“REPUBBLICA” SGUINZAGLIA IL MERLO (FRANCESCO) PER IL PEANA ALL’ “AMBIZIOSO E SBRUFFONE” RENZI: “LA SUA FAME DA LUPO NEL MONDO DELLA SINISTRA È L’USCITA COLLETTIVA DAL SOFFOCAMENTO DA NOMENKLATURA”

Francesco Merlo per "la Repubblica"

È LA sua qualità migliore, la più pericolosa, la meno italiana perché l'ambizione esibita è peccato mortale nella patria dei falsi umili: «Ho ambizione smisurata, non lo smentisco ». E sarà pure figlia di un complesso di inferiorità, un malessere, ma è la forza oscura che lo spinse a candidarsi sindaco, solo contro tutti, sbeffeggiato dal segretario della Cgil che gli disse: «A vincere sarà il mio uomo». Vinse Renzi e l'altro arrivò ultimo.

Ha detto Renzi giovedì in direzione: «Se non avessi rischiato, ora sarei al secondo mandato da presidente della Provincia». E certo, la frase «c'è un'ambizione smisurata che bisogna avere, la deve avere il segretario del Pd come l'ultimo delegato» esprime benissimo quella volontà di potenza che fece morire in manicomio un ambizioso ben più ambizioso di Renzi, che in fondo ancora non ci ha parlato di Superuomo.

E però ditemi se quello che segue non è un Renzi nietzschiano: «Una volta, un pezzo grosso del mio partito mi disse: "Ciccio, a me hanno insegnato che a trentaquattro anni si rispetta la fila". Disse proprio così: "si rispetta la fila". Come al supermercato, quando tutti abbiamo da svuotare il carrello. Uno per volta, rispettando la fila. Solo che facendo così in politica non si svuota il carrello, si svuota l'entusiasmo.

Decisi che non volevo (e ancora oggi non voglio) fare il pollo di batteria. Non volevo che gli altri decidessero i tempi. Non volevo stare alle loro regole, le regole di una generazione che ha già dato tutto quello che poteva dare». Come si vede, qui l'ambizione è la rottura degli argini stretti da parte di una personalità straripante, un ingorgo di pulsioni che dal cervello gli arrivarono alla bocca: «Rottamazione».

Si sa com'è andata: la volgarità dell'ambizione ostentata ha trasmesso un sapore autentico, Renzi è sembrato simpatico e sanguigno, con quegli incredibili pantaloni attillati e il giubbotto di pelle a chiodo in opposizione ideologica. La sua smania, la sua fame da lupo nel mondo della sinistra è diventata l'uscita collettiva dal soffocamento da nomenklatura, l'illusione dell'ossigeno tra gli odori stagnanti e irrespirabili, e ora la possibile catarsi dell'Italia che davvero non ne può più di ambizioni costrette a muoversi nell'ombra, malcelate sotto cumuli di ipocrisia, al riparo dal rapporto di verità con l'opinione pubblica. Via, diciamolo, sarebbe bello sentir dire a Romano Prodi: «Io vorrei fare il presidente della Repubblica, credo di avere le qualità adatte».

Insomma, l'ambizione esibita ha difetti vistosi che forse oggi servono all'Italia più dei meriti oscuri. Dunque non scandalizzatevi se ora vi elenco tutti i virtuosi vizi dell'ambizione con cui Renzi sta seppellendo la doppiezza clericale del Paese di cui Andreotti fu al tempo stesso lo statista e il diavolo. La sbruffoneria, innanzitutto: «Un uomo solo al comando è bellissimo». La presunzione, poi: «A trentotto anni sono pronto per fare tutto». E l'impudenza: «Se andiamo alle elezioni li asfaltiamo».

Ma non finisce qui, perché l'arroganza dello sfoggio d'ambizione, «vincere non è una parola fascista», e la spocchia verso il vecchio mondo della sinistra, «Fassina, chi?», seppellisce anche l'altra doppiezza, quella comunista, che ha fatto di D'Alema l'innocente al quale si può rimproverare tutto e il colpevole al quale non si può attribuire nulla.

Certo, Renzi si fa le lampade, come si legge nella biografia autorizzata, e speriamo sia perché «l'ambizione - secondo Montaigne - non ha il pallore della pavida gentucola» e non perché, come ha sostenuto - ahinoi - Berlusconi, l'abbronzatura è la bellezza di Obama, il quale «ha vinto perché somiglia a me».

Come si vede, si corrono seri rischi a frequentare apertamente l'ambizione che però, nascosta nei baffi o nella gobba, vale a dire relegata nel sottosuolo, nel doppio fondo, nel doppio stato, nella doppia vita e nella doppia identità, ha espresso l'impenetrabilità di quella lorda pozza che è stata la storia politica italiana del dopoguerra.

Ha confessato: «Non mi piace perdere neppure alla Playstation». E poiché la voce latina, "ambitio", non rimanda a nessuna qualità dell'anima, ma al "girare attorno", Renzi è movimentista, vale a dire tattica senza strategia, parole incendiarie e orizzonti vaghi, l'ambizione nomade che gli fa prendere il Comune parlando di Provincia, e quando divora il partito è già a Palazzo Chigi, e chissà dove lo porta in questo momento il cuore mentre tutti lo aspettiamo al governo.

