renzi al thani qatar

LA PREMIATA RENZI HOLDING HA UN CUORE IN QATAR - QUEI LEGAMI TRA IL DUCETTO E LA CASA REALE DELL'EMIRATO – CHISSA’ PERCHE’ IL QUARTIER GENERALE DI MATTEO A FIRENZE E’ DENTRO UN ALBERGO CONTROLLATO DA UN FONDO DI DOHA? – E PROPRIO LO STESSO FONDO SI E’ POI TIRATO INDIETRO, DOPO IL REFERENDUM, DAL SALVATAGGIO DI MONTEPASCHI - LE ANTICIPAZIONI DI DAGOSPIA

 

Vittorio Malagutti per l’Espresso

 

RENZI TAMIN AL THANI QATARRENZI TAMIN AL THANI QATAR

Chiamatela, se volete, Qatar connection. Un’attrazione fatale, scandita da coincidenze che si fatica a considerare casuali. Sta di fatto che Matteo Renzi, il suo percorso di statista, di uomo politico, di privato cittadino, negli ultimi mesi ha incrociato con grande frequenza la rotta del ricchissimo emirato, una monarchia assoluta governata dalla dinastia Al Thani.

 

Banche, alberghi, armi, navi da guerra, compagnie aeree, sport, cultura: da mesi l’Italia è il fronte più avanzato dell’offensiva lanciata dal Qatar. Un’offensiva a suon di affari e pubbliche relazioni annaffiata da abbondanti dosi di denaro. Miliardi di euro che, come sempre accade, aprono molte porte, spalancano l’ingresso di palazzi altrimenti inaccessibili. E Renzi, in un modo o nell’altro, si trova al centro di questa ragnatela, tra politica, alta finanza e diplomazia. Lo raccontano le cronache. Lo confermano i dettagli di alcune operazioni che collegati tra loro formano una trama che porta dritta nella penisola arabica.

TAMIM AL THANI QATARTAMIM AL THANI QATAR

 

Cominciamo dalla fine. Da un viaggio lampo segnalato dal sito Dagospia. Il 19 gennaio, l’ex presidente del Consiglio è sbarcato in Qatar per poi rientrare in Italia dopo poche ore. Non si conoscono i motivi della trasferta, che non è mai stata smentita dal diretto interessato. A questo proposito, nei palazzi romani si sprecano congetture e pettegolezzi, ma senza avventurarsi in ipotesi azzardate va ricordato che solo pochi mesi fa Renzi fu lo sponsor più autorevole dell’intervento dell’emiro Tamim bin Hamad al-Thani per salvare dal crack il Monte dei Paschi di Siena.

 

Il sovrano del piccolo Stato arabo, 2,6 milioni abitanti su una superficie di poco superiore a quella dell’Abruzzo, controlla un fondo d’investimento capace di muovere decine di miliardi di euro. E in Europa, anche attraverso altre holding o società personali delle più importanti famiglie locali, l’emirato con capitale Doha possiede già quote rilevanti di colossi bancari come Deutsche Bank (10 per cento) e Credit Suisse (17 per cento).

doha qatardoha qatar

 

Per Mps si ipotizzava un investimento di un miliardo. Poca cosa, vista e considerata la dotazione finanziaria del Qia, una sigla che sta Qatar Investment Authority. Così, tra ottobre e novembre dell’anno scorso, sui giornali rimbalzarono a lungo le indiscrezioni sull’imminente entrata in scena degli arabi nell’inedito ruolo di salvatori del Monte. L’arrivano i nostri, però, è rimasto ben chiuso nel libro dei sogni. A dicembre nessuno ha più evocato il fantasma dell’emiro e adesso, per coprire i buchi nel bilancio di Siena, sarà necessario l’intervento pubblico, sempre che Bruxelles dia via libera agli aiuti di Stato.

