1- IL PECCATO ORIGINALE DI ALE-DANNO CHE HA PORTATO ROMA ALLA PARALISI PER 72 ORE 2- A ROMA IL ‘PIANO NEVE’ C’ERA, MA È STATO SMANTELLATO DAL SINDACO NEL 2009 PER DARE UNA COMPETENZA IN PIÙ ALLA PROTEZIONE CIVILE COMUNALE DEL “SUO” TOMMASO PROFETA 3- PRIMA ERA TUTTO IN MANO ALL’AZIENDA MUNICIPALIZZATA PER I RIFIUTI, L’AMA, DOTATA DI 70 SEDI DISTACCATE, TONNELLATE DI SALE, PALE E DECINE DI LAME PER I CAMION. LA MUNICIPALIZZATA È STATA FATTA FUORI, LA RESPONSABILITÀ LASCIATA A VOLONTARI (DISORGANIZZATI) E DITTE APPALTATRICI DELLE STRADE (SCOMPARSE) 4- IL DISASTRO DELL’ATAC: SEMBRA CHE VENERDÌ POMERIGGIO FOSSE IN SERVIZIO SOLO IL 5% DEGLI AUTOBUS. SICURI CHE ALEDANNO ANDRÀ AVANTI CON LA COMMISSIONE D'INCHIESTA...? 5- DOPO NERONE, E’ ARRIVATO “NEVONE”: STORIA DI UNA "CALAMITÀ" CHIAMATA ALEMANNO

1- IL PECCATO ORIGINALE DI ALEDANNO CHE HA PORTATO ROMA ALLA PARALISI PER 72 ORE
Francesco Grignetti per "La Stampa"

Che le cose non siano andate per il verso giusto a Roma, anche il sindaco Gianni Alemanno lo ammette. Magari a denti stretti, scaricando la responsabilità sui bollettini «deboli» della Protezione civile, ma riconosce che i mezzi erano «pochi» e il sale sparso sulle strade «non sufficiente». Il punto è che a Roma, dopo la nevicata del 1985, era stato predisposto un solido e sperimentato Piano Neve.

E' stato reiterato di anno in anno fino al 2009, quando il sindaco di centrodestra decise che la responsabilità di ripulire la città in caso di nevicate doveva essere tolta all'azienda municipalizzata per i rifiuti, l'Ama, e affidata alla Protezione civile comunale. In base a quella decisione furono smantellati i presidi di quartiere. Le settanta sedi distaccate dell'Ama non conservarono più i sacchi di sale da spargere in strada e che venivano acquistate con sei mesi di anticipo.

Furono ritirate le pale da neve, che pure venivano distribuite a inizio stagione. E così fu anche per le cosiddette «lame» da montare davanti ai camion per trasformarli in spazzaneve. «Una scelta dissennata», denuncia ora il consigliere comunale Athos De Luca, Pd. «Al posto di migliaia di robusti operatori, il sindaco Alemanno si è affidato a sparute quanto improbabili associazioni di volontariato».

Se c'è un vizio d'origine che ha dato il via alla catena di eventi che ha portato alla paralisi di 72 ore della Capitale, insomma, va ricondotto a questa scelta. Se non c'è il sale, le strade si fermano. E se si blocca la viabilità, tutto il resto va in tilt. D'altra parte che a Roma ci sia stato un accentra mento del Piano Neve che non fa i conti con una città tentacolare, la più estesa d'Europa, e con 3 milioni di abitanti, lo racconta la storia dei quattro soli punti di distribuzione delle pale alla cittadinanza.

Il responsabile della Protezione civile si chiama Tommaso Profeta. E' un funzionario di polizia distaccato in Campidoglio. Il 1 febbraio, mercoledì, garantiva di avere messo a disposizione dei Municipi 150 tonnellate di sale. E chi avrebbe dovuto distribuirlo? «Il personale del Servizio giardini (che dipendono direttamente da lui, ndr) e delle associazioni di volontariato».

Ma non solo: sulle strade cittadine - avvertiva - interverranno le ditte di manutenzione stradale già incaricate dai Municipi e dal Dipartimento ai lavori pubblici. E qui, con le ditte private, si viene al secondo pilastro del Piano Neve di Alemanno & Profeta. Alla prova dei fatti pochissimi hanno risposto all'appello. Ammette lo stesso portavoce del sindaco, Simone Turbolente: «Non tutte le ditte hanno mezzi adeguati. Quel che c'era è stato concentrato sulle vie consolari».

