IL LEGHISTA COI MARONI - LA STORIA DI BOBO, IL MUSICISTA ROCK FALLITO DI VARESE CHE SI È RITROVATO MINISTRO - LITIGAVA SPESSO CON BOSSI, CHE NE HA SEMPRE RICONOSCIUTO I MERITI MA CHE FORSE PREVEDEVA SAREBBE DIVENTATA LA SUA SPINA NEL FIANCO - IL SUO PIÙ GRANDE RIMPIANTO: NON AVER AIUTATO L’AMICO MARCO BIAGI CHE CHIEDEVA PER SÉ UNA MAGGIORE PROTEZIONE - LA SUA SEGRETA (MA NEANCHE TANTO) ASPIRAZIONE? IL QUIRINALE…

Dal libro in uscita "I barbari sognanti" di Elena G. Polidori e Davide Vecchi - da "il Fatto quotidiano"

"E vedrai quando sarò presidente della Repubblica". Era il 1994, il neodeputato Roberto Maroni da Varese, musicista di poche speranze e avvocato dal certo futuro nella provincia insubre, era da poco approdato a Montecitorio dove, grazie all'uragano Mani Pulite, si era seduto sulla poltrona di ministro dell'Interno (il primo non democristiano dalla nascita della Repubblica) e vicepresidente del Consiglio dei Ministri del primo governo Berlusconi.

Casacche indossate da appena otto mesi, ma a sufficienza per far intravedere a Bobo una prateria di conquista nei Palazzi e fargli meritare la prima biografia: Maroni, l'arciere, scritta dal suo compagno del liceo Cairoli di Varese, Carlo Zanzi. Per ringraziare l'amico della fatica letteraria, vergò sulla sua copia una dedica che, all'epoca, non poteva che sembrare una battuta umoristica: insediarsi al Colle. Ma Bobo, come lo chiamano gli amici, non è tipo da sognare a occhi aperti. Tant'è che sedici anni dopo l'obiettivo è sempre quello, il Quirinale. (...)

SOGNO QUIRINALE
Siamo nel 2010. Bobo è di nuovo a capo del Viminale, di nuovo in un governo guidato da Silvio Berlusconi. A novembre partecipa alla trasmissione di Raitre Vieni via con me (...) Prima di entrare nello studio si ferma a parlare con Loris Mazzetti. Il capostruttura della terza rete, storico braccio destro di Enzo Biagi, quasi se ne stupisce. Una stretta di mano tra i due con rapido scambio di battute: "Dica la verità, lei sta studiando da primo ministro" lo stuzzica Mazzetti.

"Non è affatto vero" sorride Maroni. Mazzetti affonda: "Nella Prima Repubblica tutti quelli che si sono seduti sulla poltrona del Viminale sono poi diventati presidente del Consiglio". Maroni, ormai quasi fuori dall'ufficio, fa un passo indietro, si gira e ribatte serio: "E cinque sono diventati presidenti della Repubblica".

Eccola qui la vera indole dell'uomo. Che parla più che di aspirazioni personali, del traguardo di un percorso professionale. Perché per Maroni la politica è semplicemente un lavoro. (...) Un mestiere incontrato per caso e per caso intrapreso. Anche se il caso ha un nome: si chiama Umberto Bossi. Quello che oggi è indicato come "il nemico" dell'ortodossia e dei suoi sacerdoti in realtà è un compagno di vita del leader da oltre trent'anni. Maroni è l'unico cui il Senatur ha sempre concesso libertà, persino quella di dissenso. (...)

SEMPRE IN LITE
Hanno sempre litigato i due, ma non sono mai arrivati alla rottura definitiva. Sfiorata più volte ma immancabilmente rientrata. Il culmine lo raggiunsero nel 1994: Maroni voleva continuare a sostenere il governo Berlusconi, mentre Bossi era intenzionato a staccare la spina. Il Capo decise per il ribaltone e alzò la voce. "Chi tradisce sarà spazzato via dalla faccia della terra. Sappiamo che c'è stato il mercato delle vacche e un po' di gente ha preso la stecca".

