draghi renzi

‘ANVEDI COME BALLA MATTEUCCIO – DRAGHI GLI PROPOSE DI FAR FARE LE RIFORME ALLA TROIKA E RENZIE DISSE CHE MAI E POI MAI SI SAREBBE FATTO COMMISSARIARE – ADESSO HA PAURA CHE DRAGHI PRENDA IL SUO POSTO

1. DAGONEWS

“Se non ce la fai a fare le riforme, puoi sempre farle fare alla Troika. Non sarebbe la prima volta. In Gracia ha funzionato…”. Mario Draghi gliela avrebbe prospettata così, come un’ipotesi tra le tante, quel 12 agosto in cui si sono incontrati a Città della Pieve. Ma Renzie l’ha presa malissimo.

Matteo Renzi Matteo Renzi

 

Per lui solo parlare di “Troika” significa fine del suo governo, commissariamento umiliante, politica espropriata e via tragicizzando. Così ha respinto al mittente il gentile (e autorevole) consiglio, impegnandosi a fare le riforme in prima persona.

 

Adesso deve mettere mano alla riforma del lavoro il prima possibile e tenere d’occhio lo spread con la Spagna, paese che la Bce ci porta a modello. Non ha molto tempo a disposizione e ha pochi spazi per le distrazioni (tipo l’’Italicum), con il retropensiero minaccioso di una Troika “già a Vipiteno”, come direbbe Giulio Tremonti.

 

2. “ORA RENZI HA PAURA DI SUPER MARIO”

Elisa Calessi per "Libero Quotidiano"

 

La convinzione è maturata durante l’estate. Tra le pieghe di avvenimenti e conversazioni. Matteo Renzi è persuaso che l’establishment del Paese, i famosi salotti buoni, i grandi gruppi industriali ed editoriali, scommettano in una sua sconfitta per poi proporre come salvatore della patria, l’unico uomo che avrebbe la totale fiducia dell’Unione Europa, dei mercati finanziari e financo del Quirinale, Mario Draghi.

Draghi RenziDraghi Renzi

 

La sostituzione, il premier lo sa, non sarebbe facile. Renzi, al momento, può contare su un sostegno elettorale fortissimo, misurato in quel 40,3% delle Europee, e in sondaggi lusinghieri. Ma se gli indicatori economici dovessero rimanere negativi, se la disoccupazione dovesse restare ai livelli attuali, se il debito continuasse a crescere, se la ripresa non dovesse arrivare, insomma se tutti i tentativi di riforma messi in campo dall’esecutivo non portassero a un miglioramento, è convinto che c’è chi sarebbe pronto a calare la carta Draghi.

 

mario draghi 5mario draghi 5

Per questo la fotografia immortalata ieri dal bollettino della Bce, vista da Palazzo Chigi, non è un caso. Per questo negli ultimi mesi non si rintracciano dichiarazioni entusiaste di Renzi nei confronti del numero della Bce, nonostante i provvedimenti messi in campo dalla Banca centrale europea. E, bisogna dire, viceversa. Quella di Draghi è diventata, nel cerchio stretto del Rottamatore, una piccola, grande ossessione. «Vogliono farmi fuori e mettere al mio posto Mario Draghi», ha confessato a un amico.

 

Renzi non è tipo da darla vinta o da scoraggiarsi. E, come ha detto a Porta a Porta qualche giorno fa, non manca di autostima. Quindi è pronto a vender cara la pelle. E a combattere fino all’ultima goccia di sangue per non darla vinta agli ormai noti «gufi» e alle variazioni sul tema: i «professionisti delle tartine», i «tecnici della Prima Repubblica», «quelli che si lamentano».

 

Si è persuaso, però, che ci sia chi lavora per questa soluzione. Nel caso, ovviamente, che il governo fallisca nei suoi obiettivi, che la situazione economica peggiori, che la luna di miele con il Paese, per ora ancora in corso, finisca. Servono condizioni che, per ora, non ci sono. Ma il tempo in politica è un fattore decisivo. E può ribaltare tutto. Renzi crede che la classe dirigente del Paese non lo abbia digerito e aspetti la prima scivolata per farlo fuori. «Certo con me non sarà facile come con Mario Monti o con Enrico Letta».

 

Giorgio  Napolitano Giorgio Napolitano

Renzi ha dalla sua il consenso. Che non è un’arma da poco. Ma le pressioni dell’establishment si fanno sentire. Un’ostilità che il premier si spiega con le azioni che il suo esecutivo ha messo in campo. Contro le alte burocrazie, i manager, i magistrati. «Me la vogliono far pagare». E Draghi, è il ragionamento, è il jolly. L’uomo ha il sostegno dei poteri che contano, che potrebbe essere speso come quello che aggiusta i danni fatti dal “ragazzotto”. A impensierire Palazzo Chigi si aggiunge il fatto che il numero uno della Bce ha un ottimo rapporto con Giorgio Napolitano. Insomma i moventi, se si dovessero creare le condizioni, ci sono tutti.

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