LAUDATI MIO SIGNORE, CONGELA LA PATONZA! - IL PROCURATORE CAPO DI BARI È INDAGATO DAI SUOI COLLEGHI DI LECCE PER ABUSO D’UFFICIO, FAVOREGGIAMENTO E VIOLENZA PRIVATA - SIA UN FINANZIERE CHE IL PM SCELSI RACCONTANO DELLA RIUNIONE IN CUI NEL 2009 LAUDATI INVITÒ LA PROCURA E LE FIAMME GIALLE A “CONGELARE” L’INCHIESTA SU TARANTINI E LE ESCORT - FU ALFANO CHE LO INVIÒ A BARI, E LUI GLI AVREBBE GARANTITO UNA “SOLUZIONE”. TANTO CHE L’INCHIESTA SI FERMÒ PER PIÙ DI 2 ANNI…

1 - «QUANDO LAUDATI CI DISSE DI CONGELARE IL CASO ESCORT»
RELAZIONE DI UN UFFICIALE DELLA FINANZA: CI PARLÒ DI ISTITUZIONI «PREOCCUPATE»
Giovanni Bianconi per il "Corriere della Sera"

Da un lato Silvio Berlusconi aveva garantito gli avvocati all'amico inquisito, dall'altra il suo ministro della Giustizia aveva invitato il neo-procuratore di Bari a trovare «una soluzione» all'indagine sui rapporti tra il capo del governo e Gianpaolo Tarantini, l'imprenditore che gli procurava ragazze. Secondo alcune testimonianze sarebbe questo il curioso contesto dell'inchiesta sullo sfruttamento della prostituzione in favore del premier finta sotto la lente d'ingrandimento degli inquirenti di Napoli e Lecce; quelli che indagano (anzi indagavano, finché il giudice non ha trasferito la competenza a Roma) sul presunto ricatto a Berlusconi, e quelli che devono verificare la correttezza del procuratore barese Antonio Laudati.

L'INCONTRO CON IL PROCURATORE
Nei confronti del magistrato nominato prima dell'estate 2009 ma entrato in servizio a settembre di quell'anno, quando il «caso D'Addario-escort» era esploso da tre mesi, i pm di Lecce ipotizzano i reati di abuso d'ufficio, favoreggiamento e violenza privata. Oggi il Csm ascolterà la sua difesa, o il suo contrattacco, ma agli atti delle inchieste leccese e napoletana c'è una relazione di servizio firmata dal tenente colonnello della Guardia di Finanza Salvatore Paglino, che comandava il Nucleo tutela mercato beni e servizi della polizia tributaria barese.

L'ufficiale indagava sulle tangenti del settore della Sanità pugliese, e dal telefono di Tarantini era emerso il vorticoso giro di donne da portare nelle residenze del premier; per questo il 26 giugno 2009 partecipò a un incontro informale col neo-procuratore non ancora in servizio, e qualche giorno dopo mise tutto per iscritto in un documento protocollato col numero 2510.

Consumato un pasto conviviale insieme agli ufficiali della Finanza e al sostituto procuratore Giuseppe Scelsi, titolare dell'inchiesta su Tarantini, Laudati tenne un discorso che il colonnello riassunse in questi termini nella sua relazione: «Premetteva che le indagini in corso a Bari avevano creato "preoccupazione" nelle istituzioni, e che la sua presenza in loco era stata voluta dallo stesso ministro della Giustizia Alfano, al quale egli aveva garantito una soluzione».

Da due settimane i giornali erano pieni di articoli sulle rivelazioni di Patrizia D'Addario e sulle serate del presidente Berlusconi organizzate dal giovane imprenditore barese: «Secondo quanto riferito dallo stesso magistrato la situazione era arrivata ad un punto di "gravità" tale da poter potenzialmente creare effetti negativi sullo stesso governo, nonché sulla stessa Guardia di Finanza».

Laudati avrebbe spiegato che al vertice delle Fiamme gialle si fronteggiavano «due correnti» in lotta per la nomina del futuro comandante generale, e che «a livello centrale si aveva certezza che qualche ufficiale del Corpo, di stanza in Puglia, fosse ancora collegato ai servizi segreti da quali proveniva... A questi il magistrato attribuiva eventuali passaggi di notizie afferenti le "escort"». In questo quadro, prosegue la relazione, «lo stesso dottor Laudati dichiarava, ribadendolo più volte nel corso della riunione, che "doveva tornare a casa con un risultato"».

