manifesto ventotene giorgia meloni gianni oliva

“PRESIDENTE MELONI, SUL MANIFESTO DI VENTOTENE, IN COSA NON SI RICONOSCE? FORSE C’È UN ELEMENTO CHE PENALIZZA LA SUA POLITICA…” - LO STORICO GIANNI OLIVA FA LA MESSA IN PIEGA A GIORGIA MELONI: “LEI È ABITUATA A DECIDERE GRAZIE AD UNA COALIZIONE ACQUIESCENTE E AD UN’OPPOSIZIONE IMPALPABILE; IN UN’EUROPA FEDERALE LEI DOVREBBE MISURARSI CON ALTRE POSIZIONI E TROVARE UN “COMPROMESSO” NEL SENSO PIÙ NOBILE DEL TERMINE. LA DIMENSIONE FEDERALE È ESERCIZIO DI DEMOCRAZIA PARTECIPATA: È QUESTO IL PROBLEMA? IL LIMITE AL DECISIONISMO? L’ALTRO PRINCIPIO FONDANTE DEL MANIFESTO È UN’EUROPA CHE GUARDI ALL’EMANCIPAZIONE DEI POPOLI, ALLA LIBERTÀ, ALLA TUTELA DEI DIRITTI, ALLA RIDISTRIBUZIONE DELLA RICCHEZZA. CERTAMENTE, NON SONO PRINCIPI COMPATIBILI CON LA POLITICA DI TRUMP O CON LA FORZA DEL DENARO DI MUSK”

 

 

 

PERCHE’ QUESTA NON E’ LA SUA EUROPA, PRESIDENTE?

gianni oliva

Dall’account facebook di Gianni Oliva, pubblicato da www.lastampa.it

 

Il “Manifesto di Ventotene”, che la presidente Meloni ha citato oggi alla Camera affermando che “non è quella la mia Europa”, è un documento per la promozione dell’unità politica europea, scritto nel 1941 da tre intellettuali antifascisti confinati a Ventotene, Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni.

 

spinelli rossi colorni a ventotene

Il documento non era elaborazione individuale, ma frutto delle discussioni tra i confinati nell’isola (circa 800 persone, di cui 500 schedate come comunisti, 200 come anarchici e i restanti come azionisti o socialisti).

 

Originariamente diffuso clandestinamente, il Manifesto venne organizzato nel 1944 in tre capitoli da Eugenio Colorni, filosofo socialista di religione ebraica, riuscito a fuggire dal confino, assassinato a Roma il 30 maggio 1944 dai militi fascisti della banda Koch: la prima parte riguardava la “crisi della società moderna”, la seconda i “compiti del dopoguerra e l’unità europea”, la terza “la forma della società”.

DONALD TRUMP GIORGIA MELONI

 

Non soffermiamoci sulle declinazioni pratiche (un documento elaborato oltre 80 anni fa, nell’infuriare della guerra, è evidentemente datato nelle proposte operative), ma limitiamoci ai principi ispiratori, che in quanto tali conservano carattere di universalità.

 

La tesi principale è quella secondo cui l’esistenza stessa dello stato nazionale costituisce una minaccia permanente per la pace internazionale, perché il fine dello stato è l’espansione e lo strumento più efficace per ottenerla è la guerra.

SERGIO MATTARELLA A VENTOTENE

 

La fondazione del federalismo europeo diventava quindi l’obiettivo fondamentale del dopoguerra: trasferimento progressivo e graduale della sovranità ad un organismo federale sovranazionale, all’interno di una struttura di negoziato permanente.

 

E’ in questo, Presidente, che Lei non si riconosce? Nell’idea di una cessione di sovranità nazionale in vista di una realtà allargata di tipo federale? Lei pensa che in un mondo globalizzato l’Italia sia sufficientemente attrezzata per reggere da sola il confronto con gli Stati Uniti, o con la Cina, o con le tante altre economie più forti della nostra?

 

confinati

Nella prospettiva tracciata dal Manifesto c’è sicuramente un elemento che penalizza la sua politica: Lei è abituata a decidere liberamente grazie ad una coalizione acquiescente e ad un’opposizione  frammentata e impalpabile; in un’Europa federale Lei dovrebbe misurarsi con altre posizioni e trovare un “compromesso” nel senso più nobile del termine (“promettere insieme”, cioè partire dalle rispettive posizioni non per ridimensionarne l’una o l’altra, ma per raggiungere una sintesi che le comprenda entrambe).

