sollima suburra romanzo criminale

IL CINEMA DEI GIUSTI - AL DI LÀ DELLA SCENEGGIATURA, DELLA CREDIBILITÀ DEI PERSONAGGI, AL DI LÀ DI OGNI CRITICA, SOLLIMA È UNO DEI POCHISSIMI REGISTI ITALIANI CHE PUÒ FARE GRANDI FILM POLIZIESCHI COME ''SICARIO'' O ''TRUE DETECTIVE''. PER ME, ‘’SUBURRA’’ È UNA BOMBA

Suburra di Stefano Sollima

 

 Marco Giusti per Dagospia

 

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“Io ti rispetto. Ma non si può fa’ sempre pippa!”. Ecco, diciamo che è questa la morale che viene fuori dalla visione di Suburra di Stefano Sollima, probabilmente il film italiano più atteso dell’anno, due ore interamente dedicate a Mafia Capitale, sceneggiato da Stefano Rulli e Sandro Petraglia di piovriana memoria e tratto dal libro dei cosceneggiatori Carlo Bonini e Giancarlo De Cataldo.

 

Un viaggio nel novembre del 2011, nei sette giorni prima dell’Apocalisse che cancellò il Governo Berlusconi e che portò Papa Ratzinger a dimettersi. In mezzo, una storia di malavita, morti ammazzati, guerre tra bande, onore e orgoglio e, soprattutto, di intrecci con la politica di destra che ha governato il paese e, soprattutto, la Roma di Alemanno.

 

favino  suburra sollimafavino suburra sollima

Diciamo a metà tra i film di duri alla Ferdinando Di Leo e le nuove serie americane e italiane che vediamo su Sky, con un quanto basta di riferimenti alle grandi bellezze e alla nuova graphic novel alla Zerocalcare. Ma senza ironia, senza elementi da talk show politico (a un tratto si sente Bruno Vespa, però) o da puntata speciale di “Report”, perché Sollima fa veramente sul serio.

 

Che dire? Per me, è una bomba. Solo vedere Pier Francesco Favino nei panni dell’onorevole Malgradi che pippa e tromba con la celtica al collo due mignotte all’Hotel De Russie e poi va nudo a pisciare dalla terrazza dell’albergo mentre la pioggia si scatena su Piazza del Popolo e sul suo obelisco è qualcosa che non si era mai visto nel nostro cinema.

elio germano suburra sollimaelio germano suburra sollima

 

E non si è mai visto neanche la tossica Viola di Greta Scarano, qua fantastica, che vuole vendicare il suo uomo ferito, Numero 8, cioè Alessandro Borghi, il re di Ostia, e gli urla “Vai a sventrà quegli zingari di merda”. E quando mai, in un film, si erano viste le famiglie di zingari cravattari che vivono come questo Manfredi Anacleti, interpretato dal notevolissimo Adamo Dionisi (subito il “premio Mario Brega” come coatto cinematografico dell’anno), che comanda la sua tribù in una casa rifugio piena di donne e bambini.

 

amendola suburra sollimaamendola suburra sollima

O un pr di feste romane come il Sebastiano di Elio Germano, che solo quando suo padre, Antonello Fassari, si butta nel Tevere, scopre di essere in mano ai cravattari e che la sua vita è appesa a un filo. Certo, il Samurai di Claudio Amendola, perfetto come sempre, è un po’ troppo simile al vero Carminati, er Cecato, il re di Roma, ma ha delle battute fantastiche.

 

Come quando incontra Bacarozzo, il vecchio camerata dei Nar uscito di galera che vuole una fetta di torta del suo impero e gli ricorda di quando aveva un’idea nel core. “Io, ormai, l’idea me la porto qua e basta”. O quando deve rispondere di un simpatico omicidio. “Sei stato tu?” – “E’ stata Roma”.

