conte vecchione marco mancini renzi mattarella matteo sergio giuseppe gennaro

DAGOREPORT! PERCHÉ GIUSEPPE CONTE HA TENTATO, IN TUTTI I MODI, DI DARE UNA PROMOZIONE ALL’AGENTE DEI SERVIZI SEGRETI MARCO MANCINI NEL CORSO DEI SUOI DUE GOVERNI? - LO 007 CON UN PASSATO PIENO DI OMBRE (DAL CASO ABU OMAR A QUELLO DEI DOSSIER ILLEGALI) QUALI ARGOMENTI AVEVA PER SPINGERE CONTE E VECCHIONE A DARGLI LA VICEDIREZIONE DELL’AISE PRIMA E LA VICEDIREZIONE DEL DIS DOPO? - LO 007 HA PROVATO A SALVARE IL CONTE-BIS, INCONTRANDO RENZI, E ANCHE LA SUA CARRIERA, VISTO CHE DIPENDEVA DALLE DECISIONI DELL'AVVOCATO DEL POPOLO? - CONTE, CHE ALL'EPOCA ERA PREMIER E AUTORITA' DELEGATA AI SERVIZI, QUANDO HA SAPUTO DELL’INCONTRO TRA RENZI E MANCINI? MAGARI E' STATO VECCHIONE A INFORMARE CONTE ALL'INDOMANI DELL'INCONTRO MANCINI-RENZI, RIFERENDOGLI DEL FALLIMENTO DELL'INIZIATIVA SALVA-GOVERNO...

DAGOREPORT

 

CONTE VECCHIONE

C’è un nodo che nessuno ha mai sciolto e che ha un rilievo politico decisivo: perché Giuseppe Conte ha tentato, in tutti i modi, di dare una promozione all’agente dei servizi segreti Marco Mancini nel corso dei suoi due governi?

 

Partiamo dai fatti.

Giuseppe Conte e il suo braccio destro Gennaro Vecchione, generale di Divisione della Guardia di Finanza nominato a novembre 2018 direttore del Dis, nutrono nei confronti di Mancini una particolare stima. Ne apprezzano la capacità di muoversi con disinvoltura in quelle faglie scomode e sotterranee dove spesso politica e intelligence si incontrano.

 

Quella di Marco Mancini è una carriera costellata di successi e ombre, ma soprattutto di guai con la giustizia. Già a capo della Divisione controspionaggio del Sismi (Servizio Segreto Militare Predecessore dell’Aise), è stato braccio destro del generale Nicolò Pollari. Ha riportato nel 2005 in Italia la giornalista de “Il Manifesto” Giuliana Sgrena, sequestrata in Iraq -episodio che costò la vita all'agente del Sismi Nicola Calipari.

 

MATTEO RENZI E MARCO MANCINI

Fu condannato a nove anni nel 2013 per il sequestro dell’imam Abu Omar: una “extraordinary rendition” che consegnò nel 2003 il predicatore islamico agli agenti della Cia, nell’ambito della lotta internazionale al terrorismo.

 

La condanna di Mancini fu poi rimpallata tra un primo annullamento della Cassazione, un appello-bis, l’intervento della Corte Costituzionale per allargare i confini del segreto di stato e un definitivo annullamento senza rinvio della Cassazione. Per il caso, nel 2006 l’agente operativo del Sismi passò un periodo a San Vittore.

Marco Mancini pollari

 

Come ricorda l’Ansa, fu persino “sfiorato da un aspetto marginale dell'inchiesta sulla 'Banda della Uno Bianca, composta per lo più da poliziotti e che tra la metà del 1987 e l'autunno del 1994 si lasciò dietro 24 morti e oltre cento feriti tra Bologna, la Romagna e le Marche.

 

Mancini, che allora era direttore del Sismi di Bologna, venne indagato per false dichiarazioni a pubblico ministero dal Pm Valter Giovannini, che conduceva l'inchiesta sulla Uno Bianca. Alla fine, comunque, lo stesso magistrato chiese l'archiviazione per l'ufficiale”.

 

conte vecchione

Mancini fu poi nuovamente arrestato con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione e alla violazione del segreto d'ufficio per il caso dei dossier illegali che coinvolse l’ex capo della Security di Telecom, Giuliano Tavaroli.

