SANCTA SANTORUM - LA VITTORIA DEL CATTOLICO CONSERVATORE ITALOAMERICANO IMPONE A ROMNEY UN’OFFENSIVA IN GRANDE STILE PER SPUTTANARE IL NUOVO RIVALE (GINGRICH È BOLLITO) - LO SCONTRO DIVENTA TRA IL MILIONARIO SENZA SCRUPOLI E L’UMILE FIGLIO DI IMMIGRATI - MA LA MONTAGNA DI SOLDI ACCUMULATA DAL MORMONE RISCHIA DI TRAVOLGERE SANTORUM…

Maurizio Molinari per "la Stampa"

Rick Santorum vince a sorpresa le votazioni in Colorado, Minnesota e Missouri, infliggendo a Mitt Romney una sconfitta che dimostra come la corsa alla nomination repubblicana sia ancora aperta. L'ex senatore della Pennsylvania rovescia i pronostici, strappa a Romney due Stati che aveva vinto nelle primarie del 2008 Colorado e Minnesota - e sottolinea che la base dei conservatori ancora non lo sostiene, così come non crede in Newt Gingrich, uscito in ultima posizione dalla triplice consultazione elettorale.

Sebbene Colorado, Minnesota e Missouri non assegnino delegati per la Convention di Tampa, l'esito della consultazione scompagina il campo repubblicano, perché le percentuali dell'ex senatore della Pennsylvania parlano da sole: in Colorado prevale per 6 punti di distacco, in Minnesota addirittura per 28 e in Missouri per 25. È una valanga di voti di protesta contro l'establishment del partito che, attraverso i leader locali, aveva suggerito di votare Romney per sottolineare la coesione sulla sua candidatura dopo le vittorie in Florida e Nevada.

In realtà è avvenuto l'esatto opposto, come aveva previsto Michele Bachmann, la deputata del Minnesota ex candidata alla presidenza, preannunciando un esito a favore dei conservatori. L'italoamericano Santorum, cattolico praticante e nipote di un minatore immigrato dal Trentino, reagisce al successo parlando proprio di «conservatorismo vivo e vegeto» per far capire a Romney che la sfida resta aperta e a Gingrich che deve farsi da parte. L'inatteso terremoto include anche il buon esito di Ron Paul, il leader libertario portavoce della protesta giovanile, che in Minnesota si piazza alle spalle di Santorum.

Romney risponde con due mosse. Per prima cosa manda sui maggiori network tv lo stratega Stuart Stevens a spiegare che «la corsa non cambia», in quanto ciò che conta è il numero dei delegati per la Convention di Tampa e Romney non solo resta saldamente in testa ma è sicuro di vincere nelle primarie del 28 febbraio in Arizona e Michigan, dove in palio ve ne saranno in tutto 59.

«Quando si gestisce una campagna nazionale bisogna dosare forze e risorse e negli Stati dove si è votato martedì sera non erano in palio delegati», assicura Stevens. Ma poiché Santorum dilaga, Romney per arginarne la crescita decide di attaccarlo frontalmente: «È un insider di Washington da molti anni, non potrà essere lui a cambiare le cose né ha la competenza economica per guidarci fuori dalla crisi».

È l'annuncio di un'ondata di spot tv negativi contro Santorum «burocrate» e «politicante», che il comitato super Pac filo-Romney si accinge a finanziarie con milioni di dollari, così come aveva fatto contro Gingrich. Santorum non teme lo scontro: «Romney sostiene che io non sono un conservatore ma sinceramente fa un po' ridere, detto da uno che è stato governatore del liberal Massachusetts».

Il duello evoca David contro Golia: Santorum per quartier generale ha una cassetta postale, conta su un team di volontari, non ha staff negli undici Stati dove si voterà nel Super Martedì e saluta come un grande risultato l'aver raccolto 250 mila dollari nella notte della vittoria, mentre Romney dispone della più ricca ed efficiente macchina elettorale. Ma è proprio la natura di questa sfida che esalta i sostenitori di Santorum, come i sacerdoti della Chiesa di McKinney in Texas che ieri lo hanno accolto, e benedetto, con grande calore. Anche perché, a ben vedere, Santorum finora ha vinto più Stati dei rivali: è a quota 4 (Iowa, Colorado, Minnesota e Missouri) contro i 3 di Romney (New Hampshire, Florida e Nevada) e l'unico di Gingrich (South Carolina). Per i repubblicani rischia di ripetersi il precedente del 1976, quando il duello delle primarie fra Gerald Ford e Ronald Reagan si concluse alla Convention di Kansas City.

 

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