BECHIS RICORDA LA “PISTOLA SPARA-SUPPOSTA” - QUANDO TREMONTI GLI DISSE CHE NON LO VOLEVA IN RAI COME VICE DI MINZO: “LEI NON MI HA MAI FATTO UNA MARCHETTA, QUINDI NON È UN GIORNALISTA ADATTO AL SERVIZIO PUBBLICO” - MILANESE PARCHEGGIAVA LA SUA BENTLEY FACENDO FINTA CHE FOSSE DI UN “OSPITE DEL MINISTRO” – GRANDI FIRME A MONTECITORIO PER IL VOTO SU MILANESE E SPERARE DI GODERSI LA FINE DEL BERLUSCONISMO (HANNO PERSO LA MATTINATA)…

Franco Bechis (http://fbechis.blogspot.com)

1- MILANESE FACEVA IL PARCHEGGIATORE...
Mentre leggevo le carte della procura di Napoli che chiedevano l'arresto di Marco Milanese (respinto giovedì 22 settembre dalla Camera), mi è tornato in mente un episodio vissuto in prima persona. Nelle carte si racconta infatti la passione di Milanese per le auto di lusso, e la concessione in leasing per alcuni mesi da parte dell'imprenditore che lo accusa di una lussuosissima Bentley.

Ricordo una sera del 2008, uscito assai tardi dal lavoro. Passavo dietro la Galleria Colonna quando ho visto un macchinone carta da zucchero che disperatamente tentava di entrare in un garage. Alla guida c'era proprio Milanese, che sembrava piccolo piccolo dentro quella super Bentley. Al suo fianco la capo ufficio stampa del ministero dell'Economia, Manuela Bravi (oggi sua compagna). Siccome li conoscevo entrambi, attesi all'uscita per salutarli. Scherzai: "ammazzateò, che macchina!".

Milanese si fece scuro in volto: "Vorrai mica scriverlo?". Sorrisi: "Certo, ormai vi ho pizzicato!". Lui serio serio si giustificò: "abbi pazienza, è una cosa riservatissima. Questa auto è di un ospite rilevante del ministro dell'Economia. Tremonti mi ha pregato di andarla a parcheggiare in un luogo sicuro". Evidentemente quella Bentley era un problema...

2 - CASO MILANESE, FREGATURA PER LE GRANDI FIRME...
Che fregatura per le grandi firme del giornalismo televisivo e della carta stampata! Alle 11 e 30 di giovedì 22 settembre il transatlantico di Montecitorio sembrava essersi trasformato negli stati generali della tv. Tutti accorsi- come non accade mai- evidentemente per vedere la caduta di Silvio Berlusconi durante il voto sull'arresto di Marco Milanese.

C'era un Bruno Vespa incuriosito e pronto a viversi la sua giornata di storia, c'era un Enrico Mentana che sembrava perfino preoccupato (come si vede nella foto che ho scattato nel cortile di Montecitorio). Ma sono arrivati anche Luca Telese, Aldo Cazzullo e molte altre grandi firme della stampa. Mentana e Vespa sono saliti nella tribuna stampa per vedere in diretta il voto dell'aula. Quando Gianfranco Fini ha dato il via alle votazioni, Vespa che stava in terza fila si è alzato in piedi sporgendosi sicuro di controllare alcuni birichini che votavano in controtendenza.

L'unica cosa che ha rimediato è stata una rampogna del commesso di turno, che lo ha fatto tornare seduto in modo assai deciso. Il voto dell'aula che ha sottratto Milanese ai pm di Napoli deve avere deluso parecchio i due vip della tv. Perchè alla fine tutto è stato molto tranquillo e ordinato senza quella tensione che si sentiva il giorno dell'arresto di Alfonso Papa. Una fregatura, insomma: Berlusconi non è caduto, e sia Vespa che Mentana hanno buttato via qualche ora della loro mattinata...

3 - QUELLA SUPPOSTA CHE TREMONTI NON HA PERDONATO...
Che Giulio Tremonti non sia un carattere facile, l'ho provato sulla mia pelle. Lo feci arrabbiare più volte con quel che scrivevo. Ma una non me l'ha mai perdonata. Tanto che quando nel 2009 il mio amico Augusto Minzolini mi chiese di seguirlo come vicedirettore al Tg1, fu impossibile proprio per il veto del ministro dell'Economia. Un po' di ragioni il povero Tremonti a essere sinceri le aveva. Un giorno in un ristorante di Roma sedetti a fianco di Elisabetta Gardini, in procinto di diventare portavoce di Forza Italia.

Era un po' chiacchierona, e fra tante cose raccontò una serata passata con Angiola Tremonti, la sorella del ministro. Anche un episodio divertente: la sorella disse che Giulio fin da bambino aveva un terrore sacro per le supposte. Diventato adulto, è capitato che ne avesse bisogno. Ma non sapeva metterle. Così si era acquistato una pistola- spara supposte. Non ne conoscevo l'esistenza. Finito il pranzo entrai in un paio di farmacie.

E scoprii un mondo a me ignoto: le pistole spara-supposte esistevano davvero. I modelli che andavano per la maggiore erano due. Ne acquistai uno, lo fotografai e raccontai l'episodio sul giornale che allora dirigevo (Il Tempo) corredando gli articoli firmati con un collega che era presente con un fotomontaggio spiritoso: James Bond con la faccia di Tremonti e la pistola spara-supposte in pugno.

Naturalmente il ministro la prese malissimo, e mi fece una telefonata di fuoco che conservo ancora (insieme a tante altre sue sfuriate). Quattro o cinque anni dopo venne il momento della sua vendetta. Quando Minzolini mi propose di fare il suo vice, Tremonti si mise di traverso: era l'azionista della Rai e aveva una certa influenza sul consiglio di amministrazione.

La nomina sarebbe stata bocciata. Dissi a Minzolini di non proporla nemmeno, e probabilmente quella è stata la mia fortuna: sono venuto felice a Libero e non al Tg1. Qualche settimana dopo al Meeting di Rimini sbagliai stanza ed entrai in una saletta dove c'era Tremonti con il governo di San Marino. Lui sbiancò, mi fece capire a gesti di stare zitto e che voleva parlarmi subito dopo. Lo attesi fuori. Mi prese sotto braccio e mi disse: "io non ero contrario di principio a lei per il Tg1. A patto però che lei non si occupasse di economia".

Dissi che avendo fatto il giornalista economico per 20 anni, Minzolini mi aveva chiamato per quel che sapevo fare... Allora Tremonti si fermò e mi chiese: "Scusi, in 20 anni da giornalista economico, lei mi ha mai fatto una marchetta?". Restai di sasso: no, non ero abituato a fare quelle che lui chiamava "marchette". Davo notizie, ed ero pure cattivello. Di fronte al mio no, Tremonti allargò le braccia: "No? E allora lo vede che lei non è un giornalista adatto al servizio pubblico?". In effetti non lo sono...

 

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