 

L'ex capo del controspionaggio fu accusato di vendere informazioni, sfruttando il suo ruolo da 007, per permettere all’investigatore privato Emanuele Cipriani di creare dossier illegali. Anche quella vicenda, a maggio del 2010, si concluse in un nulla di fatto.

Marco Mancini

 

Come recitava l’Ansa: “Cosi', dopo oltre un anno di udienza preliminare con tanto di incidente probatorio e un supplemento istruttorio con la citazione di testimoni tra cui il presidente di Pirelli Marco Tronchetti Provera, il giudice ha deciso di prosciogliere in gran parte nel merito, ma anche per l'esistenza del segreto di Stato e per prescrizione, l'ex numero due del Sismi Mancini, uno dei protagonisti della vicenda”.

 

nicola gratteri 4

Un passato burrascoso, certo, ma che non ha intaccato la stima verso Mancini da parte di Conte e Vecchione. L’agente, uscito indenne dalle varie inchieste, ha poi mostrato la sua abilità all’Economato del Dis, il centro di smistamento dei fondi riservati dei servizi.

 

Un lavoro certosino che gli ha permesso di guadagnarsi la stima del magistrato anti-‘Ndrangheta Nicola Gratteri, lo stesso che Matteo Renzi avrebbe voluto ministro della Giustizia nel suo governo (il magistrato restò al palo per il “niet” dell’allora presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che non lo volle).

 

Marco Mancini

Davanti a un tale cursus honorum, il tandem Conte-Vecchione valutò l’ipotesi di promuovere l’allora caporeparto del Dis Marco Mancini alla vicedirezione dell’Aise, il nostro servizio segreto estero.

 

Una scelta che non incontrò né i favori del direttore dell’Aise, Giovanni Caravelli, né l’entusiasmò degli alleati di governo (la carica del vicedirettore dei Servizi è una nomina politica e va concordata con i partiti). L’allora ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, e Di Maio, in carica agli Esteri, si opposero alla promozione di Mancini.

 

La “candidatura” di Mancini è stata sostenuta da una “campagna elettorale” serrata ma alla fine arrivò il “no” più pesante, quello del Quirinale. Il “non expedit” di Mattarella fu la pietra tombale sulle ambizioni dello 007, che a quel punto decise di “accontentarsi” di un’altra poltrona, quella di vicedirettore del Dis.

 

report incontro mancini renzi 1

Iniziarono giorni frenetici di incontri, telefonate, passaparola. Si racconta anche di un incontro alla Farnesina chiesto a Di Maio da Nicola Gratteri e Marco Mancini (di cosa avranno mai parlato? Ah, saperlo...).

 

Le settimane volarono via veloci e si arrivò a dicembre del 2020. Era il periodo in cui le ambizioni professionali di Mancini dovettero fare i conti con la crisi del suo principale sponsor, Giuseppe Conte. Il suo governo-bis, quello retto dall’alleanza tra M5s e Pd, stava traballando. Come avrebbe potuto Mancini fare un salto di carriera se Peppiniello Appulo fosse andato a casa? Bisognava “disinnescare” il principale pugnalatore di quel governo, Matteo Renzi.

marco mancini e matteo renzi

 

Il 23 dicembre 2020, alla stazione di servizio di Fiano Romano, il senatore semplice di Rignano incontrò Marco Mancini. La consegna dei “babbi”, i tipici dolcetti natalizi al cioccolato, era un ottimo pretesto per scambiare due chiacchiere.

 

L’agente segreto aveva l’occasione di tastare il terreno sulle intenzioni di Matteuccio nei confronti del Conte-bis e sulla sua indisponibilità a far nascere il Conte-ter.

 

La carriera dello 007 dipendeva dalla sopravvivenza politica del duo Conte-Vecchione. Perché non provare a prendere due piccioni con una fava: salvare l’esecutivo, dialogando con il riottoso Renzi, e poi riscuotere un credito con una bella promozione?