Così, due mesi prima di assumere le funzioni, il procuratore designato dava indicazioni sull'organizzazione del lavoro. Spiccano due punti tra quelli annotati da Paglino: «Creare una "struttura di riferimento" attraverso l'individuazione di due figure di riferimento responsabili del flusso informativo verso la sua persona, inerente esclusivamente notizie potenzialmente influenti sul profilo istituzionale delle persone coinvolte; fissare un "periodo di congelamento" della parte di indagine riferita alle "escort", fino alla data del suo insediamento».

LE ACCUSE AL FINANZIERE
Nel giugno 2010 il tenente colonnello autore di questa nota è stato arrestato con l'accusa di peculato su richiesta della Procura di Bari, che nei suoi confronti procede tuttora per le ipotesi di reato di stalking e rivelazione di segreto d'ufficio. Ma i ricordi fissati sulla missione del neo-procuratore in quella relazione datata 10 luglio 2009 risalgono a un anno prima della spiacevole vicenda che l'ha portato agli arresti domiciliari.

E soprattutto sono oggi confermati dal pubblico ministero Scelsi, che nella sua deposizione della scorsa settimana, ha raccontato: «Nei giorni successivi, commentando quella riunione che ci aveva lasciato esterrefatti, il colonnello Paglino mi disse che aveva redatto una relazione... Dopo aver redatto una bozza me la esibì, e constatai che il contenuto corrispondeva a quanto accaduto».

Quando venne a sapere dell'esistenza del documento, «Laudati mi contestò di essere stato io a richiedere a Paglino di redigere la relazione», ricorda Scelsi. Che aggiunge: «Prendo atto che il colonnello Paglino annota tra le indicazioni provenienti dal dottor Laudati anche l'esigenza di "fissare un periodo di congelamento per la parte di indagine riferita alle escort"... Non ricordo se Laudati si espresse in quei termini, ma di fatto andò così».

Interrogato su quella riunione e le polemiche che ne seguirono all'interno dell'ufficio, anche l'ex procuratore aggiunto di Bari sostiene che «Scelsi riteneva il comportamento di Laudati alquanto anomalo, e lo viveva come una vera e propria interferenza».

Due anni dopo altri magistrati inquirenti se ne occupano per verificare se pure i programmi dettati in anticipo dal procuratore di Bari si possono iscrivere nel progetto di alzare una sorta di «rete di protezione» intorno a Gianpaolo Tarantini, testimone potenzialmente pericoloso per Silvio Berlusconi fino al punto di mettere in piedi l'ipotetico ricatto di cui oggi è accusato.


2 - LAUDATI, IL PROCURATORE CHE DÀ DEL "TU" AD ALFANO
Marco Lillo e Ferruccio Sansa per il "Fatto quotidiano"

"Pur essendo tranquillo per ogni mio comportamento, ritengo che un Procuratore se indagato non possa continuare a svolgere il suo ruolo con la serenità e il dovuto prestigio". Parole di Antonio Laudati, di appena venti giorni fa. Ancora: "Se alla fine degli accertamenti una sola ombra dovesse emergere sul mio operato mi impegno a richiedere immediatamente al Csm di essere destinato ad altro incarico". Insomma, la guida alla Procura di Bari potrebbe cambiare. Nessuno l'avrebbe detto, perché Laudati era considerato uno dei magistrati italiani di punta.

"Un duro, troppo duro". "Un tipo di polso". "Un grande motivatore". "Un uomo troppo vicino al potere". A seconda di chi parla, cambiano i colori, ma sono sempre tinte decise. Su una cosa concordano tutti: è un tipo deciso, nel bene o nel male. Il resto sono dettagli, come l'eleganza inappuntabile. Poi i modi: approccio duro, ma con un fondo leggermente ammiccante che piace alle donne. Soprannome: Mourinho, forse perché sembrava destinato ad aggiudicarsi la Champions dei pm: la guida della Direzione Nazionale Antimafia.

