
NON SOLO HAMAS: NETANYAHU DEVE GUARDARSI DAI "NEMICI" INTERNI CHE SI OPPONGONO AL SUO DELIRIO MESSIANICO - EYAL ZAMIR, IL GENERALE ALLA GUIDA DELL'IDF CHE SI OPPONE AL PIANO DI OCCUPARE GAZA, È SOLO L’ULTIMO DEI “ROMPIPALLE” PER L’INTRANSIGENTE “BIBI” CHE NON AMMETTE IL DISSENSO: OLTRE AI MILITARI, HA GIÀ SCAZZATO CON RONEN BAR, IL CAPO DELLO SHIN BET (LICENZIATO E POI REINTEGRATO) - STESSA SORTE PER LA PROCURATRICE GENERALE GALI BAHARAV-MIARA...
1 - GAZA MILITARI IN RIVOLTA
Estratto dell’articolo di Nello Del Gatto per “la Stampa”
benjamin netanyahu su un carro armato israeliano
La decisione è presa: Israele intende continuare la guerra a Gaza e aumentare le operazioni, fino a prendere anche il controllo della Striscia. E la frizione con i militari da parte del governo si acuisce, dal momento che i primi non sarebbero d'accordo con questa decisione, considerando molti obiettivi raggiunti e la seria possibilità che Hamas possa uccidere i rimanenti ostaggi. Ma il governo è disposto a vigilare sull'esercito affinché rispetti le decisioni e i militari le eseguano anche se non totalmente d'accordo.
Netanyahu va per la sua strada. Ieri sera ha riunito un gabinetto di guerra ristretto con il ministro della difesa Katz e quello degli affari strategici Dermer per ribadire quello che ha già detto in pubblico: dal momento che Hamas non dimostra alcun interesse ad un accordo, si va avanti per la strada dell'attacco totale, rompendo l'ultimo tabù che è rappresentato da Gaza City. Qui, nonostante le rimostranze dell'esercito dovrebbe concentrarsi la nuova ondata di operazioni, che porterebbe i militari al controllo della totalità della Striscia. Secondo indiscrezioni, il capo di stato maggiore Eyal Zamir ha obiettato che occupare Gaza «è un rischio per i rapiti e logora i soldati: ci vorrebbero mesi».
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Il tempo limite per sferrare l'attacco globale è questa settimana, domani si riunirà il gabinetto di guerra per l'approvazione. Se il gruppo di Gaza non dovesse fare marcia indietro sul suo ritiro dal tavolo delle trattative, si combatterà senza sosta, anche a costo di mettere in pericolo la vita degli ostaggi. Sono cinquanta quelli ancora nelle mani di Hamas, quarantanove quelli rapiti il 7 ottobre e uno, il soldato Hadar Goldin, rapito dieci anni fa. Di questi, 28, tra i quali il soldato rapito precedentemente, sono morti.
donald trump benjamin netanyahu
Tra i 49 ostaggi rapiti il 7 ottobre, 48 sono uomini e una è donna; 45 sono cittadini israeliani, due thailandesi, uno nepalese e uno della Tanzania. Quest'ultimo e un thailandese sono fra le vittime accertate i cui corpi Hamas continua a tenere come ostaggio. «Bisogna ancora completare la sconfitta del nemico a Gaza, rilasciare tutti gli ostaggi e garantire che Gaza non sia più una continua minaccia per Israele», ha detto Netanyahu in visita a una scuola militare
[…] è il sesto ciclo di reclutamento, nonostante sia in aumento il numero di soldati (e in particolare di riservisti) suicidi. Sono 37 dall'inizio dell'anno scorso […]
Intanto a Gaza la guerra continua. Un'ottantina i morti, secondo fonti del ministero della salute di Gaza, nelle ultime 24 ore, tra i quali una cinquantina mentre aspettavano gli aiuti, nonostante le smentite israeliane e dell'organizzazione che si occupa dei siti di distribuzione. […]
2 - GENERALI DI FERRO, SPIE E GIUDICI IDEALISTI LA COALIZIONE CHE VUOLE FERMARE BIBI
Estratto dell’articolo di Giordano Stabile per “la Stampa”
BENJAMIN NETANYAHU - MEME BY EDOARDO BARALDI
Militari duri come l'ossidiana ma che non condividono i sogni messianici di Benjamin Netanyahu e dei suoi alleati oltranzisti. Capi dei Servizi capaci di eliminare i nemici di Israele fino in capo al mondo, spaventati però dall'accentramento dei poteri nelle mani del premier. Giudici convinti di essere l'ultimo baluardo di uno Stato ebraico democratico, laico e in grado di trovare una pace equilibrata in convivenza con i vicini arabi. È questa la fronda interna che deve affrontare "King Bibi", deciso a lasciare una memoria gloriosa come Re Salomone. È un sogno che risale al suo debutto in politica. Il suo slogan era già, prima di battere a sorpresa Shimon Peres nelle elezioni del 1996, "Dal fiume al mare".