 

giuseppe conte gennaro vecchione 1

Ma lo scenario politico era in pieno disfacimento, le alleanze stavano saltando, si stava andando al muro contro muro. Erano i giorni in cui Renzi andò a trovare Draghi a Città della Pieve chiedendogli la disponibilità a guidare il Paese. Mariopio non disse “no” ma aprì all’evenienza con una risposta da gesuita: “Non è nei miei pensieri”. Era il via libera alla campagna martellante che poi Renzi condusse per spingere Draghi a palazzo Chigi.

 

A inizio gennaio 2021 l’allora segretario del Pd, Nicola Zingaretti, inveì contro i renziani guastatori immolandosi a difesa di Peppiniello Appulo: “O Conte o voto” (pagherà il suo “oltranzismo contiano” con le dimissioni dalla segreteria del Pd dopo aver perso la fiducia di mezzo partito e dello stesso Mattarella).

conte zingaretti

 

Il 13 gennaio Renzi fece dimettere dal governo le ministre Bellanova e Bonetti e il sottosegretario Scalfarotto. A sorpresa il 22 gennaio Giuseppe Conte mollò l'Autorità Delegata per la sicurezza della Repubblica (solo dopo un’infinita giaculatoria la "Pochette con le unghie" passò al diplomatico Pietro Benassi la delega ai servizi, su cui era stato a lungo incalzato proprio da Renzi).

 

Erano giorni convulsi, iniziò la caccia ai “Responsabili”, i salvatori in extremis della poltrona di Conte e della promozione di Mancini. Partirono trattative febbrili, si rincorrevano i senatori del Maie, i fuoriusciti di Forza Italia, gli ex grillini. Che farà Sandra Mastella? E Lello Ciampolillo?

 

Tutti aggrappati al pallottoliere fino a quando il Quirinale chiuse la partita, bloccando le alchimie dei capi dei “Responsabili”, Tabacci e Cesa, mandando al macero il governo Conte, che rassegnò le dimissioni il 26 gennaio 2021. Gli Europoteri, scettici sull’affidabilità del governo Conte nella gestione dei fondi del Pnrr, avevano “chiesto” maggiori garanzie e il Colle calò il suo asso, Draghi.

 

MATTEO RENZI E MARCO MANCINI

In tutto questo, Conte sapeva dell’incontro, che non ha poi prodotto alcun risultato, tra Renzi e Mancini a Fiano Romano?

 

L'Avvocato del popolo era a conoscenza, come Autorità delegata ai Servizi, della “missione” dell’agente segreto?

 

Ancora: Mancini ebbe l'autorizzazione da Vecchione per recarsi all'Autogrill di Fiano Romano per incontrare Renzi?

 

Nella ricostruzione iniziale sembrava che Peppiniello fosse all’oscuro di tutto. Il famoso video girato dalla professoressa, in cui l’ex sindaco di Firenze e lo 007 stanno chiacchierando, fu mandato prima al “Fatto quotidiano” (dove non lo videro proprio) e successivamente a “Report” che lo mandò in onda a maggio 2021, quando Conte era ormai fuori da palazzo Chigi.

 

NICOLA ZINGARETTI E GIUSEPPE CONTE

Ma un articolo di Rita Cavallaro per “L’Identità”, quotidiano diretto dal renziano Tommaso Cerno, del 6 dicembre 2022 ha offerto un’altra versione: “Il video dell'autogrill fu consegnato ai vertici dello Stato e sarebbe arrivato anche a Palazzo Chigi tre mesi prima che Report lo mandasse in onda. Più di una fonte conferma che l'allora premier Giuseppe Conte lo avrebbe visto, ma il capo dei pentastellati, interpellato da L'identità, smentisce di aver visionato il filmato che mostra l'incontro a Fiano Romano, il 23 dicembre 2020, tra Matteo Renzi e il capo reparto del Dis Marco Mancini".

 

Continua "L'Identità": ''I servizi non mi hanno fatto vedere nulla, non mi sono impicciato con loro di questa questione, anche perché non ricordo bene quando esplose il caso tramite Report, ma stavo andando via'", dice Giuseppe Conte. E spunta così il giallo nel giallo. Perché quel filmato venne trasmesso dalla trasmissione di Rai Tre diretta da Sigfrido Ranucci solo il 3 maggio successivo, quando ormai al governo c'era Mario Draghi e a capo dell'intelligence Franco Gabrielli”.

