“QUESTO E’ UN EPITAFFIO SULLE RELAZIONI TRANSATLANTICHE E UNA SENTENZA DI DIVORZIO DALL'EUROPA” - L'EX COMMISSARIO EUROPEO PAOLO GENTILONI "PESA" IL DOCUMENTO DI “NATIONAL SECURITY STRATEGY” DELLA CASA BIANCA E INFILZA GIORGIA MELONI: “E’ MIOPE CHE MINIMIZZI. NEL DOCUMENTO, TRUMP USA LE PAROLE DI PUTIN SULLA NATO. MELONI RISCHIA DI TROVARSI IN MEZZO AL MARE MENTRE EUROPA E AMERICA SI ALLONTANANO. CONCILIARE L'INTERESSE ITALIANO ED EUROPEO CON L'AFFINITÀ IDEOLOGICA CON TRUMP, D'ORA IN POI, SARÀ ANCORA PIÙ DIFFICILE PER LA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO. SI RISCHIA CHE IL TRIUMVIRATO INGHILTERRA-FRANCIA-GERMANIA DIVENTI REGISTA DI TUTTE LE OPERAZIONI DI DIFESA EUROPEA ESCLUDENDO L'ITALIA” - E SULL'INCHIESTA CHE HA COINVOLTO LA MOGHERINI...
Francesca Schianchi per la Stampa - Estratti
giorgia meloni paolo gentiloni
La lettura dell'ex premier Paolo Gentiloni della nuova strategia di sicurezza nazionale americana è molto netta: «Un epitaffio sulle relazioni transatlantiche e una sentenza di divorzio dall'Europa».
Un divorzio rancoroso: si profetizza la fine della nostra civiltà entro vent'anni. Perché tanta durezza verso l'Europa?
«Penso siano due le ragioni. La prima attiene alla cultura Maga: il manifesto scritto dalla Heritage Foundation e intitolato "Progetto 2025" aveva tra gli obiettivi lo smantellamento dell'Unione europea, in quanto vista come unico argine ai nazionalismi».
«Credo che Trump veda nell'Europa una proiezione dei suoi nemici interni. Nonostante tutto quel che detesta, dal woke al melting pot, sia nato in America, li attribuisce a noi perché ha bisogno di costruire anche un nemico esterno».
Morale: dell'Europa si può fare a meno.
«È un passaggio enorme, in cui però vedo una contraddizione: c'è la pretesa di rinchiudersi, ma nello stesso tempo quella di esercitare un dominio sul piano economico attraverso il primato di tecnologia e regole americane, dall'intelligenza artificiale al quantum computing. Come dire: dalle cannoniere agli algoritmi. La reazione alla multa europea a X di Elon Musk va in quella direzione».
E poi, dice lei, quel documento scrive l'epitaffio delle relazioni transatlantiche.
«Tra gli obiettivi è scritto chiaramente che occorre prevenire l'espansione della Nato, parole che di solito usa Putin. E guardi, nei famosi 28 punti del piano di pace per l'Ucraina, al punto 4 si parla di un dialogo tra Russia e Nato mediato dagli Usa. Chi conosce la Nato, sa che la Nato coincide con gli Stati Uniti. Chi l'ha scritto, chiunque sia, già pensa a un'Alleanza atlantica esterna all'America».
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Tra gli adulatori mette anche Giorgia Meloni?
«Diciamo che per fortuna Meloni non è Gianni Infantino (il presidente della Fifa che ha consegnato a Trump un premio per la pace due giorni fa, ndr). Fin qui, nel test fondamentale, che è l'Ucraina, ha cercato di tenere la posizione. Ma minimizzare è miope».
Minimizzare è quello che Meloni ha fatto: lei non vede incrinature tra America e Unione europea, dice.
«Appunto. Il problema è che rischia di trovarsi in mezzo al mare mentre avviene la deriva dei continenti ed Europa e America si allontanano».
Come dovrebbero reagire i leader europei?
