giancarlo giorgetti matteo salvini mario draghi enrico letta virginia raggi

DAGOREPORT! - SALVINI IN TILT: E' CONVINTO DI AVER PERSO CONSENSI PER ESSERE STATO TROPPO MORBIDO CON DRAGHI (DI QUI LA SCAPOCCIATA SULLA DELEGA FISCALE) - I GOVERNISTI GIORGETTI E ZAIA CHIEDONO IL CONGRESSO A FINE ANNO - DRAGHI TEME PER LO SCONTRO INTERNO AL CARROCCIO: LA LEGA DEVE RESTARE IN MAGGIORANZA - ROMA CROCEVIA FATALE PER GIORGIA MELONI - CONTE CACADUBBI TRA RAGGI E GUALTIERI - TRA I GRILLINI GODE SOLO BEPPE GRILLO: SENZA DI LUI IL M5S NON ESISTE. E ORA DEVE SOLO ASPETTARE CHE QUALCOSA DETRONIZZI CONTE: IL SUO PIANO B E' INCORONARE VIRGINIA RAGGI LEADER DEL MOVIMENTO...

DAGOREPORT

giancarlo giorgetti e matteo salvini 1

Ieri la Lega ha vissuto uno dei giorni più duri dal punto di vista dei rapporti interni. Al mattino, un Salvini in stato confusionale ha intimato a Giorgetti che i ministri della Lega non avrebbero partecipato al Consiglio dei ministri sulla delega fiscale. 

 

Tant'è che il ministro dello Sviluppo Economico in modalità Draghi, nonché capo delegazione del Carroccio al governo, come segno di “vaffa” al Truce, ha spedito alla cabina di regia un ministro che non ha nulla a che vedcere col la riforma fiscale, quello del Turismo. Il povero Massimo Garavaglia (giorgettiano di ferro) si è sobbarcato il compito di proporre a Draghi di far slittare il voto sulla delega fiscale a dopo i ballottaggi. 

 

salvini draghi

Un escamotage soft per tenere a bada "il tossico del Papeete" (copyright Giuliano Ferrara) e la sua curva ultrà dei Borghi e Bagnai. SuperMario ha spernacchiato la richiesta tirando dritto come un pendolino in corsa: "Ho i miei tempi e la mia agenda". Per la serie: se non vi sta bene, non è un mio problema. 

 

Ma cosa ha mandato fuori giri i neuroni di Salvini, al punto da innescare un gesto di reazione così scriteriato? Perché questa “craniata” sulla delega fiscale, nonostante i contestati nuovi criteri per la classificazione degli immobili saranno rilasciati non prima del 2026? 

 

matteo salvini e giorgia meloni

Il "Capitone" sbiella per la disfatta alle amministrative perché è convinto di aver perso per strada voti e consensi per essersi mostrato debole, agli occhi degli elettori, nel confronto con Mario Draghi. Il suo “celomollismo” sarebbe stata messa ancora più a nudo dal confronto a distanza con l'intransigente Ducetta Meloni. La reazione è stata inevitabile: flessione di muscoli, canini in mostra, coltello tra i denti e niente voto sulla delega fiscale. 

 

zaia salvini

Risultato? Giorgetti s'è incazzato e ha chiesto un chiarimento generale sulla linea politica. La Lega poteva essere monolitica quando ristagnava al 4% ma ora che è al 20 - è la convinzione del ministro dello Sviluppo economico - c'è bisogno di coralità e condivisione (anche per questo le "correnti" nella Lega, evocate come lo spauracchio da chi è pasciuto al mono-pensiero bossiano, non sono più considerate un'eresia). 

 

L'ala governista del partito convertita all'europeismo spinto, che include Giorgetti, Zaia, Fontana, Fedriga e molti amministratori locali del nord, chiede un congresso entro fine anno per ridiscutere la linea politica. Salvini, per ora, fa orecchie da mercante: vuole rimandare il congresso a fine primavera, dopo l'elezione del Capo dello Stato…

letta conte

 

Mario Draghi, dalle stanze damascate di palazzo Chigi, assiste e medita. Lo scontro tra le due anime del Carroccio, ormai radicalizzate su posizioni sempre più distanti, lo preoccupa. Nonostante i capricci da creteen-ager di Salvini, per Draghi la presenza della Lega nel governo è necessaria. Gli consente un margine di manovra più ampio, evitando il "ricatto" di una sola parte politica. 

