paolo savona euro

“A QUESTO PUNTO BISOGNA CAMBIARE ANCHE IL GOVERNO, NON SOLO LA MANOVRA” - IL MINISTRO PAOLO SAVONA NON ESCLUDE LE DIMISSIONI ENTRO LA FINE DELL’ANNO - L'UOMO CHE SPAVENTAVA BRUXELLES E I MERCATI, L'ESTENSORE DEL PIANO B DELL'USCITA DALL'EURO, IL TEORICO DEL “CIGNO NERO”, SI TRASFORMA NEL PRINCIPE DEI “RESPONSABILI” - MA DIETRO QUESTA INCREDIBILE METAMORFOSI CI SONO I DISSAPORI CON TRIA E L’IPOTESI DI…

1 - LA METAMORFOSI DI SAVONA CHE ADESSO NON ESCLUDE LE DIMISSIONI

Tommaso Labate per il “Corriere della Sera”

 

SERGIO MATTARELLA PAOLO SAVONA GIUSEPPE CONTE

«A questo punto non bisogna cambiare soltanto la manovra». Ormai s'è trasformato in una specie di star della Rete, ogni spiffero che arriva da lui genera clic su clic, su Twitter dilaga anche se lui non twitta, su Facebook anche se lui non «posta», forse persino su Instagram anche se non si mette in mostra.

 

Lo propongono indifferentemente per la segreteria del Pd o la guida di un governo tecnico, ne esaltano le retromarce, «Savona-Rola», «Indietro Savona» e via dicendo. Dietro il Savona 2.0, però, c'è l'originale, Paolo Savona, l'uomo che ha spiegato ai colleghi che «a questo punto bisogna cambiare anche il governo, non solo la manovra».

 

GIUSEPPE CONTE PAOLO SAVONA

È l' impossibile che diventa possibile, il clamoroso al Cibali, l'imponderabile che confonde la mente. L'uomo che spaventava Bruxelles, l' estensore del piano B dell' uscita dall' euro, il teorico del «cigno nero», la personificazione di tutti gli incubi veri o presunti di un' Italia da indirizzare verso una versione tricolore della Brexit si trasforma nel principe dei «responsabili». In colui che s' è convinto che i rischi di uno scontro con l' Europa sono superiori alle opportunità. Talmente convinto dall' essere di fatto il primo ministro del governo Conte ad aver messo sul tavolo nientemeno che l' ipotesi delle dimissioni.

 

PAOLO SAVONA

Perché Savona pensa questo, ormai. Che il governo vada cambiato. «Credimi, Matteo. Un conto è che certe cose le leggi sui giornali. Altre cose è sentirle dal diretto interessato. Per Savona, insomma, siamo al capolinea», spiegava l'altro giorno uno dei ministri leghisti a Salvini in persona. E Salvini, gelido: «Lo so, ci ho parlato».

 

Persino le tante malelingue di Palazzo, che nelle settimane passate avevano iniziato a far passare i mugugni di Savona per un tentativo di accreditarsi a sostituire Giovanni Tria al ministero dell'Economia, sono spiazzate. Certo, il rapporto tra il titolare delle Politiche comunitarie e l'uomo che lui stesso aveva indicato per via XX settembre s'è incrinato. E, per usare l' efficace sintesi che un ministro attribuisce a Conte in persona, «Tria s'è tramutato in Savona e Savona in Tria».

 

luigi di maio giuseppe conte matteo salvini giovanni tria

L'eterodosso professore vicino al centrodestra e amico di Renato Brunetta s'è trasformato nel custode dell'ortodossia gialloverde, pronto a trattare fino all'ultimo pur di non toccare la manovra. E il custode dell'ortodossia gialloverde - l'uomo del «non esiste l'Europa ma solo una Germania circondata da pavidi», il granitico assertore che «quelli che oggi si dicono europeisti sono solo anti-italiani» - diventa una specie di cavallo di Troia europeista spuntato come un fungo all' interno di Palazzo Chigi. E dire che dopo l'estate, quando Tria aveva frenato sul reddito di cittadinanza, al primo consiglio dei ministri Savona l'aveva punzecchiato.