È questa "l'ambitio": l'atto fisico del darsi in giro «per brigar gli onori». Anche il linguaggio del movimentismo è un girare attorno, di corsa: «fuochi d'artificio», «un rischio pazzesco», «mi gioco l'osso del collo», «rivolterò l'Italia come un calzino», parole grosse, come furono quelle dell'altro movimentista gradasso e ambizioso d'Italia, Bettino Craxi, purtroppo finito male perché, come aveva scritto nel 1916 Antonio Gramsci recensendo il Macbeth del grande Ruggero Ruggeri: «L'ambizione ha prodotto in lui questa sicurezza: nessuna sanzione terrena potrà colpire i suoi delitti».

E andando più indietro fu apertamente ambizioso Giovanni Spadolini, primo presidente del Consiglio, narciso e inverecondo come Renzi, ma con in testa la grande idea di trasformare l'Italia - nientemeno - in un Paese laico.

Anche Spadolini fu toscanaccio come lo è Matteo e non toscanuccio come Enrico Letta, nel senso che si impenna ma non piagnucola. Renzi, proprio come Spadolini che arrivava ai calci, maltratta con amore i suoi collaboratori: Dario Nardella, ora designato sindaco di Firenze; il fedele Luca Lotti, detto il Lampadina, letteralmente menato sul campo di calcio; Marco Agnoletti, il povero portavoce che lo sopporta con abnegazione.

E Renzi è sboccato, batte i pugni, la sua ambizione è anche esuberanza fisica, gli è persino capitato di pestare letteralmente i piedi ai cronisti, come un La Russa qualsiasi: lo fece a David Allegranti, prima firma del Corriere fiorentino, che si era intrufolato dove non doveva stare.

Il toscanaccio fa l'irascibile e il maligno e mai il carino come il toscanuccio, ti tira indifferentemente una schioppettata in fronte o una pugnalata alla schiena, sempre convinto, di nuovo come Macbeth, che a lui, solo a lui, in nome della grandiosità sarà comunque perdonato tutto, anche l'avere detto «grazie Enrico» subito dopo averlo assassinato.

L'ambizione senza la dissimulazione democristiana e comunista, dunque. Non quella fredda, geometrica e di testa degli arrampicatori di Stendhal, l'ambizione che mancò al maresciallo Grouchy che fece perdere la battaglia di Waterloo a Napoleone perché, scrisse il già renziano Stefan Zweigg, «il momento decisivo, che così di rado si presenta nella vita dei mortali, si vendica con crudeltà di chi, eletto senza merito, non sa approfittare dell'occasione propizia».

 

Fonzie Renzi da chiMatteo Renzi da Maria De Filippi ad AmiciPOMICINO E ANDREOTTI mages Pierferdinando Casini saluta Romano Prodi dalemaSPADOLINIbettino craxi enrico letta compro oro

Ultimi Dagoreport

mollicone colabianchi ortombina meyer lissner fuortes venezi meloni

SULLA LEGGE CHE IMPEDIVA AI SOVRINTENDENTI DEI TEATRI LIRICI DI RESTARE IN CARICA DOPO IL COMPIMENTO DEL SETTANTESIMO ANNO (POI BOCCIATA DALLA CORTE COSTITUZIONALE), L’ARMATA BRANCA-MELONI HA ORCHESTRATO UN PIROETTANTE BALLETTO DEGNO DEL MIGLIOR NUREYEV - DEFENESTRATO LISSNER DAL SAN CARLO DI NAPOLI, PER FAR USCIRE DALLA RAI CARLO FUORTES; FATTO FUORI DALLA SCALA MEYER PER FAR ARRIVARE ORTOMBINA DA VENEZIA, DOVE È STATO NOMINATO COLABIANCHI CHE, AHIMÈ, ANDAVA PER I 68. CHE FARE? COSÌ, NELL’APRILE SCORSO, FEDERICO MOLLICONE, PRODE PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE CULTURA DELLA CAMERA, HA FIRMATO UN EMENDAMENTO PARLAMENTARE STABILENDO CHE…

giampaolo rossi stefano de martino bruno vespa pier silvio berlusconi gerry scotti antonio ricci