Crosetto Meloni

 

L'equilibrio del governo si regge su uno schema di rimpalli, triangolazioni e sponde che richiede la Lega organicamente in maggioranza. Ogni destabilizzazione può essere pericolosa, visto la piena crisi dei 5stelle di Conte. Anche per questo SuperMario non ha apprezzato il "comizio" anti-Lega, durante la cabina di regia, del ministro del Lavoro, Andrea Orlando. La sua idea è che il Consiglio dei ministri debba lavorare come il cda di una grande azienda: compatto, efficiente, silenzioso. 

SILVIO BERLUSCONI E MATTEO SALVINI

 

Giorgia Meloni, uscita rinforzata dalle elezioni amministrative, si gioca il tutto per tutto al ballottaggio a Roma. Se il suo avatar-carneade Michetti dovesse diventare sindaco, la "Ducetta" sfilerebbe a Salvini la leadership del Centrodestra. In caso di sconfitta, invece, la Meloni - come spesso suggerito anche dal suo consigliori Crosetto - dovrebbe rivedere scelte, uomini e strategie. 

 

Gli slanci euro-critici, l'asse con polacchi e ungheresi, le sacche di fascistelli nel partito e una classe dirigente impresentabile finirebbero sotto la lente di ingrandimento. Un restyling di Fratelli d'Italia diventerebbe necessario come ricucire il dialogo con Berlusconi (con cui la Meloni non parla neanche) per riaprire il dossier sulla federazione di centrodestra, da cui dipende l'agibilità politica in Europa previo approdo al Ppe.  

 

ANTONIO TAJANI LUCA BERNARDO MATTEO SALVINI MAURIZIO LUPI

Il Cav ha discusso con Matteo Salvini dopo il risultato elettorale alle amministrative: gli ha fatto notare il lungo filotto di errori che ha portato alla scoppola del centrodestra. A partire dalla scelta dei candidati. Berlusconi aveva già espresso, inascoltato, le sue perplessità sui nomi di Luca Bernardo e Enrico Michetti. A urne aperte, ha avuto gioco facile nel dimostrare la fondatezza dei suoi dubbi. 

 

In zona Cinquestelle tira un'aria fetida. Pesantissima.  L'unico grillino che ha festeggiato la catastrofe elettorale è stato Beppe Grillo. "L'Elevato di torno", senza muovere un dito, ha dimostrato che senza di lui il M5s sprofonda. Anzi, non esiste. 

 

GIUSEPPE CONTE E BEPPE GRILLO A MARINA DI BIBBONA

Le sue perplessità su Conte leader si sono dimostrate fondate: l'effetto Pochette non s'è neanche intravisto. Le piazzette del sud erano piene di “bimbe di Conte”, le urne desolatamente vuote. Il miglior risultato raccolto dai Cinquestelle (11%) s'è registrato a Roma, dove BeppeMao ha speso il suo endorsement per Virginia Raggi. La stessa che Conte voleva silurare per fare spazio a un candidato unico con il Pd…

 

Grillo è sempre più convinto che la "cura Conte" non sia la strada giusta per il Movimento. Passare dal "vaffa" al linguaggio affettato e fumogeno di Peppiniello Appulo non paga. Meglio tornare alle origini, a un'identità più definita. Il manierismo dell'ex premier accarezza le pupille delle casalinghe ma non accende gli elettori. Ma per cambiare cavallo servirà una scossa che detronizzi Conte. 

grillo raggi

 

Chissà che Grillo non segua con attenzione la vicenda giudiziaria che riguarda l'avvocato amico di Conte, Luca Di Donna, indagato per associazione a delinquere e traffico di influenze…D'altronde il piano B è già pronto: fare di Virginia Raggi la nuova leader del Movimento. E' l'unica che ha esperienza amministrativa, ha un consenso personale, è una donna (e oggi si porta molto) e ha toni cazzuti che ancora riescono ad eccitare i pentastellati di vecchio conio, vedi Di Battista. A differenza del lessico pendulo e flebile dell'ex schiavo di Casalino traslocato chez Travaglio. 

