marine le pen

GLI EURO-BUROCRATI DI BRUXELLES TREMANO: MARINE LE PEN ALZA I TONI A TRE MESI DALLE PRESIDENZIALI: “CON ME LA FRANCIA USCIRÀ DALL’UE, DALL’EURO E DAL COMANDO NATO” - LA LEADER DEL "FRONT NATIONAL": “TI FANNO CREDERE CHE CON LA MONDIALIZZAZIONE SARAI UN VINCITORE MA IN REALTÀ LORO FANNO FABBRICARE A DEGLI SCHIAVI PRODOTTI DA VENDERE A DEI DISOCCUPATI

MARINE LE PENMARINE LE PEN

1 - LA PROMESSA DI LE PEN ALLA FRANCIA "CON ME FUORI DALLA NATO E DALL' UE "

Leonardo Martinelli per “la Stampa”

 

La sala esultava, gridava la sua rabbia, batteva insistentemente i piedi. Ecco, Marine Le Pen parla all'«uomo della strada», lo chiama proprio così. «Ti fanno credere che con la mondializzazione sarai un winner», lo dice in inglese. «Ma in realtà loro fanno fabbricare a degli schiavi prodotti da vendere a dei disoccupati». La mondializzazione fatta fuori in una manciata di parole: «loro», i cattivi, sono le banche, chi ha gestito finora la Francia e «il sistema europeista tirannico», «l' Unione europea che vuole imporre le sue direttive inefficienti e i suoi milioni di migranti».

MARINE LE PENMARINE LE PEN

 

Con il discorso tenuto ieri a Lione, la leader dell' estrema destra francese, tuonando contro Bruxelles e la mondializzazione a meno di tre mesi dalle presidenziali, si è imposta definitivamente come il Trump europeo.

 

Pure l' assemblea, estremamente reattiva, sembrava la claque di un comizio all' americana. La Le Pen, che il giorno precedente aveva presentato le 144 misure che vuole realizzare, se sarà eletta, ne ha spiegata una parte al suo popolo, con quell' oratoria, che oscilla tra il colto (citazioni di Victor Hugo o del cardinale Richelieu) e il popolare, giocando sui toni del sarcastico e del solenne, senza mai scivolare nel trash: una miscela imparata dal padre, Jean-Marie, che ieri non si è fatto vedere («Non ha espresso la volontà di venire e noi non avevamo bisogno che venisse», ha commentato perfido nei corridoi Florian Philippot, braccio destro della Le Pen).

marine e jean marie le penmarine e jean marie le pen

 

Si è scagliata contro «i due totalitarismi che minacciano le nostre libertà e il nostro Paese: un'ideologia che agisce in nome della finanza mondializzata e un'altra in nome dell' islam radicale». Per reagire ci vuole uno Stato forte, che comunque «non deve essere onnipotente e onnipresente, ma protettore»: quel solito mix di liberismo e protezionismo.

 

Una delle nuove misure principali che vuole introdurre è una tassa generalizzata del 3% su tutte le importazioni, che dovrebbe rendere 15 miliardi all' anno. «Li utilizzeremo - ha specificato - per aumentare i salari e le pensioni inferiori ai 1500 euro netti mensili. In media queste persone ne otterranno così mille in più all' anno».

marion e marine le penmarion e marine le pen

 

Tutto il sistema economico della Le Pen, comunque, ruota intorno all'uscita dall' euro e dall' Unione europea. Vuole negoziarla con Bruxelles per sei mesi dopo la sua elezione. «Alla fine sottoporrò il frutto di quella trattativa a un referendum. Consiglierò, secondo i risultati ottenuti, se dire sì o no, ma sarà il popolo a decidere».

 

LE PEN PHILIPPOTLE PEN PHILIPPOT

Sì, una strategia più cauta rispetto a quando diceva che avrebbe sbattuto la porta e basta. Ma ancora ieri ribadiva: «La mia speranza è che l' euro resti per i francesi solo un brutto ricordo». La Le Pen vuole pure che Parigi abbandoni «il comando militare integrato della Nato». Un altro referendum servirà a riformare la Costituzione. In vista di una maggiore democrazia partecipativa, «potrete chiedere al Parlamento di fare una legge oppure di abrogarne una già adottata, se ci saranno almeno 500 mila persone a chiederlo».

