TANTO SFORZO PER NULLA: TRUMP S’AFFANNA A DISTRUGGERLI MA I VECCHI MEDIA DETTANO ANCORA L’AGENDA – “DOMANI”: “MENTRE LA CASA BIANCA PROVA A DECAPITARE I COSIDDETTI ‘LEGACY MEDIA’ A COLPI DI INSULTI, CAUSE E NUOVE REGOLE, SONO ANCORA LE GRANDI TESTATE A DETTARE IL RITMO DELLE GIORNATE PRESIDENZIALI. TRUMP CONTINUA A DIVORARE TELEGIORNALI, SITI E PRIME PAGINE ONLINE, A PARLARE CON PIÙ REPORTER DI QUALUNQUE SUO PREDECESSORE” – “I TENTATIVI DI ESCLUDERE I CORRISPONDENTI ‘NEMICI’ A O DI RIMPIAZZARE I GRANDI MEDIA NON HANNO FERMATO LE FUGHE DI NOTIZIE...”
Estratto dell’articolo di Luca Ciarrocca per “Domani”
La Casa Bianca ha portato la guerra contro i media a un livello istituzionale, inaugurando sul proprio sito una sezione che scheda gli organi di informazione come autori di “fake news”.
La pagina, comparsa pochi giorni fa su WhiteHouse.gov, usa i tag “Fuorviante”, “Di parte”, “Smascherato” e ospita una Hall of Shame, cioè una «bacheca della vergogna degli offensori». Il registro è un archivio dinamico, ogni scheda riporta testata, data, titolo e un capo d’accusa: «Parzialità», «menzogna», «cattiva condotta professionale», «follia di sinistra». Vengono schedati anche singoli giornalisti, esposti con nome e cognome.
TRUMP OFFESE A DUE GIORNALISTE
[...] La classifica attuale posiziona il Washington Post come il principale «offensore», seguito da Cbs News e Cnn. Nessun politico, nei paesi dell’Occidente, era arrivato mai a tanto. E anche a Pechino e Mosca [...] prendono nota della spirale autoritaria imboccata dagli Stati Uniti.
[...] I cronisti marchiati di faziosità vengono poi sommersi da insulti online dagli influencer Maga. Trump è diventato oltremodo volgare e arrogante, soprattutto contro le donne: negli ultimi dieci giorni ha dato della «stupida» a una giornalista e della «porcella» a un’altra.
Il conflitto non è solo verbale. Da mesi il presidente ha ingaggiato una guerra giudiziaria, fatta di ingiunzioni per diffamazione da cifre mai viste. La causa da 475 milioni di dollari contro Cnn, accusata di aver definito «grande menzogna» le sue affermazioni sulle elezioni del 2020, è stata respinta da un giudice federale e la decisione confermata in appello, in nome della tutela costituzionale delle opinioni.
Ma non tutti i media sono usciti indenni. Abc News ha chiuso un contenzioso con un accordo da circa 15 milioni di dollari. Paramount, casa madre di Cbs, ha versato 16 milioni per archiviare una disputa legata a una trasmissione. Poco tempo dopo la Cbs ha annunciato la cancellazione del popolarissimo Late Show di Stephen Colbert (n.1 del segmento) dal maggio 2026, cioè prima che inizi la campagna elettorale di midterm.
DONALD TRUMP INSULTA UNA GIORNALISTA E LA CHIAMA CICCIONA
Il presidente ha poi intentato una causa da 15 miliardi contro il New York Times per articoli usciti a ridosso delle elezioni del 2024. Un giudice federale, a settembre, ha definito il ricorso «improprio e inammissibile», ma la squadra legale di Trump ha già depositato una versione emendata. In parallelo, va avanti il procedimento da 10 miliardi contro il Wall Street Journal e il suo editore (il gruppo Dow Jones di Rupert Murdoch) per un articolo che collega Trump a un’email a Jeffrey Epstein.
[...]
E qui c’è un paradosso. Mentre la Casa Bianca prova a decapitare i cosiddetti “legacy media” a colpi di insulti, cause e nuove regole di accesso allo Studio Ovale o al Pentagono (scandaloso il caso di Associated Press e Reuters escluse dal pool), in effetti sono ancora le grandi testate di stampa e tv a dettare il ritmo delle giornate presidenziali.
DONALD TRUMP ZITTISCE UNA GIORNALISTA
Trump continua a divorare telegiornali, siti e prime pagine online, a parlare con più reporter di qualunque suo predecessore, e a passare il tempo a reagire a inchieste e retroscena pubblicati da quelle redazioni che addita come «nemiche del popolo». Il suo social Truth Social, se confrontato con i giganti del settore (come Facebook, YouTube, Instagram o TikTok), ha una quota di utenti inferiore all’1 per cento del totale.
Ma lui ci perde moltissimo tempo, nonostante scenari geopolitici globali di enorme tensione. Lunedì scorso ha pubblicato o ripubblicato più di 160 post in un intervallo di cinque ore, dalle 19 a quasi mezzanotte. In certi momenti, la frequenza ha superato la media di un post al minuto.
LA HALL OF SHAME DEI MEDIA AMERICANI SECONDO LA CASA BIANCA
I tentativi di escludere i corrispondenti «nemici» dalla Casa Bianca o di rimpiazzare i grandi media con un nuovo corpo stampa a lui fedele (compresi influencer, podcaster e star dei social) non hanno fermato le fughe di notizie dei dissidenti dell’amministrazione alle maggiori testate. Le cause miliardarie e il ricatto sugli accrediti hanno comunque un effetto raggelante sulle redazioni.
È la fotografia di un’America entrata a pieno titolo in un’era “post-news”, in cui le narrazioni viaggiano su una miriade di canali, si sa, ma il giornalismo capace di portare ai lettori fatti e notizie scomode continua a pesare, eccome. E a irritare il potere. La “Hall of Shame”, anzi, è un incentivo a resistere e non farsi schiacciare.
LA HALL OF SHAME DEI MEDIA AMERICANI SECONDO LA CASA BIANCA
DONALD TRUMP INSULTA UNA GIORNALISTA E LA CHIAMA CICCIONA