 

«Professor Tria, che cosa dicono i suoi amici in Europa?». Ora è tutto diverso. A centosettantacinque giorni dalla nascita del governo, che stava per non nascere proprio per il braccio di ferro tra Salvini e il Colle sul suo nome, Savona sembra sventola bandiera bianca per tutti.

il ministro giovanni tria (2)

 

Su un punto amici e detrattori sono d'accordo. Savona sta giocando una partita «alla Cossiga», si mormora a Palazzo evocando genio e sregolatezza degli ultimi vent'anni di vita dell' ex presidente della Repubblica, che il ministro ha sempre considerato, l'altro era Guido Carli, uno dei suoi due maestri. E di Cossiga, ieri l'altro, Savona ha citato una frase: «L'economia è un grande imbroglio politico». Chi lo conosce bene giura che abbia previsto per gennaio, quando ci saranno le aste Btp più importanti, il «momento più delicato» per l'Italia. Ecco, in «quel momento più delicato» lui non ci sarà. O riesce a scongiurarlo prima, non si sa come. Oppure lo guarderà da lontano.

luigi di maio giuseppe conte matteo salvini giovanni tria

 

2 - IL SILENZIO DI SAVONA AGITA IL GOVERNO

Ignazio Mangrano per “la Verità”

 

Se decidi di andare alla guerra, dovresti andarci con un esercito compatto, con una strategia efficace e pienamente condivisa, e senza liti nel comando militare. Di tutta evidenza, l'Italia è stata trascinata dalla Commissione Ue in una contesa (più politica che tecnica) che durerà molti mesi, e sarà carica di incertezze. Purtroppo però, per il momento, non è ancora chiaro, al di là delle prime risposte fornite dal governo, quali siano le carte che l' esecutivo intenda effettivamente giocare, salvo la questione degli investimenti in infrastrutture.

 

GIUSEPPE CONTE NELLE VILLE CASAMONICA

Sono invece evidenti i dissapori e le tensioni, non solo le differenze tutte politiche già emerse nei giorni scorsi tra Lega e 5 stelle. In ogni caso, la prima carta da giocare si conosce, ma non la si può gridare ai quattro venti. È infatti abbastanza chiaro che le misure più onerose incluse nella manovra (l' intervento sulle pensioni e il reddito di cittadinanza) possano essere modulate in molti modi, e saranno realisticamente diluite nel tempo, a maggior ragione in considerazione dei veicoli legislativi (non ultraveloci) che sono stati prescelti: insomma, non scatteranno il 1° gennaio.

 

salvini mattarella

Questo vuol dire che, spostando l'operazione in avanti di qualche mese, è davvero possibile risparmiare almeno tre dei miliardi teoricamente stanziati, e quindi restare sotto l'asticella del 2,4% , in termini di rapporto deficit/Pil. Il problema è che annunciare la dilazione in modo esplicito sarebbe elettoralmente costoso: ma è auspicabile che - almeno a porte chiuse - il ministro Giovanni Tria sia stato chiaro al riguardo con i suoi interlocutori europei

 

La seconda carta ha a che fare con la Costituzione, che non impone il «pareggio di bilancio», come si continua a leggere qua e là, ma un meno rigido e ossificato «equilibrio di bilancio». Non è una distinzione di lana caprina: la seconda formula offre ai governi un margine di manovra che è stato sempre sfruttato.

RENZI E GENTILONI

 

Non a caso, nelle ultime quattro leggi di bilancio (targate Renzi e Gentiloni), il rapporto deficit/Pil è stato del 3, del 2.6, del 2.5 e del 2.4%. Non si vede dunque perché il 2.4 di quest' anno debba creare scandalo. La terza carta ci sarebbe, ma - inutile nasconderlo - è una cartina tornasole delle tensioni, dicono alcuni tutt' altro che sopite, tra il ministro Tria e molti altri membri dell' esecutivo, a partire dal più autorevole, il ministro Paolo Savona.

 

Nel negoziato con l' Ue potrebbe infatti essere decisivo valorizzare il tema degli investimenti, su cui Savona ha pubblicamente espresso opinioni forti e coraggiose. Ma il Corriere della Sera attribuisce all' economista anche altre, di opinioni: «Non si può più andare avanti così, non ha senso. E la manovra com' è non va più bene: è da riscrivere». Non risulta che al momento vi siano state smentite da parte dell' interessato. Ma cos' è che non può andare avanti? E in che direzione la manovra è da riscrivere? In attesa di un chiarimento dell' interessato, non c' è certezza.

 

paolo savona col suo libro (1)

La quarta carta ha a che fare con gli immobili. Nella sua risposta a Bruxelles, il governo ha molto valorizzato l' ipotesi di procedure di valorizzazione e vendita di immobili pubblici, di asset di real estate da mettere sul mercato. Ma non si sa molto di lavori preparatori al riguardo: mesi fa circolò un documento di pregio, ma non risulta un lavoro intenso del governo sul dossier.