VIRGINIA RAGGI GIUSEPPE CONTE

 

A proposito, chissà con quale bilancino da farmacista Conte peserà le parole in vista del ballottaggio a Roma. Ci sta pensando da due giorni. E' tra incudine e martello: dovrà dare sostegno al suo ex ministro Gualtieri, per onorare l'asse Pd-M5s, ma non potrà essere troppo caloroso per non irritare Virginia Raggi, che detesta sia Gualtieri che Conte. In un capolavoro di equilibrismo magari finirà per dire "Mi raccomando, non votate Michetti". 

 

luca di donna

Anche sul lato nazionale, Conte si conferma eterno cacadubbi. S'è aggrappato alla linea del suo Rasputin Travaglio: andare alle elezioni dopo aver scelto il nuovo presidente della Repubblica. Ma è una posizione guardinga, d'attesa, defilata. I due hanno registrato le dichiarazioni di Giorgia Meloni che, dopo le amministrative, si è rimangiata al volo il suo “non voterò mai Draghi al Quirinale” e s'è detta disponibile a votarlo per andare al voto. 

 

MARCO TRAVAGLIO E GIUSEPPE CONTE

Ma Conte e Travaglio tendono l’orecchio verso Salvini. E' lui il grimaldello della strategia grillozza-fattoide: se il "Capitone" dovesse portare la Lega fuori dal governo, sarebbe facile per Conte trovare un pretesto per far saltare l'esecutivo e chiedere le urne, del tipo: "Con l’uscita della Lega ci troviamo con una maggioranza debole e numeri risicati in Senato. A questo punto votiamo Draghi al Colle e vediamo quelle che succede..."

 

Luigi Di Maio, che è sempre stato considerato "il grillino di destra", ora, dopo la vittoria di Manfredi a Napoli, si è lanciato tra le braccia di Enrico Letta (e pure di quelle del suo “boia” Vincenzo De Luca). Ha capito, con il suo proverbiale pragmatismo partenopeo e parte-italiano, che non c'è vittoria fuori dal perimetro di Draghi e dell'alleanza con i dem. 

 

LUIGI DI MAIO PEPPE PROVENZANO GAETANO MANFREDI VINCENZO DE LUCA ROBERTO FICO

L’ex bibitaro del San Paolo ha deposto l'ideologia da tempo (come quando s'infiammò per i gilet gialli con Dibba) e, non avendo le palle per fare il leader, ora sogna di fare il "regista" dei Cinquestelle, magari alle spalle della Raggi, novella Evita (e svita) a 5 stelle. Non a caso, sono sempre più frequenti le sue telefonate con un altro uomo-ombra, Giancarlo Giorgetti. I due si confrontano, parlano. Chissà se hanno condiviso la strategia per liberarsi dei rispettivi leader…

giancarlo giorgetti 2valeria ciarambino luigi di maio giuseppe conte gaetano manfredi da michele

Ultimi Dagoreport

brunello cucinelli giorgia meloni giuseppe tornatore

A PROPOSITO DI…. TORNATORE – CRISI DEL CINEMA? MA QUALE CRISI! E DA REGISTA TAUMATURGO, NOBILITATO DA UN PREMIO OSCAR, CIAK!, È PASSATO A PETTINARE IL CASHMERE DELLE PECORE DEL SARTO-CESAREO CUCINELLI - MICA UN CAROSELLO DA QUATTRO SOLDI IL SUO “BRUNELLO IL VISIONARIO GARBATO”. NO, MEGA PRODUZIONE CON UN BUDGET DI 10 MILIONI, DISTRIBUITO NELLE SALE DA RAI CINEMA, ALLIETATO DAL MINISTERO DELLA CULTURA CON TAX CREDIT DI 4 MILIONCINI (ALLA FINE PAGA SEMPRE PURE PANTALONE) E DA UN PARTY A CINECITTA' BENEDETTO DALLA PRESENZA DI GIORGIA MELONI E MARIO DRAGHI - ET VOILÀ, ECCO A VOI SUI GRANDI SCHERMI IL “QUO VADIS” DELLA PUBBLICITÀ (OCCULTA) SPACCIATO PER FILM D’AUTORE - DAL CINEPANETTONE AL CINESPOTTONE, NASCE UN NUOVO GENERE, E LA CRISI DELLA SETTIMA ARTE NON C’È PIÙ. PER PEPPUCCIO TORNATORE, VECCHIO O NUOVO, È SEMPRE CINEMA PARADISO…

