PINOCCHIO AMATO - LA STANGATA DEL ’92 NON FU CONCEPITA DA UNO SVAGATO GORIA, BENSÌ SCRITTA NEGLI UFFICI DELLA BANCA D'ITALIA

Giorgio Meletti per "Il Fatto Quotidiano"

Ce lo potevamo trovare presidente della Repubblica, il professor Giuliano Amato. Uno che invade una pagina del Corriere della Sera, gentilmente concessa, con uno sfogone per riabilitare "la mia storia calpestata".

Uno che, considerando le critiche imboscate di "diffamatori di professione", le rintuzza inventandosi la fantasmagorica novella secondo la quale il prelievo forzoso sui conti correnti bancari, che il suo governo fece scattare il 9 luglio 1992, fu colpa dell'allora ministro delle Finanze Giovanni Goria, detto Gianni. Un morto che non si può difendere.

Seguite il racconto di Amato e cercate la differenza da una mano di briscola, con ammicchi e tutto. Il governo doveva trovare 30 mila miliardi di lire per tamponare la falla nei conti pubblici, ma "passai un'intera notte a cercare alternative, e tutto l'apparato dei ministeri non riusciva ad andare oltre la proposta di aumentare l'Irpef". Accerchiato da incapaci privi di fantasia, il socialista Amato sbotta: "Queste cose le potete chiedere alla Thatcher, non a me".

L'intervistatore, Aldo Cazzullo, che mai disturba lo sfogo con obiezioni o richieste di chiarimento, forse è troppo giovane per ricordare che in epoca di concertazione furono i sindacati, dal moderato Sergio D'Antoni della Cisl allo scatenato Giorgio Cremaschi della Cgil, a intimare al governo di non toccare l'Irpef. Amato ha sempre ragione, anche quando la spara grossa nessuno fa "boom!".

E dunque fu lui a difendere i lavoratori dalla rapacità di Goria, il quale a quel punto sfoderò l'idea del prelievo dai conti correnti. "Risposi: 'Gianni, lavoraci e dimmi domattina cosa ne pensa Ciampi'. Il mattino dopo ci fu un equivoco: capii che Goria con la testa mi dicesse di sì quando chiesi se Ciampi era d'accordo; in realtà Ciampi non l'aveva neanche sentito, e la misura passò".

Uno può anche sentirsi male. La famosa manovra da 90 mila miliardi, con cui il governo Amato salvò l'Italia, nacque dunque così? Con un premier che chiede, un ministro che ammicca, un premier che capisce male? "E così la misura passò". Ma in quale bar di quale periferia è accaduto? E perché Amato, dopo "una vita in cui ho manifestato capacità, competenze e nulla altro", prende per così scemi i suoi lettori ed ex elettori?

Il prelievo sui conti correnti è passato alla storia per la sua iniquità. Fu preso lo 0,6 per cento delle giacenze in banca: un miliardario che il giorno prima avesse investito tutto in Bot non pagò niente, un pensionato che il giorno prima avesse venduto una casa per comprarne un'altra per il figlio, trovandosi sul conto solo per quella notte, per esempio, 200 milioni di lire, dovette consegnare un milione e 200 mila lire alla Patria.

Ma quella misura era molto tecnica, e non fu concepita da uno svagato Goria tra una strizzata d'occhio e un colpo di sordità, bensì scritta negli uffici della Banca d'Italia dallo staff dell'allora vicedirettore generale Tommaso Padoa-Schioppa (un altro che non può più testimoniare) mentre gli uomini dell'altro vicedirettore generale, Antonio Fazio, si occuparono di mettere a punto l'altra sorpresa fiscale, l'Ici sugli immobili.

Fazio, l'allora direttore generale Lamberto Dini e l'allora governatore della Banca d'Italia , Carlo Azeglio Ciampi, sono vivi e possono farci sapere se è vero che il governo Amato varava le stangate fiscali come fossero partite a dadi, e che il prelievo dai conti correnti fu deciso senza sentire il parere della Banca d'Italia perché quel distrattone di Gianni Goria "in realtà Ciampi non l'aveva neanche sentito".

Il venerato pensatore socialista ha l'antipatica abitudine di riscrivere la sua storia infierendo sui morti. Inveisce sul "signor Grillo" perché lo chiama "tesoriere di Craxi": "mente sapendo di mentire: usa il termine che possa farmi apparire il più spregevole possibile".

Amato ha ragione, lo spregevole titolare non è lui, ma Vincenzo Balzamo, morto 21 anni fa. Poi c'è la pensione da 31 mila euro al mese. Amato tuona: "Un falso clamoroso. È una cifra lorda comprensiva del vitalizio, che verso in beneficenza". Quindi è vero, ma l'intervistatore si dimentica di chiedergli a chi versa il vitalizio e da quando.

Ma il professor Amato è dottor sottile, grande giurista e in quanto tale giudice di se stesso. Quando non basta, schiera la figlia avvocato che tempesta di querele, a quanto pare, "questi incorreggibili propalatori di falsi": "Mia figlia si lamenta, dice che sono diventato un lavoro pesante per lei, ma è soddisfatta, perché le vince tutte". Tutte quali? È come la beneficenza: mai un esempio, mai un'informazione precisa, mai un'obiezione dell'intervistatore.

 

Giuliano Amato Giuliano Amato Aldo Cazzullo SERGIO DANTONI TOMMASO PADOA SCHIOPPA - Copyright PizziLamberto Dini

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