 

È noto che attività di quel tipo (valorizzazione e vendita) non si improvvisano, e non hanno tempi brevi. Anche su questo punto occorrerebbe chiarezza. E se il silenzio di Savona va interpretato come una forma ripicca nei confronti di Tria, forse va detto che la strategia è quanto meno rischiosa.

Ultimi Dagoreport

elly e alessandro onorato, goffredo bettini e dario franceschini, matteo renzi , ernesto maria ruffini schlein giuseppe conte

DAGOREPORT - ‘’AAA CERCASI UN CENTRO DI GRAVITÀ PERMANENTE’’. IN VISTA DELLE ELEZIONI 2027, ANCHE LA DUCETTA DEL NAZARENO, ELLY SCHLEIN, HA CAPITO CHE NON BASTA UN’ALLEANZA CON CONTE E FRATOIANNI PER RIMANDARE NELLE GROTTE DI COLLE OPPIO IL GOVERNO MELONI. PER SPERARE DI VINCERE, OCCORRE DAR VITA A UN NUOVO ULIVO PRODIANO CAPACE DI FEDERARE LE VARIE ANIME DEI CENTROSINISTRATI, AL PARI DELLA DESTRA DOVE SI SFANCULANO DA MANE A SERA MA ALLA FINE IL COLLANTE DEL POTERE È PIÙ FORTE DELLA LORO EGOLATRIA – IL PRIMO A METTERSI IN MOTO È STATO MATTEO RENZI CHE, DA ABILISSIMO MANOVRATORE QUAL È, SI È TRASFORMATO IN UN ARIETE MEDIATICO DELL’OPPOSIZIONE – ALLA DISPERATA RICERCA DEL CENTRO PERDUTO, DOPO SALA E RUFFINI, OGGI SCENDE IN CAMPO ALESSANDRO ONORATO, ASSESSORE AL TURISMO DEL CAMPIDOGLIO, CHE MIRA A FEDERARE UNA RETE RIFORMISTA FORMATA DALLE PRINCIPALI REALTÀ CIVICHE DI CENTROSINISTRA PRESENTI IN ITALIA PER TOGLIERE L'ESKIMO A "FALCE E MART-ELLY''...

donald trump benjamin netanyahu iran israele stati uniti khamenei fordow

DAGOREPORT – COME MAI TRUMP HA PERSO LA PAZIENZA, IMPRECANDO IN DIRETTA TV, SULLE "VIOLAZIONI" DELLA TREGUA IN MEDIO ORIENTE DA PARTE DI NETANYAHU? "NON SANNO COSA CAZZO STANNO FACENDO. DOBBIAMO FAR CALMARE ISRAELE, PERCHÉ STAMATTINA SONO ANDATI IN MISSIONE"? - È EVIDENTE IL FATTO CHE IL “CESSATE IL FUOCO” CON L’IRAN NON RIENTRAVA NEI PIANI DI BIBI NETANYAHU. ANZI, IL PREMIER ISRAELIANO PUNTAVA A PORTARE A TERMINE GLI OBIETTIVI DELL’OPERAZIONE “RISING LION” (DOVE SONO FINITI 400 CHILOGRAMMI DI URANIO?), MA È STATO COSTRETTO AD ACCETTARLO DA UN TRUMP IN VENA DI PREMIO NOBEL PER LA PACE. D’ALTRO CANTO, ANCHE A TEHERAN LA TREGUA TRUMPIANA NON È STATA PRESA BENE DALL’ALA OLTRANZISTA DEI PASDARAN… – VIDEO

elly schlein gaetano manfredi giorgio gori stefano bonaccini pina picierno vincenzo de luca matteo ricci