Come racconta un altro consigliere di opposizione, Fabrizio Panecaldo, Pd: «Un conto è mettere toppe all'asfalto, altro è spalare la neve. Molte ditte vincono gli appalti, ma non hanno neanche i mezzi propri, che affittano». E' stata clamorosa, infine, la debacle dell'Atac. Racconta Turbolente, il portavoce del sindaco: «Gli autobus escono dai depositi al mattino presto. E così è accaduto venerdì. Attorno alle dodici è cominciato a nevicare. A quel punto, per motivi di sicurezza, è stato sospeso il servizio ordinario e ordinato agli autisti di rientrare nelle rimesse. Ma è capitato che molti autobus siano rimasti a bordo strada perché le ruote slittavano sul nevischio».

Da quel momento, è stata un catena di eventi tutti negativi: «Pochi mezzi sono rientrati, pochi hanno potuto mettere le catene e garantire le linee di emergenza (che comunque sono appena 79 su 330 e vai a sapere quali, ndr)». Sembra che venerdì pomeriggio appena il 5% degli autobus fossero in servizio. Aggiungiamo che i treni dei pendolari sono andati anch'essi in crisi, sia quelli gestiti dal Comune, sia quelli di Trenitalia.

I binari dei tram si sono ghiacciati e anche i tram sono rimasti fermi e in mezzo alla strada. Il Grande Raccordo anulare è andato in tilt. Le consolari da Nord erano impraticabili. L'esercito è stato mobilitato dalla prefettura solo nella serata di venerdì quando era ormai tardi. Il risultato finale è stata la paralisi.

I primi a restare bloccati sono stati proprio quei dipendenti comunali che avrebbero dovuto lavorare per sbloccare la città. I dati su assenze e presenze saranno disponibili nei prossimi giorni. «Però sappiamo che parecchi lavoratori hanno avuto problemi pure loro», conclude Turbolente. Che se la prende con il destino cinico e baro. «La tempistica ci ha fregato».

REGIONE LAZIO DICHIARA LO STATO DI CALAMITÀ NATURALE
Romacapitale.net - La giunta della Regione Lazio ha dichiarato lo stato di calamità naturale. Lo ha annunciato la governatrice Renata Polverini. "La giunta che si è appena riunita - ha detto - ha deliberato lo stato di calamità naturale per la Regione Lazio. Solo la Regione Abruzzo ha dichiarato lo stato di emergenza".

"Non possiamo che accogliere favorevolmente la decisione presa dalla governatrice Renata Polverini di dichiarare lo stato di calamità naturale nel Lazio - dichiara, in una nota, il sindaco di Roma, Gianni Alemanno -. Mi auguro ora che la sua richiesta di un incontro con il presidente Monti e con il prefetto Gabrielli, per valutare l'attivazione dello stato di emergenza, sia accolta al più presto. Si è già perso troppo tempo".


GAFFE, PARENTOPOLI, CAMERATI - ALEMANNO SEMPRE A CACCIA DI COLPE ALTRUI
Alberto Statera per "Repubblica.it"

Sedicente scalatore provetto, Alemanno dovette arrendersi nella scalata allo Shishapangma, il quattordicesimo monte tibetano più alto della terra e il più basso tra gli "Ottomila", per un raffreddore o, come dicono i tanti zelatori miracolati dal sindaco dal cuore nero, per una broncopolmonite. Stavolta non ai ghiacciai si è arreso, ma alle falde dei pochi metri del Gianicolo e dell'Aventino, sotto 30 centimetri di neve. Ma senza rinunciare a una puerile e improvvida polemica con il capo della Protezione Civile che, come non capita di frequente, stavolta sembra avere tutte le carte in regola negli avvisi lanciati per l'emergenza in arrivo con i venti gelidi del nord.

Trentacinque millimetri? Se nevica, come tutti sanno, e non solo i campioni di arrampicate, fanno 35 centimetri di neve. Ma lo scalatore tibetano non lo sa, cade nell'equivoco, pensa di uscirne con la guerra dei millimetri e ci alluviona di interviste televisive. "Millimetri, come il suo cervello", ne conclude un blogger più che incazzato nella tundra gelida. Il senso di Alemanno per la neve diciamo che più che alla "K2" è un po' alla "barisienne", dalla città portuale pugliese dove nacque, o alla "pariola", il quartiere capitolino dove il papà generale dell'esercito lo condusse giovanetto a esercitarsi, tra piazza Euclide e piazza Pitagora, nelle arti del picchiatore nero, nutrito tra le mura del Liceo scientifico Righi.

Incedere affrettato, sguardo basso, tratto alquanto isterico, debolezza evidente e autorità alquanto scadente rispetto agli squaletti neri affamati che lo attorniano in nome dei vecchi tempi delle mazze e delle molotov, il sindaco di Roma capitale delle calamità è diventato lui stesso "la calamità" agli occhi di migliaia di romani che nella notte di venerdì lo ha maledetto sul raccordo in una scena che neanche Federico Fellini era riuscito a rendere così cupa e ansiogena.

