IL WISCONSIN SBARAKA OBAMA - LO STATO IN CUI AVEVA VINTO OBAMA NEL 2008, VOTA DI NUOVO PER IL GOVERNATORE ULTRA-DESTRO WALKER, CHE I SINDACATI AVEVANO CERCATO DI CACCIARE - WALKER HA USATO LA MANNAIA CONTRO IMPIEGATI PUBBLICI E STATO SOCIALE, ED È STATO PREMIATO DAL TEA PARTY CON 30 MLN $ - OBAMA NON SI ERA IMPEGNATO IN PRIMA PERSONA, DIVERSAMENTE DA CLINTON, E QUESTO PUÒ COSTARGLI LA SINISTRA DEL PARTITO (E QUINDI L’ELEZIONE)…

Massimo Gaggi per il "Corriere della Sera"

Adesso i repubblicani sognano: pensano che a novembre potrebbero addirittura strappare a Barack Obama uno Stato, il Wisconsin, nel quale quattro anni fa il presidente vinse con ben 14 punti di scarto. E Scott Walker, il governatore che sindacati e democratici hanno cercato invano di cacciare, da ieri è venerato come un eroe, quasi la reincarnazione di Ronald Reagan: il presidente conservatore che negli anni Ottanta licenziò in blocco 11 mila controllori del traffico aereo protagonisti di uno sciopero a oltranza illegale.

Scott Walker non ha licenziato nessuno ma, alle prese con un bilancio statale disastrato, aveva fatto approvare dal parlamento dello Stato una legge che ha fortemente ridotto i diritti sindacali del pubblico impiego, azzerando i negoziati sui nuovi contratti e imponendo al personale di pagare una parte dei contributi per le loro pensioni e l'assistenza sanitaria. Walker, un radicale sostenuto dai Tea Party, non si è fatto spaventare né dall'occupazione dei palazzi del governo né dalla minaccia del «recall»: una sorta di petizione popolare per defenestrare un sindaco o un governatore in carica che ha adottato misure giudicate inaccettabili dal suo stesso elettorato.

Quando sinistra e sindacati riuscirono a raccogliere un milione di firme per il referendum anti-Walker (il doppio delle 540 mila richieste dalla legge), il destino del governatore sembrò segnato. E invece nel voto di martedì Walker non solo l'ha spuntata sul candidato democratico, il sindaco di Milwaukee, Tom Barrett, ma ha addirittura raddoppiato il suo distacco dall'avversario rispetto all'elezione che lo consacrò governatore nel 2010.

Sette punti di differenza sui democratici che, nonostante l'alta affluenza alle urne, si sono fermati a un milione e 163 mila voti: poco più di quelli messi insieme con la mobilitazione per la raccolta delle firme. Walker, invece, è andato molto più in là conquistando chiaramente anche gente che quattro anni fa ha votato per Obama.

Una sconfitta catastrofica per i sindacati che, temendo il diffondersi a livello nazionale della «ricetta Walker» (già adottata da Stati come l'Ohio e l'Indiana), hanno deciso di concentrare tutta la loro potenza organizzativa sulla battaglia del Wisconsin. Hanno speso decine di milioni per la raccolta delle firme e poi altri ancora per la campagna elettorale trovandosi alla fine col loro nemico mortale addirittura rafforzato da una vittoria senza precedenti: è, infatti, la prima volta nella storia americana che un governatore finito nel mirino degli elettori sopravvive alla procedura di «recall».

Guai in vista anche per il presidente Obama che considerava il Wisconsin uno Stato per lui abbastanza sicuro e che ora, invece, deve rifare tutti i conti. Il suo braccio destro, David Axelrod, si è affrettato a sottolineare che gli elettori hanno votato in maggioranza per Walker su una questione molto specifica e locale, mentre nei sondaggi presidenziali la maggioranza continua a preferire Obama rispetto a Romney.

È vero: l'altro ieri il Wisconsin ha votato su una questione specifica, ma l'allarme ha ugualmente cominciato a suonare alla Casa Bianca per almeno due motivi. Intanto perché la vicenda Walker dimostra che il denaro dei miliardari conservatori pesa molto in questa stagione elettorale.

Quando Walker era in difficoltà davanti alla macchina dei sindacati, i finanziatori repubblicani hanno messo sul tavolo 30 milioni di dollari, quasi otto volte i 4 spesi da Barrett nella campagna. Anche questo ha fatto la differenza. E i personaggi che hanno riempito le tasche di Walker sono gli stessi conservatori facoltosi che hanno promesso di spendere nei prossimi mesi la cifra record di un miliardo di dollari per seppellire la ricandidatura di Obama.

L'altro dato che fa riflettere la Casa Bianca è quello dell'umore di un'opinione pubblica che, almeno negli Usa, quando si parla di sperequazioni nella distribuzione del reddito, sembra più sensibile ai «privilegi» del pubblico impiego (pensioni e sanità più generose, pagate con le tasse dei contribuenti), che al basso livello di tassazione dei ricchi i quali, secondo la propaganda repubblicana, sono tali per i loro meriti e la loro capacità di creare reddito e lavoro. Gli economisti sono in grado di dimostrare che le cose non stanno così, ma questo non cambia la situazione né rasserena un orizzonte elettorale che da ieri per Obama si è fatto un po' più cupo.

Il presidente rimane in mezzo al guado: in Wisconsin non si è impegnato in prima persona (come ha, invece, fatto Bill Clinton). Una presa di distanze che ha fatto infuriare i democratici locali e, soprattutto, i sindacati. Questi ultimi tradizionalmente forniscono al candidato democratico alla presidenza il grosso del suo esercito elettorale sul territorio. La sconfitta di martedì, comunque, investe in pieno anche Obama, che nei mesi scorsi ha più volte attaccato Walker. E la scelta di tirarsi indietro nel momento cruciale della battaglia potrebbe costargli assai cara a novembre.

 

 

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