sergey razov domenico quirico la stampa russia

I RUSSI SONO TALMENTE ABITUATI ALLA PROPAGANDA CHE NON LEGGONO I GIORNALI – L’AMBASCIATORE SERGEY RAZOV HA DENUNCIATO IL DIRETTORE DELLA “STAMPA” MASSIMO GIANNINI E DOMENICO QUIRICO, PER ISTIGAZIONE A DELINQUERE E APOLOGIA DI REATO. A SUO DIRE, UN ARTICOLO DEL 22 MARZO SCORSO INCITAVA ALL’UCCISIONE DI PUTIN. MA BASTAVA LEGGERE IL PEZZO PER CAPIRE CHE ERA IL CONTRARIO: QUIRICO SMONTAVA PROPRIO L’IDEA DELL’OCCIDENTE CHE CON UN TIRANNICIDIO SI POTESSE PORRE FINE ALLA GUERRA… - VIDEO

 

 

 

 

Francesco Grignetti per “La Stampa”

 

sergey razov a piazzale clodio 1

Prendi un articolo di giornale, leggilo al contrario. Là dove c'è scritto che un'idea è sbagliata, urla contro il giornalista, per far passare il messaggio opposto. Ecco. Ieri mattina l'ambasciatore della Federazione russa, sua eccellenza Sergey Razov, ha preso carta e penna ed è andato personalmente alla procura di Roma per denunciare il direttore de La Stampa, Massimo Giannini, e una delle sue firme più prestigiose, Domenico Quirico.

 

DOMENICO QUIRICO

L'esposto, depositato all'ufficio «ricezione atti», ipotizza i reati di istigazione a delinquere ed apologia di reato. Già, perché a suo dire, nel titolo di un articolo di Quirico del 22 marzo scorso, «si considera la possibile uccisione di Putin. Questo è fuori etica, morale e regole del giornalismo. Chiedo alla magistratura italiana di esaminare questo caso, confido nella giustizia di questo Paese». Il richiamo in prima pagina del pezzo in questione recitava testualmente, «Colpire il tiranno è l'ultima chance», dentro invece era titolato «Se uccidere il tiranno è l'unica via d'uscita».

L ARTICOLO DI DOMENICO QUIRICO SULLA STAMPA DEL 22 MARZO 2022 SUL TIRANNICIDIO

 

È andata così. L'ambasciatore Razov, che non ha chiesto di incontrare il procuratore capo di Roma, Francesco Lo Voi, ma che si era premurato di convocare i giornalisti all'uscita per dire la sua verità, ha preso un articolo di Quirico quasi fosse la quintessenza della presunta russofobia dilagante in Italia e non solo.

 

sergey razov a piazzale clodio 3

L'articolo - e basta leggerlo per accertarsene - passava in rassegna il florilegio di ipotesi di questi giorni e smontava pezzo per pezzo proprio l'idea serpeggiante tra molti in Occidente che una soluzione alla guerra possa passare per un tirannicidio: Razov ha capovolto quelle parole presentandole come un immondo invito all'omicidio.

vladimir putin

 

Non è la prima volta che Mosca capovolge l'interpretazione del mondo, come nei giorni scorsi, quando la tv di stato russa ha raccontato la devastazione di Mariupol come opera dei ribelli ucraini. E non è neppure raro che il regime di Putin reagisca male alle inchieste del giornalismo libero.

 

Sembra che da ieri l'ambasciatore del Cremlino abbia iniziato una estrema controffensiva mediatica. Forse non è un caso che oltre all'esposto spericolato contro La Stampa abbia annunciato anche l'attivazione di una «linea speciale» dove i cittadini russi possano segnalare i casi di discriminazione nei loro confronti. Il tentativo è scoperto: passare loro, i russi, gli invasori, per le vittime.

sergey razov a piazzale clodio 2

 

Sua eccellenza Razov, che ben conosce l'Italia, deve essersi reso conto che il governo di Mario Draghi non è sensibile alle sirene moscovite, né lo è gran parte dell'opinione pubblica. E perciò attacca. Sugli aiuti militari all'Ucraina, ad esempio.

 

«La cosa che ci preoccupa - dice con tono grave, sorvolando su chi abbia scatenato la guerra in Ucraina con una invasione - è che gli armamenti italiani saranno usati per uccidere cittadini russi. I fucili vengono distribuiti non solo tra i militari, ma anche tra i cittadini. Non si capisce come e quando saranno usati». Il vento nei confronti del Cremlino è mutato rispetto a qualche tempo fa, quando i sovranisti andavano per la maggiore e le simpatie nei confronti di Putin erano mainstream.

