTITO MA NON RICORDA CHE L’HA FONDATO CON CROSETTO E LA RUSSA ('GNAZIO E' STATO DEL TUTTO OSCURATO AD ATREJU) - "GIORGIA! GIORGIA!", GRIDA LA FOLLA - OK, L'ABBIAMO CAPITO: C’È UNA PERSONA SOLA AL COMANDO. URGE UN BALCONE PER LA NUOVA MARCHESA DEL GRILLO - DAGOREPORT+VIDEO 

elly schlein pina picierno stefano bonaccini giorgio gori lorenzo guerini giuseppe conte pd

NAZARENO, ABBIAMO (PIU’ DI) UN PROBLEMA - L’ASSEMBLEA PD DI DOMANI RISCHIA DI TRASFORMARSI IN UN BOOMERANG PER SCHLEIN: I DELEGATI DISERTANO, A RIDOSSO DI NATALE, NESSUNO SPENDE SOLDI E TEMPO PER VENIRE NELLA CAPITALE AD ASCOLTARE UNA RELAZIONE SENZA DIBATTITO – LA MOSSA DEI PRETORIANI DI ELLY PER SCONGIURARE LA SALA VUOTA ED EVITARE IL CONFRONTO IMPIETOSO CON MELONI CHE CONTEMPORANEAMENTE FARA’ IL PIENO A ATREJU – SORGI: “BONACCINI ENTRERA’ IN MAGGIORANZA MA SE I RIFORMISTI NON DOVESSERO RICEVERE RASSICURAZIONI SULLE LISTE ELETTORALI, IL RISCHIO DI UNA EVENTUALE SCISSIONE, SI FAREBBE PIÙ CONCRETO…”

ignazio la russa theodore kyriakou pier silvio berlusconi giorgia meloni matteo salvini

DAGOREPORT - LA TRATTATIVA DI ELKANN PER LA VENDITA DEL GRUPPO GEDI AL GRECO THEO KYRIAKOU STA SCOMBUSSOLANDO IL GOVERNO MELONI E DINTORNI - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” VEDE DI BUON OCCHIO LA TRANSIZIONE ELLENICA E SALVINI HA BEN GRADITO LA PROSPETTIVA CHE IL GRECO ANTENNATO SISTEMI PER LE FESTE I “COMUNISTI” DI ‘REPUBBLICA’ E ‘STAMPA’, PER FORZA ITALIA C’È STATO IL VEEMENTE INTERVENTO DEL ‘’PRESIDENTE IN PECTORE’’ DEL PARTITO, PIER SILVIO BERLUSCONI, CHE VEDE IN KYRIAKOU UN COMPETITOR PERICOLOSISSIMO, ALFIERE DI QUEL CAPITALISMO DI STAMPO LIBERISTA, PER NULLA “LIBERAL”, CHE PREDICA IL PRIMATO DELL’ECONOMIA SULLA POLITICA - COSI', DIMENTICANDO IL SUO ATTIVISMO IN GERMANIA PER CREARE UN GIGANTE EUROPEO DELLA TV COMMERCIALE, L’EREDE DEL BISCIONE NON HA TROVATO DI MEGLIO CHE RISPOLVERARE LA BANDIERINA DELL’ITALIANITÀ (“CHE UN PEZZO DI STORIA DELL'INFORMAZIONE DEL NOSTRO PAESE VADA IN MANI STRANIERE UN PO' DISPIACE’’) - MA IL COLPO DI SCENA ARRIVA DAL CO-FONDATORE DI FRATELLI D’ITALIA E SECONDA CARICA DELLO STATO, IGNAZIO LA RUSSA, QUANDO SI È DICHIARATO DISPOSTO A FARE DA INTERMEDIARIO TRA I GIORNALISTI “COMUNISTI” DI GEDI E IL GRECO USURPATORE (ULTIMA USCITA DELLA GUERRIGLIA DI ‘GNAZIO IN MODALITÀ ''LA RISSA'' CONTRO LA DITTATURA DELLE SORELLE MELONI...)