“OLTRE LA CORTINA DELLA PROPAGANDA RUSSA, MOSCA SI È IMPANTANATA. DOVREMMO TUTTI ESSERE CONSAPEVOLI DEL NOSTRO PESO” - GIORGIA MELONI SULL’UCRAINA TIRA UNA STOCCATA A SALVINI (IL QUALE RITIENE CHE LA GUERRA PER L’UCRAINA SIA PERSA) MA VA ALLO SCONTRO CON L’UE FRENANDO SUI SUGLI ASSET PUTINIANI CHE IL GROSSO DELL’EUROPA VUOLE SCONGELARE: “NESSUNA FORZATURA SENZA UNA BASE GIURIDICA SOLIDA”. LA DUCETTA AMMETTE DI TEMERE “RITORSIONI E FARDELLI” PER I CONTI E POI ANNUNCIA: “NON INVIEREMO SOLDATI”
Lorenzo De Cicco per repubblica.it - EStratti
Alla vigilia di un consiglio europeo carico d’incognite, il discorso in Parlamento di Giorgia Meloni segna un’insofferenza montante verso le strategie Ue. Un po’ su tutto: gli asset russi da sbloccare, il Mercosur, il nuovo bilancio dell’Unione, i burocrati di Bruxelles che spenderebbero «800 milioni per rifare un palazzo» e che «inficiano la direttiva imballaggi».
Arriva pure qualche frecciata indiretta a Matteo Salvini, che di mattina alla Camera le siede di fianco e che ritiene che la guerra per l’Ucraina sia persa e la Russia imbattibile. No, dice Meloni, «oltre la cortina della propaganda russa, Mosca si è impantanata» e «dovremmo tutti essere consapevoli del nostro peso».
GIORGIA MELONI - MATTEO SALVINI - CAMERA DEI DEPUTATI - FOTO LAPRESSE
Sugli asset putiniani che il grosso dell’Ue vuole scongelare, Meloni ufficializza la frenata: l’Italia è «aperta a ogni soluzione», ma «senza una base giuridica solida» usare quei beni ora «regalerebbe la prima vittoria» allo zar. Si tratta di «decisioni che non possono essere forzate, vanno prese a livello di leader». Meloni ammette di temere «ritorsioni e fardelli» per i conti, dunque ogni garanzia dovrà restare fuori dal Patto di stabilità. È l’Ucraina il dossier più spinoso.
La Lega freme (e al Senato in serata la premier chiede l’applauso per l’assoluzione su Open Arms di Matteo Salvini). Il Carroccio ha fatto inserire nella risoluzione di maggioranza un paletto, per gli aiuti futuri a Kiev: la «lotta a riciclaggio e corruzione». La premier ne parla: «Vigiliamo sulla corruzione ma gli anticorpi di Kiev sono incoraggianti» e un «collasso» ucraino «sarebbe un danno per tutti».
Dunque l’Ucraina non si può abbandonare «nella fase più delicata», anche se i territori sono «lo scoglio» viste le «pretese irragionevoli sul Donbass» di Putin.
Il governo comunque «non intende inviare soldati» in quest’area, ribadisce Meloni, mentre a Gaza «contribuirà» alla forza multinazionale. P
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Come detto, gli asset russi non sono l’unica crepa nel rapporto con l’Ue, tanto che a sera Meloni si sfoga: «Per contare non bisogna accodarsi». La premier critica la proposta di bilancio della Commissione: «Non accetteremo di pagare di più per ottenere di meno». Sostiene che sul Mercosur è «prematuro votare».
Solo sull’immigrazione pare soddisfatta, perché l’Italia ha fatto da «apripista» sulla direttiva dei Paesi sicuri, che dovrebbe sbloccare i centri in Albania. «Il modello funzionerà, piaccia o no alla sinistra» e alla «magistratura politicizzata».
L’altro tarlo su cui le minoranze la incalzano è la strategia di Trump, che piccona l’Europa. Meloni difende quel report, sostiene di avere sempre sposato quelle tesi e che è inutile «lanciare strali contro un nemico immaginario» quando quello «vero» è un’Europa indecisa che rischia «l’irrilevanza». Usa e Ue non sarebbero «competitor» e l’Italia «non è una cheerleader».
La premier lascia l’aula convinta di avere «le spalle coperte» dalla sua maggioranza, mentre «l’opposizione ha presentato 6 risoluzioni diverse». Di notte atterra a Bruxelles, dove la discussione sarà molto più difficile.
ursula von der leyen giorgia meloni conferenza sulla ricostruzione dell ucraina. foto lapresse
foto di gruppo vertice alla casa bianca con zelensky e i leader europei foto lapresse
giorgia meloni donald trump


