delvox tria salvini di maio

‘’O TRIA STA CON IL NOSTRO GOVERNO O È CONTRO L'ITALIA” – SCONTRO APERTO TRA DI MAIO E IL MINISTRO DELL'ECONOMIA. I GRILLINI NON SI SENTONO PIÙ GARANTITI, SOPRATTUTTO IN VISTA DELLA BATTAGLIA PER IL VARO DEL REDDITO DI CITTADINANZA - TRIA TROPPO PRONTO AD ASCOLTARE BRUXELLES (E MATTARELLA) – LO SFOGO DEL VICEMINISTRO DELL' ECONOMIA LAURA CASTELLI: “IO QUESTO LO ASFALTO” . FRASE SMENTITA COME “PURA INVENZIONE”

GIOVANNI TRIA

Roberto Giovannini, Ilario Lombardo per La Stampa

 

«O Tria sta con il nostro governo o è contro l' Italia». La frase, intercettata in molteplici sfoghi tra Luigi Di Maio e diversi sottosegretari grillini, svela come il nuovo approccio «sovranista» alla Matteo Salvini stia dilagando fino ai vertici del Movimento Cinque Stelle. E in questa convinzione il ministro del Lavoro, leader del M5S, ha trovato una forte spalla nel sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti, sempre più sospettoso nei confronti degli ambienti del ministero dell' Economia e di Banca d' Italia, dove, ne è convinto, si muovono forze che vogliono contrastare il «governo del cambiamento». 

DRAGHI TRIA

 

È un sovranismo che nasconde un nazionalismo di fatto, e che vuole costringere i ministri non allineati a «difendere il governo e gli interessi italiani». Cominciando dall' evitare critiche e prese di distanza.

 

Le frizioni tra il capo politico dei Cinque Stelle e il ministro dell' Economia Giovanni Tria sembrano a un passo dallo scontro aperto. A quanto risulta, Di Maio non si sente più garantito dall' economista di Tor Vergata , soprattutto in vista della battaglia campale per il varo del reddito di cittadinanza. Si fa strada l' impressione che Tria sia troppo pronto ad ascoltare le indicazioni che arrivano da Bruxelles.

 

LUIGI DI MAIO GIOVANNI TRIA GIUSEPPE CONTE

Che si preoccupi eccessivamente del rispetto delle compatibilità economiche, specie per quanto riguarda le coperture finanziarie ai molti ambiziosi progetti di spesa.

Altro capitolo, la situazione del viceministro dell' Economia Laura Castelli. È stata spedita al ministero per osservare da vicino le mosse del ministro, e per far pesare le indicazioni politiche del vicepremier Di Maio. 

 

A un mese e mezzo dal giuramento dell' Esecutivo, però, né Castelli né l' altro viceministro leghista Massimo Garavaglia hanno ricevute delle deleghe operative, indispensabili per poter esercitare una qualunque azione concreta. Su due giornali è stata riportato uno sfogo pesantissimo di Castelli contro Tria («Io questo lo asfalto»). Frase smentita come «pura invenzione», ma certamente è plausibile che la deputata torinese di M5S - che per ora resta sottosegretario - non sia molto contenta della situazione.

 

DELVOX TRIA SALVINI DI MAIO

E poi c' è il caso Cdp. Di Maio e Salvini si erano già messi d' accordo: alla guida operativa della Cassa Depositi e Prestiti ci sarebbe andato come amministratore delegato Marcello Sala, monzese, considerato vicino alla Lega, già curatore fallimentare di Euronord Holding, la società nata dalle ceneri della banca leghista Credieuronord fallita nel 2004. 

 

LAURA CASTELLI

In cambio ai Cinque Stelle sarebbe stata data la direzione generale di Cdp, promuovendo l' attuale direttore finanziario Fabrizio Palermo, gradito a Di Maio. E in più nella poltronissima di Direttore Generale del Tesoro sarebbe arrivata un' altra personalità «bollinata» dal ministro dello Sviluppo economico: l' attuale direttore generale di Mediobanca Antonio Guglielmi. 

