1. NON E’ UN NUOVO 25 APRILE MA SOLO L’8 SETTEMBRE DELLA STAMPA ITALIANA IN “FUGA” DALLA REALTA’ DEL BEL PAESE. COSÌ, BEN PRESTO I GIORNALI SONO STATI ABBANDONATI IN MASSA DAI PROPRI LETTORI SIA PER LA LORO SCARSA CREDIBILITÀ CHE INDIPENDENZA 2. QUANTE MIGLIAIA DI COPIE HANNO PERSO “CORRIERE”, “REPUBBBLICA”, “STAMPA”, INCENSANDO IL NUOVO MESSIA “A PRESCINDERE”, QUEL RIGOR MORTIS CHE ANDAVA CON IL CAPPELLO IN MANO A BRUXELLES A PRENDERE ORDINI DAGLI ALTRI LEADER EUROPEI? 3. IL TUTTO PER (DIS)GRAZIA RICEVUTA DAL QUIRINALE DI BELLA NAPOLI. CHE, TRA “ATTI D’IMPERIO” (NOMINA DI MONTI PRIMA A SENATORE A VITA E POI ALLA GUIDA DEL GOVERNO) E “ATTI MANCATI” (LA SFIDUCIA PARLAMENTARE AL PREMIER DOPO LE SUE DIMISSIONI), DA SETTE ANNI GODE DELL’IMMUNITÀ QUASI ASSOLUTA DA PARTE DEI MEDIA

DAGOANALISI

A proposito di date storiche e di paralleli (emotivi) inimmaginabili con il passato.
Non è un nuovo 25 aprile (elettorale) quello che stiamo vivendo sotto la neve e la pioggia. Il tutto per (dis)grazia ricevuta dal Quirinale. E senza che qualcuno degli osservatori dalla virgola accigliata mettesse bocca sulla data anticipata (e improponibile) del voto, imposta disgraziatamente in pieno inverno da Re Giorgio Napolitano.

Un presidente della Repubblica che, tra "atti d'imperio" (nomina di Monti prima a senatore a vita e poi alla guida del governo) e "atti mancati" (la sfiducia parlamentare al premier dopo le sue dimissioni), da sette anni gode dell'immunità quasi assoluta da parte dei media.

Quanto alla scelta del "suo" miracolato presidente del Consiglio, Bella Napoli è stato ricambiato poi, come si sa, dal tradimento dell'ineffabile Rigor Mortis,un tipino che è riuscito a infinocchiare perfino l'ottuagenario Eu-genio Scalfari con un'intervista presa in giro.

E' solo il G(rillo) Day, dunque, quello stiamo celebrando in queste ore. Forse, in futuro, sarà un giorno altrettanto memorabile da segnare sul calendario della storia. Con l'ex comico genovese che sbarca irridente a Montecitorio col le sue truppe fresche (e volenterose). Non prima, però, di aver intimato (provocatoriamente) agli assediati nel Palazzo di arrendersi.

Al più, per stare alle ricorrenze, stiamo assistendo al caotico 8 settembre della stampa italiana da tempo divisa tra "repubblichini" di destra e "partigiani" di sinistra. Ma soprattutto in "fuga" dalla realtà del Paese. Una Casta di carta (straccia) che dalla "rivoluzione italiana" del '92 (Tangentopoli) in avanti si è illusa di svolgere quel ruolo "di vigilanza attenta e quotidiana" assunto dal Club dei Cordiglieri negli anni del Terrore in Francia.

Ma era impossibile (e ridicolo) soltanto immaginare che Mieli, Mauro, De Bortoli, i Gabibbo alle vongole Stella&Rizzo e compagnia bella potessero svolgere quest'opera (moralizzatrice) di sorveglianza restando al servizio dei ricchi e viziosi sovrani dell'informazione.

Non sgorga davvero acqua pura dalle tipografie dei giornaloni dei Poteri marci con cui, per dirla con le parole di un direttore americano d'inizio Novecento, si dovevano "sanare le cloache dei corrotti". E qualcuno se ne è accorto.

Così, ben presto i giornali sono stati abbandonati in massa dai propri lettori sia per la loro scarsa credibilità sia per la perduta indipendenza e autorevolezza.
Quante migliaia di copie (oltre al primato di vendite nazionale) ha perso a Milano il Corrierone giocando liberamente (e cinicamente) sull'erosione della fiducia dei cittadini nei confronti dei partiti e delle istituzioni?

Perché, si sono chiesti gli affezionati lettori del quotidiano popolar-borghese, alzarsi la mattina e comprare la copia per poi vedersi iscritti d'ufficio - politico o impiegato comunale che sia, senza distinzione di classe -, in una delle tante spregevoli Caste compilate di notte in via Solferino?