 

La riforma costituzionale servirà anche a introdurre il concetto di «priorità nazionale» nel testo fondamentale: vorrà dire priorità ai francesi per le case popolari e una tassa sui contratti di lavoro dei cittadini stranieri. Alla fine si congratula per la «vittoria del no al referendum voluto da Matteo Renzi»: un riflesso, dice, del popolo contro l'oligarchia».

 

MARINE LE PEN E MATTEO SALVINIMARINE LE PEN E MATTEO SALVINI

Agli inizi del suo discorso la Le Pen aveva esordito così: «Sono la candidata della Francia del popolo contro la destra dei quattrini e la sinistra dei quattrini», aggiungendo che «l' attualità recente porta prove eclatanti di tutto ciò». Una chiara allusione al Penelope-gate che ha travolto Fillon, candidato della destra tradizionale: da quando sono emersi quei sospetti sul pagamento fittizio di lauti stipendi da assistente parlamentare alla moglie di Fillon, la Le Pen è costantemente in testa nei sondaggi. Ma è data sempre perdente al ballottaggio. Non ha ancora vinto la sua battaglia. «In nome del popolo».

 

2 - PERCHÉ NON TREMA SOLTANTO PARIGI

Bernardo Valli per “la Repubblica”

 

FRANCOIS FILLON CON LA MOGLIE PENELOPEFRANCOIS FILLON CON LA MOGLIE PENELOPE

Il progetto di indire un referendum sull'Europa, nel caso il Front National dovesse vincere le presidenziali di primavera, non è nuovo. Se ne è parlato anche dopo la Brexit, accolta con entusiasmo da Marine Le Pen come una battaglia d' avanguardia vinta dai compagni populisti d'Oltremanica.

 

Una battaglia da ripetere in Francia appena se ne presenterà l'occasione. E il fatto nuovo è che il momento per colare a picco la nobile e malandata Unione Europea appare adesso ai populisti del continente più che mai favorevole. L'avvento di Donald Trump ha portato alla Casa Bianca un alleato insperato. Il presidente della super potenza, nonostante le sconcertanti contraddizioni, è considerato dai Le Pen e dai Salvini l'uomo della provvidenza, senz'altro un leader che darà forza all'ondata anti europeista che rischia di abbattersi prima in Olanda, alle elezioni di marzo, e poi soprattutto in Francia.

 

LA FAMIGLIA FILLON  DAVANTI AL LORO CHATEAULA FAMIGLIA FILLON DAVANTI AL LORO CHATEAU

A dar peso alle parole di Marine Le Pen a Lione è anche il caos che regna tra i suoi oppositori della destra democratica e della sinistra ancora al governo per poco più di settanta giorni, fino al doppio voto presidenziale, di aprile e di maggio, e alle legislative che seguiranno. La sinistra riformista appiattita dai cinque anni della presidenza Hollande non arriverà neppure al ballottaggio.

 

Ma la destra democratica che si preparava a entrare nel palazzo dell'Eliseo non versa in migliori condizioni. Il suo campione François Fillon, l'ex primo ministro, esaltato per la compostezza morale dal mondo cattolico conservatore francese, non è sicuro di arrivare al traguardo del voto. Potrebbe essere costretto a dare le dimissioni da candidato, in seguito alle insistenti pressioni del suo stesso partito.

HOLLANDE JUPPEHOLLANDE JUPPE

 

Per quanto coraggioso (intrepido alpinista e appassionato corridore automobilistico) i suoi nervi rischiano di cedere sotto la pioggia di accuse prima dell'appuntamento elettorale. Il milione di euro che è riuscito a distribuire in famiglia, facendo della moglie e dei figli dei collaboratori quando era parlamentare, scandalizza la Francia. Al punto che quasi l'ottanta per cento degli elettori desidererebbero il suo ritiro dalla gara presidenziale.

