IL FISCO PORTA AL FRESCO CIANCIMINO: HA ELUSO L’IVA ACCUMULANDO UN TESORO - I RAPPORTI CON INGROIA

1 - CIANCIMINO NON PERDE IL VIZIO IN MANETTE IL GURU DI INGROIA
Gian Marco Chiocci e Simone Di Meo per "il Giornale"

L'«icona antimafia» di Antonio Ingroia è finita di nuovo in manette. Stavolta, Massimo Ciancimino è stato arrestato dalla Finanza per una maxi-evasione fiscale nel commercio dell'acciaio. Secondo la Procura di Bologna, le società cartiere riconducibili al figlio più piccolo dell'ex sindaco mafioso di Palermo, avrebbero eluso il versamento dell'Iva all'erario, accumulando un tesoro a sette zeri.

Il supertestimone/indagato del processo sulla presunta «trattativa» Stato-Mafia è accusato in 52 capi di imputazione di associazione per delinquere in combutta con altri dodici indagati, nove dei quali sono finiti in galera (lui compreso) e quattro ai domiciliari.

Trentotto in totale quelli sott'inchiesta, mentre 21 sono le società -molte domiciliate in paradisi fiscali sudamericani e con appoggi anche nella Repubblica di San Marino, dove «è stata conservata e di fatto occultata» la documentazione segreta dell'organizzazione- che avrebbero preso parte al business illegale da trenta milioni di euro.

«Massimo Ciancimino starebbe attuando la perpetrazione di reati ai danni dello Stato riciclando denaro, di cui sembra abbia notevole disponibilità», scrive il gip riportando paralleli esiti di indagini da parte della Dia di Caltanissetta. Il ruolo di Ciancimino sarebbe stato quello di «trader», procacciatore di affari per conto di importanti gruppi siderurgici internazionali.

«Ciancimino ha sempre esageratamente esaltato i suoi rapporti intrattenuti con i maggiori fornitori di acciaio», ha messo a verbale un imprenditore finito nella sua rete. Uno dei tanti. D'altronde, era difficile resistere a quei prezzi così bassi. Sembrava quasi rimetterci, Ciancimino.

Ma l'apparente anti-economicità delle operazioni commerciali era compensata dalla «consapevolezza che il profitto» fosse assicurato «dall'illecita sottrazione all'Erario dell'Iva». Negli atti compare anche il nome di Stefano Camilleri, ex sindaco di Palermo e amico di Vito Ciancimino, la cui moglie Maria Concetta Passerello avrebbe finanziato con mezzo milione di euro una società su richiesta proprio di Ciancimino jr. Camilleri, finito nei guai nell'indagine sul tesoro di don Vito, era titolare della società Camtech S. A., con sede in Lussemburgo, di «fatto nella disponibilità » dello stesso Massimino.

Attento a non inciampare in qualche inchiesta, Ciancimino - scrive sempre il gip nell'ordinanza cautelare - già due anni prima dell'emissione delle fatture false (2009) aveva iniziato a «precostituirsi la difesa» comunicando agli uffici finanziari non già la titolarità delle società cartiera, ma il suo ruolo di semplice «intermediario».

E, anche in occasione delle prime perquisizioni, Massimino «accredita alla stampa, mediante una manipolata ricostruzione dei fatti, di essere stato lui a collaborare con l'autorità giudiziaria perché parte lesa nelle " truffe"».

Non ci sono prove, invece, per il gip, per contestargli l'aggravante mafiosa di aver favorito la 'ndrangheta calabrese e, più in particolare, la cosca Piromalli della Piana di Gioia Tauro. A cui sarebbe legato il commercialista Girolamo Strangio, sorpreso dalle cimici della polizia a discutere proprio con Massimino di affari legati all'acciaio e di inchieste giudiziarie topsecret. E questo perché l'ipotesi investigativa, «di per sé non da escludersi a priori» è però carente sotto il profilo indiziario.

«Quando mi senti in televisione, tu fottitene», confidava Ciancimino jr al colletto bianco del clan. Aggiungendo, convinto di avere le spalle coperte dai pm di Palermo:«Sono un'icona per loro!». In manette, il rampollo di schiatta corleonese, c'era finito già nell'aprile 2011 con l'accusa di calunnia aggravata nei confronti di Gianni De Gennaro, indicato come il tramite del misterioso «signor Franco» nell'altrettanta misteriosa «trattativa ».