L'accusa era chiaramente rivolta al titolare del Viminale ma al PalaTrussardi di Milano nel febbraio del ‘95 si espresse in modo ancora piu` esplicito: "A Maroni ho scaldato il latte tutte le mattine, ma è il nostro braccio debole e va amputato". Erano mesi difficili, si cominciava a parlare per la prima volta dei maroniani, una decina di arditi decisi a lasciare il partito. La lite rientrò dopo l'annuncio di Maroni: "Non me ne vado". Mentre Bossi nel suo ufficio di Montecitorio gridava: "Quello lo sbatto fuori, lo sbatto fuori".

Ritrovata la serenità, si presentarono al congresso federale straordinario di Milano. E, come sempre, fu Bossi a perdonarlo pubblicamente, ma con un intervento quasi premonitore: "Una Lega bis, caro Roberto, sarebbe solo uno specchietto per le allodole. Purtroppo il coraggio se non lo si ha, non si può acquistare al supermercato". E Umberto lo conosceva bene il suo caro amico Roberto. (...) A quel congresso Maroni fu pesantemente fischiato, quasi linciato.

Lui non se la prese, salì su un aereo e trascorse due settimane alle Maldive. Al suo rientro amici come prima, anche se al fianco del Capo trovò Calderoli. La vendetta di Bossi: offuscarne la stella facendogli credere di non essere piu` il preferito. Ma poi, di fatto, a trattare a Roma mandava sempre e solo Bobo. (...) A differenza di Calderoli, l'eterno aspirante delfino, Maroni non ha nessun obbligo. (...) È l'unico, ad esempio, ad avere un portavoce non interno al partito.

La Lega anche in questo è una sorta di clan: segretarie, assistenti, autisti (...) Si pesca nel partito. Maroni no. Bobo, nominato capogruppo alla Camera, per seguirlo ha scelto Isabella Votino, giovane e piacente ragazza di Montesarchio, paese in provincia di Avellino, ben introdotta negli ambienti romani, già vicina a Gianni Alemanno. (...)

Insieme per quasi dieci anni, oggi Votino è stata assunta al Milan e, ovviamente, Maroni è stato accusato di averla aiutata. Anche qui "fesserie, porcherie" ma certo, in tempo di guerra, si spara ovunque. Ed è il "dolore più grosso", ha confidato Maroni a una cena a Brescia a fine febbraio 2012 dopo un incontro pubblico.

Ad accoglierlo aveva trovato uno striscione fin troppo chiaro: "Ocio Maroni". (...) Nulla di cui pentirsi. Un solo rammarico: non aver potuto evitare l'omicidio di Marco Biagi per mano delle Brigate Rosse. Nel 2001 il giuslavorista, collaboratore di Maroni al Ministero del Lavoro, gli invia una lettera nella quale lamenta una non adeguata protezione. (...)

IL RIMPIANTO DI BIAGI
Una lettera equilibrata, non pressante, scritta a un amico conosciuto nel 1975 in una sala di lettura dell'Istituto giuridico dell'Università di Pisa. Un rapporto di amicizia mai interrotto. Ricevuta la lettera, Maroni sollecita prefetto Giuseppe Romano affinché adotti adeguati provvedimenti, ma non fa in tempo perché Biagi viene ucciso a Bologna la sera del 19 marzo 2002.

"Senza Marco la mia vita sarebbe stata meno sostanziosa, dialogo sempre con Marco nel mio cuore (...) Non ne ha mai parlato volentieri e spesso si commuove quando ricorda quella lettera, un rimpianto, forse, alla base dell'impegno profuso nella lotta alla criminalità di qualsiasi specie. Per resto nessun pentimento.

C'è la delusione di questa guerra fratricida in cui è chiamato dalla base a difendere la "Lega degli onesti". (...) Se sia l'uomo nuovo del nuovo Carroccio non è ancora dato saperlo, ma Maroni è oggi la speranza dei militanti per una seconda vita della Lega che altrimenti rischia di perdersi in mille rivoli e di cadere a pezzi.