 

FILLON SARKOZYFILLON SARKOZY

E si è accesa la rissa tra le correnti del partito. Gli uomini di Fillon, sempre meno numerosi, sostengono che egli debba continuare la campagna percorrendo il Paese. Il quale non gli riserva soltanto applausi. Qualche insulto viene gridato sulle piazze. Ma non sono pochi coloro che restano perplessi vedendo sprofondare in uno scandalo (su cui lavorano i giudici) l'uomo dall' aspetto dignitoso che immaginavano già incoronato monarca repubblicano.

 

VALERY GISCARD D'ESTAINGVALERY GISCARD D'ESTAING

La storia non si ripete mai, e tuttavia si assomiglia spesso. Il caso Fillon non è poi tanto eccezionale nella recente storia di Francia. Nel '74, un eroe della Resistenza, Jacques Chaban Delmas, non riuscì a conquistare la presidenza perché scoppiò uno scandalo quando risultò che non era un contribuente rigoroso. Ne approfittò Valéry Giscard d'Estaing che però fu sconfitto sette anni dopo, quando cercò di conquistare un secondo mandato e risultò che aveva ricevuto dei diamanti da Bokassa, un folcloristico leader africano.

 

Non importa che i diamanti non avessero alcun valore. L'accusa funzionò. Di recente, François Hollande non sarebbe mai diventato capo dello Stato se il leader socialista designato di fatto candidato del partito non fosse rimasto vittima della sua ingordigia sessuale. Il caso Fillon appare al momento più grave perché si verifica quando le primarie l'avevano già designato come candidato unico del centrodestra e gli altri aspiranti si erano ritirati in buon ordine.

MACRONMACRON

 

Le correnti avverse a Fillon sono sempre più folte e chiedono ormai apertamente che si ritiri al più presto dalla gara presidenziale. Di queste correnti fanno parte uomini prestigiosi o noti. In particolare Alain Juppé, sindaco di Bordeaux, dato favorito prima della sorprendente ascesa di Fillon; e naturalmente l'eterno Nicolas Sarkozy. Entrambi tuttavia respingono l' idea di sostituire Fillon, nel caso si dimettesse.

 

Senza muovere un dito Marine Le Pen ha visto cadere come birilli quelli che dovevano essere i suoi principali avversari. Prima dello scandalo Fillon poteva creare al ballottaggio, quando la gara presidenziale si svolge tra due candidati, un fronte anti populista abbastanza solido. Adesso ci si chiede chi potrà sostituirlo. Alain Juppé, se pregato e convinto, potrebbe avere quel ruolo.

VALLS MACRONVALLS MACRON

 

Ma non è detto che accetti o che riesca a uscire indenne dalla mischia in corso nel partito (i repubblicani). Tanti altri nomi circolano. Ma spesso non sono famosi nel Paese come gli esclusi. Al primo turno Marine Le Pen dovrebbe raccogliere, stando ai pronostici, tra il 26 e il 27 per cento dei voti. Per contenere il suo risultato al ballottaggio sotto il cinquanta per cento ci vuole un "fronte repubblicano" solido.

 

SARKOZY CARLA BRUNISARKOZY CARLA BRUNI

Ed emerge il nome del giovane Emmanuel Macron, 39 anni, ex stretto consigliere del presidente Hollande all' Eliseo e poi al ministero dell' Economia, prima di diventare il leader di una tendenza progressista in bilico tra destra e sinistra. Macron ha una grande virtù: è un uomo nuovo. Marine Le Pen se lo potrebbe trovare davanti, come l' incarnazione dell' Europa.

