INGROIA A CACCIA DI BERSANI - A NOVARA SI COSTRUISCONO I FAMIGERATI F35: PER I “FAVOREVOLI” ALL’ACQUISTO LE AZIENDE ITALIANE POTREBBERO RECUPERARE 11 DEI 15 MILIARDI INVESTITI - DIECIMILA POSTI DI LAVORO (INDOTTO COMPRESO) SULLE ALI DEI CACCIA? - INGROIA ACCUSA IL PD DI AVER VOLUTO L’ACQUISTO E GRILLO ATTACCA LA “SVOLTA” DI BERSANI: “ORA LO DICONO TUTTI MA LA LEGGE PER COMPRARE I BOMBARDIERI L’HANNO VOTATA LORO”…

1-NELLA FABBRICA DEL CACCIA MILIARDARIO "SE LO PERDIAMO CI RIMETTE SOLO L'ITALIA"

Giampaolo Cadalanu per "la Repubblica"

Le ali della discordia per ora sono solo scheletri gialli, ancorati su un sostegno verticale mentre un macchinario grigio alto più di cinque metri attacca le parti in alluminio a quelle in fibra di carbonio. Il gigante che martella con precisione si chiama, inevitabilmente, Thor: è un robot simbolo dell'eccellenza tecnologica italiana, dicono i tecnici. E proprio per non perdere la sfida dell'innovazione, garantisce l'Aeronautica militare, è partita la produzione del controverso cacciabombardiere F35. Il primo esemplare sarà disponibile per i piloti italiani nella primavera del 2015.

Non ci sono alternative al progetto Joint Strike Fighter, sottolinea la forza armata, anche se i problemi tecnici non sono ancora stati risolti del tutto. Per chiarire ogni dubbio, meglio ambientare le spiegazioni direttamente sullo sfondo dell'impianto produttivo, a Cameri, pochi passi da Novara. Il colonnello Giuseppe Lupoli, del segretariato generale della Difesa, non si preoccupa per le vulnerabilità emerse di recente, come quella ai fulmini: sono problemi normali all'inizio della produzione.

E sicuramente non devono rimettere in discussione un progetto che la Difesa italiana considera strategico. I 90 caccia "F35 Lightning II" dovranno sostituire nei prossimi 40 anni tre linee di volo: i caccia tradizionali Tornado e Amx e gli Harrier a decollo verticale della Marina. In totale, 253 aerei.

Ma a illustrare quello che si fa a Cameri sono intervenuti con passione anche i piccoli imprenditori coinvolti nella produzione: dall'Aerea di Milano che impiega 120 persone sulle lavorazioni dell'F35 e conta di assumerne altre 80, alla Oma di Foligno (50 persone), alla Vitrociset (50), alla Omi (30), alla Ompm (25).

Le stime dell'Aeronautica sono ottimiste: nella produzione diretta, a pieno regime, l'impianto di Cameri impiegherà un migliaio di dipendenti, fra produzione, assemblaggio e assistenza, per assemblare ogni mese due caccia (i 90 italiani ma anche 85 olandesi) e produrre sei ali (l'Alenia dovrebbe ottenerne i contratti per un migliaio). In tutto, con l'indotto, l'F35 darà lavoro a diecimila persone. Non è un risultato eccezionale: sono più o meno i livelli occupativi già garantiti dall'Eurofighter. Ma quello che conta, spiega l'ingegner Mantovani dell'Aerea, «è che non si perda il patrimonio tecnologico».

In parole povere, o si è dentro a questa partita o si è fuori, sottolineano imprenditori e militari. Per essere dentro l'Italia investirà 15 miliardi di euro, ma le aziende del nostro Paese hanno già contratti per 807 milioni di dollari, e alla fine potrebbero arrivare a superare gli 11 miliardi di euro, facendo rientrare in Italia, oltre ai jet, gran parte dell'investimento.