LAURA CASTELLI

 

Una intesa fatta saltare proprio dal ministro Tria, che per la poltrona più importante di Via Venti Settembre punta su Alessandro Rivera, attuale dirigente generale della Direzione del Tesoro. Rivera, però, non va bene né a Di Maio né a Giorgetti: è troppo in continuità con la gestione Padoan. E insospettisce anche il fatto che molte persone che facevano parte dello staff di Pier Carlo Padoan (o da lui nominate) continuino a vari livelli a ricoprire ruoli significativi. A cominciare dal Ragioniere Generale dello Stato Daniele Franco. Persone che pesano, e che condizionano secondo Di Maio e Giorgetti le decisioni di Tria.

MARCELLO SALA

 

Nella giornata di ieri tutti questi nodi sono venuti al pettine, sfruttando l' incidente di un «numeretto» tirato fuori per la prima volta dall' Inps, e poi finito nella relazione tecnica ufficiale del provvedimento che modifica i contratti a termine. Di Maio ha più volte ripetuto di non aver citato né il Mef, né la Ragioneria, né l' ex ministro del Pd. È vero: non lo ha fatto lui, ma lo ha fatto facendo filtrare informalmente dei virgolettati diramati utilizzando i canali tradizionali e «ufficiosi» del M5S.

 

DI MAIO CONTE GIORGETTI

Un chiaro messaggio inviato al ministro Tria. Così come è un messaggio anche una frase pronunciata a Matera dal vicepremier durante un comizio: «È stato chiaramente un colpo basso - ha detto Di Maio - ci hanno voluto dare il "benvenuto" come governo, e ci dovremo aspettare molto di più». Ministro avvisato, mezzo salvato. O mezzo silurato.

Ultimi Dagoreport

igor taruffi elly schlein

DAGOREPORT - QUALCUNO DICA A ELLY SCHLEIN CHE STA AFFONDANDO IL PD! - NON SOLO TOSCANA E UMBRIA, DALLA CAMPANIA ALLA SICILIA FINO ALLA PUGLIA, SI MOLTIPLICANO I PROBLEMI SUI “TERRITORI” - A FINIRE NEL MIRINO LO “SPICCIAFACCENDE” DI ELLY, IGOR TARUFFI, RESPONSABILE ORGANIZZAZIONE DEL NAZARENO. DOVE C’È LUI, C’È CASINO, VISTA LA SUA PROPENSIONE A SALVAGUARDARE I CACICCHI FEDELI ALLA MIGLIORE ALLEATA DEL GOVERNO MELONI - IN SUO SOCCORSO È ARRIVATO ANCHE IL BERSANIANO NICO STUMPO CHE NON RIESCE AD EVITARE I PASTICCI CHE "LO STRATEGA IN VERSIONE PIZZICAGNOLO" TARUFFI COMBINA A CAUSA DELLA SCARSA CONOSCENZA DELLE REGOLE E DELLE DIVERSE REALTA’ LOCALI. E PER LA PRIMA VOLTA…

giorgia meloni ursula von der leyen donald trump dazi matteo salvini

DAGOREPORT – LA LETTERINA DELL’AL CAFONE DELLA CASA BIANCA È UNA PISTOLA PUNTATA ALLA TEMPIA DEI LEADER EUROPEI, CUI È RIMASTA UNA SOLA VIA DI USCITA, QUELLA COSIDDETTA “OMEOPATICA”: RISPONDERE AL MALE CON IL MALE. LINEA DURA, DURISSIMA, ALTRIMENTI, ALLE LEGNATE DI TRUMP, DOMANI, ALL’APERTURA DELLE BORSE, SI AGGIUNGERANNO I CALCI IN CULO DEI MERCATI. LA CINA HA DIMOSTRATO CHE, QUANDO RISPONDI CON LA FORZA, TRUMP FA MARCIA INDIETRO - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” ORMAI È RIMASTA L’UNICA A IMPLORARE, SCODINZOLANTE, “IL DIALOGO” COL DAZISTA IN CHIEF, NEMMENO LE CIFRE CATASTROFICHE SULLE RIPERCUSSIONI DELLE TARIFFE USA SULLE  AZIENDE ITALIANE, TANTO CARE ALLA LEGA, HA FERMATO I DEMENZIALI APPLAUSI ALLA LETTERA-RAPINA DA PARTE DI MATTEO SALVINI – ASCOLTATE JOSEPH STIGLITZ, PREMIO NOBEL PER L’ECONOMIA: “TRUMP NON AGISCE SECONDO ALCUN PRINCIPIO ECONOMICO, NON CONOSCE LO STATO DI DIRITTO, È SEMPLICEMENTE UN BULLO CHE USA IL POTERE ECONOMICO COME UNICA LEVA. SE POTESSE, USEREBBE QUELLO MILITARE’’