«Devono prendere atto di quello che sta succedendo e diventare adulti. L'impostazione americana sull'Ucraina in sintesi è: la Russia non è una minaccia, siete voi europei fissati. I leader europei devono dire invece a Mosca: continuiamo a sostenere l'Ucraina e l'Ucraina col nostro sostegno può continuare a difendersi».
Nel documento si definiscono "irrealistiche" le aspettative di molti governi europei sull'Ucraina.
«Tutto l'impianto del documento dice: basta al coinvolgimento in conflitti che non siano rilevanti per noi, concentriamoci sugli interessi economici. È legittimo, ma l'America è diventata una superpotenza quando ha scelto di non chiudersi ma di costruire una rete di alleanze militari e un sistema centrato sul dollaro. Diventerà inevitabilmente più debole con la linea America first».
Ma l'Ucraina ce la può fare a continuare a difendersi se l'America si tira definitivamente indietro?
«Con l'aiuto europeo assolutamente sì, e bisogna avere il coraggio di dirlo. Non si sostituisce il sistema di difesa americano in due giorni, è chiaro, ma è bene ricordare che l'Europa è una potenza economica ben più grande della Russia. E già da un anno da Washington non arriva niente: Kyiv resiste con il nostro aiuto. Non sottovaluto il contributo Usa logistico e di intelligence, ma se Trump decide di andarsene, non perché lo dice lui bisogna farlo».
Il problema è che sull'Ucraina in Europa ci sono divisioni. Ad esempio, sull'uso degli asset russi congelati.
«Ci sono opposizioni di natura politica, come quella ungherese, e di tutt'altra natura, come quella del Belgio, che vuole garanzie perché quei soldi sono depositati in una società di diritto belga. Siccome sono state offerte le garanzie, mi auguro che la decisione arrivi. Si può prendere a maggioranza: l'opposizione dell'Ungheria o della Slovacchia è ininfluente».
Quindi lei è favorevole all'uso di quegli asset?
«Sono favorevole: non si tratta di impadronirsi di quegli asset, ma di usarli come base per un prestito per l'Ucraina».
L'inchiesta che ha coinvolto Mogherini e Sannino indebolisce ulteriormente l'Europa? Non a caso, la Russia ci è subito saltata sopra.
«Conosco Mogherini e Sannino, sono persone perbene e trovo inaccettabile che siano stati trattati da criminali. La giustizia farà il suo corso, ma il fatto che capitino episodi come questi non autorizza nessuno a dare lezioni di trasparenza, meno che mai i russi».
L'Ucraina divide anche in Italia: la riluttanza di Salvini sull'invio di armi rischia di diventare un problema serio per il governo?
«Conciliare l'interesse italiano ed europeo con l'affinità ideologica con Trump d'ora in poi sarà ancora più difficile per la presidente del Consiglio. Ma continuare ad essere il più svogliato dei Paesi Volenterosi non ci aiuta: si rischia solo che il triumvirato Inghilterra-Francia-Germania diventi regista di tutte le operazioni di difesa europea. Escludendo l'Italia e dimenticando la proiezione nel Mediterraneo».
Il punto è che la Lega è contraria all'invio di nuove armi e il decreto sull'argomento è stato rinviato.
«Essere riluttanti non conviene all'interesse nazionale: spero che il decreto arrivi presto e la maggioranza superi le sue difficoltà».
PAOLO GENTILONI AL MEETING DI RIMINI
Le armi all'Ucraina dividono anche il centrosinistra: Pd e Cinque stelle la pensano diversamente. È possibile una mediazione?
«L'Ucraina ora, ma più in generale la questione dell'autonomia strategica dell'Europa, sarà uno spartiacque. L'atteggiamento del Pd e della segretaria Schlein mi sembra positivo. So che sarà una prova difficile in un sistema di alleanze, ma la coerenza su questa materia è irrinunciabile: lasciamo le titubanze a Meloni».
PAOLO GENTILONI DA GIOVANE
giovanni donzelli giorgia meloni carlo calenda paolo gentiloni (2)







