grasso renzi

L’INUTILE BALLETTO DEL SENATO – GRASSO MANDA AI MATTI RENZI SUGLI EMENDAMENTI E FA ASSE CON MATTARELLA – CHITI, FORMIGONI E CALDEROLI PREPARANO TRAPPOLE SPARSE E IL PREMIER CAZZARO MINACCIA IL VOTO ANTICIPATO – MA LE ELEZIONI LE VUOLE SOLO GRILLO (E NON LE AVRÀ)

1. SFRANTUMARE LE PALLE AGLI ITALIANI PER NULLA

Dagonota

piero grasso con moglie inaugurazione anno scolastico 2013piero grasso con moglie inaugurazione anno scolastico 2013

 

Tra le scuole che riaprono e il lavoro che non si trova, nelle famiglie italiane ovviamente non si parla d’altro: l’elettività del Senato, gli emendamenti di Chiti, gli agguati di Calderoli, gli spasmi della Boschi e le minaccette di Quagliariello.

 

Milioni di compatrioti si stanno spaccando la testa, al pari di Pietro Grasso, sull’emendabilità dell’articolo 2 del dl Boschi e sulle questioni tecniche che presiedono all’approvazione della riforma senza l’obbligo di un ulteriore passaggio alla Camera. E ogni giorno i cronisti di Palazzo li informano con maniacale perizia sugli spostamenti anche minimi dei vari senatori.

 

Ma volendo molto semplificare qui si tratta solo di capire se il tandem Mattarella-Grasso ha per caso intenzione di lasciare che Renzi, che al momento non ha i numeri in Senato, si schianti e perda la guida di Palazzo Chigi. E se magari sia proprio Grasso la “soluzione istituzionale” per il dopo-Renzi.

 

Di elezioni anticipate infatti non si parla seriamente. E alla fine si può tranquillamente scommettere che la riforma tanto cara al governo in qualche modo passerà. Non molto gloriosamente, ma passerà. Del resto al voto ci vuole andare soltanto Grillo. A tutti gli altri conviene aspettare il 2018 per organizzarsi meglio, a cominciare dalle minoranze piddine o dagli stessi alfaniani che lamentano mal di pancia sulle riforme ma che oggi, alle urne, rischierebbero l’estinzione.

LAURA BOLDRINI PIERO GRASSO
LAURA BOLDRINI PIERO GRASSO

 

E poi c’è Forza Italia, la vera alleata di Renzi in questa fase. Silvio Berlusconi si è convinto che dopo Silvio Berlusconi c’è solo Silvio Berlusconi, ma per candidarsi deve aspettare la riabilitazione, che non arriverà prima del 2018. E poi c’è anche il partito Mediaset, con buona pace di Renato Brunetta, a predicare prudenza. Insomma, forse non è il caso di scervellarsi sull’accoglibilità degli emendamenti. Il Paese può continuare a fregarsene bellamente e a pensare a guadagnarsi la pagnotta.    

silvio berlusconisilvio berlusconi

 

 

2. RENZI SFIDA GRASSO: RIAPRIRE LA RIFORMA? È UN PROBLEMA SUO

Ugo Magri per “La Stampa

 

Nubi tempestose si addensano sul presidente del Senato, Grasso. Da lui Renzi vuole sapere come si regolerà sulla riforma costituzionale, se permetterà o meno che venga modificata in aula. Chiaramente il premier terrebbe la legge così com’è perché teme che i senatori gliela riscriverebbero tutta. Però la parola finale non spetta a Renzi. La decisione è di Grasso. Il quale svicola. Si nasconde dietro quello che al premier sembra un dito: l’impossibilità di esprimersi fino a quando non saranno esaminati tutti gli emendamenti, cioè all’ultimo istante...

 

Alcune vivaci discussioni con Zanda, capogruppo Pd in Senato, non gli hanno fatto cambiare idea. Renzi comincia a perdere la pazienza. «Certo che decide il presidente Grasso», ha sbuffato ieri sera ospite de La7, aggiungendo polemico: «Come si possa cambiare idea per la terza volta», dopo le due precedenti letture a Palazzo Madama e alla Camera, «è un problema che riguarda il presidente del Senato». Se tutto rischia di andare a monte la colpa è sua... Difficile che il premier non abbia manifestato i suoi umori al Colle, dove si è recato ieri.
 