Per chi non lo conosce bene è stato solo un buon ministro. Lui si definisce "nell'ordine: musicista, milanista, ministro". Mentre la Cia, in un rapporto interno, lo descrive come un "fan di Bruce Springsteen che suona il sassofono, ha suonato l'organo elettrico in una band di jazz-rock-country a Varese ed è stato membro del gruppo rock della Camera dei Deputati" (...). Ha un'unica fissazione: colleziona elefanti con la proboscide sollevata. Li tiene allineati di sedere, glieli ha regalati quasi tutti Votino. Portano fortuna, dice. (...)

 

MARONI E BOSSIBOSSI E MARONIROBERTO MARONI ISABELLA VOTINO MARONIROBERTO MARONI ISABELLA VOTINO ROBERTO MARONI Marco Biagi

Ultimi Dagoreport

orazio schillaci marcello gemmato paolo bellavite ed eugenio serravalle

DAGOREPORT – I DUE NO-VAX NOMINATI NEL COMITATO TECNICO SUI VACCINI SPACCANO FRATELLI D'ITALIA: MONTA IL PRESSING PER FAR DIMETTERE EUGENIO SERRAVALLE E PAOLO BELLAVITE DALL’ORGANISMO – IN MOLTI RITENGONO CHE IL RESPONSABILE POLITICO DELL’IMPROVVIDA DECISIONE SIA MARCELLO GEMMATO, FARMACISTA E POTENTE SOTTOSEGRETARIO ALLA SALUTE MELONIANO – IL MINISTRO ORAZIO SCHILLACI È FRUSTRATO DAI CONTINUI BLITZ POLITICI CHE LO PONGONO DI FRONTE A DECISIONI GIÀ PRESE: NON CONTA NULLA E TUTTI PRENDONO DECISIONI SULLA SUA TESTA. ORA SAREBBE INTENZIONATO A REVOCARE L’INTERO GRUPPO DI LAVORO SE I NO-VAX NON SLOGGIANO. ENTRO 48 ORE…

trump zelensky putin donald volodymyr vladimir

DAGOREPORT – ARMATI DI RIGHELLO, GLI SHERPA DI PUTIN E TRUMP SONO AL LAVORO PER TROVARE L’ACCORDO SULLA SPARTIZIONE DELL’UCRAINA: IL 15 AGOSTO IN ALASKA L’OBIETTIVO DEL TEPPISTA DELLA CASA BIANCA È CONVINCERE PUTIN AD “ACCONTENTARSI”, OLTRE DELLA CRIMEA, DEL DONBASS, RITIRANDOSI PERO' DALLE REGIONI UCRAINE OCCUPATE DALL'ESERCITO RUSSO: KHERSON E ZAPORIZHZHIA (CON LA SUA CENTRALE NUCLEARE) - TRUMP POTREBBE AGGIUNGERE LO STOP ALLE SANZIONI E CHISSÀ CHE ALTRO – PRIMA DI UN INCONTRO PUTIN- ZELENSKY, TRUMP PORTERA' I TERMINI DELLA PACE ALL'ATTENZIONE DEGLI ALLEATI EUROPEI DI KIEV - PER GARANTIRE L'EX COMICO CHE MOSCA NON SGARRERA', MACRON, MERZ E COMPAGNI PROPORRANNO L'INGRESSO DELL'UCRAINA NELL'UNIONE EUROPEA (CHE FA SEMPRE PARTE DELLA NATO) - PER L’ADESIONE UE SERVE L’OK DEI FILO-PUTINIANI ORBAN E FICO (CI PENSERÀ LO ZAR A CONVINCERLI) - UNA VOLTA FIRMATA, DOPO 6 MESI DEVONO ESSERE APERTE LE URNE IN UCRAINA - LA GAFFE: "VENERDI' VEDRO' PUTIN IN RUSSIA...": TRUMP SULLA VIA SENILE DI BIDEN? OPPURE....

antonio decaro michele emiliano roberto fico giuseppe conte elly schlein vincenzo de luca