Alla fine, i quotidiani si sono fatti nemici pure la Casta degli edicolanti. Stanchi di vendere un prodotto (taroccato) che non tira più e rende solo qualche spicciolo di euro. E hanno minacciato di non smerciarlo più in futuro. Anche questa scelta, però, non è quel "libero mercato" beatificato ogni dì in prima pagina dagli editorialisti à la carte! O no?
Un'editoria "marcia", che si mangia pure quel che resta degli utili di bilancio ed è sempre più impantanata nei debiti che rischiano di mettere a repentaglio la sopravvivenza delle loro aziende.

E che fanno nel mentre le nostre penne genuflesse in attesa del calcio in culo padronale?
Invece di rialzare la testa (in redazione) insorgono se in piazza San Giovanni a Roma Beppe Grillo li tiene lontani dal palco. Facendo così finta di non aver subito in passato, tra le tante altre, l'umiliazione di pubblicare (o mandare in onda) le interviste realizzate ad Arcore dal Cavalier Berlusconi e i suoi cari.

O di aver fatto da "trombettiere" agli "ordini di servizio" che arrivavano dal Colle più alto.
Per non dire delle cronache finanziarie (e giudiziarie) riguardanti i Poteri marci.
"Un giornalista di economia descrive sempre una fabbrica di automobili come fosse sua proprietà privata", osservava tanti anni fa Hans Magnus Enzensberger. Ignorando così che alla Fiat o alla Mercedes oltre ai grassi azionisti partecipano qualche migliaio tra lavoratori e impiegati.

Già, i giornaloni dei Poteri marci.
Per non sbagliare, ancora una volta avevano puntato le proprie carte (truccate) sul premier uscente, l'ineffabile professor Mario Monti. Dando ascolto più al portafoglio dei propri azionisti (di riferimento) che ai dolori di maldipancia che provenivano dai tartassati dall'Imu; dalla nuova ondata di povertà e disoccupazione; dagli Sos disperati lanciati pure dai professionisti e dai piccoli (e grandi) imprenditori.

Tutti, invece, insieme appassionatamente. Nel tentativo disperato (e ottuso) di preservare gli interessi dell'unica Casta davvero indistruttibile e intoccabile nei secoli: la loro. E solo per servilismo sciocco, quella dei propri editori (impuri). Che al momento di contro cambiare li mette brutalmente in pensione anzitempo.

Dal "Corriere della Sera" di Flebuccio de Bortoli alla "Repubblica" di Ezio Mauro, dalla "Stampa" di Mariopio Calabresi al "Sole24Ore" di Roberto Napoletano, il nuovo Messia da incensare "a prescindere" (Totò) era quel Rigor Mortis che andava con il cappello in mano a Bruxelles a prendere ordini e direttive dagli altri leader europei.

Il novello Scilipoti della Bocconi. Alla pari del grottesco onorevole traslocato dal giorno alla notte da Di Pietro a Berlusconi, anche Rigor Mortis farà il salto della quaglia per mutarsi d'incanto da "tecnico puro" in candidato-premier di un centrino (biancofiore) senza speranze e senza futuro. Il Messia super partes che in nome dei sacrifici (altrui) della spending review (altrui) e dello spread (altrui) porterà il debito pubblico a livelli mai raggiunti sotto gli occhi chiusi dei media. Un record.

Un professore bocciato agli esami di governo che, per dirla ancora con Hans Magnus Enzensberg, può fregiarsi meritatamente del titolo del vero "perdente" di successo.
Un "perdente" di successo insomma, convinto ciecamente della propria superiorità e superbia cui per oltre un anno i media hanno garantito un bonus aggiuntivo di popolarità. Non immaginando che grazie all'incenso profuso la sua autodistruzione nelle urne fosse visibile al mondo intero. E al tempo stesso assicurandosi anche loro in questa tormentata competizione elettorale il titolo ad honorem di perdenti (impenitenti).

 

 

 

NAPOLITANOROBERTO SAVIANO EZIO MAURO FERRUCCIO DE BORTOLI MARIO MONTI CON IL CANE ALLE INVASIONI BARBARICHE BERLUSCONI BERSANI MONTI GRILLO E LA PREGHIERA DELLE URNE LUCA DI MONTEZEMOLO MARIO CALABRESI E DAVID THORNE ALLA MESSA PER AGNELLI FOTO ANSA Berlusconi e Mario Monti cda dcf bfcde f ea c EDOARDO BARALDI MONTI E BERLUSCONI CANE GATTO TIGRE GRILLO E CASALEGGIODALEMA - OCCHETTO - BERSANI - LA GIOIOSA MACCHINA DA GUERRAnapolitano mario calabresi elkann MONTI-MAURO-MARIO MONTI E FABIO FAZIO MONTI-MAURO-SCALFARI

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