Pranzo riservato

GRASSO RENZI IL FOGLIOGRASSO RENZI IL FOGLIO

Che Renzi sia stato da Mattarella, lo si è appreso per caso. Il Quirinale ha confermato, correttamente, quando chissà come la notizia era già filtrata. Si è parlato di tutto un po’, come è normale che avvenga alla ripresa politica d’autunno. Dunque di immigrazione, del viaggio importante che Mattarella farà domani a Vienna (epicentro delle tensioni sui profughi), di legge finanziaria. Difficile che presidente e premier non abbiano fatto nemmeno un cenno al braccio di ferro in Senato.

 

Ma cosa si siano detti, possono saperlo soltanto loro in quanto a tavola non c’erano altri. Al massimo si può intuire la preoccupazione, molto diffusa nelle alte sfere, che il buio procedurale possa sprofondare la politica nel caos. Perché fino a quando non si conoscerà l’orientamento di Grasso, almeno l’intenzione di massima, perfino i negoziati faticheranno a decollare come si è visto nella terza riunione tra maggioranza e minoranza Pd: tanta la volontà, magri i risultati.
 

Trappole sparse

ROBERTO CALDEROLI ROBERTO CALDEROLI

I nemici della riforma sono pronti a tutto. Casomai Grasso dovesse inchinarsi a Renzi, e vietare modifiche all’articolo 2, loro hanno in mente un paio di trabocchetti. Il primo è stata discusso in un seminario a porte chiuse tra Chiti, Calderoli e Formigoni: chiedere il voto segreto sull’articolo 1 sui poteri al Senato. Un modo per cambiare il senso dell’intera riforma.

 

L’altra mossa di cui si parla consiste nel bocciare integralmente l’articolo 2 se Renzi in cambio non concederà una riforma della riforma elettorale («Non cambio l’Italicum», ribadiva il premier ieri). Non è solo Quagliariello a minacciarlo. Calcoli attendibili portano a oltre 20 i senatori centristi disposti al tutto per tutto. Tanti davvero.

DALEMA FESTA UNITADALEMA FESTA UNITA


L’ira di «Baffino»
Accusato dal giro renziano di soffiare sul fuoco di una scissione, D’Alema reagisce smentendo e contrattaccando: «Comprendo l’origine di queste notizie infondate leggendo che è opinione del presidente del Consiglio che io prepari la scissione o, meglio, che il presidente del Consiglio desidera che ciò venga scritto ancorché non sia vero». In pratica l’ex premier accusa il successore di spargere la frottola in modo che qualcuno ci caschi. Renzi replica sarcastico: «D’Alema? Ecco un tema che interessa agli italiani...». Ma gli dà una buona notizia, promettendo in tivù che, fatti due mandati, poi si ritirerà. Conti alla mano, nel 2028.

 

3. IL PIANO B DEL PREMIER “TRATTO FINO ALLA FINE MA SE VADO SOTTO SI VOTA”

Francesco Bei per “la Repubblica

 

 maria elena boschi 55fa164.0 maria elena boschi 55fa164.0

Il collo d’imbuto è arrivato e Renzi non cambia idea. «Sono disponibile a trattare su tutto - ha ribadito ieri ai collaboratori - tranne tornare indietro e ricominciare daccapo». È stato questo anche il senso del ragionamento che il premier ha illustrato a colazione al capo dello Stato, nel primo incontro dopo le vacanze. Un giro d’orizzonte sui temi internazionali e sulla legge di Stabilità che, inevitabilmente, è arrivato al nodo cruciale della riforma costituzionale. E Renzi si è mostrato inflessibile solo su un punto: in caso di sconfitta parlamentare sull’articolo 2, il premier si dimetterà. E il segretario del Pd a quel punto riterrà esaurita la legislatura. Nel rispetto dei ruoli, ma il Pd non appoggerà un altro governo in questa legislatura.

 

MARIA ELENA BOSCHI E RENZIMARIA ELENA BOSCHI E RENZI

È questa la principale debolezza ma anche la forza di Renzi. Consapevole dei rischi che corre a palazzo Madama, sa anche che l’unica speranza di sfangarla è tenere fermo il principio che, se qualcuno pensa di far saltare il governo, deve sapere che dopo ci saranno soltanto le elezioni. Con il proporzionale certo, ma con soglie di sbarramento alte e la sinistra del partito che sarà accusata in campagna elettorale di aver giocato allo sfascio «per un puntiglio incomprensibile ai nostri elettori».