steve witkoff marco rubio sergei lavrov

RUBIO, IL TAJANI STARS AND STRIPES – IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO NON TOCCA PALLA E SOFFRE IL POTERE DI STEVE WITKOFF, INVIATO DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE CHE SE LA COMANDA ANCHE IN UCRAINA. IL MINISTRO DEGLI ESTERI USA PROVA A USCIRE DALL’ANGOLO PARLANDO DI “NUOVA IDEA” DELLA RUSSIA SUI NEGOZIATI IN UCRAINA. MA IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI PUTIN, LAVROV, SUBITO VEDE IL BLUFF: “CONFERMIAMO LA NOSTRA POSIZIONE” – TRUMP AVEVA OFFERTO DI TUTTO A WITKOFF, MA L’IMMOBILIARISTA NON HA VOLUTO RUOLI UFFICIALI NELL’AMMINISTRAZIONE. E TE CREDO: HA UN CONFLITTO DI INTERESSE GRANDE QUANTO UN GRATTACIELO...

diletta leotta ilary blasi stefano sala pier silvio berlusconi

FLASH – IL BRUTALE AFFONDO DI PIER SILVIO BERLUSCONI SU ILARY BLASI E DILETTA LEOTTA (“I LORO REALITY TRA I PIÙ BRUTTI MAI VISTI”), COSÌ COME IL SILURAMENTO DI MYRTA MERLINO, NASCE DAI DATI HORROR SULLA PUBBLICITÀ MOSTRATI A “PIER DUDI” DA STEFANO SALA, AD DI PUBLITALIA (LA CONCESSIONARIA DI MEDIASET): UNA DISAMINA SPIETATA CHE HA PORTATO ALLA “DISBOSCATA” DI TRASMISSIONI DEBOLI. UN METODO DA TAGLIATORE DI TESTE BEN DIVERSO DA QUELLO DI BABBO SILVIO, PIÙ INDULGENTE VERSO I SUOI DIPENDENTI – A DARE UNA MANO A MEDIASET NON È LA SCURE DI BERLUSCONI JR, MA LA RAI: NON SI ERA MAI VISTA UNA CONTROPROGRAMMAZIONE PIÙ SCARSA DI QUELLA CHE VIALE MAZZINI, IN VERSIONE TELE-MELONI, HA OFFERTO IN QUESTI TRE ANNI…

giorgia meloni elly schlein luca zaia vincenzo de luca eugenio giani elly schlein elezioni regionali

PER UNA VOLTA, VA ASCOLTATA GIORGIA MELONI, CHE DA MESI RIPETE AI SUOI: LE REGIONALI NON VANNO PRESE SOTTOGAMBA PERCHÉ SARANNO UN TEST STRADECISIVO PER LA MAGGIORANZA – UNA SPIA CHE IL VENTO NON SPIRI A FAVORE DELLE MAGNIFICHE SORTI DELL’ARMATA BRANCA-MELONI È IL TENTATIVO DI ANTICIPARE AL 20 SETTEMBRE IL VOTO NELLE MARCHE, DOVE IL DESTRORSO ACQUAROLI RISCHIA DI TORNARE A PASCOLARE (IL PIDDINO MATTEO RICCI È IN LEGGERO VANTAGGIO) – IL FANTASMA DI LUCA ZAIA IN VENETO E LE ROGNE DI ELLY SCHLEIN: JE RODE AMMETTERE CHE I CANDIDATI DEL PD VINCENTI SIANO TUTTI DOTATI DI UN SANO PEDIGREE RIFORMISTA E CATTO-DEM. E IN CAMPANIA RISCHIA LO SCHIAFFONE: SI È IMPUNTATA SU ROBERTO FICO, IMPIPANDOSENE DI VINCENZO DE LUCA, E SOLO UNA CHIAMATA DEL SAGGIO GAETANO MANFREDI LE HA FATTO CAPIRE CHE SENZA LO “SCERIFFO” DI SALERNO NON SI VINCE…