 

DEUTSCHE BANKDEUTSCHE BANK

«Avevamo creato le condizioni per un investimento estero importante - il fondo del Qatar - che ha detto no il giorno dopo il referendum per l’instabilità politica». Nell’intervista a la Repubblica pubblicata lo scorso 15 gennaio, l’ex premier ha ricostruito in questi termini la vicenda Mps. E allo stesso tempo ha rivendicato in modo esplicito il suo ruolo nel vagheggiato affare con l’emiro. Un affare che per giorni e giorni si è gonfiato come un soufflé per effetto dei boatos provenienti dai palazzi romani. Per poi sparire improvvisamente dai radar una volta passata la boa del referendum. Nel frattempo, però, da Doha non è mai arrivato un solo cenno di conferma dell’interesse dell’emiro per Mps. E, ovviamente, non è stato spiegato neppure il dietro front.

 

mpsmps

A giochi fatti, Renzi se l’è presa con «l’instabilità politica» seguita alla sconfitta (la sua) nel referendum. Una versione di parte, che non pare sorretta da dati di fatto. A differenza da quanto paventato da alcuni, la vittoria del No al referendum non ha innescato nessuna catastrofe economica. Vien quindi da pensare che l’offerta sia stata ritirata per altri motivi, magari legati ai conti disastrati del Monte dei Paschi. Oppure, più semplicemente, la soluzione targata Qatar non era altro che un’ipotesi, una cornice ancora tutta da riempire di fatti concreti.

 

D’altra parte non pare proprio che di recente l’emiro Tamim al-Thani, 36 anni, sul trono dal 2013 dopo l’abdicazione del padre Hamad al-Thani, si sia fatto granché impressionare dal precario stato di salute dell’economia italiana. E lo stesso Renzi si trova in una posizione privilegiata per confermare la passione dei sovrani del Qatar per il Belpaese. Dall’inizio dell’anno, infatti, l’ex premier ha più volte ricevuto amici e interlocutori politici in un ufficio ricavato all’interno dell’hotel Four Seasons di Firenze, un cinque stelle lusso che quattro anni fa è stato comprato proprio dalla famiglia al-Thani.

 

four season firenzefour season firenze

Sborsando una somma stimata intorno ai 150 milioni, i sovrani del Qatar si sono così aggiudicati Palazzo delle Gherardesca, il capolavoro dell’architettura rinascimentale che ospita l’albergo. La proprietà, che comprende anche quattro ettari di parco a pochi minuti a piedi dal centro città, era stata messa in vendita da Corrado e Marcello Fratini, legati a Renzi per via del comune amico Jacopo Mazzei, l’uomo d’affari che gestisce le attività immobiliari dei due fratelli fiorentini.

 

L’operazione Four Seasons non è che una tappa, e neppure la più importante, del lungo filotto di acquisizioni messe a segno in questi ultimi anni nel nostro Paese dai sovrani del Qatar. Ci sono gli alberghi, per esempio, collezionati come trofei da esibire al mondo. Oltre al già citato Four Seasons, gli investitori dell’emirato hanno comprato a Firenze il Baglioni e il St Regis Florence, il Gallia a Milano, Westin Excelsior e Grand Hotel St Regis a Roma, Palazzo Gritti a Venezia.

 

porta nuova milano 2porta nuova milano 2

Tutti cinque stelle o cinque stelle lusso, in posizione centralissima. La campagna acquisti, cominciata nel 2014 è costata oltre un miliardo di euro. Ma non è solo questione di hotel. Ci sono per esempio i grattacieli di Porta Nuova a Milano, quelli che tra l’altro ospitano la sede di Unicredit, comprati dal Qia nel 2015 per una somma ben superiore al miliardo. A gestire quella transazione fu il manager Manfredi Catella, un renziano militante, tanto da organizzare eventi e cene già nel 2014 per raccogliere fondi per il Pd dell’allora premier. Ora Catella guida una società quotata in Borsa, la Coima Res, che ha come principale azionista proprio il fondo sovrano del Qatar.

