
PRESTO, UNA POLTRONA PER IL “DOGE”! – NELLA TELENOVELA VENETA, LUCA ZAIA RIMANE LA VARIABILE IMPAZZITA – IL GOVERNATORE USCENTE POTREBBE RINUNCIARE ALLA SUA LISTA PERSONALE, CHE SOTTRARREBBE VOTI A TUTTI I PARTITI DEL CENTRODESTRA, PER ACCETTARE DI FARE IL CAPOLISTA DELLA LEGA IN TUTTE LE PROVINCE – MA, NEL FACCIA A FACCIA CON SALVINI A PALAZZO BALBI A VENEZIA, ZAIA HA PRETESO ASSICURAZIONI SUL SUO FUTURO: SINDACO DI VENEZIA O PARLAMENTARE A ROMA…
Estratto dell’articolo di Giulia Merlo per “Domani”
In Veneto il centrodestra si aggrappa a una sola certezza: la regione è virtualmente imperdibile, chiunque sia il candidato presidente dopo il quindicennio di Luca Zaia. Questa condanna a governare, però, è anche la maledizione che ha pietrificato la coalizione.
Acquattato rimane il “doge”, che sembra divertirsi a seminare dubbi. Non nasconde l’amarezza per il mancato quarto mandato, non si sbilancia su chi secondo lui – tra Fratelli d’Italia e Lega – esprimerà infine il suo successore, continua a ribadire quanto una lista con il suo nome farebbe bene ai veneti indecisi, sebbene gli alleati siano contrari.
Ora, poi, è spuntata una nuova ipotesi e ad avvalorarla sembra essere Matteo Salvini. Braccato dai giornalisti al lido di Venezia, a chi gli domandava di un possibile Zaia candidato capolista in tutte le province venete, ha risposto con un sorriso sibillino: «Chiedetelo a lui».
Tradotto: non può correre da presidente e gli alleati bloccano la sua lista personale perché sarebbe quella di un non-candidato, ma nulla gli vieta di candidarsi sul serio come consigliere e prestare alla Lega non solo la mistica del suo cognome, ma anche la plasticità della sua ennesima discesa in campo «per i veneti», come gli piace dire.
[...] Il discorso è emerso nel lungo colloquio di quasi un’ora tra i due leghisti a palazzo Balbi, ma anche questa strategia porta con sé ulteriori condizioni. Una sopra tutte, che vale in ogni caso: Zaia non scioglierà nessuna riserva fino a quando non gli verranno date certezze a lui gradite per il futuro, siano esse a Roma (magari al posto di un Alberto Stefani, oggi deputato, domani candidato presidente) con un ruolo di primo piano o a Venezia, dove farebbe il sindaco nella città più internazionale della regione.
MATTEO SALVINI - LUCA ZAIA - FOTO LAPRESSE
A quest’ultima soluzione, però, in pochi credono. Fonti venete confermano l’interessamento del doge (che pure è di nascita trevigiana, elemento non secondario per il campanilismo regionale) ma, se la regione rimarrà alla Lega, FdI pretenderà quasi certamente la perla dell’Adriatico.
L’ipotesi di questa candidatura, per certi versi, richiama la strategia Vendola in Puglia. Alla Lega non basta ottenere il candidato presidente ma deve anche ottenere un risultato di lista importante per scongiurare il rischio di finire tenuta a guinzaglio corto da Fratelli d’Italia, che certamente rivendicherà tutti gli assessori di peso forte del suo oltre 30 per cento in regione.
FRANCESCO ACQUAROLI GIORGIA MELONI
In questo senso il nome di Zaia in cima a tutte le liste sarebbe la salvezza, irrobustendo (c’è chi dice più che raddoppiando) il 14 per cento preso dalla Lega alle europee. Una salvezza per Salvini, che così avrebbe il candidato governatore e anche una lista a prova di Fratelli d’Italia, scampando il rischio di una lista personale dell’ex governatore che certamente metterebbe in ombra quella del partito, drenandone preferenze.
[...] in cambio di cosa Zaia si metterebbe a disposizione del partito («come ho sempre fatto», dice lui a chi lo interroga) rinunciando alla soluzione preferita della lista personale, il che significherebbe anche lasciare a casa molti dei suoi uomini che non troverebbero posto nell’elenco dei nomi in quota Lega? Questo è l’interrogativo tutt’ora irrisolto.
Il doge sa che ricandidarsi in regione significa imbullonarsi in Veneto, dove il suo potere è ormai granitico: una prova di forza che deve essere fatta in vista del passo successivo, altrimenti sarebbe solo un salvagente per Salvini.
[...] Di Veneto si parlerà davvero solo dopo il 29 settembre, dopo l’esito del voto nelle Marche. Con una vittoria di Francesco Acquaroli, palazzo Balbi potrà rimanere leghista, altrimenti Giorgia Meloni potrebbe dover cambiare strategia e rivendicare il Veneto oggi invece che la Lombardia domani.
Il tempo che rimane è poco, però. In Veneto si voterà – anche se manca l’ufficialità – il 23 novembre, dunque il futuro candidato avrà meno di due mesi davanti. Pochissimo ma abbastanza, considerando che la contesa appare già vinta in partenza. Ecco perché i leghisti faranno fortissimo il tifo per Acquaroli. «La Lega si è infilata in un guaio, rivendicando così il candidato: se qualcosa dovesse andare storto, con che faccia tornerebbero indietro?», è il ragionamento di un meloniano in Veneto.
All’opposto, sul fronte leghista, un dirigente di area Zaia riflette: «Se il candidato non sarà nostro, saremmo pronti a rompere e correre da soli. Lo abbiamo detto anche mesi fa». Nel mezzo, c’è Salvini. Anche se non potrà mai dirlo ad alta voce, il primo a non volere una lista Zaia è proprio lui e la quota “romana” del partito, perché significherebbe imbrigliare il futuro presidente veneto non solo a Meloni, ma anche al doge più di quanto già di per sé non sarà. [...]
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GIORGIA MELONI E LUCA ZAIA