2 - INGROIA CIANCIMINO LE RELAZIONI PERICOLOSE
Da diPalermo.it del 6 febbraio 2013

Uno lo ha lanciato, l'altro lo ha arrestato. Strano rapporto, quello tra Massimo Ciancimino e Antonio Ingroia. Amici e nemici, nemici amici, compari e avversari, fratelli coltelli, solidali e avversari, nel segno della più bieca ingratitudine. Il magistrato che arresta il "suo" superteste con l'accusa di calunnia, non rinunciando, però, a utilizzarlo nella madre di tutte le indagini, quella sulla trattativa Stato-mafia.

Il superteste che, intercettato - ovviamente da altre Procure - oltre a continuare imperterrito i propri affari e la cura dei (tanti, tantissimi) piccioli del papà, sputtana il magistrato, dicendo che lo ha reso un'icona dell'antimafia, che grazie a Ingroia nessuno lo può toccare e che lui addirittura dalla stanza del pm spiava impunemente gli archivi informatici delle forze dell'ordine.
È finita male, ma non è finita, perché ogni volta che adesso, in campagna elettorale, Ciancimino prende le difese del suo ex pm preferito, Ingroia trema.

Sa bene, infatti, che, ora più che mai, l'abbraccio di Massimo potrebbe essergli magari non fatale ma quasi, col 4 per cento che balla a ogni sondaggio.
Eppure è stato il figlio di don Vito a fare le fortune dell'attuale candidato premier di Rivoluzione civile: non è passato giorno, a cominciare dal 2008, che l'uno e l'altro non fossero sui giornali, in tv, alla radio, sul web e su tutte le piazze mediatiche, social network compresi.

Si sono lanciati a vicenda, nella massima, surreale, impenetrabile riservatezza di verbali regolarmente e rigorosamente "segretati", che finivano in pasto all'opinione pubblica nel giro di pochi minuti dalla conclusione dell'interrogatorio, se non addirittura prima.
Sono cresciuti assieme, le verità di Ciancimino e il mito di Ingroia: Massimo doveva sottoporre a un'accurata revisione, con parole (e idee) sue, la vera storia d'Italia, il pubblico ministero doveva riscriverla, raccontandola in giro per il mondo, tra convegni, presentazioni di libri, congressi di partito, seminari, interviste tv e sagre paesane.

Spesso Massimo e Antonio si incontravano, talvolta più davanti alle telecamere che agli interrogatori: il superteste e il suo magistrato, insieme, mediaticamente e appassionatamente, negli studi di Annozero o di Servizio pubblico. Si poteva fare? Boh. Forse no. Ma Ingroia lo faceva e chi glielo faceva rilevare voleva fermare l'accertamento della verità.

Massimo in questo è stato un concorrente esterno: non in associazione mafiosa, ma nello sgretolamento della funzione giudiziaria, nell'offuscamento dell'immagine della magistratura, cosa che rileva chi il magistrato lo fa, e lo fa sul serio, e per tutti basti leggere l'intervento, al congresso di Magistratura democratica, di uno dei padri nobili di Md, Luigi Ferrajoli.

C'è in sostanza, l'impressione che la magistratura, rossa e verde, moderata e progressista, sia uscita con le ossa rotte da questa esperienza, terribilmente squalificata non solo dal credito riservato a un superteste dalle verità esplosive come Ciancimino jr ("esplosive" anche nel senso che è stato il primo superteste ad avere materialmente la dinamite in giardino), ma anche dall'incancellabile sensazione che Ingroia si sia fatto la campagna elettorale giovandosi dell'onesto e duro lavoro dei propri colleghi, poi mollati sul più bello, cioè quando si doveva affrontare il processo, ma anche che si sia fatto propaganda agitando il sacrosanto spirito di giustizia delle vittime e degli italiani, che hanno tutto il diritto di scoprire la verità su una stagione buia del nostro Paese.

Magari non sarà vero, magari il superteste, che pure ha raccontato certamente molte fesserie, è attendibile sui fatti importanti di vent'anni fa. Ma se prima si commetteva peccato al solo pensar male dell'eroico Ingroia, che rischiava la vita per la collettività, adesso si rischierebbe di peccare di ingenuità se il politico Ingroia non venisse criticato quanto e più di come lui stesso fustigava i politici, da magistrato e - diceva lui - da cittadino.