Sì, la Grande Israele allargata a tutti i Territori occupati.
Uno slogan poi rubato dai suoi più acerrimi nemici, i militanti di Hamas. Il percorso verso l'alleanza con i partiti religiosi sionisti era quindi nel destino, anche se è arrivato dopo innumerevoli sfide nelle urne, perse, vinte e pareggiate. Ora, con l'appoggio di Donald Trump, l'annessione, parziale o totale, di Cisgiordania e Striscia di Gaza è a portata di mano. Ed è proprio per questo che lo scontro interno è ai massimi livelli.
L'avversario più temibile è il capo delle Forze armate, il generale Eyal Zamir, alla guida dell'Idf dal marzo di quest'anno. L'uomo che deve dare il colpo finale ad Hamas e trovare gli ostaggi, vivi o morti, ma che non è convinto dei piani di occupazione della Striscia. Eyal Zamir, nonni yemeniti e siriani, è più vicino alla mentalità dei "sabra", gli ebrei sefarditi nati nella Palestina del Mandato britannico, prima che sorgesse Israele. Un soldato che combatte i palestinesi ma è anche pronto a conviverci. Che conosce da decenni l'orrore delle battaglie urbane, da quando nel 2002 ha guidato le operazioni a Jenin, l'assedio che costò la vita a 23 soldati.
Non è certo un moderato, e già nel 2007 evocava «punizioni collettive» nei confronti di popolazioni che sostenevano i «terroristi». Ma è molto più pragmatico. Non crede nella possibilità di un regime change nello Yemen o in Iran, anche se ha guidato la micidiale campagna aerea nella guerra dei 13 giorni. Ed è contrario al piano di "città umanitaria", il mega campo profughi a Rafah dove concentrare gran parte della popolazione di Gaza, voluto dal ministro della Difesa Israel Katz.
BENJAMIN NETANYAHU - MEME BY EDOARDO BARALDI
Un piano «irrealizzabile» con «più buchi di un formaggio svizzero», ha urlato a una riunione del Gabinetto di sicurezza. In faccia a Katz e in faccia a Netanyahu. La "città umanitaria" è il preludio di un'espulsione di massa chiesta dai due leader ultrà Itamar Ben Gvir e Benazel Smotrich.
Un'idea che non piace ai nazionalisti vecchio stampo, preoccupati dal cambio di sentiment nelle opinioni pubbliche occidentali. Con piani che assomigliano alla pulizia etnica si era già espresso in maniera riservata Ronen Bar, il capo dei Servizi interni, lo Shin Bet.
Netanyahu lo ha messo in cima alla lista degli avversari da eliminare.
Lo scontro è diventato incandescente quando Bar, già in posizione precaria per il fallimento dello Shin Bet nel prevedere il 7 ottobre, ha testimoniato davanti alla Corte suprema e accusato il premier di averlo incaricato di indagare in segretezza i cittadini che protestavano in piazza contro la riforma della Giustizia. Bibi lo ha battezzato il "bugiardo" e licenziato.
Ma la stessa Corte suprema ha sospeso il provvedimento.
BENJAMIN NETANYAHU - MEME BY EDOARDO BARALDI
Lo stesso destino è toccato alla procuratrice generale Gali Baharav-Miara, che si è opposta al tentativo di riforma giudiziaria e ha chiesto l'apertura di un'indagine sulla moglie del premier. Baharav-Miara è la prima donna a ricoprire quell'incarico. Anche lei è stata silurata dal premier e salvata dalla Corte suprema. È figlia di un fondatore di Israele, Emmanuel Baharav, combattente nelle forze speciali del Palmach, una delle formazioni militari pre 1948. Difficile accusarla di disfattismo.
E infatti il governo le imputa un «tentato golpe giudiziario», perché si oppone all'azione dell'esecutivo. Che lei giudica anticostituzionale. Tutto porta all'ultimo snodo. Il presidente della Corte suprema Isaac Amit. Anche lui è al vertice da pochi mesi, e si trova di fronte alla più grave crisi istituzionale nella storia dello Stato ebraico.
Il ministro della Giustizia, Yariv Levin, ha ordinato di «boicottarlo». Per il governo la sua nomina è «illegittima» e da questo scranno traballate Amit avrà l'ultima parola su una riforma che punta a limitare l'autonomia della magistratura
Netanyahu, sul fronte interno come a Gaza, ha deciso di «spianare tutto».
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