MOKBEL PARLA! - IL FACCENDIERE ROMANO NEGA DI AVER ORGANIZZATO LA FUGA DI DELL’UTRI ATTRAVERSO UNA ‘SPECTRE’ NEOFASCISTA: “L’AVRÒ VISTO UNA VOLTA. NON SO PERCHÉ IL FRATELLO, GRAN VIVEUR, PARLI DI ME”

Gian Marco Chiocci per "Il Tempo"

«Senta direttore, su questa storia della fuga del senatore (Dell'Utri, ndr) sto leggendo e sentendo cose dell'altro mondo. Mi sono stancato di subire un linciaggio mediatico di simili proporzioni. In tutti questi anni non ho mai parlato con i giornalisti, categoria della quale diffido. Ma stavolta faccio un'eccezione. Mi stia a sentire, vedrà che non se ne pente».

Chi parla è Gennaro Mokbel, il presunto organizzatore della fuga di Marcello Dell'Utri in Libano. Il personaggio è noto per l'inchiesta Telecom-Fastweb dove s'è beccato 15 anni in primo grado, ed oggi è fuori con obbligo di dimora per gravi motivi di salute. Le cronache di questi giorni lo collegano a Dell'Utri, al fratello Alberto e a una «internazionale nera» che avrebbe pianificato la fuga a Beirut. Ma proprio quando partiamo con le domande sulla spectre neofascista, prima sorride, poi sbotta.

«Allora. Al di là di quel che dice il fratello del senatore nell'intercettazione al ristorante, su cui torneremo a breve, ci tengo a precisare quanto ho già detto in tribunale e che non ho avuto mai la fortuna di leggere in alcun resoconto giornalistico: non sono fascista, non lo sono mai stato. Anzi, le mie rare esperienze politiche risalgono al circolo Bakunin via dei Taurini a Roma.

Sfortuna volle che quando venni arrestato una prima volta nel 1980 mi rinchiusero al reparto G9 di Rebibbia, pieno di gente detenuta per reati eversivi ricollegabili alla destra, gente che conoscevo fin da bambino perché abitavamo nello stesso quartiere di piazza Bologna a Roma. Poi i media hanno provato ad etichettarmi come fascista per la mia conoscenza con Antonio D'Inzillo, un esponente nero, lui sì. Ora è chiaro direttore? Può scriverlo che non sono fascista?».

Quindi lei non ha mai fatto politica, giusto?

«No, l'ho fatta a sinistra. Poi dal '96 al '99 ho lavorato con un circolo di Forza Italia, il Città di Roma, e fu in quell'occasione che mi picchiai con Gianni Alemanno».

Scusi?

«Lasciamo perdere, acqua passata».

Andiamo all'attualità, Mokbel. Conosce il senatore Marcello Dell'Utri?

«No, non lo conosco. O meglio, l'ho conosciuto a una mostra, perché entrambi abbiamo una passione per l'arte. Credo fosse nel 2009, lo incontrai in una galleria d'arte di via XX settembre».

E ci ha parlato?

«Quattro battute su un pittore, Clerici, niente più»

Da quanto non lo sente?

«Forse non mi sono spiegato, non l'ho mai sentito direttamente. Provai una volta a contattarlo, attraverso terze persone, per chiedergli se ci dava una mano per il nostro movimento politico, nell'area di centrodestra, che si chiamava Alleanza Federalista. La risposta arrivò dopo qualche settimana, mi dissero, testualmente, che Dell'Utri non voleva avere a che fare "con questo delinquente". Il delinquente in questione sarei io».

Il fratello, Alberto Dell'Utri, non può dire di non conoscerlo.

«E chi lo nega. Il fratello, una sorta di viveur romano, personaggio davvero particolare, si avvicinò ad Alleanza Federalista e lo incontrai a parecchie cene, viveva molto la notte. L'ultima volta, se la memoria non mi inganna, risale all'estate 2013. Tutti sanno, e tutti fanno finta di non sapere, che Alberto col fratello Marcello non c'azzecca nulla. Due mondi lontanissimi. Del mio rapporto con Alberto c'è traccia nell'inchiesta Telekom-Fastweb. Venne intercettato anche lui nel 2008, e lì c'è il riscontro sulla storia dei rapporti finalizzati al solo movimento politico. Se avessimo fatto cose losche pensate che uno con quel cognome noto non sarebbe finito subito sui giornali? E invece niente».

Da alcune intercettazioni ambientali, effettuate nel novembre scorso in una saletta riservata del ristorante Assunta Madre a Roma, Alberto fa riferimento a Gennaro, cioè lei, quale complice per la fuga del fratello all'estero per via dei suoi rapporti con il Libano. In alternativa lei e il senatore sareste fuggiti in Nuova Guinea o Santo Domingo...

«(Risata). Senta direttore, io non conosco l'interlocutore di Alberto Dell'Utri, non sento il fratello del senatore da almeno 5 mesi, in Libano non ho agganci, non ho amici o conoscenti, non ci sono mai stato e pure i miei genitori, che ho letto essere libanesi, sono nati invece Al Cairo e a Porto Said, in Egitto. Eppoi come potrei fuggire all'estero che non ho mai avuto il passaporto? Non l'ho mai avuto, sono rimasto sempre in Italia, tranne un viaggio di nozze in Francia e una gitarella in Spagna da ragazzino. Non conosco nessun funzionario e nessun esponente politico in nessuno di questi tre paesi. Qualcuno mi smentisca, se ne è capace. Eppoi scusi...»

Dica

«Perché sarei dovuto scappare? Da cosa? La condanna è in primo grado, le condizioni di salute mi impongono cure appropriate e quotidiane, qui ho mia moglie malata di sclerosi multipla aggravatasi con la detenzione a causa del processo. Io sono difatto libero, posso muovermi a Roma, ho l'obbligo di dimora fino al 2018, ciò vuol dire che non mi posso allontanare dalla Capitale che è la mia città da cui non mi sono mai mosso per decenni. Perché dovrei scappare con una persona che nemmeno conosco?»

E allora tutta questa storia cos'è?

«E che ne so, io. Non posso interpretare una conversazione fra terze persone. Leggendo i giornali mi domando poi come mai, uno come il senatore Dell'Utri, si dà latitante facendo tutto alla luce del sole: dal passaporto all'aereo, dall'hotel alla carta d'identità fino al telefonino. Uno che scappa, penso, non lascia tracce così evidenti. Ma non mi voglio impicciare, sono cose che non mi riguardano».

E' tutto?

«Per ora sì».

 

 

 

GENNARO MOKBEL Gennaro Mokbelalberto dell utri e la moglie mariapia la malfamarcello dell utri consiglio nazionale forza italia foto lapresse Marcello Dell'UtriMOSCHEA DI BEIRUT RISTORANTE 'ASSUNTA MADRE' IN VIA GIULIA

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