 

 

MASSIMO CIANCIMINOMassimo CianciminoMassimo Ciancimino DSC Don Vito e Massimo Ciancimino VITO CIANCIMINO SCARCERATO DALL'UCCIARDONE - CON IL FIGLIO MASSIMOmassimo cianciminoMassimo Ciancimino MAssimo Ciancimino in AulaMAssimo Ciancimino in AulaMassimo Ciancimino con un carabiniere MAU ANTONIO INGROIA CON IL SIMBOLO DELLA SUA LISTA

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni vox ursula von der leyen santiago abascal

DAGOREPORT - SE I MEDIA DI CASA NOSTRA, DEL VIDEO-MESSAGGIO DI GIORGIA MELONI ALL'EVENTO MADRILENO DI VOX, HANNO RIPRESO SOLO LA PARTE DEL DISCORSO RIGUARDANTE L’ASSASSINIO DI CHARLIE KIRK, SFACCIATAMENTE STRUMENTALIZZATO COME MARTIRE DELL’ODIO E DELLA VIOLENZA DELLA SINISTRA, I CAPOCCIONI DI BRUXELLES HANNO SBARRATO GLI OCCHI PER UN ALTRO MOTIVO - CHE CI FACEVA LA MELONI, EX PRESIDENTE DEL GRUPPO DEI CONSERVATORI EUROPEI ALL’EVENTO “EUROPA VIVA 2025” DI VOX, IL PARTITO DI ESTREMA DESTRA SPAGNOLO CHE DA UN PEZZO È STATO ARRUOLATO DA “PATRIOTI PER L’EUROPA”, L’EUROGRUPPO ANTI-UE CREATO DAL DUCETTO UNGHERESE E FILO-PUTINIANO, VIKTOR ORBAN, DI CUI FA PARTE ANCHE LA LEGA DI SALVINI? - ALLA FACCIA DEL CAMALEONTISMO DELLA “GIORGIA DEI DUE MONDI”, BASCULANTE TRA UN VIAGGETTO E UN ABBRACCIO CON I DEMOCRISTIANI TEDESCHI URSULA VON DER LEYEN E FEDRICH MERZ, A CATALIZZARE L’IRRITAZIONE DEI VERTICI DELL’UNIONE È STATO IL TEMA DELL'EVENTO DI VOX CHE, TRA DIBATTITI SU IMMIGRAZIONE ILLEGALE, LAVORO, CASA E SICUREZZA, SPUTAVA IN FACCIA AI POTERI FORTI DI BRUXELLES - LA MANIFESTAZIONE DI VOX HA DIMOSTRATO, PER L’ENNESIMA VOLTA, L’ISTRIONICA PERSONALITÀ DI COMUNICATRICE DELLA PREMIER ALLA FIAMMA. TALENTO E ABILITÀ DI CUI NESSUN ESPONENTE DEL CENTROSINISTRA POSSIEDE NELLA SUA LEADERSHIP... - VIDEO

FLASH! – MENTRE SVANISCE LA MILANO DEI ‘’POTERI FORTI’’ E DEI “SALOTTI BUONI”, FINITI SOTTO IL TALLONE DEI “BARBARI ROMANI”, SI ALZA LA VOCE DEL 92ENNE GIOVANNI BAZOLI - IL GRANDE VECCHIO, CHE INSIEME A GUZZETTI HA RIDISEGNATO IL SISTEMA BANCARIO, HA CONSEGNATO ALLA FELTRINELLI LA SUA AUTOBIOGRAFIA (LA FIGLIA CHIARA, NONCHÉ COMPAGNA DEL SINDACO DI MILANO BEPPE SALA, LAVORA ALLA FONDAZIONE FELTRINELLI) – IL LIBRO PARTE DALLA GUERRA AI NAZIFASCISMO E LA PASSIONE PER ALESSANDRO MANZONI, CONTINUA CON LA CELEBRAZIONE DI NINO ANDREATTA, LE VICENDE DEL BANCO AMBROSIANO, FINO ALLA CREAZIONE DI INTESA SANPAOLO…