È ancora il colonnello Lupoli a sottolineare che con il programma Jsf l'Italia ha vinto una sfida straordinaria, entrando in un progetto complessivo di grande integrazione fra alleati, ma allo stesso tempo convincendo la riluttante Lockheed-Martin a dislocare una linea produttiva in Italia, sia pure sorvegliandone da vicino gli standard di qualità.

Quelle che non sono state superate, però, sono le perplessità di tipo strettamente militare: la tecnologia Stealth, che dovrebbe permettere all'aereo di volare senza farsi vedere dalla maggior parte dei radar, sarà sotto stretto controllo del Pentagono. L'ultima fase, quella di controllo della effettiva "invisibilità", resterà off limits per i tecnici italiani. L'Aeronautica non lo considera un segno di scarsa fiducia: stiamo a un passo soltanto, gli alleati d'oltre Atlantico si convinceranno presto a rivelarci anche i procedimenti segreti, dicono gli ufficiali.

Messi da parte i dubbi tecnologici, restano in piedi le perplessità più politiche. L'Aeronautica sottolinea che senza i caccia più aggiornati non si sarebbe potuto intervenire in Iraq, in Afghanistan, in Libia. Il giudizio sulle necessità di "proiezione di potenza", care al ministro della Difesa Giampaolo Di Paola, andrà al Parlamento prossimo venturo.

2- E INGROIA ATTACCA BERSANI "L'HA VOLUTO ANCHE IL PD"
Silvio Buzzanca per "la Repubblica"

È scontro a sinistra sugli F35, quelli che un dossier della Camera definisce «caccia multiruolo di quinta generazione». È scontro perché Antonio Ingroia accoglie a braccia aperte Pier Luigi Bersani che vuole "tagliare" l'acquisto degli aerei. «Ci ha spiazzato, finalmente abbiamo sentito un Bersani più vicino alla tradizione della sinistra che si è dimenticato e continua a dimenticarsi di tanti altri argomenti», dice l'ex pm. Ma il leader di Rivoluzione civile ricorda al segretario che «siamo di fronte ad un inganno. Il Pd non si è mai opposto all'acquisto vergognoso dei cacciabombardieri F35, votando persino contro un ordine del giorno che ne chiedeva l'eliminazione». Anche Beppe Grillo, che alle elezioni gioca da solo e del taglio degli F35 ha fatto un cavallo di battaglia, attacca i democratici: «Ora lo dicono tutti ma la legge per comprare i bombardieri l'hanno votata loro».

Il Pd naturalmente replica, ma nel partito non mancano le voci dissonanti. Una nota dell'Ufficio stampa dice a Grillo che «così semina solo molta confusione. Ribadiamo che il Pd non ha mai dato il proprio assenso a alcun atto per l'acquisto degli F35». A Ingroia, risponde invece la deputata Rosa Calipari. «Ma perché sta attaccando il Pd sugli F35? - chiede la parlamentare - Voleva l'esclusiva sull'argomento? Bersani ha posto un problema con forza e autorevolezza, esprimendo una posizione molto chiara: "la nostra priorità è il lavoro non i caccia"».

Un'altra deputata del Pd, Federica Mogherina, segretario della commissione Difesa, dice che «sugli F35 Bersani non ha fatto altro che rafforzare la posizione che il Pd ha tenuto in questi anni in Parlamento».

Ma un altro democratico come l'ex ministro della Difesa Arturo Parisi dice al segretario: «Ho idea che non l'abbiano informato bene; sarebbe più semplice dire che chiudiamo l'Aeronautica militare e che per quanto riguarda la difesa aerea ci mettiamo nelle mani dei francesi». E Giovanni Lorenzo Forcieri, sottosegretario alla Difesa nel secondo governo Prodi che firmò il programma di pre-industrializzazione dei caccia, dice che «il progetto resta sempre valido».