 

MANFREDI CATELLA FOTO MANFREDI CATELLA FOTO

A meno di sorprese clamorose, è invece atteso per fine mese il via libera dell’Antitrust europea all’acquisto del 49 per cento della compagnia aerea Meridiana da parte di Qatar airways. La quota di maggioranza resterà a una holding dell’Aga Khan, ma la gestione di Meridiana, da tempo in grave difficoltà, passerà alla società dell’emirato, che invece è in forte espansione. Di recente, tra l’altro, Qatar airways ha inaugurato una nuova rotta dall’Italia verso Doha.

 

E qual è l’aeroporto prescelto per questi voli supplementari che vanno ad aggiungersi a quelli in partenza da Roma, Milano e Venezia? La risposta porta ancora in Toscana e, indirettamente, a Renzi. Da agosto dell’anno scorso, infatti, gli aerei con le insegne delle compagnia araba decollano e atterrano a Pisa, lo scalo controllato dalla Adf, la società Aeroporti di Firenze quotata in Borsa e presieduta da Marco Carrai, l’uomo d’affari grande amico dell’ex presidente del Consiglio.

 

alitalia meridianaalitalia meridiana

L’acquisto di Meridiana, che ha Olbia per base principale, rientra in un disegno strategico più ampio. Già nel 2012 il Qatar si è preso la Costa Smeralda. Nel senso che il fondo sovrano del Paese arabo ha rilevato il complesso di alberghi e spiagge esclusive che in trent’anni, sotto il controllo dell’Aga Khan (lo stesso di Meridiana), è diventato un marchio globale del turismo per ricchi e ricchissimi. A vendere, in questo caso, è stato il fondo Colony del finanziere americano Tom Barrack, ma cinque anni dopo lo sbarco in Gallura, l’emiro corre in salita per completare un altro progetto.

 

Niente lusso, questa volta. Il crack del gruppo San Raffaele, quello di don Verzè, ha lasciato a metà il cantiere del Mater di Olbia e una fondazione del Qatar si è presa l’impegno di completare la costruzione dell’ospedale, annunciato come un centro d’avanguardia in grado di garantire cure di altissimo livello e anche 600 nuovi posti di lavoro in una regione come la Sardegna ad alto tasso di disoccupazione.

HOSTESS QATARHOSTESS QATAR

 

Le prime voci sull’arrivo degli arabi al Mater Olbia risalgono all’inizio del 2014, nell’ultima fase del governo di Enrico Letta, ma poi è stato Renzi a spendersi in prima persona per promuovere il progetto. A maggio del 2014 l’allora presidente del Consiglio annuncia un miliardo di investimenti in Sardegna promessi dalla Qatar Foundation per il nuovo ospedale. Nulla si muove per mesi e nell’ottobre successivo Renzi incontra di nuovo i rappresentanti arabi. Niente da fare. Bisogna attendere il maggio 2015 per l’inaugurazione del nuovo cantiere. «Si sblocca il Mater», twitta il premier che vola ad Olbia per celebrare l’evento. Sono passati quasi due anni e l’ospedale resta un’incompiuta. La burocrazia regionale e una serie di contrattempi tecnici hanno più volte bloccato i lavori.

 

Mater OlbiaMater Olbia

Per l’inaugurazione, quella vera e definitiva, adesso si parla di metà 2018, con tre anni di ritardo rispetto a quanto annunciato da principio. Non proprio un gran successo. Eppure Renzi ce l’ha messa tutta per apparire come un interlocutore credibile agli occhi dell’emiro di Doha. Il primo contatto con lo sceicco Tamim al-Thani risale a novembre 2015 con un colloquio riservato durante la conferenza sul clima di Parigi. Passano meno di due mesi e a gennaio del 2016 il sovrano arabo sbarca a Roma per una visita ufficiale.

