CHIAMATE TRAVAGLIO SUL PRIMO BINARIO TAV - “I VIOLENTI DEMENTI DELLA VAL DI SUSA HANNO RIANIMATO IL FRONTE PRO TAV” - GLI SCONTRI CON LA POLIZIA RIECCITANO I TALEBANI ITALIANI DEL SUPERTRENO - “SICCOME I NO TAV HANNO RAGIONE, MA AL LORO INTERNO SI ANNIDANO ALCUNE DECINE DI VIOLENTI, ALLORA SI DEVONO BUTTARE 15 O 25 MILIARDI” - “SE NON CAPISCONO IL LINGUAGGIO DELLA NONVIOLENZA, TENTINO ALMENO DI INTUIRE QUELLO DELLA CONVENIENZA…”

Marco Travaglio per il "Fatto quotidiano"

Ai violenti dementi che ancora l'altra notte hanno messo a ferro e a fuoco un pezzo di Valsusa fra Chiomonte e Giaglione a due passi dal finto cantiere della Torino-Lione, ben nascosti dietro le nobili bandiere del pacifico movimento No Tav, suggeriamo di dare un'occhiata ai bollettini del Tav, cioè a tutti i grandi giornali italiani.

Da una settimana erano in apprensione, loro e i loro padroni forchettoni in conflitto d'interessi, perché ormai anche il governo francese ha capito che l'opera, destinata secondo la propaganda italiota a soppiantare la piramide di Cheope e la Grande Muraglia, costa troppo, non serve a nulla e intanto danneggia l'ambiente.

Anche i politici di centro, di destra e di sinistra, tutti iscritti d'ufficio al partito del cemento e spesso delle tangenti, non si davano pace: l'idea di fare la Torino-Lione solo fino al confine francese, con inversione a U per i supertreni ribattezzati Torino-Torino, cominciava a diventare imbarazzante persino per loro. Insomma, bastava insistere con l'isolamento dei violenti e con le manifestazioni pacifiche come quelle dei mesi scorsi in molte piazze d'Italia, e la battaglia era quasi vinta.

Invece, puntuali e rassicuranti per il partito del magnamagna, sono giunte le notizie dell'attacco alle forze dell'ordine a suon di sassi, petardi e bombe carta dalle solite poche decine di violenti, rigorosamente estranei alla Valsusa, e del ferimento di undici agenti fra cui un uomo mite e ragionevole come il capo della Digos Giuseppe Petronzi. E il fronte Pro Tav s'è prontamente rianimato.

Al punto di sostenere - leggere il Corriere della Sera per credere - che le rivelazioni del Figaro sulla retromarcia di Parigi non sono altro che "la versione dei No Tav sui dubbi francesi" e lo Stato non deve "ascoltare un movimento incapace di isolare i più violenti al suo interno", altrimenti in "due minuti nascerebbero centinaia di altri gruppi pronti alle maniere forti per bloccare progetti indesiderati".

Cioè: siccome i No Tav hanno ragione, ma al loro interno si annidano alcune decine di violenti, allora si devono buttare 15 o 25 miliardi per un cantiere ventennale che sventrerebbe una valle e le casse dello Stato. Intendiamoci: la violenza va condannata a prescindere dalle ragioni o dai torti di chi la pratica. Ma, siccome certe teste bacate non lo capiscono, potrebbero almeno riflettere, se la cosa è nelle loro facoltà, sul danno che provocano alla battaglia che dicono di combattere.

Sappiamo bene chi ha cominciato in Val Susa: a provocare la gente e a fomentare la violenza lo Stato ci prova da vent'anni, prima imponendo un'opera criminale per l'ambiente e la salute dei cittadini, senza il minimo dialogo con loro, poi militarizzando l'intera Valle manco fosse l'Afghanistan. Per anni le popolazioni han respinto ogni provocazione, anche al costo di subire cariche e umiliazioni in cambio di proteste nonviolente. Poi, negli ultimi anni, la situazione è precipitata con lo sbarco permanente di "antagonisti" venuti da fuori.

Tollerati troppo benevolmente da alcuni settori del movimento. Così il partito Pro Tav ha avuto buon gioco nel dipingere - vedi il Corriere di ieri - un movimento di decine di migliaia di persone come colluso o addirittura complice con i violenti ("le massaie e i paesani che difendono la loro terra ci sono, ma rischiano l'estinzione, come i panda"). Noi continueremo a scrivere la verità: cioè che il Tav Torino-Lione è un'opera inutile, assurda, perniciosa, criminale e criminogena.

Ed è scandaloso che gli Hollande de noantri seguitino a fare il palo agli interessi delle coop, espellendo gli amministratori No Tav anziché i vari Penati. Ma sappiamo bene che una battaglia ormai quasi vinta si trasformerà in disfatta se chi ha resistito così bene al Tav non riuscirà a resistere, con la stessa determinazione, ai lanciatori di bombe e sassi. Se non capiscono il linguaggio della nonviolenza, tentino almeno di intuire quello della convenienza.

 

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