DAGOREPORT - MENTRE ASSISTIAMO A UNO SPAVENTOSO SVALVOLAMENTO GLOBALE, IN ITALIA C’È CHI SI CHIEDE: ‘’COME SI FA A MANDARE A CASA LA SPERICOLATA ELLY SCHLEIN?’’ - ANCHE SE HA UN IMPATTO MEDIATICO PIÙ TRISTE DI UN PIATTO DI VERDURE LESSE, LA FANCIULLA COL NASO AD APRISCATOLE HA DIMOSTRATO ALTE CAPACITÀ DI TESSERE STRATEGIE DI POTERE, PRONTA A FAR FUORI IL DISSENSO DELL’ALA CATTO-DEM DEL PD - SE IL CENTRO RIFORMISTA HA LA MAGGIORANZA DEGLI ISCRITTI DEL PD, HA PERMESSO DI AVERE UN RISULTATO IMPORTANTE ALLE EUROPEE E FA VINCERE CON I SUOI CANDIDATI LE PROSSIME REGIONALI, PERCHÉ NON TIRA FUORI UN LEADER ALTERNATIVO AL SINISTRISMO FALCE & MART-ELLY? -  LIQUIDATO BONACCINI, ORMAI APPIATTITO SULLA SCHLEIN, SCARTATO DECARO PRIVO DEL CORAGGIO PER SPICCARE IL VOLO, SULLA RAMPA DI LANCIO CI SONO IL SINDACO DI NAPOLI, GAETANO MANFREDI, MA SOPRATTUTTO GIORGIO GORI. L’EUROPARLAMENTARE ED EX SINDACO DI BERGAMO È IN POSSESSO DEL FISICO DEL RUOLO PER BUCARE LO SCHERMO E IL MELONISMO PAROLAIO. A PARTE LE GELOSIE INTERNE DEI RIFORMISTI, LA BASE, CON LA GRUPPETTARA ELLY AL COMANDO, OGGI È TALMENTE RADICALIZZATA CHE RIUSCIRÀ AD INGOIARE UN EX MANAGER DI MEDIASET SULLA PRIMA POLTRONA DEL NAZARENO?

alessandro giuli

DAGOREPORT - MA COME SCEGLIE I COMPONENTI DELLE COMMISSIONI L’INFOSFERICO MINISTRO DELLA CULTURA, ALESSANDRO GIULI? I DIRETTORI DI CINQUE MUSEI STATALI (MUSEI REALI DI TORINO, GALLERIA DELL’ACCADEMIA E BARGELLO DI FIRENZE, COLOSSEO, MUSEO NAZIONALE ROMANO E MUSEO ARCHEOLOGICO DI NAPOLI) SARANNO SELEZIONATI DA UNA COMMISSIONE FORMATA DALLA STRAGRANDE MAGGIORANZA DA GIURISTI - PEGGIO CI SI SENTE SE SI PENSA CHE I TRE CANDIDATI PER CIASCUN MUSEO SCELTI DA QUESTA COMMISSIONE GIURISPRUDENZIALE SARANNO POI SOTTOPOSTI AL VAGLIO FINALE DEL LAUREANDO MINISTRO…

FLASH! – SE URBANO CAIRO NON CONFERMA MENTANA ALLA DIREZIONE DEL TGLA7 ENTRO IL PROSSIMO 30 GIUGNO, CHICCO ALZA I TACCHI E SE NE VA – IL CONTRATTO SCADE A FINE 2026 MA A LUGLIO C’E’ LA PRESENTAZIONE DEI PALINSESTI – PARE CHE QUESTA VOLTA NON CI SIA DI MEZZO IL DIO QUATTRINO, BENSI’ QUESTIONI DI LINEA POLITICA (GIA' NEL 2004 MENTANA FU PRATICAMENTE “CACCIATO” DAL TG5 DOPO UN VIOLENTISSIMO SCAZZO CON SILVIO BERLUSCONI E I SUOI “DESIDERATA”, E FU SOSTITUITO DAL SUO VICE MIMUN…)

meloni macron merz starmer trump iran usa attacco bombardamento

DAGOREPORT – GIORGIA MELONI STA SCOPRENDO CHE VUOL DIRE ESSERE PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DI UN PAESE CHE NON HA MAI CONTATO UN TUBO: PRIMA DI PROCEDERE AL BOMBARDAMENTO DEI SITI IRANIANI, TRUMP HA CHIAMATO IL PREMIER BRITANNICO, KEIR STARMER, E POI, AD ATTACCO IN CORSO, HA TELEFONATO AL TEDESCO MERZ. MACRON È ATTIVISSIMO COME MEDIATORE CON I PAESI ARABI: FRANCIA, REGNO UNITO E GERMANIA FANNO ASSE NEL GRUPPO "E3", CHE TIENE IL PALLINO DEI NEGOZIATI CON L'IRAN  – L’AFFONDO DI RENZI: “LA POLITICA ESTERA ITALIANA NON ESISTE, MELONI E TAJANI NON TOCCANO PALLA”. HA RAGIONE, MA VA FATTA UN’INTEGRAZIONE: L’ITALIA È IRRILEVANTE SULLO SCACCHIERE GLOBALE, INDIPENDENTEMENTE DA CHI GOVERNA...