FINCANTIERI MONFALCONEFINCANTIERI MONFALCONE

 

Nell’aprile successivo una nota ufficiale annuncia un colloquio telefonico tra i due capi di governo. Proprio in quelle settimane matura un altro grande affare. Questa volta i soldi del Qatar vanno a finanziare l’acquisto di ben sette navi da guerra complete di radar, sistemi di puntamento, missili e cannoni. Ad aggiudicarsi il contratto, che vale oltre quattro miliardi di euro, sono state due aziende di Stato, Fincantieri e Leonardo, la nuova ragione sociale di Finmeccanica. Quest’ultima, già nel 2015, aveva fornito all’emirato apparecchiature per la difesa aerea per un valore di 400 milioni di euro.

 

navi per qatarnavi per qatar

Il super appalto, siglato nel giugno 2016, viene presentato come una grande vittoria dei manager e della diplomazia italiana, che è riuscita a battere la concorrenza straniera, soprattutto francese. Poco importa, a quanto pare, che il regime di Doha sia più volte finito nella lista nera dei governi arabi sospettati di non impegnarsi a fondo contro il terrorismo islamico. È la doppia morale dell’Occidente, che di fronte ai miliardi degli Stati del Golfo, è pronta a chiudere gli occhi sulle loro politiche ambigue.

 

ENRICO LETTA CON EMIRO QATARENRICO LETTA CON EMIRO QATAR

Il Qatar, che ha accumulato una fortuna colossale grazie al petrolio e soprattutto al gas, è partito in ritardo rispetto ad Arabia Saudita ed Emirati Arabi, ma in questi ultimi anni la dinastia degli al-Thani si è mossa a gran velocità alla ricerca di nuove occasioni d’affari in Europa. Tentando allo stesso tempo di accreditarsi come un Paese solido e affidabile. L’organizzazione dei mondiali di calcio del 2022, ottenuta dopo una gara su cui gravano forti sospetti di corruzione, rientra in questa strategia.

 

valentino logovalentino logo

Da parte loro, prima la Gran Bretagna e poi la Francia hanno aperto la porta agli investimenti miliardari del Qatar, in qualche caso indispensabili per puntellare grandi imprese sull’orlo del crack. Esemplare il caso di Barclays, il colosso britannico del credito salvato nel 2008 dal fallimento grazie ai soldi di Doha. Buon’ultima è arrivata l’Italia. Per cominciare, nel 2012 il fondo Qia ha rilevato Valentino, simbolo della moda Made in Italy. E a novembre di quello stesso anno, con Mario Monti capo di governo, la Cassa Depositi e Prestiti a controllo pubblico si è alleata con la Qatar investment authority per realizzare investimenti comuni. Finora però l’unica operazione portata a termine è stata l’acquisizione del 28 per cento del produttore di carne Inalca, controllato dal gruppo Cremonini.

 

Il bello doveva ancora venire. Negli anni del governo Renzi gli investimenti del Qatar si sono moltiplicati e l’emirato ha trovato la sponda di Roma anche su altre partite in campo internazionale. In palio questa volta c’è la presidenza dell’Unesco, l’istituzione Onu per l’educazione, la scienza e la cultura. Per il Paese arabo è una questione di prestigio nazionale e in prima fila per promuoverne la candidatura alla guida Unesco c’è Mozah bint Nasser, seconda delle tre mogli dell’emiro padre a cui ha dato sette figli, tra cui il sovrano in carica.

renzi sceicca mouza qatarrenzi sceicca mouza qatar

 

L’affascinante Mozah, considerata una delle donne più eleganti del mondo, impegnatissima in campo umanitario, a giugno dell’anno scorso è stata ricevuta a Palazzo Chigi da Renzi. Tre mesi dopo è sbarcato a Roma Hamad al Kawary, candidato del Qatar alla poltrona di numero uno dell’Unesco. L’ospite arabo, in quell’occasione, ha ricevuto una laurea honoris causa dall’università di Tor Vergata. La stessa che alcune settimane prima aveva trovato un nuovo partner per sviluppare comuni progetti di ricerca. Un partner arabo: la Qatar university.

 

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