Ultimi Dagoreport

francesco saverio garofani sergio mattarella giorgia meloni maurizio belpietro

DAGOREPORT - MA QUALE “COMPLOTTO DEL QUIRINALE CONTRO GIORGIA MELONI”! DIETRO ALLA DIFFUSIONE DELLE PAROLE DI FRANCESCO SAVERIO GAROFANI ALLA “VERITÀ” DI BELPIETRO C'E' UNA “GOLA PROFONDA” UN PO’ PASTICCIONA, CHE SI E' FATTA SGAMARE IN MEZZA GIORNATA - DAGOSPIA È IN GRADO DI AGGIUNGERE ALCUNI DETTAGLI SULLA CENA DI GIOVEDÌ 13 NOVEMBRE ALLA TERRAZZA BORROMINI. A TAVOLA C’ERANO SEDICI PERSONE: OLTRE ALL’ORGANIZZATORE, LUCA DI BARTOLOMEI E A FRANCESCO GAROFANI, C’ERANO MANAGER, CONSULENTI, UN AD DI UNA BANCA, DUE CRONISTI SPORTIVI E…UN GIORNALISTA CHE IN PASSATO HA LAVORATO IN UN QUOTIDIANO DI DESTRA, GIA' DIRETTO DA BELPIETRO. SARÀ UN CASO CHE LA MAIL A FIRMA “MARIO ROSSI”, DA CUI È NATO LO “SCANDALO”, SIA STATA INVIATA ANCHE AL MELONIANO "IL GIORNALE" (CHE PERO' L'HA IGNORATA)? - IL CONTESTO ERA CONVIVIALE, SI PARLAVA DI CALCIO E DEL PD, MA GAROFANI NON HA MAI PRONUNCIATO LA PAROLA “SCOSSONE”, CHE INFATTI NELLA MAIL ORIGINALE NON C’È - L’AUDIO? ANCHE SE CI FOSSE, BELPIETRO NON POTREBBE PUBBLICARLO PERCHÉ SAREBBE STATO CARPITO ILLEGALMENTE...

maurizio belpietro giorgia meloni la verita

DAGOREPORT - IL GIOCO DI PRESTIGIO DI MAURIZIO BELPIETRO: LO "SCOOP" SUL PRESUNTO “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È BASATO SULLE PAROLE “PROVVIDENZIALE SCOSSONE”, CHE IL CONSIGLIERE DEL COLLE, FRANCESCO SAVERIO GAROFANI, AVREBBE PRONUNCIATO ALLA CENA DOPO L’EVENTO IN RICORDO DI AGOSTINO DI BARTOLOMEI. MA NELLA MAIL ANONIMA CHE SEGNALA LA VICENDA A "LA VERITA'" QUELLE DUE PAROLE NON SONO VIRGOLETTATE: SEMBRANO ESSERE UN RAGIONAMENTO DELL’AUTORE, IL MISTERIOSO "MARIO ROSSI" – “LINKIESTA”: “PER CAPIRE COSA PENSI MELONI BISOGNA LEGGERE ‘LA VERITÀ’, ESATTAMENTE COME PER CAPIRE COSA PENSI GIUSEPPE CONTE BISOGNA LEGGERE ‘IL FATTO’. QUANTI SI BEVONO OGGI LA FAVOLA DELLA SVOLTA ATLANTISTA ED EUROPEISTA DI MELONI, FAREBBERO BENE A LEGGERE ‘LA VERITÀ’, SMACCATAMENTE FILO-PUTINIANO, NO VAX E NO EURO. LA VERITÀ DEL GOVERNO MELONI STA LÌ”

tommaso cerno antonio giampaolo angelucci alessandro sallusti il giornale

FLASH! – COME PREVISTO, ANTONIO E GIAMPAOLO ANGELUCCI HANNO DECISO CHE, A PARTIRE DAL PRIMO DICEMBRE, AVVERRÀ IL CAMBIO DI DIREZIONE DE “IL GIORNALE” CON L’ARRIVO DI TOMMASO CERNO CHE, A SUA VOLTA, VERRÀ RIMPIAZZATO A “IL TEMPO” DA DANIELE CAPEZZONE – MALGRADO LA PROPOSTA DI ANDARE ALLA DIREZIONE EDITORIALE DE “IL GIORNALE”, AL POSTO DI VITTORIO FELTRI, CHE PASSEREBBE A QUELLA DI “LIBERO”, ALESSANDRO SALLUSTI NON L’HA PRESA BENE: IL BIOGRAFO DI GIORGIA MELONI LO CONSIDERA UNA DIMINUTIO PER IL SUO PRESTIGIO E MIREREBBE A DARE VITA A UN PROGETTO MEDIATICO CON NICOLA PORRO…