 

RENZI E BOSCHI RENZI E BOSCHI

Ieri infatti al tavolo istituzionale messo in piedi tra i gruppi del Pd di Camera e Senato, a cui partecipano anche esponenti delle minoranze, è venuto fuori quello che nei giorni scorsi era ormai apparso evidente: le posizioni di merito sono vicinissime. A stilare l’elenco delle modifiche su cui l’intesa è possibile è il sottosegretario Luciano Pizzetti: «Sull’articolo 1 e sulle ulteriori funzioni da attribuire al Senato c’è condivisione; sul fatto che il Senato possa eleggere due giudici della Corte costituzionale c’è accordo, come sul fatto che i cittadini concorrano alla definizione dei senatori». Il dissenso resta dunque “limitato” a un solo punto, ovvero dove piazzare la norma che stabilisce l’indicazione da parte dei cittadini dei consiglieri regionali che andranno a palazzo Madama.

 

Anna Finocchiaro Anna Finocchiaro

La minoranza pretende che il comma sia inserito all’articolo 2. La relatrice Finocchiaro ha proposto due “scaffali” alternativi, gli articoli 10 o 35. Franco Bassanini e alcuni costituzionalisti del centro studi Astrid suggeriscono il numero 35, sempre «senza toccare l’articolo 2». Apparentemente una questione da azzeccagarbugli, eppure è proprio su questa che potrebbe saltare la legislatura. Che il momento sia delicatissimo lo confermano le parole degli interessati, consapevoli di maneggiare una materia altamente infiammabile.

 

Così persino Doris Lo Moro, una delle più toste tra gli esponenti della minoranza, dopo la riunione di ieri si dice «fiduciosa» su un’intesa possibile. E il capogruppo Luigi Zanda parla di un «clima buono». I “governativi” hanno anche incassato un’altra disponibilità importante, quella sul calendario. La minoranza infatti concorda sul fatto che la riforma debba essere approvata entro metà ottobre, lasciando così spazio alla sessione di bilancio.

 

GIORGIO TONINI GIORGIO TONINI

Ma nessuno si nasconde che in realtà, sul punto contestato, l’articolo 2, non si è fatto un solo passo avanti. Ognuno è rimasto sulle sue posizioni, nessuno cede. Tanto più che l’ex segretario dem Bersani rpete ai suoi fedelissimi: «O cambia la norma sulla elettività, o l’accordo non si fa». Intanto a palazzo Chigi si è acceso un faro sull’Ncd, la cui situazione interna viene valutata in rapido deterioramento. Con Maurizio Lupi che invoca un ritorno nel centrodestra alle amministrative di Milano, mentre il ministro Lorenzin sposa l’alleanza con il Pd. I conti del sottosegretario Luca Lotti vanno continuamente aggiornati.

 

Nonostante la fronda interna del nuovo centrodestra, al momento i voti contrari degli alfaniani si fermerebbero a 3-4. In compenso, è la convinzione degli uomini di Renzi, «alla fine la minoranza Pd si dividerà in tre».

 

In ogni caso, se anche la maggioranza dovesse essere inferiore a quota 161, per il premier «non ci saranno problemi». Il governo andrà avanti. Solo nel caso la riforma venisse stravolta da un emendamento sull’elettività dei senatori Renzi si dimetterebbe: «Se pensano che sia disponibile a un bis dopo che mi hanno mandato sotto si sbagliano di grosso. Non resto a bagnomaria come chi mi ha preceduto ».

 

pierluigi bersanipierluigi bersani

Se infatti Renzi accettasse di essere rimandato alle Camere per chiedere di nuovo la fiducia, si trasformerebbe in un ostaggio nelle mani della minoranza. Dovendo contrattare su ogni punto con avversari che avrebbero già dimostrato di poterlo sconfiggere. Una condizione inaccettabile per un uomo che fin qui ha affrontato ogni curva sempre a gas aperto.