giorgia meloni kirk renzi salvini tajani

DAGOREPORT - LA STRATEGIA DELLA DISTRAZIONE DI GIORGIA MELONI: PER LA DESTRA DE’ NOANTRI, IL DELITTO KIRK NON È UNA STORIA AMERICANA DEFLAGRATA ALL’INTERNO DEL MONDO DEI “MAGA” TRUMPIANI. NO, È ROBA DA BRIGATE ROSSE IN VIAGGIO PREMIO NEGLI USA - ECCO: IL CADAVERE DI UN ATTIVISTA DI UN PAESE DOVE LE ARMI LE COMPRI DAL TABACCAIO È GIUNTO AL MOMENTO GIUSTO PER ESSERE SFACCIATAMENTE STRUMENTALIZZATO AD ARTE DALLA PROPAGANDA DI PALAZZO CHIGI, COPRENDO CON DICHIARAZIONI FUORI DI SENNO LE PROPRIE DIFFICOLTÀ - CHE LA DESTRA DI GOVERNO SIA IN PIENA CAMPAGNA ELETTORALE, INQUIETA (EUFEMISMO) PER L’ESITO DELLE REGIONALI D’AUTUNNO, IL CUI VOTO SARÀ DIRIMENTE IN VISTA DELLE POLITICHE 2027, ALLE PRESE CON UN PAESE CHE SENZA LA FORTUNA DEI 200 MILIARDI DEL PNRR SAREBBE IN RECESSIONE COME LA FRANCIA E LA GERMANIA, NE È CONSAPEVOLE LO STESSO ESECUTIVO, IN PIENO AFFANNO PER TROVARE LE RISORSE NECESSARIE ALLA FINANZIARIA DI FINE D’ANNO - RENZI: “LA PREMIER SEMINA ZIZZANIA E CREA TENSIONE PER EVITARE DI PARLARE DI STIPENDI E SICUREZZA. MA SOPRATTUTTO PER EVITARE CHE NASCA UN VERO MOVIMENTO A DESTRA. OCCHIO: SE VANNACCI FA COME FARAGE, LA MELONI VA A CASA. LA POLITICA È PIÙ SEMPLICE DI QUELLO CHE SI CREDA. GIORGIA MELONI ALIMENTA LA PAURA PERCHÉ LEI HA PAURA…” - VIDEO

emanuele orsini romana liuzzo luiss sede

FLASH! – IL PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA, EMANUELE ORSINI, HA COMINCIATO IL "RISANAMENTO" DELL’UNIVERSITÀ "LUISS GUIDO CARLI" ALLONTANANDO DALLA SEDE DELL’ATENEO ROMANO LO SPAZIO OCCUPATO DALLA "FONDAZIONE GUIDO CARLI" GUIDATA DALL’INTRAPRENDENTE ROMANA LIUZZO, A CUI VENIVA VERSATO ANCHE UN CONTRIBUTO DI 350 MILA EURO PER UN EVENTO ALL’ANNO (DAL 2017 AL 2024) - ORA, LE RESTA SOLO UNA STANZETTA NELLA SEDE LUISS DI VIALE ROMANIA CHE SCADRÀ A FINE ANNO – PRIMA DELLA LUISS, LA FONDAZIONE DELLA LIUZZO FU "SFRATTATA" DA UN PALAZZO DELLA BANCA D’ITALA NEL CENTRO DI ROMA...

rai giampaolo rossi gianmarco chiocci giorgia meloni bruno vespa scurti fazzolari

DAGOREPORT - RIUSCIRÀ GIAMPAOLO ROSSI A DIVENTARE IL CENTRO DI GRAVITÀ DELL’INDOMABILE BARACCONE RAI? - IL “FILOSOFO” DEL MELONISMO HA TENUTO DURO PER NON ESSERE FATTO FUORI DAL FUOCO AMICO DEL DUPLEX SERGIO-CHIOCCI. A “SALVARE” IL MITE ROSSI ARRIVÒ IL PRONTO SOCCORSO Di BRUNO VESPA, CON IL SUO CARICO DI MEZZO SECOLO DI VITA VISSUTA NEL FAR WEST DI MAMMA RAI - A RAFFORZARE LA SUA LEADERSHIP, INDEBOLENDO QUELLA DI CHIOCCI, È INTERVENUTA POI LA FIAMMA MAGICA DI PALAZZO CHIGI, “BRUCIANDO” IN PIAZZA IL DESIDERIO DI GIORGIA DI ARRUOLARLO COME PORTAVOCE - L’OPERAZIONE DI ROSSI DI ESSERE IL BARICENTRO IDEOLOGO E PUNTO DI RIFERIMENTO DI TELE-MELONI, SI STA SPOSTANDO SUI TALK-SHOW E L’INTRATTENIMENTO, A PARTIRE DALLA PROBABILE USCITA DI PAOLO DEL BROCCO, DA UNA DOZZINA DI ANNI ALLA GUIDA “AUTONOMA” DELLA CONSOCIATA RAI CINEMA, IN SCADENZA AD APRILE 2026 - IL NOME CHE SCALPITA PER ANDARLO A SOSTITUIRE, È UN AMICO FIDATO DI ROSSI, L’ATTUALE DIRETTORE DEL DAY-TIME, LO SCRITTORE-POETA-CANTANTE-SHOWMAN ANGELO MELLONE - MENTRE A RAI FICTION...