 

sergey razov a piazzale clodio 5

Il rappresentante di Mosca lo sa: «Lavoro in Italia da 8 anni e ho lavorato con Renzi, Conte, Letta, Draghi. Abbiamo fatto di tutto per costruire ponti, rafforzare i rapporti in economia, cultura e altri campi. Con rammarico adesso tutto è stato rivoltato, ma nell'opinione pubblica italiana, come sempre, c'è desiderio di rapporti buoni con la Russia».

 

il teatro di mariupol bombardato 6

Trova anche che i media in generale siano troppo duri nel raccontare l'invasione. E insiste: «Li invito a seguire entrambi i messaggi e non solo quelli di parte ucraina». Infine c'è la famosa questione della missione anti-Covid compiuta dai militari russi nel marzo del 2020. Razov è tagliente: «Al popolo italiano è stata tesa una mano di aiuto. Ma se qualcuno morde quella mano, non è onorevole. La missione è andata solo nei posti indicati dall'Italia, precisamente a Nembro, centro della pandemia in quel momento. Facevano solo quello che veniva detto dai colleghi italiani. E la missione è terminata quando l'Italia ha proposto di concluderla.

 

Le autorità italiane hanno espresso gratitudine per quanto fatto». La sua speranza, tuttavia, è che anche questa storia passi. Sospira, ai giornalisti: «Le crisi vanno e vengono e andrà via anche questa. Mantenere rapporti normali è interesse del popolo italiano e di quello russo e noi lavoriamo per questo».

 

Articoli correlati

QUIRICO: AMMETTIAMOLO: IL PIANO NUMERO UNO DI BIDEN, DELLA NATO E ANCHE DEGLI EUROPEI E CHE ...

 

 

 

il teatro di mariupol bombardato 4Domenico Quiricoarticle il teatro di mariupol bombardato 5Domenico Quiricoarticle sergey razov a piazzale clodio 4

Ultimi Dagoreport

spionaggio paragon spyware giorgia meloni fazzolari mantovano giorgetti orcel francesco gaetano caltagirone flavio cattaneo

DAGOREPORT - E TRE! DALLO SPIONAGGIO DI ATTIVISTI E DI GIORNALISTI, SIAMO PASSATI A TRE PROTAGONISTI DEL MONDO DEGLI AFFARI E DELLA FINANZA: CALTAGIRONE, ORCEL, CATTANEO - SE “STAMPA” E “REPUBBLICA” NON LI FANNO SMETTERE, VEDRETE CHE OGNI MATTINA SBUCHERÀ UN NUOVO E CLAMOROSO NOME AVVISATO DI AVERE UN BEL SPYWARE NEL TELEFONINO - COME NEL CASO DEGLI ACCESSI ABUSIVI ALLA PROCURA ANTIMAFIA (FINITI IN CHISSÀ QUALCHE SCANTINATO), I MANDANTI DELLO SPIONAGGIO NON POSSONO ESSERE TROPPO LONTANI DALL’AREA DEL SISTEMA DEL POTERE, IN QUANTO PARAGON FORNISCE I SUOI SERVIZI DI SPYWARE SOLO AD AUTORITÀ ISTITUZIONALI - A QUESTO PUNTO, IL CASO È CORNUTO: O SI SONO TUTTI SPIATI DA SOLI OPPURE IL GOVERNO MELONI DEVE CHIARIRE IN PARLAMENTO SE CI SONO APPARATI “FUORILEGGE”. PERCHÉ QUANDO IL POTERE ENTRA NEI CELLULARI DEI CITTADINI, NON C’È PIÙ DEMOCRAZIA…

matteo salvini roberto vannacci giorgia meloni massimiliano fedriga luca zaia

DAGOREPORT – GIORGIA MELONI HA GLI OCCHI PUNTATI SULLA TOSCANA! NELLA REGIONE ROSSA SARÀ CONFERMATO EUGENIO GIANI, MA ALLA DUCETTA INTERESSA SOLO REGISTRARE IL RISULTATO DELLA LEGA VANNACCIZZATA – SE IL GENERALE, CHE HA RIEMPITO LE LISTE DI SUOI FEDELISSIMI E SI È SPESO IN PRIMA PERSONA, OTTENESSE UN RISULTATO IMPORTANTE, LA SUA PRESA SULLA LEGA SAREBBE DEFINITIVA CON RIPERCUSSIONI SULLA COALIZIONE DI GOVERNO – INOLTRE ZAIA-FEDRIGA-FONTANA SONO PRONTI A UNA “SCISSIONE CONTROLLATA” DEL CARROCCIO, CREANDO DUE PARTITI FEDERATI SUL MODELLO DELLA CDU/CSU TEDESCA - PER LA MELONI SAREBBE UNA BELLA GATTA DA PELARE: SALVINI E VANNACCI POTREBBERO RUBARLE VOTI A DESTRA, E I GOVERNATORI IMPEDIRLE LA PRESA DI POTERE AL NORD...

