MAI DIRE PD! SERVIVA UN DEMOCRISTIANO (RENZI) PER FREGARNE ALTRI DUE (LETTA & FRANCESCHINI)

Alberto Gentili per "Il Messaggero"

Si sono dati la mano ed è scattata perfino una pacca sulle spalle. Ma lì è finita la presunta sintonia e la (molto) presunta amicizia tra Enrico Letta e Matteo Renzi. I due, ormai, sono su fronti opposti. Il premier dice al sindaco: non ti candidare segretario, «perché serve un segretario che faccia il segretario».

Il sindaco risponde al premier: decido io il mio destino, non mi fido di nessuno e se aspetto le primarie per la premiership quando ci saranno le elezioni, rischio di rimanere fregato. Dunque: «Mi candiderò segretario, anche se scioglierò la riserva solo a settembre».

Solo quando l'Assemblea del Pd metterà nero su bianco le regole per le primarie dedicate alla scelta del segretario.
Renzi dai suoi amici viene descritto «soddisfatto e furioso». Soddisfatto perché Guglielmo Epifani ha finalmente annunciato la data del congresso novembre. Come voleva il sindaco.

Furioso, «perché hanno tentato ancora una volta di farmi fuori, proponendo primarie riservate ai soli iscritti. Ma gli è andata male, il blitz è fallito. Non sono stati capaci, contro di loro si è scagliata perfino la Bindi, più Cuperlo, più Orfini dei giovani turchi». In poche parole: «La vecchia nomenklatura contro il resto del mondo. E ha perso».

Letta fa sapere che non si è occupato e non si occuperà della questione delle regole: «Penso solo a governare». Dunque, non ci sarebbe lo zampino del premier dietro il tentativo di limitare la partecipazione alle primarie per il segretario. Ma Letta spinge affinché Renzi stia fermo un giro e attenda la primarie per la premiership «che si svolgeranno con la massima apertura possibile, appena saranno convocate le elezioni».

Appena il governo avrà completato il suo lavoro.
Insomma, Letta è pronto a offrire garanzie a Renzi per la corsa verso palazzo Chigi, una volta che avrà onorato il suo mandato di premier. Ma qui entrano in gioco i sospetti e le diffidenze reciproche. «Come ci si fa a fidare di loro?!», dice un collaboratore del sindaco, «ho sentito dire che Letta sarebbe pronto a promettergli di non correre per palazzo Chigi, pur di convincerlo a rinunciare alla segreteria.

Ma è certo che anche Letta si candiderà a premier e poi cosa accadrebbe se qualcuno staccasse la spina al governo mentre Matteo, il prossimo maggio, dovesse essere in campagna elettorale per Firenze? Mica può dire: "Scherzavo, non voglio fare più il sindaco, voglio fare il premier". I fiorentini gli correrebbero dietro con i forconi».

Identico "sentire" sul fronte di Letta. «Renzi gioca sempre sulla menzogna, non ci si può fidare di lui», dice un deputato lettiano. Quindi niente patti. E quindi, appunto, ecco il tentativo - su cui convergono Epifani, Bersani, Franceschini, D'Alema - di sbarrare la strada per la segreteria al sindaco.

«Se Matteo diventa leader del Pd, il giorno dopo farebbe cadere il governo, visto che punta solo ad andare a palazzo Chigi», dice un altro lettiano doc. «Renzi ha sempre detto che vuole cambiare l'Italia e non il partito. Bene, sia coerente e aspetti le primarie per la premiership. Sia serio, per una volta...».

Letta è preoccupato per le ricadute sul governo della tensione nel partito. Non a caso ha ricordato che «non siamo iscritti al gruppo misto». Ha invocato «unità e compattezza». Ha detto che il successo del Pd dipende dal successo del governo. Dunque, «se Renzi vuole fare il premier non deve fare il guastatore di questo esecutivo». Ma già sa, il premier, che sono parole regalate al vento.

 

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