DAGOREPORT- SE IN RAI SI BALLA LA RUMBA, IN MEDIASET IMPAZZA UN ISTERICO ‘’BALLO DI SAN VITO’’ - DAVANTI AL PERSISTENTE SORPASSO DELLA “RUOTA” VESTITA DI NUOVO DA GERRY SCOTTI SUI “PACCHI” DELLO SCULETTANTE DE MARTINO, CHE FARÀ L'AD RAI, GIAMPAOLO ROSSI? RITORNERÀ IN ONDA FRA 7 GIORNI “CINQUE MINUTI” DI BRU-NEO VESPA METTENDOSI DI MEZZO TRA IL CLAUDICANTE TG DI CHIOCCI E L’AZZOPPATO "AFFARI TUOI"? - GIÀ INCAZZATO PER IL DECLINO VERSO LA MEZZANOTTE DI “PORTA A PORTA”, L’80ENNE CONSIGLIORI DELLA MELONA SA CHE NELLA TESTA DI ROSSI FRULLA L’IDEA DI ACCOMPAGNARLO, PIANO PIANO, IN UNA RSA A GIOCARE A BRISCOLA? - SE VIALE MAZZINI È UN COVO DI VIPERE, A COLOGNO MONZESE NON SANNO DOVE SBATTERE LA TESTA. "STRISCIA LA NOTIZIA" VERRA' MESSA DA PARTE, DAVANTI ALL’INASPETTATO TRIONFO DELLA “RUOTA” IN UNA FASCIA FONDAMENTALE PER LA RACCOLTA PUBBLICITARIA E PER LO SHARE DELLA PRIMA SERATA? - PIER SILVIO SI RICORDERÀ DI CIÒ CHE DISSE BALDANZOSO ALLA PRESENTAZIONE DEI PALINSESTI: "'STRISCIA LA NOTIZIA' INIZIERÀ A NOVEMBRE. ANCHE SE CIÒ CHE VA IN ONDA, E NON SARÀ COSÌ, DOVESSE FARE UN TRILIONE DI ASCOLTI"? AH, SAPERLO....

giorgia meloni rating fitch

DAGOREPORT: IL GRANDE BLUFF - ALLA GRANCASSA SUONATA IN GLORIA DI GIORGIA MELONI DA PARTE DEI MEDIA FILO-GOVERNATIVI SULLA DECISIONE DI FITCH DI PROMUOVERE IL RATING ITALIANO, HA FATTO IERI IL CONTROPELO L’EDITORIALE SULLA PRIMA PAGINA DEL “CORRIERE DELLA SERA’’ - SOTTOLINEA FEDERICO FUBINI: SENZA I 200 MILIARDI DEL PNRR PORTATI NEL 2022 DA CONTE E DRAGHI IN DOTE AL GOVERNO MELONI, ANCHE LA MINIMA CRESCITA DELLO 0,5% NON SAREBBE MAI AVVENUTA E LA PROMOZIONE L’ARMATA BRANCA-MELONI LA VEDEVA COL BINOCOLO - SECONDA FORTUNA: GRAZIE AL TAFAZZISMO DELL'OPPOSIZIONE E ALL'IRRILEVANZA DEL MONDO SINDACALE (GRAN PARTE DEGLI ISCRITTI DELLA CGIL SONO PENSIONATI; MENTRE LA CISL È PASSATA NELLE FILA GOVERNATIVE), IL BELPAESE DEI MELONI REGISTRA I SALARI TRA I PIÙ BASSI D’EUROPA, FERMI A DIECI ANNI FA, CHE ABBASSANO SEMPRE DI PIU' IL NOSTRO POTERE D'ACQUISTO…

andrea orcel giuseppe castagna giancarlo giorgetti giorgia meloni

DAGOREPORT: TE LO DÒ IO IL TERZO POLO BANCARIO! – IL CEO DI BPM, GIUSEPPE CASTAGNA, GRAZIE AL GOLDEN POWER PIANTATI DAL LEGHISTA GIORGETTI, MINISTRO DEL MEF, OGGI È LIBERO DELL’ASSEDIO DI UNICREDIT MA NON CI PENSA PROPRIO DI FINIRE SOTTOMESSO AL CEO DI MPS, LUIGI LOVAGLIO, PREFERENDO LE NOZZE COL CRÉDIT AGRICOLE ITALIA – OVVIAMENTE UN’OPERAZIONE DI ESTREMA INGRATITUDINE SAREBBE UN SCHIAFFO IN FACCIA A GIORGETTI E AL GOVERNO: MA COME, DOPO CHE CI SIAMO INVENTATI CHE UNICREDIT COME ‘’BANCA STRANIERA’’, ORA RISCHIAMO DI RITROVARCI CON IL ‘’NOSTRO’’ BANCO BPM INGHIOTTITO DAI FRANCESI DI AGRICOLE? SARANNO TEMPI DURI PER IL BUON CASTAGNA…

matteo ricci francesco acquaroli

FLASH! – SI RACCONTA CHE IL CANDIDATO MELONIANO ALLA REGIONE MARCHE, FRANCESCO ACQUAROLI, MAGARI CONSAPEVOLE DELLA PROPRIA INCAPACITA’ COMUNICATIVA, HA COMINCIATO A DARE I NUMERI ALL’IDEA DI DUELLARE CON MATTEO RICCI SULLA DISTANZA DI TRE CONFRONTI ORGANIZZATI DAL TG3 REGIONALE - INTERPELLATA, LA VIGILANZA RAI AVREBBE FATTO PRESENTE CHE LA DECISIONE SPETTAVA AL DIRETTORE DEI TG REGIONALI, ROBERTO PACCHETTI, UN VARESOTTO IN QUOTA LEGA – ET VOILÀ, DEI TRE SCONTRI NE È SOPRAVVISSUTO UNO, CON GRAN SCORNO DELLA REDAZIONE DEL TG DELLE MARCHE…