hillary clinton sosia

GOMPLOTTO! IN RETE SI DIFFONDE L’IPOTESI CHE HILLARY CLINTON ABBIA UNA SOSIA DA SPEDIRE AGLI INCONTRI DOVE NON POTREBBE ANDARE A CAUSA DEI SUOI MISTERIOSI PROBLEMI DI SALUTE - LE ACCUSE A GOOGLE: “PROTEGGE” LA CLINTON, CON LA FUNZIONE DI AUTOCOMPLETAMENTO, PROVANDO A “SVIARE” GLI UTENTI DALLE NEWS SCOMODE (VIDEO)

 

 

Martina Pennisi per il “Corriere della Sera”           

 

Hillary Clinton ha la polmonite. O il morbo di Parkinson? Forse la sclerosi multipla. Anzi, è morta ed è stata rimpiazzata da una sosia più magra e con l' indice della mano sinistra più lungo. Tutte sciocchezze? Possibile, ma c'è un' associazione di medici americana che la definisce inadeguata a vestire i panni di presidente per le sue condizioni di salute.

 

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Insomma, qualcosa di grave dovrà pur avere. Ecco un rapido esempio delle informazioni in cui ci si imbatte in Rete in queste ore, si tratti dei risultati di Google, del materiale condiviso su Facebook o di un sondaggio di Wikileaks che invita a votare il significato dei presunti sintomi manifestati dalla candidata democratica alla Casa Bianca.

 

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Come, e perché, accade? Da una parte, e non è certo una novità legata alla campagna presidenziale, ci sono le comunicazioni ufficiali: Clinton che lascia la commemorazione dell' 11 settembre per un colpo di calore e l'annuncio tardivo della polmonite. Dall' altra il video della 68enne che si accascia prima di salire in macchina per lasciare il One World Trade Center, pubblicato da un 50enne del New Jersey su Twitter.

 

Venti potenti secondi, condivisi sul social network azzurro da quasi 40 mila persone, immediatamente ripresi dai siti dei giornali. E in grado di «riattivare» il materiale cospirazionista presente online: al cospetto delle gambe della donna che cedono, gli utenti si sono riversati su Google.

 

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Poco importa se un'analisi dello psicologo Robert Epstein sostiene addirittura che il motore di ricerca provi a proteggere Clinton con la funzione di autocompletamento, evitando di incoraggiare domande di questo genere (Mountain View smentisce): i meccanismi che si attivano a cavallo dell' algoritmo sono più forti. Cerchiamo risposte e Google tenta di proporci quelle maggiormente curate e verificate fra le più gettonate.

 

Capita che le teorie cospirazioniste o cosiddette bufale scalino la graduatoria. Attirano la curiosità o quella che Walter Quattrociocchi, direttore del laboratorio di Computational Social Science all'Imt di Lucca, definisce «propensione antagonista verso il dibattito collettivo», vengono cliccate e condivise sui social.

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La funzione trending di Facebook - assente nella versione italiana - che è ormai priva di giornalisti arriva persino a metterle in evidenza. I media le intercettano, ne parlano e concedono loro una citazione da parte di una fonte verificata. Un circolo vizioso che non si spezza con smentite e successivi interventi. «Anzi, sono elementi di rinforzo», spiega Quattrociocchi.

 

Lato utente l' antidoto è il silenzio, per non incoraggiare la circolazione sia della bufala sia del suo contrario, nella consapevolezza che Google o Facebook «non devono raccontare la verità, ma sono archivi pieni di informazioni più o meno reali», afferma il sociologo Giovanni Boccia Artieri. Per le piattaforme la sfida, soprattutto (ma non solo) tecnologica, è di filtrare il più possibile. Ai giornali il compito di certificare cosa sia vero e cosa no.

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