 

GIORGIA MELONI ELON MUSK

La dimensione federale è esercizio per eccellenza di democrazia partecipata: è forse questo il problema? Il limite intrinseco al decisionismo?

 

L’altro principio fondante del Manifesto di Ventotene è la rigenerazione della società garantita da una prospettiva europea: un’Europa che riscopra i valori che avevano ispirato la Società delle Nazioni, che guardi all’emancipazione dei popoli, all’affermazione della libertà, alla tutela dei diritti, alla ridistribuzione della ricchezza, alla difesa della pace.

 

DONALD TRUMP E GIORGIA MELONI A MAR-A-LAGO

Certamente, questi non sono principi compatibili con la politica della forza militare e diplomatica di Trump, o quelli della forza del denaro e della proprietà di Musk. Sono i principi che guardano ad una dimensione collettiva della società, che immaginano la compagine civile come una realtà dove ognuno corre con velocità diverse secondo le proprie attitudini, ma dove tra i “primi” e gli “ultimi” c’è una distanza compatibile di cui la dimensione pubblica si fa garante. 

 

E’ questo che non condivide del Manifesto di Ventotene, Presidente? Lei vuole invece l’affermazione dell’individuo singolo capace di emergere sulla massa (che sia per ricchezza, forza, spregiudicatezza, intuizioni, o quant’altro)? Come i Musk, i Besos, i magnati russi?

 

GIORGIA MELONI ELON MUSK

Infine, Ventotene guarda all’Europa della solidarietà e intende l’uguaglianza non come un’astrazione sterile, e neppure come un’utopia impraticabile, ma, in concreto, come lo sforzo per rimuovere gli ostacoli che impediscono alle donne e agli uomini di esprimere la propria personalità e di avere la propria dignità.

 

E’ forse questo che non le piace, Presidente? La parola “solidarietà” è troppo stridente con le espulsioni di Trump, con i centri d’accoglienza fantasma dell’Albania, con i rimpatrii facili?

 

DONALD TRUMP ACCOGLIE GIORGIA MELONI A MAR-A-LAGO

Non ho capito la sua affermazione, Presidente. Da che cosa è nata? Da fede sovranista? Da tentazione trumpista? O da insofferenza per “questa” Europa? Perché, in sincerità, neanche a me piace questa Europa dei burocrati, delle prescrizioni e dei veti, ma per motivi opposti ai suoi. Non mi piace proprio perché è troppo diversa e lontana dall’Europa di Ventotene.

anarchici al confinoDONALD TRUMP ELON MUSK elon musk donald trump GIORGIA MELONI ELON MUSK

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni maurizio belpietro francesco saverio garofani sergio mattarella

DAGOREPORT - IL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE MELONI” NON ESISTE: LO “SCOOP” DELLA “VERITÀ” È STATO CONFEZIONATO CON L’OBIETTIVO DI PRENDERE DI MIRA SERGIO MATTARELLA, COME MASSIMA RAPPRESENTANZA DI QUEL "DEEP STATE" CHE I CAMERATI DI PALAZZO CHIGI HANNO SUL GOZZO – LA STATISTA DELLA SGARBATELLA SOGNA L’EGEMONIA ISTITUZIONALE: BOCCIATO IL PREMIERATO, VUOLE CAMBIARE CON LA FORZA IL SISTEMA MODIFICANDO LA LEGGE ELETTORALE E INSERENDO IL NOME DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO SULLA SCHEDA (COSI' DA BYPASSARE DI FATTO I POTERI DI NOMINA DEL PREMIER CHE SPETTANO AL COLLE) - MA NON TUTTO FILA LISCIO: LEGA E FORZA ITALIA SI OPPONGONO PERCHE' NON VOGLIONO ESSERE CANNIBALIZZATI DA FDI E IN CAMPANIA E PUGLIA SI PROSPETTA UNA BATOSTA PER IL CENTRODESTA - DA QUESTO DERIVA QUEL NERVOSISMO, CON VITTIMISMO PARACULO ANNESSO, CHE HA SPINTO GIORGIA MELONI A CAVALCARE IL “COMPLOTTO DEL COLLE” – E SE FDI, PER BOCCA DI BIGNAMI E MALAN, NON AVESSE RINCULATO, DAL QUIRINALE SAREBBE PARTITO UN SILURO A TESTATA MULTIPLA...