SUBURRA - STEFANO SOLLIMA SUBURRA - STEFANO SOLLIMA

 

Nessuno ha toccato così da vicino la Roma fascista di questi anni. E poi. Esattamente come per le serie tv di Romanzo criminale e di Gomorra, il pubblico dei ragazzini impazzirà per questi personaggi alla Di Leo e per le loro battute, per il Numero 8 di Alessandro Borghi, pelato e con la barba con gli occhi di fuori, per il Samurai che non ride mai e vive con la mamma, per Spadino, Manfredi, Bacarozzo, per Viola la tossica, per il pr che deve fa’ pippa.

 

cover SUBURRAcover SUBURRA

Perché, al di là delle sceneggiature, della credibilità dei personaggi, al di là di ogni critica e di ogni due palle alla Mereghetti, Sollima è uno dei pochissimi registi italiani che non solo crede ai suoi personaggi e alle battute che dicono, ma riesce a renderle mitiche e credibili per noi, il suo pubblico. Come Di Leo. “Eh, cazzo”.

 

Poi, si può essere anche d’accordo con molti critici che la sceneggiatura è un po’ troppo forzata nel voler mettere tutto assieme, anche un po’ troppo giornalistica o troppo da “Repubblica” e da “Il Fatto”, o che il gioco dei personaggi funziona meglio con interpreti sconosciuti. Ma è proprio grazie a questo uso della sceneggiatura alla Rulli-e-Petraglia, a certi dialoghi da intercettazioni hot della cronaca romana, che Sollima riesce a costruire il suo film al di là dei limiti della scrittura.

 

SUBURRA - STEFANO SOLLIMASUBURRA - STEFANO SOLLIMA

Che diventano parti del suo gioco di messa in scena, esattamente come le citazioni da cinema di genere, o la presenza di attori noti, da Amendola a Favino, che alla fine funzionano perfettamente nella costruzione d’insieme del racconto. Ovvio che è banale iniziare un film col la rullipetragliata del Papa che pensa di dimettersi, o chiuderlo col tombino che esplode per il tracimare delle fogne, metafora della sporcizia morale della città, ma Sollima sta facendo cinema.

 

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Anzi sta facendo un noir, un film che è diretto già come fosse una serie di Netflix, e questo infatti diventerà. Deve arrivare a un grande pubblico nel modo più diretto e non essere sgrammaticato nel racconto (a questo servono due esperti sceneggiatori). E, soprattutto, credere per primo lui a quello che mette in scena e farcelo credere a noi.

 

E, allora, troviamo che solo Sollima ha capito come inquadrare nella maniera più sexy e inquietante Greta Scarano, sempre ripresa di dietro e dal basso, ha costruito per Amendola un ruolo alla Ugo Piazza, si è inventato un cattivo del tutto nuovo come Manfredi, ha saputo mostrarci questa Roma meravigliosa sotto la pioggia, altro che grandi bellezze, ha costruito un dialogo malavitoso nel Dubai Bar (ma esiste davvero?).

STEFANO SOLLIMASTEFANO SOLLIMA

 

Certo, Claudio Caligari, con Non essere cattivo, ha costruito un film più documentato e meno facile sul malessere di Ostia, ma anche molto meno forte e popolare. Sollima, se il film andrà bene, riuscirà a farci sognare che un cinema di genere, che non sia però solo cinema di genere, ma qualcosa anche di diverso e di più moderno, è possibile in Italia.

 

Che anche da noi si possono fare grandi film polizieschi come Sicario o Animal Kingdom o True Detective, per non arrivare a Tarantino, dove il cinema torna a essere cinema fosse anche di pura messa in scena, di costruzione di personaggi, azioni e sentimenti. Chi fa cinema da noi lo sa perfettamente. E anche il pubblico lo capisce. Perché si innamora dei suoi personaggi, perdenti o vincenti che siano. No, non si può fa’ sempre pippa. Dal 14 ottobre in sala.

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