Nel felliniano "Roma" il raccordo allagato era l'inferno metropolitano, nella "Fascistopoli" capitolina il raccordo imbiancato è diventato la tomba della Roma della "destra sociale", sotto cui si radunarono, conquistato il potere municipale, le antiche pattuglie romane di Terza posizione, Forze nuove, Naziskin, Avanguardia nazionale e ultrà fascisti e profittatori di ogni specie.

Stavolta sono arrivati davvero quasi tutti al potere con Gianni lo scalatore. Da Mokbel, l'uomo della grande truffa a Finmeccanica, fino a Vattani, il figlio console dell'ambasciatore Umberto animatore di Casa Pound e a Fabrizio Mottironi, ex Nuclei armati rivoluzionari, messo a capo di Buonitalia Spa. E intorno decine e decine di vecchi camerati che spuntano dappertutto in ruoli istituzionali, comunali e economici, come per placare un appetito di potere che viene da lontano e che dopo interi lustri seguiti alla sdoganamento berlusconiano, non è ancora placato.

E che l'ex piccolo camerata del Liceo Righi non riuscirà mai a placare. L'ufficio di collocamento di Roma capitale di "Fascistopoli" non dimentica nessuno degli antichi camerati, in un'orgia di inadeguatezza e incapacità, talvolta popolata di incredibili figuri muniti di doppiopetto e cravatta.

Talvolta antropologicamente simili agli eredi della Banda della Magliana, che negli ultimi mesi con le sparatorie hanno messo a ferro e fuoco la capitale in un continuo romanzo criminale.

Questa è la Roma "legge e ordine" che Alemanno aveva promesso. Per i posti apicali, come si dice, il grande consulente del sindaco è il solito Luigi Bisignani, che ha appena patteggiato per gli imbrogli della P4. È dell'ex piduista, poi passato allo stato maggiore di Gianni Letta, che il sindaco si fida per le nomine più importanti, come quella di Cremonesi alla Camera di Commercio e di Basile all'Atac. Come ormai tutti sanno, Bisignani è un cultore della prevalenza del cretino nei ruoli di potere, perché così quelli che colloca li controlla meglio, come ha rivelato in una ormai famosa intercettazione telefonica.

Con il sindaco di Roma va giù morbido, come nel burro: ogni parente suo o di qualcuno dei suoi che Alemanno colloca, l'inesauribile Bisi gli impone il suo cretino di turno. Ora la neve. Ma con l'acqua, come sul raccordo anulare di Fellini, il sindaco aveva già avuto a che fare un sacco di volte. Purtroppo sembra che, nella sua arroganza, anche l'esperienza riesca a insegnargli poco. Nel dicembre 2008 ci fu la piena del Tevere.

Anche allora il sindaco se la prese con la Protezione civile. Ma nessuno in municipio aveva pensato a controllare la pulizia dalle foglie delle caditoie, i tombini romani per la cui manutenzione erano lautamente pagate le imprese napoletane di Alfredo Romeo. Fino al 20 ottobre scorso, quando Roma andò di nuovo sott'acqua e, come al solito, lui, sorpreso e stupito come fosse un passante, frignò contro qualche altro presunto colpevole.

Ora ci racconta che il piano-neve - guarda un po' - è stato ostacolato dalla neve. E va in tivù trenta volte in poche ore a chiedere una commissione d'inchiesta. È uno scherzo? O chiede che qualcuno lo metta finalmente sotto inchiesta per liberare da lui stesso Roma Capitale? Non vi illudete, per lui la colpa è sempre di qualcun altro. E con i suoi spin doctor ha deciso di spezzare le reni al ghiaccio. Mediaticamente. Ma sapete chi sono gli ultimi suoi spin doctor, dopo l'assunzione di circa 25 addetti al suo ufficio stampa? Tenetevi forte: il più ascoltato è Luigi Crespi, quel tipo che si definisce sondaggista, che visse per un po' alle spalle di Berlusconi e che poi finì in bancarotta.

Poi c'è Iole Cisnetto, la consorte di quel Cisnetto che organizza, finanziato soprattutto dalle imprese più care a Bisignani, "Cortinaincontra", una specie di passerella di amministratori delegati in cerca di una ripresa televisiva e di una marchetta giornalistica, in cambio di un modesto contributo pagato dai loro azionisti. Alemanno la frequenta insieme alla sorella Gabriella, direttrice dell'Agenzia del Territorio. Andate a spalare la neve, ha detto il sindaco ai romani quando ha visto che le cose si mettevano male.

Ma a Roma non si può fare. Uno che a Trastevere lo ascoltava in televisione ha commentato: "Aho, questo è più paraculo de Schettino, se vò godè la scena di Roma che lui ha affondato dallo scojo! Ci vada e ci resti, così non si bagna".

 

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