Laudati nasce a Forino, Avellino, nel 1954. Alle sue spalle una figura forte, il padre Angelo insegnante e sindaco. Muore che Antonio ha appena sei anni, e deve crescere con le spalle larghe. L'avvio (solo l'avvio) somiglia a quello di Antonio Di Pietro: prima è commissario di polizia, quindi magistrato . A Napoli combatte la camorra indagando sul clan Alfieri per un paio di anni ma subito sente il richiamo di Roma: nel 1995 arriva alla Procura Nazionale Antimafia dove si occupa di contrabbando e rapporti internazionali ma anche di criminalità pugliese.

La carriera decolla. Laudati si fa stimare, soprattutto dalla corrente Magistratura Indipendente (oggi guidata da Cosimo Ferri), più vicina al centrodestra. Ma riceve lodi bipartisan. Nel 2007 diventa direttore degli Affari penali del ministero di Grazia e Giustizia, incarico che fu di Giovanni Falcone. A volerlo è un conterraneo: Clemente Mastella. Le maggioranze di Governo cambiano, Laudati resta. Arriva Alfano e tra i due si instaura un rapporto di stima. Si danno del tu. Il Guardasigilli del Pdl gli tiene in caldo la poltrona a Eurojust, l'organismo europeo di coordinamento che può mettere il naso anche nelle indagini italiane.

Unico neo: una multa di 516 euro in una vicenda che lo accomuna ad Arcibaldo Miller, capo degli ispettori del ministero, e a Sergio De Gregorio, allora senatore di "Italiani nel Mondo". I tre furono multati per aver mancato di presentarsi come testimoni nel processo all'imprenditore Renato D'Andria e all'ex ufficiale dei carabinieri Pietro Sica, accusati di associazione a delinquere finalizzata alla estorsione. Il pm sollecitò invano l'accompagnamento coatto dei testimoni.

Laudati intanto sbarca a Bari, dove nel 2009 diventa Procuratore capo. Laudati stupisce tutti quando si affaccia in aula vestendo la toga dell'accusa nei confronti del ministro Raffaele Fitto (imputato nello scandalo Angelucci). Una dimostrazione di indipendenza dal centrodestra che però vede sul banco degli imputati un politico lontano da Alfano, come Fitto. Tutti gli riconoscono astuzia e prudenza.

Amici e nemici sono stupiti quando si addensano le nubi dell'inchiesta escort e Laudati viene indagato per abuso d'ufficio, favoreggiamento e violenza privata. A mettere nei guai il procuratore è una relazione di servizio di un colonnello della Finanza, Salvatore Paglino (poi arrestato in un'inchiesta per fuga di notizie che si sgonfia presto).

L'ufficiale racconta l'esito della riunione che si tenne, nel giugno 2009, prima che Laudati s'insediasse: "Laudati premetteva che le indagini in corso a Bari avevano creato ‘preoccupazione' nelle istituzioni e che la sua presenza era stata voluta dallo stesso ministro della Giustizia Alfano al quale egli stesso aveva garantito una soluzione". Poi un passaggio pesante: "In virtù di quanto descritto, Laudati dichiarava, ribadendolo più volte nel corso della riunione, che doveva tornare ‘a casa con un risultato'".

Ma ci sono anche le accuse del collega Scelsi che aveva seguito l'inchiesta escort dall'inizio. Si parla di pressioni, di un tentativo di Laudati di avvalorare la tesi del complotto, si sussurra di contatti tra Laudati e gli avvocati di Tarantini per giungere a un patteggiamento ed evitare la diffusione degli atti su Berlusconi. Laudati replica: "Sono stato io a far arrestare Tarantini e a emettere decine di misure cautelari".

Di sicuro un'inchiesta nata in un clima plumbeo. Basta leggere la testimonianza di Giorgio Bartoletti, generale della Finanza, davanti ai pm di Lecce (che hanno indagato il collega di Bari). Si racconta di Laudati che vive e lavora in una caserma, insieme con un gruppo di fedelissimi della Finanza. Colonnello Kurtz da Cuore di Tenebra, magistrato amico dei politici o pm che ha combattuto la mafia, qual è il vero Antonio Laudati? C'è chi sussurra tutti e tre.

 

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