Forcieri, però, dice che Bersani ha posto solo il problema di un taglio del numero. Alla fine Ingroia prende atto delle voci diverse e commenta: «Il Pd deve uscire da queste contraddizioni. In quel caso, noi saremo pronti ad approvare leggi insieme nel nuovo Parlamento».

 

CACCIA F35LOGO LOCKHEED jpegANTONIO INGROIA CON IL SIMBOLO DELLA SUA LISTA PIERLUIGI BERSANIBEPPE GRILLO STRABUZZA GLI OCCHIhbe67 rosa calipariArturo Parisi - Copyright PIzzi

Ultimi Dagoreport

spionaggio paragon spyware giorgia meloni fazzolari mantovano giorgetti orcel francesco gaetano caltagirone flavio cattaneo

DAGOREPORT - E TRE! DALLO SPIONAGGIO DI ATTIVISTI E DI GIORNALISTI, SIAMO PASSATI A TRE PROTAGONISTI DEL MONDO DEGLI AFFARI E DELLA FINANZA: CALTAGIRONE, ORCEL, CATTANEO - SE “STAMPA” E “REPUBBLICA” NON LI FANNO SMETTERE, VEDRETE CHE OGNI MATTINA SBUCHERÀ UN NUOVO E CLAMOROSO NOME AVVISATO DI AVERE UN BEL SPYWARE NEL TELEFONINO - COME NEL CASO DEGLI ACCESSI ABUSIVI ALLA PROCURA ANTIMAFIA (FINITI IN CHISSÀ QUALCHE SCANTINATO), I MANDANTI DELLO SPIONAGGIO NON POSSONO ESSERE TROPPO LONTANI DALL’AREA DEL SISTEMA DEL POTERE, IN QUANTO PARAGON FORNISCE I SUOI SERVIZI DI SPYWARE SOLO AD AUTORITÀ ISTITUZIONALI - A QUESTO PUNTO, IL CASO È CORNUTO: O SI SONO TUTTI SPIATI DA SOLI OPPURE IL GOVERNO MELONI DEVE CHIARIRE IN PARLAMENTO SE CI SONO APPARATI “FUORILEGGE”. PERCHÉ QUANDO IL POTERE ENTRA NEI CELLULARI DEI CITTADINI, NON C’È PIÙ DEMOCRAZIA…

matteo salvini roberto vannacci giorgia meloni massimiliano fedriga luca zaia

DAGOREPORT – GIORGIA MELONI HA GLI OCCHI PUNTATI SULLA TOSCANA! NELLA REGIONE ROSSA SARÀ CONFERMATO EUGENIO GIANI, MA ALLA DUCETTA INTERESSA SOLO REGISTRARE IL RISULTATO DELLA LEGA VANNACCIZZATA – SE IL GENERALE, CHE HA RIEMPITO LE LISTE DI SUOI FEDELISSIMI E SI È SPESO IN PRIMA PERSONA, OTTENESSE UN RISULTATO IMPORTANTE, LA SUA PRESA SULLA LEGA SAREBBE DEFINITIVA CON RIPERCUSSIONI SULLA COALIZIONE DI GOVERNO – INOLTRE ZAIA-FEDRIGA-FONTANA SONO PRONTI A UNA “SCISSIONE CONTROLLATA” DEL CARROCCIO, CREANDO DUE PARTITI FEDERATI SUL MODELLO DELLA CDU/CSU TEDESCA - PER LA MELONI SAREBBE UNA BELLA GATTA DA PELARE: SALVINI E VANNACCI POTREBBERO RUBARLE VOTI A DESTRA, E I GOVERNATORI IMPEDIRLE LA PRESA DI POTERE AL NORD...