maurizio belpietro giorgia meloni francesco saverio garofani

A CIASCUNO LA SUA “VERITÀ” - L’ARTICOLO PUBBLICATO DAL QUOTIDIANO DI BELPIETRO SUL "PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È PRATICAMENTE IDENTICO ALLA MAIL RICEVUTA DA MOLTI ALTRI QUOTIDIANI, DA UN ANONIMO CHE SI FIRMAVA "MARIO ROSSI", CHE HANNO DECISO DI IGNORARE LA VICENDA PERCHÉ NON VERIFICABILE - PERCHE' BELPIETRO HA DECISO DI DARE SPAZIO E RISALTO A UNA STORIA COSI' AMBIGUA? HA IN MANO ANCHE UN AUDIO O CI SONO ALTRE RAGIONI? DI CERTO, L'EX ALLIEVO DI VITTORIO FELTRI È UN PO' IN DIFFICOLTÀ: LE COPIE VENDUTE DAL SUO GIORNALE CALANO E "LA VERITÀ" STA DIVENTANDO POST-VERITÀ, CON LO SPAZIO CONCESSO A COMPLOTTISTI, NO VAX E PUTINIANI - FORSE CREARE UN PO’ DI CACIARA CON IL GAROFANI-GATE SERVE A RIPORTARE IL QUOTIDIANO SOTTO I RIFLETTORI - DI SICURO HA FATTO UN FAVORE A GIORGIA MELONI. DEL RESTO, FU LEI NEL 2023 A OPPORSI ALLA VENDITA DEL GIORNALE AD ANGELUCCI, E A TROVARE IN FEDERICO VECCHIONI, AD DI "BONIFICHE FERRARESI" E CARO A LOLLOBRIGIDA, IL "SALVATORE" PRONTO A RILEVARE IL 25% DELLA SOCIETA' EDITRICE BY BELPIETRO - DA ALLORA FIOCCANO INSERZIONI DELLE PARTECIPATE E PEZZI PRO-GIORGIA...

matteo salvini giorgia meloni donald trump vladimir putin sergio mattarella

DAGOREPORT - COME MAI GLI ARTICOLI DELLA “VERITÀ” SUL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” ARRIVANO IL GIORNO DOPO LA RIUNIONE DEL CONSIGLIO SUPREMO DI DIFESA, DI CUI GAROFANI È SEGRETARIO, IN CUI SI È RIBADITA LA LINEA DI “PIENO SOSTEGNO ITALIANO ALL’UCRAINA”? - LA LINEA PRO-KIEV DI GIORGIA MELONI SI E' AFFIEVOLITA DA TEMPO (HA MESSO IN “PAUSA” L'ADESIONE DELL'ITALIA AL PIANO PURL PER LE ARMI USA A KIEV) E SALVINI E' IL SOLITO "FIGLIO DI PUTIN" CHE SI OPPONE A OGNI SOSTEGNO A ZELENSKY - NON SOLO: MATTARELLA, ORMAI DA ANNI, INFIOCINA I SOVRANISMI DI MEZZO MONDO, HA PIU' VOLTE CRITICATO TRUMP, PUTIN, ORBAN, NETANYAHU E AFD (GUARDA CASO TUTTI AMICI DI MELONI E SALVINI) - SE L'AUDIO DI GAROFANI ESISTE, E CERTIFICA UN "COMPLOTTO" E NON UN SEMPLICE RAGIONAMENTO POLITICO, PERCHÉ BELPIETRO NON LO PUBBLICA? IL COLLOQUIO DELL'EX DEPUTATO DEL PD È STATO CARPITO AL RISTORANTE IN UNA "CHIACCHERATA TRA AMICI". SE ESISTE L'AUDIO, CHI LO HA REGISTRATO? UN AMICO? UN PRIVATO CITTADINO CHE HA RICONOSCIUTO GAROFANI, NONOSTANTE FOSSE UN VOLTO POCO NOTO? O IL CONSIGLIERE DI MATTARELLA ERA "ATTENZIONATO"? DA CHI?