 

Ultimi Dagoreport

francesco saverio garofani sergio mattarella giorgia meloni maurizio belpietro

DAGOREPORT - MA QUALE “COMPLOTTO DEL QUIRINALE CONTRO GIORGIA MELONI”! DIETRO ALLA DIFFUSIONE DELLE PAROLE DI FRANCESCO SAVERIO GAROFANI ALLA “VERITÀ” DI BELPIETRO C'E' UNA “GOLA PROFONDA” UN PO’ PASTICCIONA, CHE SI E' FATTA SGAMARE IN MEZZA GIORNATA - DAGOSPIA È IN GRADO DI AGGIUNGERE ALCUNI DETTAGLI SULLA CENA DI GIOVEDÌ 13 NOVEMBRE ALLA TERRAZZA BORROMINI. A TAVOLA C’ERANO SEDICI PERSONE: OLTRE ALL’ORGANIZZATORE, LUCA DI BARTOLOMEI E A FRANCESCO GAROFANI, C’ERANO MANAGER, CONSULENTI, UN AD DI UNA BANCA, DUE CRONISTI SPORTIVI E…UN GIORNALISTA CHE IN PASSATO HA LAVORATO IN UN QUOTIDIANO DI DESTRA, GIA' DIRETTO DA BELPIETRO. SARÀ UN CASO CHE LA MAIL A FIRMA “MARIO ROSSI”, DA CUI È NATO LO “SCANDALO”, SIA STATA INVIATA ANCHE AL MELONIANO "IL GIORNALE" (CHE PERO' L'HA IGNORATA)? - IL CONTESTO ERA CONVIVIALE, SI PARLAVA DI CALCIO E DEL PD, MA GAROFANI NON HA MAI PRONUNCIATO LA PAROLA “SCOSSONE”, CHE INFATTI NELLA MAIL ORIGINALE NON C’È - L’AUDIO? ANCHE SE CI FOSSE, BELPIETRO NON POTREBBE PUBBLICARLO PERCHÉ SAREBBE STATO CARPITO ILLEGALMENTE...

maurizio belpietro giorgia meloni la verita

DAGOREPORT - IL GIOCO DI PRESTIGIO DI MAURIZIO BELPIETRO: LO "SCOOP" SUL PRESUNTO “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È BASATO SULLE PAROLE “PROVVIDENZIALE SCOSSONE”, CHE IL CONSIGLIERE DEL COLLE, FRANCESCO SAVERIO GAROFANI, AVREBBE PRONUNCIATO ALLA CENA DOPO L’EVENTO IN RICORDO DI AGOSTINO DI BARTOLOMEI. MA NELLA MAIL ANONIMA CHE SEGNALA LA VICENDA A "LA VERITA'" QUELLE DUE PAROLE NON SONO VIRGOLETTATE: SEMBRANO ESSERE UN RAGIONAMENTO DELL’AUTORE, IL MISTERIOSO "MARIO ROSSI" – “LINKIESTA”: “PER CAPIRE COSA PENSI MELONI BISOGNA LEGGERE ‘LA VERITÀ’, ESATTAMENTE COME PER CAPIRE COSA PENSI GIUSEPPE CONTE BISOGNA LEGGERE ‘IL FATTO’. QUANTI SI BEVONO OGGI LA FAVOLA DELLA SVOLTA ATLANTISTA ED EUROPEISTA DI MELONI, FAREBBERO BENE A LEGGERE ‘LA VERITÀ’, SMACCATAMENTE FILO-PUTINIANO, NO VAX E NO EURO. LA VERITÀ DEL GOVERNO MELONI STA LÌ”

tommaso cerno antonio giampaolo angelucci alessandro sallusti il giornale

FLASH! – COME PREVISTO, ANTONIO E GIAMPAOLO ANGELUCCI HANNO DECISO CHE, A PARTIRE DAL PRIMO DICEMBRE, AVVERRÀ IL CAMBIO DI DIREZIONE DE “IL GIORNALE” CON L’ARRIVO DI TOMMASO CERNO CHE, A SUA VOLTA, VERRÀ RIMPIAZZATO A “IL TEMPO” DA DANIELE CAPEZZONE – MALGRADO LA PROPOSTA DI ANDARE ALLA DIREZIONE EDITORIALE DE “IL GIORNALE”, AL POSTO DI VITTORIO FELTRI, CHE PASSEREBBE A QUELLA DI “LIBERO”, ALESSANDRO SALLUSTI NON L’HA PRESA BENE: IL BIOGRAFO DI GIORGIA MELONI LO CONSIDERA UNA DIMINUTIO PER IL SUO PRESTIGIO E MIREREBBE A DARE VITA A UN PROGETTO MEDIATICO CON NICOLA PORRO…