theodore kyriakou la repubblica mario orfeo gedi

FLASH! – PROCEDE A PASSO SPEDITO L’OPERA DEI DUE EMISSARI DEL GRUPPO ANTENNA SPEDITI IN ITALIA A SPULCIARE I BILANCI DEI GIORNALI E RADIO DEL GRUPPO GEDI (IL CLOSING È PREVISTO PER FINE GENNAIO 2026) - INTANTO, CON UN PO’ DI RITARDO, IL MAGNATE GRECO KYRIAKOU HA COMMISSIONATO A UN ISTITUTO DEMOSCOPICO DI CONDURRE UN’INDAGINE SUL BUSINESS DELLA PUBBLICITÀ TRICOLORE E SULLO SPAZIO POLITICO LASCIATO ANCORA PRIVO DI COPERTURA DAI MEDIA ITALIANI – SONO ALTE LE PREVISIONI CHE DANNO, COME SEGNO DI CONTINUITÀ EDITORIALE, MARIO ORFEO SALDO SUL POSTO DI COMANDO DI ‘’REPUBBLICA’’. DEL RESTO, ALTRA VIA NON C’È PER CONTENERE IL MONTANTE ‘’NERVOSISMO’’ DEI GIORNALISTI…

john elkann lingotto fiat juventus gianni agnelli

A PROPOSITO DI… YAKI – CHI OGGI ACCUSA JOHN ELKANN DI ALTO TRADIMENTO NEL METTERE ALL’ASTA GLI ULTIMI TESORI DI FAMIGLIA (“LA STAMPA” E LA JUVENTUS), SONO GLI STESSI STRUZZI CHE, CON LA TESTA SOTTO LA SABBIA, IGNORARONO CHE NEL FEBBRAIO DEL 2019, SETTE MESI DOPO LA SCOMPARSA DI MARCHIONNE, IL NUMERO UNO DI EXOR E STELLANTIS ABBANDONÒ LA STORICA E SIMBOLICA “PALAZZINA FIAT”, LE CUI MURA RACCONTANO LA STORIA DEL GRUPPO AUTOMOBILISTICO. E SOTTO SILENZIO (O QUASI) L’ANNO DOPO C’ERA STATO LO SVUOTAMENTO DEL LINGOTTO, EX FABBRICA EMBLEMA DELLA FIAT – LA PRECISAZIONE: FONTI VICINE ALLA SOCIETÀ BIANCONERA SMENTISCONO QUALSIVOGLIA TRATTATIVA CON SAUDITI...

giorgia meloni matteo salvini

DAGOREPORT – ESSÌ, STAVOLTA BISOGNA AMMETTERLO: SULLA LEGGE DI BILANCIO MATTEO SALVINI HA PIÙ DI QUALCHE SACROSANTA RAGIONE PER IMPEGNARSI A MORTE NEL SUO RUOLO DI IRRIDUCIBILE SFASCIACARROZZE DELLA MARCHESINA DEL COLLE OPPIO (“IL GOVERNO SONO IO E VOI NON SIETE UN CAZZO!’’) - DIETRO UNA FINANZIARIA MAI COSÌ MICRAGNOSA DI 18 MILIARDI, CHE HA AFFOSSATO CONDONI E PENSIONI CARI A SALVINI, L’OBIETTIVO DELLA DUCETTA È DI USCIRE CON UN ANNO IN ANTICIPO DALLA PROCEDURA DI INFRAZIONE PER DEFICIT ECCESSIVO ATTIVATA DALL'EUROPA NEL 2024. COSÌ SARÀ LIBERA E BELLA PER TRAVESTIRSI DA BEFANA PER LA FINANZIARIA 2026 CHE SARÀ RICCA DI DEFICIT, SPESE E "MENO TASSE PER TUTTI!", PROPRIO IN PERFETTA COINCIDENZA CON LE ELEZIONI POLITICHE 2027 – OVVIAMENTE LA “BEFANA MELONI” SI PRENDERÀ TUTTO IL MERITO DELLA CUCCAGNA, ALLA FACCIA DI LEGA E FORZA ITALIA…