matteo salvini luca zaia giorgia meloni orazio schillaci

FLASH! – L’”HUFFPOST” RIPORTA CHE SALVINI VUOL CONVINCERE LUCA ZAIA A PORTARE IL SUO 40% DI VOTI IN VENETO MA SENZA CHE IL SUO NOME BRILLI SUL SIMBOLO – PER ACCETTARE IL CANDIDATO LEGHISTA STEFANI, LA MELONA INSAZIABILE, PAUROSA CHE L’EX GOVERNATORE VENETO PORTI VIA TROPPI VOTI A FDI, L’HA POSTO COME CONDIZIONE A SALVINI – PER FAR INGOIARE IL ROSPONE, OCCORRE PERÒ CHE ZAIA OTTENGA UN INCARICO DI PESO NEL GOVERNO. IL MAGGIORE INDIZIATO A LASCIARGLI LA POLTRONA SAREBBE ORAZIO SCHILLACI, MINISTRO TECNICO IN QUOTA FDI, ENTRATO IN COLLISIONE CON I TANTI NO-VAX DELLA FIAMMA - AVVISATE QUEI GENI DI PALAZZO CHIGI CHE ZAIA SUI VACCINI LA PENSA ESATTAMENTE COME SCHILLACI…

monique veaute

NO-CAFONAL! – ARCO DI TRIONFO PER MONIQUE VEAUTE, QUELLA VISPA RAGAZZA FRANCESE CHE NEL 1984 GIUNSE A ROMA PER LAVORARE ALL’ACCADEMIA DI FRANCIA DI VILLA MEDICI - DA ABILISSIMA CATALIZZATRICE DI GENIALI E VISIONARIE REALTÀ ARTISTICHE INTERNAZIONALI, DETTE VITA A UN FESTIVAL CHE SCOSSE LO STATO DI INERZIA E DI AFASIA CULTURALE IN CUI ERA PIOMBATA ROMA DOPO L’ERA DI RENATO NICOLINI – L'ONORIFICENZA DI ''COMMANDEUR DE L'ORDRE DES ARTS ET DES LETTRES'' NON POTEVA NON ESSERE CONSEGNATA DALL’AMBASCIATORE FRANCESE SE NON A VILLA MEDICI, DOVE 40 ANNI FA TUTTO È NATO….

de luca manfredi schlein tafazzi conte landini silvia salis

DAGOREPORT - LA MINORANZA DEL PD SCALDA I MOTORI PER LA RESA DEI CONTI FINALE CON ELLY SCHLEIN. L’ASSALTO ALLA GRUPPETTARA (“NON HA CARISMA, CON LEI SI PERDE DI SICURO”), CHE HA TRASFORMATO IL PD DA PARTITO RIFORMISTA IN UN INCROCIO TRA UN CENTRO SOCIALE E UN MEETUP GRILLINO – NONOSTANTE LA SONORA SCONFITTA SUBITA NELLE MARCHE E IL FLOP CLAMOROSO IN CALABRIA, LA SEGRETARIA CON TRE PASSAPORTI E UNA FIDANZATA RESISTE: TRINCERATA AL NAZARENO CON I SUOI FEDELISSIMI QUATTRO GATTI, NEL CASO CHE VADA IN PORTO LA RIFORMA ELETTORALE DELLA DUCETTA, AVREBBE SIGLATO UN ACCORDO CON LA CGIL DI “MASANIELLO” LANDINI, PER MOBILITARE I PENSIONATI DEL SINDACATO PER LE PRIMARIE – IL SILENZIO DEI ELLY ALLE SPARATE DI FRANCESCA ALBANESE - I NOMI DEL DOPO-SCHLEIN SONO SEMPRE I SOLITI, GAETANO MANFREDI E SILVIA SALIS. ENTRAMBI INADEGUATI A NEUTRALIZZARE L’ABILITÀ COMUNICATIVA DI GIORGIA MELONI – ALLARME ROSSO IN CAMPANIA: SE DE LUCA NON OTTIENE I NOMI DEI SUOI FEDELISSIMI IN LISTA, FICO RISCHIA DI ANDARE A SBATTERE…