maurizio belpietro giorgia meloni francesco saverio garofani

A CIASCUNO LA SUA “VERITÀ” - L’ARTICOLO PUBBLICATO DAL QUOTIDIANO DI BELPIETRO SUL "PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È PRATICAMENTE IDENTICO ALLA MAIL RICEVUTA DA MOLTI ALTRI QUOTIDIANI, DA UN ANONIMO CHE SI FIRMAVA "MARIO ROSSI", CHE HANNO DECISO DI IGNORARE LA VICENDA PERCHÉ NON VERIFICABILE - PERCHE' BELPIETRO HA DECISO DI DARE SPAZIO E RISALTO A UNA STORIA COSI' AMBIGUA? HA IN MANO ANCHE UN AUDIO O CI SONO ALTRE RAGIONI? DI CERTO, L'EX ALLIEVO DI VITTORIO FELTRI È UN PO' IN DIFFICOLTÀ: LE COPIE VENDUTE DAL SUO GIORNALE CALANO E "LA VERITÀ" STA DIVENTANDO POST-VERITÀ, CON LO SPAZIO CONCESSO A COMPLOTTISTI, NO VAX E PUTINIANI - FORSE CREARE UN PO’ DI CACIARA CON IL GAROFANI-GATE SERVE A RIPORTARE IL QUOTIDIANO SOTTO I RIFLETTORI - DI SICURO HA FATTO UN FAVORE A GIORGIA MELONI. DEL RESTO, FU LEI NEL 2023 A OPPORSI ALLA VENDITA DEL GIORNALE AD ANGELUCCI, E A TROVARE IN FEDERICO VECCHIONI, AD DI "BONIFICHE FERRARESI" E CARO A LOLLOBRIGIDA, IL "SALVATORE" PRONTO A RILEVARE IL 25% DELLA SOCIETA' EDITRICE BY BELPIETRO - DA ALLORA FIOCCANO INSERZIONI DELLE PARTECIPATE E PEZZI PRO-GIORGIA...

matteo salvini giorgia meloni donald trump vladimir putin sergio mattarella

DAGOREPORT - COME MAI GLI ARTICOLI DELLA “VERITÀ” SUL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” ARRIVANO IL GIORNO DOPO LA RIUNIONE DEL CONSIGLIO SUPREMO DI DIFESA, DI CUI GAROFANI È SEGRETARIO, IN CUI SI È RIBADITA LA LINEA DI “PIENO SOSTEGNO ITALIANO ALL’UCRAINA”? - LA LINEA PRO-KIEV DI GIORGIA MELONI SI E' AFFIEVOLITA DA TEMPO (HA MESSO IN “PAUSA” L'ADESIONE DELL'ITALIA AL PIANO PURL PER LE ARMI USA A KIEV) E SALVINI E' IL SOLITO "FIGLIO DI PUTIN" CHE SI OPPONE A OGNI SOSTEGNO A ZELENSKY - NON SOLO: MATTARELLA, ORMAI DA ANNI, INFIOCINA I SOVRANISMI DI MEZZO MONDO, HA PIU' VOLTE CRITICATO TRUMP, PUTIN, ORBAN, NETANYAHU E AFD (GUARDA CASO TUTTI AMICI DI MELONI E SALVINI) - SE L'AUDIO DI GAROFANI ESISTE, E CERTIFICA UN "COMPLOTTO" E NON UN SEMPLICE RAGIONAMENTO POLITICO, PERCHÉ BELPIETRO NON LO PUBBLICA? IL COLLOQUIO DELL'EX DEPUTATO DEL PD È STATO CARPITO AL RISTORANTE IN UNA "CHIACCHERATA TRA AMICI". SE ESISTE L'AUDIO, CHI LO HA REGISTRATO? UN AMICO? UN PRIVATO CITTADINO CHE HA RICONOSCIUTO GAROFANI, NONOSTANTE FOSSE UN VOLTO POCO NOTO? O IL CONSIGLIERE DI MATTARELLA ERA "ATTENZIONATO"? DA CHI?