DAGOREPORT - SCHLEIN E CONTE FANNO CAMPOLARGO (MA SOLO PER LE REGIONALI, PER ORA): DOPO GIANI IN TOSCANA E RICCI NELLE MARCHE, E' FATTA ANCHE PER I 5STELLE ROBERTO FICO IN CAMPANIA E PASQUALE TRIDICO IN CALABRIA (DOVE NON CI SONO CHANCE DI VITTORIA) - L'ULTIMO OSTACOLO RESTA VINCENZO DE LUCA, CHE CHIEDE DI NOMINARE IL FIGLIO, PIERO, SEGRETARIO DEL PD REGIONALE. MA ELLY NON VUOLE FARE LA FIGURA DA PERACOTTARA: FU LEI A COMMISSARIARE IL PARTITO, COME ATTO OSTILE NEI CONFRONTI DEL "CACICCO" DE LUCA, E A FAR FUORI SUO FIGLIO DA VICECAPOGRUPPO ALLA CAMERA - IN PUGLIA, QUEL CROSTONE DI EMILIANO È INDIGESTO A ANTONIO DECARO PER LA VECCHIA STORIELLA DELL'INCONTRO CON LA SORELLA DEL BOSS CAPRIATI, "PADRINO" DI BARI VECCHIA, RACCONTATA DAL GOVERNATORE URBI ET ORBI - VIDEO!

matteo salvini luca zaia alberto stefani luca de carlo

DAGOREPORT - VIA COL VENETO: LISTA ZAIA? E GIORGIA MELONI S'INCAZZA! - SE IMPORRA' IL SUO CANDIDATO, IL FRATELLONE D'ITALIA LUCA DE CARLO, SI RITROVERÀ UN LISTONE "DOGE" CHE PORTEREBBE VIA UN FIUME DI VOTI (E AVREBBE LA MAGGIORANZA DEI SEGGI, COMMISSARIANDO DI FATTO IL GOVERNATORE MELONIANO) - MATTEO SALVINI SPINGE FORTE SUL GIOVANE ALBERTO STEFANI, MA LA DUCETTA NON MOLLA L'OSSO DI CONQUISTARE LA RICCA REGIONE VENETA - IN BARBA AL SUO GROSSO BOTTINO DI CONSENSI, LA FIAMMA NON HA IN TASCA ALCUNA REGIONE DEL NORD (IN LOMBARDIA NON TOCCA PALLA: E' ROBA DI LA RUSSA...)

benjamin netanyahu giorgia meloni matteo salvini

DAGOREPORT – CORRI A CASA IN TUTTA FRETTA, C’È UN CAMALEONTE CHE TI ASPETTA: QUELLA SIGNORINA ALLA FIAMMA CHE VUOLE MANTENERE UN RAPPORTO CON L’EUROPA MA NELLO STESSO TEMPO, TEMENDO DI ESSERE SCAVALCATA A DESTRA DA SALVINI, SBATTE GLI OCCHIONI A TRUMP. LA STESSA CHE IMPLORA LA FINE DELLA TRAGEDIA DI GAZA MA L’ITALIA CONTINUA A FORNIRE ARMI A ISRAELE (SECONDO PAESE DOPO GLI USA DOPO LA DECISIONE DI MERZ DI FERMARE L’INVIO DI ARMI A NETANYAHU) - A UNA DOMANDA SULL'EXPORT MILITARE ITALIANO VERSO ISRAELE, CROSETTO IN PARLAMENTO HA DETTO: "ABBIAMO ADOTTATO UN APPROCCIO CAUTO, EQUILIBRATO E PARTICOLARMENTE RESTRITTIVO". RISULTATO? NESSUNO È PIÙ IN GRADO DI SAPERE CON ESATTEZZA COSA L’ITALIA VENDE O ACQUISTA DA ISRAELE – TRA LA DISCORDANZA DELLE DICHIARAZIONI UFFICIALI E LA TRACCIABILITÀ REALE DELLE FORNITURE BELLICHE A NETANYAHU, C’È DI MEZZO LO SPORT PREFERITO DEL GOVERNO MELONI: IL SALTO TRIPLO DELLA VERITÀ… - VIDEO