LA RIVINCITA DEL CAZZONE BIDEN - IL VICE DI BARACK PUNTA ALLE ELEZIONI DEL 2016 - A 74 ANNI SAREBBE IL PIU’ VECCHIO PRESIDENTE DELLA STORIA: SULLA SUA STRADA, OVVIAMENTE, HILLARY CLINTON - I DEMOCRATICI, DOPO IL PRIMO PRESIDENTE “ABBRONZATO”, SOGNANO LA PRIMA DONNA ALLA CASA BIANCA - MA L’UOMO DELLE GAFFE E’ IPERATTIVO E CONSOLIDA LA SUA BASE ELETTORALE…

Massimo Gaggi per il Corriere della Sera

Alla fine della settimana dell'inaugurazione del secondo mandato di Barack Obama, la cosa di cui si discute di più a Washington - forse ancor più della svolta a sinistra del presidente - è l'iperattivismo del suo vice, Joe Biden. Che, dicono gli analisti democratici, è sempre più convinto di poter succedere a Obama alla Casa Bianca nonostante i suoi fallimenti precedenti, l'età avanzata (nel 2016 avrà 74 anni), le «gaffe» micidiali che semina qua e là e gli indici di gradimento non proprio stellari.

Domenica, alla cerimonia del giuramento privato - adempimento costituzionale che il presidente ha condotto in perfetta solitudine, come da protocollo - Biden ha invitato un centinaio di ospiti. Soprattutto democratici degli Stati - Iowa, New Hampshire, South Carolina - dai quali fra tre anni comincerà la corsa per la «nomination» alle elezioni del 2016. E ha voluto che ad amministrare il giuramento fosse Sonia Sotomayor, primo giudice ispanico della Corte Suprema.

I «latinos», si sa, stanno diventando un fattore determinate nelle consultazioni elettorali americane. E, infatti, Biden è andato al loro raduno a Washington dopo aver ospitato una festa sontuosa all'Osservatorio navale, la residenza del vicepresidente, anche qui con molte facce provenienti dagli Stati-chiave della prossima battaglia elettorale. Una giornata intensissima nella quale Joe ha trovato anche il tempo per presentarsi a sorpresa al ballo dell'Iowa. Sul palco per un saluto, è riuscito a pronunciare un «sono orgoglioso di essere il presidente degli Stati Uniti» che ha subito fatto il giro del mondo.

Joe si è corretto ridacchiando, ma i suoi esegeti dicono che stavolta non di «gaffe» si è trattato, ma di messaggio. Del resto, bastava vederlo il giorno dopo durante la parata tra la folla assiepata lungo la Pennsylvania Avenue: Obama camminava, salutando con sorridente distacco. Biden correva da un lato all'altro della strada stringendo più mani possibile. «Ogni mano un voto» ironizza sul Washington Post Chris Cillizza, che lo conosce bene. «Su queste cose un politico come lui non fa "gaffe", calcola». Anche Mike Allen, fondatore di Politico.com, è convinto che nella testa di Biden il dado della candidatura sia ormai tratto.

Certo, ci sono molte controindicazioni. E c'è di mezzo un candidato molto più popolare e credibile di lui: Hillary Clinton. Ma, problemi di salute a parte, l'ex «first lady» ha sempre detto di non voler correre per la Casa Bianca. Forse sta solo tenendo coperte le sue carte: pensa di poter decidere più in là, magari dopo le elezioni di «mid term» del 2014. Biden lo sa e, vista la popolarità di Hillary e i suoi stretti legami con la famiglia Clinton, quasi certamente non scenderebbe in campo se lei decidesse di candidarsi. Ma probabilmente pensa che, iniziando a consolidare subito le aspettative per una sua candidatura, renderà più difficile un ripensamento del Segretario di Stato uscente che, a oggi, dichiara pubblicamente di considerare conclusa la sua carriera politica nelle istituzioni.

Quello che è certo è che Biden non dissimula più di tanto le sue ambizioni: intervistato dalla Cnn ammette che ci sarebbero buone ragioni per non candidarsi, ma poi aggiunge che non deve decidere adesso e spiega di avere un vantaggio sugli altri possibili concorrenti: «Quello che devo fare nei prossimi anni - aiutare Obama a governare bene - sarà utile, comunque vadano le cose».