 

renzi conte

La confusione di Conte sulle date ha offerto l’assist a Renzi per evocare sospetti: "Ha detto che quando gli arrivò la notizia dell'autogrill, quindi dell'incontro Mancini-Renzi, era alla fine dell'esperienza di governo, si trattava di una questione che riguardava il sottoscritto, c'era una polemica politica e ha ritenuto di starne fuori. C'è un piccolo particolare: quando è uscita la notizia dell'autogrill non era più presidente del Consiglio. Conte data questo momento tra dicembre e gennaio ma la domanda è,  chi gli ha detto a gennaio dell'autogrill? Come faceva Conte a sapere dell’incontro all’autogrill con Mancini verso la fine del suo governo quando la notizia diventa pubblica a maggio del 2021? A maggio 2021 il premier era già Draghi da tre mesi… Strano, no? O Conte si confonde, o Conte mente, e non voglio crederlo, oppure Conte nasconde qualcosa".

 

renzi conte

E' invece probabile che Vecchione abbia informato Conte all'indomani  dell'incontro Mancini-Renzi, riferendogli del fallimento dell'iniziativa salva-governo.

 

Ma tornando alla domanda iniziale: perché Giuseppe Conte ha tentato, in tutti i modi, di dare una promozione all’agente dei servizi segreti Marco Mancini nel corso dei suoi due governi? Quali “argomenti” aveva lo 007 per convincere Conte e Vecchione a puntare su di lui?

Ultimi Dagoreport

sergio mattarella quirinale

DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È IMBUFALITO PER I ‘’COLPI DI FEZ’’ DEL GOVERNO MELONI. A FAR SOBBALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO STATI I SUOI CONSIGLIERI QUIRINALIZI - QUANDO HA LETTO SUI GIORNALI IL SUO INTERVENTO A LATINA IN OCCASIONE DEL PRIMO MAGGIO, CON LA SEGUENTE FRASE: “TANTE FAMIGLIE NON REGGONO L'AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA. SALARI INSUFFICIENTI SONO UNA GRANDE QUESTIONE PER L'ITALIA”, A SERGIONE È PARTITO L’EMBOLO, NON AVENDOLE MAI PRONUNCIATE – PER EVITARE L’ENNESIMO SCONTRO CON IL GOVERNO DUCIONI, MATTARELLA AVEVA SOSTITUITO AL VOLO ALCUNI PASSI. PECCATO CHE IL TESTO DELL’INTERVENTO DIFFUSO ALLA STAMPA NON FOSSE STATO CORRETTO DALLO STAFF DEL COLLE, COMPOSTO DA CONSIGLIERI TUTTI DI AREA DEM CHE NON RICORDANO PIU’ L’IRA DI MATTARELLA PER LA LINEA POLITICA DI ELLY SCHLEIN… - VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE AMERIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO

banca generali lovaglio francesco gaetano caltagirone philippe donnet alberto nagel milleri

DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL ANDRÀ IN PORTO (SBARAZZARSI DEL CONCUPITO “TESORETTO” DI MEDIOBANCA ACQUISENDO BANCA GENERALI DAL LEONE DI TRIESTE), L’82ENNE IMPRENDITORE ROMANO AVRÀ BUTTATO UN PACCO DI MILIARDI PER RESTARE SEMPRE FUORI DAL “FORZIERE D’ITALIA’’ - UN FALLIMENTO CHE SAREBBE PIÙ CLAMOROSO DEI PRECEDENTI PERCHÉ ESPLICITAMENTE SOSTENUTO DAL GOVERNO MELONI – A DONNET NON RESTAVA ALTRA VIA DI SALVEZZA: DARE UNA MANO A NAGEL (IL CEO DI GENERALI SBARRÒ I TENTATIVI DI MEDIOBANCA DI ACQUISIRE LA BANCA CONTROLLATA DALLA COMPAGNIA ASSICURATIVA) - PER SVUOTARE MEDIOBANCA SOTTO OPS DI MPS DEL "TESORETTO" DI GENERALI, VA BYPASSATA LA ‘’PASSIVITY RULE’’ CONVOCANDO  UN’ASSEMBLEA STRAORDINARIA CHE RICHIEDE UNA MAGGIORANZA DEL 51% DEI PRESENTI....