moravia mussolini

‘’CARO DUCE TI SCRIVO...’’, FIRMATO ALBERTO MORAVIA - “AMMIRO L'OPERA DEL REGIME IN TUTTI I VARI CAMPI IN CUI SI È ESPLICATA E IN PARTICOLARE IN QUELLO DELLA CULTURA. DEBBO SOGGIUNGERE CHE LA PERSONALITÀ INTELLETTUALE E MORALE DELLA ECCELLENZA VOSTRA, MI HA SEMPRE SINGOLARMENTE COLPITO PER IL FATTO DI AVERE NEL GIRO DI POCHI ANNI SAPUTO TRASFORMARE E IMPRONTARE DI SÉ LA VITA DEL POPOLO ITALIANO” (1938) - LE 998 PAGINE DEI “TACCUINI” DI LEONETTA CECCHI PIERACCINI SONO UNA PREZIOSISSIMA MEMORIA, PRIVA DI MORALISMO E DI SENTIMENTALISMO, PER FICCARE IL NASO NEL COSTUME DELL’ITALIA LETTERARIA E ARTISTICA FINITA SOTTO IL TALLONE DELLA DITTATURA FASCISTA - DAL DIARIO DI LEONETTA PIERACCINI, SPICCANO LA VITA E LE OPERE E LA SERVILE E UMILIANTE LETTERA A MUSSOLINI DEL “SEMI-EBREO” ALBERTO PINCHERLE, IN ARTE MORAVIA – ALTRA NOTA: “SIMPATIA DI MORAVIA PER HITLER. EGLI DICE CHE DEGLI UOMINI POLITICI DEL MOMENTO È QUELLO CHE PIÙ GLI PIACE PERCHÉ GLI PARE NON SIA MOSSO DA AMBIZIONE PERSONALE PER QUELLO CHE FA...”

leonardo maria del vecchio - gabriele benedetto - andrea riffeser monti - marco talarico - luigi giacomo mascellaro

DAGOREPORT - ELKANN NON FA IN TEMPO A USCIRE DALLA SCENA CHE, ZAC!, ENTRA DEL VECCHIO JR: DAVVERO, NON SI PUÒ MAI STARE TRANQUILLI IN QUESTO DISGRAZIATO PAESE - GIÀ L’ACQUISIZIONE DEL 30% DE ‘’IL GIORNALE’’ DA PARTE DEL VIVACISSIMO LEONARDINO DEL VECCHIO, ANTICIPATA IERI DA DAGOSPIA, HA SUSCITATO “OH” DI SORPRESA. BUM! BUM! STAMATTINA SONO SALTATI I BULBI OCULARI DELLA FINANZA E DELLA POLITICA ALL’ANNUNCIO DELL'EREDE DELL VECCHIO DI VOLER ACQUISIRE IL TERZO POLO ITALIANO DELL’INFORMAZIONE, IN MANO ALLA FAMIGLIA RIFFESER MONTI: “LA NAZIONE” (FIRENZE), “IL RESTO DEL CARLINO” (BOLOGNA) E “IL GIORNO” (MILANO) - IN POCHI ANNI DI ATTIVITÀ, LMDV DI DEL VECCHIO HA INVESTITO OLTRE 250 MILIONI IN PIÙ DI 40 OPERAZIONI, SOSTENUTE DA UN FINANZIAMENTO DI 350 MILIONI DA INDOSUEZ (GRUPPO CRÉDIT AGRICOLE) - LA LINEA POLITICA CHE FRULLA NELLA TESTA TRICOLOGICAMENTE FOLTA DELL'INDIAVOLATO LMDV, A QUANTO PARE, NON ESISTE - DEL RESTO, TRA I NUOVI IMPRENDITORI SI ASSISTE A UN RITORNO AD ALTO POTENZIALE ALLO "SPIRITO ANIMALE DEL CAPITALISMO", DOVE IL BUSINESS, ANCHE IL PIU' IRRAZIONALE, OCCUPA IL PRIMO POSTO E LA POLITICA E' SOLO UN DINOSAURO DI BUROCRAZIA…