francesco saverio garofani sergio mattarella giorgia meloni maurizio belpietro

DAGOREPORT - MA QUALE “COMPLOTTO DEL QUIRINALE CONTRO GIORGIA MELONI”! DIETRO ALLA DIFFUSIONE DELLE PAROLE DI FRANCESCO SAVERIO GAROFANI ALLA “VERITÀ” DI BELPIETRO C'E' UNA “GOLA PROFONDA” UN PO’ PASTICCIONA, CHE SI E' FATTA SGAMARE IN MEZZA GIORNATA - DAGOSPIA È IN GRADO DI AGGIUNGERE ALCUNI DETTAGLI SULLA CENA DI GIOVEDÌ 13 NOVEMBRE ALLA TERRAZZA BORROMINI. A TAVOLA C’ERANO SEDICI PERSONE: OLTRE ALL’ORGANIZZATORE, LUCA DI BARTOLOMEI E A FRANCESCO GAROFANI, C’ERANO MANAGER, CONSULENTI, UN AD DI UNA BANCA, DUE CRONISTI SPORTIVI E…UN GIORNALISTA CHE IN PASSATO HA LAVORATO IN UN QUOTIDIANO DI DESTRA, GIA' DIRETTO DA BELPIETRO. SARÀ UN CASO CHE LA MAIL A FIRMA “MARIO ROSSI”, DA CUI È NATO LO “SCANDALO”, SIA STATA INVIATA ANCHE AL MELONIANO "IL GIORNALE" (CHE PERO' L'HA IGNORATA)? - IL CONTESTO ERA CONVIVIALE, SI PARLAVA DI CALCIO E DEL PD, MA GAROFANI NON HA MAI PRONUNCIATO LA PAROLA “SCOSSONE”, CHE INFATTI NELLA MAIL ORIGINALE NON C’È - L’AUDIO? ANCHE SE CI FOSSE, BELPIETRO NON POTREBBE PUBBLICARLO PERCHÉ SAREBBE STATO CARPITO ILLEGALMENTE...

maurizio belpietro giorgia meloni la verita

DAGOREPORT - IL GIOCO DI PRESTIGIO DI MAURIZIO BELPIETRO: LO "SCOOP" SUL PRESUNTO “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È BASATO SULLE PAROLE “PROVVIDENZIALE SCOSSONE”, CHE IL CONSIGLIERE DEL COLLE, FRANCESCO SAVERIO GAROFANI, AVREBBE PRONUNCIATO ALLA CENA DOPO L’EVENTO IN RICORDO DI AGOSTINO DI BARTOLOMEI. MA NELLA MAIL ANONIMA CHE SEGNALA LA VICENDA A "LA VERITA'" QUELLE DUE PAROLE NON SONO VIRGOLETTATE: SEMBRANO ESSERE UN RAGIONAMENTO DELL’AUTORE, IL MISTERIOSO "MARIO ROSSI" – “LINKIESTA”: “PER CAPIRE COSA PENSI MELONI BISOGNA LEGGERE ‘LA VERITÀ’, ESATTAMENTE COME PER CAPIRE COSA PENSI GIUSEPPE CONTE BISOGNA LEGGERE ‘IL FATTO’. QUANTI SI BEVONO OGGI LA FAVOLA DELLA SVOLTA ATLANTISTA ED EUROPEISTA DI MELONI, FAREBBERO BENE A LEGGERE ‘LA VERITÀ’, SMACCATAMENTE FILO-PUTINIANO, NO VAX E NO EURO. LA VERITÀ DEL GOVERNO MELONI STA LÌ”

tommaso cerno antonio giampaolo angelucci alessandro sallusti il giornale

FLASH! – COME PREVISTO, ANTONIO E GIAMPAOLO ANGELUCCI HANNO DECISO CHE, A PARTIRE DAL PRIMO DICEMBRE, AVVERRÀ IL CAMBIO DI DIREZIONE DE “IL GIORNALE” CON L’ARRIVO DI TOMMASO CERNO CHE, A SUA VOLTA, VERRÀ RIMPIAZZATO A “IL TEMPO” DA DANIELE CAPEZZONE – MALGRADO LA PROPOSTA DI ANDARE ALLA DIREZIONE EDITORIALE DE “IL GIORNALE”, AL POSTO DI VITTORIO FELTRI, CHE PASSEREBBE A QUELLA DI “LIBERO”, ALESSANDRO SALLUSTI NON L’HA PRESA BENE: IL BIOGRAFO DI GIORGIA MELONI LO CONSIDERA UNA DIMINUTIO PER IL SUO PRESTIGIO E MIREREBBE A DARE VITA A UN PROGETTO MEDIATICO CON NICOLA PORRO…