matteo salvini luca zaia giorgia meloni orazio schillaci

FLASH! – L’”HUFFPOST” RIPORTA CHE SALVINI VUOL CONVINCERE LUCA ZAIA A PORTARE IL SUO 40% DI VOTI IN VENETO MA SENZA CHE IL SUO NOME BRILLI SUL SIMBOLO – PER ACCETTARE IL CANDIDATO LEGHISTA STEFANI, LA MELONA INSAZIABILE, PAUROSA CHE L’EX GOVERNATORE VENETO PORTI VIA TROPPI VOTI A FDI, L’HA POSTO COME CONDIZIONE A SALVINI – PER FAR INGOIARE IL ROSPONE, OCCORRE PERÒ CHE ZAIA OTTENGA UN INCARICO DI PESO NEL GOVERNO. IL MAGGIORE INDIZIATO A LASCIARGLI LA POLTRONA SAREBBE ORAZIO SCHILLACI, MINISTRO TECNICO IN QUOTA FDI, ENTRATO IN COLLISIONE CON I TANTI NO-VAX DELLA FIAMMA - AVVISATE QUEI GENI DI PALAZZO CHIGI CHE ZAIA SUI VACCINI LA PENSA ESATTAMENTE COME SCHILLACI…

monique veaute

NO-CAFONAL! – ARCO DI TRIONFO PER MONIQUE VEAUTE, QUELLA VISPA RAGAZZA FRANCESE CHE NEL 1984 GIUNSE A ROMA PER LAVORARE ALL’ACCADEMIA DI FRANCIA DI VILLA MEDICI - DA ABILISSIMA CATALIZZATRICE DI GENIALI E VISIONARIE REALTÀ ARTISTICHE INTERNAZIONALI, DETTE VITA A UN FESTIVAL CHE SCOSSE LO STATO DI INERZIA E DI AFASIA CULTURALE IN CUI ERA PIOMBATA ROMA DOPO L’ERA DI RENATO NICOLINI – L'ONORIFICENZA DI ''COMMANDEUR DE L'ORDRE DES ARTS ET DES LETTRES'' NON POTEVA NON ESSERE CONSEGNATA DALL’AMBASCIATORE FRANCESE SE NON A VILLA MEDICI, DOVE 40 ANNI FA TUTTO È NATO….

de luca manfredi schlein tafazzi conte landini silvia salis

DAGOREPORT - LA MINORANZA DEL PD SCALDA I MOTORI PER LA RESA DEI CONTI FINALE CON ELLY SCHLEIN. L’ASSALTO ALLA GRUPPETTARA (“NON HA CARISMA, CON LEI SI PERDE DI SICURO”), CHE HA TRASFORMATO IL PD DA PARTITO RIFORMISTA IN UN INCROCIO TRA UN CENTRO SOCIALE E UN MEETUP GRILLINO – NONOSTANTE LA SONORA SCONFITTA SUBITA NELLE MARCHE E IL FLOP CLAMOROSO IN CALABRIA, LA SEGRETARIA CON TRE PASSAPORTI E UNA FIDANZATA RESISTE: TRINCERATA AL NAZARENO CON I SUOI FEDELISSIMI QUATTRO GATTI, NEL CASO CHE VADA IN PORTO LA RIFORMA ELETTORALE DELLA DUCETTA, AVREBBE SIGLATO UN ACCORDO CON LA CGIL DI “MASANIELLO” LANDINI, PER MOBILITARE I PENSIONATI DEL SINDACATO PER LE PRIMARIE – IL SILENZIO DEI ELLY ALLE SPARATE DI FRANCESCA ALBANESE - I NOMI DEL DOPO-SCHLEIN SONO SEMPRE I SOLITI, GAETANO MANFREDI E SILVIA SALIS. ENTRAMBI INADEGUATI A NEUTRALIZZARE L’ABILITÀ COMUNICATIVA DI GIORGIA MELONI – ALLARME ROSSO IN CAMPANIA: SE DE LUCA NON OTTIENE I NOMI DEI SUOI FEDELISSIMI IN LISTA, FICO RISCHIA DI ANDARE A SBATTERE…