Insomma, Biden è fin d'ora sul trampolino di lancio. Certo, non sarebbe un candidato di altissimo profilo, diventerebbe il presidente più vecchio della storia americana (Reagan aveva 69 anni al tempo della prima campagna, 73 quando fu rieletto) e in questi anni rischia grosso: sarà sotto i riflettori, le sue gaffe verranno amplificate e un eventuale nuovo crollo della popolarità di Obama a fine mandato (l'«anatra zoppa» quasi sempre inciampa) peserà anche su di lui. L'America, poi, ama Hillary (che ha un gradimento del 67 per cento, mentre Biden è a quota 48) e i democratici, infranto il tabù del colore della pelle, vorrebbero portare la prima donna alla Casa Bianca.

Ma c'è anche da considerare l'atteggiamento del presidente: la sua svolta a sinistra fa di Biden - amico dei sindacati, fautore di un «welfare» generoso, l'uomo che ha condotto il negoziato sul «fiscal cliff», che ha preparato la nuova legge sulle armi e che l'anno scorso anticipò il presidente col suo sì ai matrimoni gay - un continuatore della politica obamiana molto più credibile di una Hillary Clinton che ha ereditato le posizioni centriste del marito Bill: il presidente che aveva decretato la fine del «big government». Una Hillary che ancora due giorni fa ha sollecitato una maggiore presenza Usa in Africa proprio mentre la Casa Bianca rinuncia a stare in prima linea nelle zone dalle quali non partono minacce dirette agli interessi americani.

 

 

JOE BIDEN AL GIURAMENTO OBAMA OBAMA E BIDEN BARACK OBAMA E JOE BIDEN OBAMA BIDEN HILLARY BILL CHEALSEA CLINTON Hillary Clinton

Ultimi Dagoreport

sergio mattarella quirinale

DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È IMBUFALITO PER I ‘’COLPI DI FEZ’’ DEL GOVERNO MELONI. A FAR SOBBALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO STATI I SUOI CONSIGLIERI QUIRINALIZI - QUANDO HA LETTO SUI GIORNALI IL SUO INTERVENTO A LATINA IN OCCASIONE DEL PRIMO MAGGIO, CON LA SEGUENTE FRASE: “TANTE FAMIGLIE NON REGGONO L'AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA. SALARI INSUFFICIENTI SONO UNA GRANDE QUESTIONE PER L'ITALIA”, A SERGIONE È PARTITO L’EMBOLO, NON AVENDOLE MAI PRONUNCIATE – PER EVITARE L’ENNESIMO SCONTRO CON IL GOVERNO DUCIONI, MATTARELLA AVEVA SOSTITUITO AL VOLO ALCUNI PASSI. PECCATO CHE IL TESTO DELL’INTERVENTO DIFFUSO ALLA STAMPA NON FOSSE STATO CORRETTO DALLO STAFF DEL COLLE, COMPOSTO DA CONSIGLIERI TUTTI DI AREA DEM CHE NON RICORDANO PIU’ L’IRA DI MATTARELLA PER LA LINEA POLITICA DI ELLY SCHLEIN… - VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE AMERIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO

banca generali lovaglio francesco gaetano caltagirone philippe donnet alberto nagel milleri

DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL ANDRÀ IN PORTO (SBARAZZARSI DEL CONCUPITO “TESORETTO” DI MEDIOBANCA ACQUISENDO BANCA GENERALI DAL LEONE DI TRIESTE), L’82ENNE IMPRENDITORE ROMANO AVRÀ BUTTATO UN PACCO DI MILIARDI PER RESTARE SEMPRE FUORI DAL “FORZIERE D’ITALIA’’ - UN FALLIMENTO CHE SAREBBE PIÙ CLAMOROSO DEI PRECEDENTI PERCHÉ ESPLICITAMENTE SOSTENUTO DAL GOVERNO MELONI – A DONNET NON RESTAVA ALTRA VIA DI SALVEZZA: DARE UNA MANO A NAGEL (IL CEO DI GENERALI SBARRÒ I TENTATIVI DI MEDIOBANCA DI ACQUISIRE LA BANCA CONTROLLATA DALLA COMPAGNIA ASSICURATIVA) - PER SVUOTARE MEDIOBANCA SOTTO OPS DI MPS DEL "TESORETTO" DI GENERALI, VA BYPASSATA LA ‘’PASSIVITY RULE’’ CONVOCANDO  UN’ASSEMBLEA STRAORDINARIA CHE RICHIEDE UNA MAGGIORANZA DEL 51% DEI PRESENTI....