fran lebowitz

“IL MIO ANIMALE PREFERITO È LA BISTECCA” - FRAN LEBOWITZ È UNA SCRITTRICE, UMORISTA, ICONA DELLA CULTURA NEWYORKESE CHE NON HA CELLULARE NÉ COMPUTER E SCRIVE A PENNA, GRANDE FUMATRICE, LESBICA. UNA MAESTRA DEL PENSIERO ROVESCIATO CHE HA IL CORAGGIO DI SPARARE BATTUTE DEL TIPO: “IN RUSSIA IL CAPITALISMO HA TRIONFATO SUL COMUNISMO, IN AMERICA IL CAPITALISMO HA TRIONFATO SULLA DEMOCRAZIA” - MARTIN SCORSESE LE HA DEDICATO UN BELLISSIMO DOCUMENTARIO SU NETFLIX – FRASI CULTO + VIDEO

FRAN LEBOWITZ E IL RITRATTO D'AUTORE DI MARTIN SCORSESE

Aldo Grasso per il “Corriere della Sera”

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A volte, a essere politicamente corretti si rischia il ridicolo, specie se si devono fare i conti con Fran Lebowitz. Va bene definirla scrittrice (anche se da un po' di tempo si dice vittima della pagina bianca, di un blocco scritturale); va bene definirla umorista (lo è), ma con maîtresse-à-penser si sfiora l' insulto.

 

Eppure, se c' è una maestra del pensiero questa è proprio l' ex columnist di Interview , la famosa rivista di Andy Warhol, una delle prime donne a insinuarsi nei salotti bene del Greenwich Village diventandone la massima esperta, una influencer quando non esistevano le influencer. Il suo amico Martin Scorsese l' ha intervistata per un documentario di Netflix lungo sei incontri: «Fran Lebowitz - Una vita a New York», titolo italiano ben meno efficace dell' originale, che era «Pretend it' s a city».

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La conversazione avviene in alcuni luoghi simbolici della città, tra cui un elegante club all' antica e il Queens Museum che contiene il famoso modellino della metropoli ideato da Robert Moses. Ma New York è soprattutto sulla bocca della Lebowitz, perché possiede il raro dono di trasformare ogni parola in immagine, perché Manhattan rivive attraverso gli occhi e la sensibilità dell' intervistata: si vanta di non avere un cellulare e di conservare il raro dono di guardare tutti i newyorchesi che, ogni giorno, rischiano di investirla con la macchina perché non riescono a staccare gli occhi da quegli aggeggi infernali che regolano le loro vite.

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A Scorsese, che ride a crepapelle a ogni sua battuta, ricorda la loro sostanziale differenza: «Mi piacciono le feste, vado a molte più feste rispetto a te. Ed ecco perché tu hai fatto un mucchio di film mentre io ho scritto pochissimi libri». «Tutti si lamentano che è impossibile vivere a New York (caro vita, rumori incessanti, case mal costruite), ma siamo otto milioni, come facciamo non lo sappiamo». Da anni indossa solo jeans Levi' s modello 501.

 

COME TRASFORMARE L’ABILITÀ NEL PARLARE NELLA SUA PROFESSIONE E NELLA SUA ARTE

Francesca Pellas per “www.rivistastudio.com

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Fran Lebowitz è una scrittrice, umorista, icona newyorkese, grande fumatrice. Niente di tutto ciò è falso, però chi è davvero Fran Lebowitz? Martin Scorsese, che le ha dedicato un documentario appena uscito su Netflix dal titolo Pretend It’s a City (il suo secondo: il primo fu Public Speaking su HBO, nel 2010), dice che non bisogna immaginarsela come una persona, ma come una città: nello specifico New York, di cui è appunto una delle manifestazioni di carne.

 

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Lei, dal canto suo, dice di se stessa che abita a New York da decenni pur non potendosela permettere, nonostante sia una delle sue più celebri scrittrici. Che, va detto, non scrive da tempo, e forse è da ricercarsi qui, come racconta lei, il motivo per cui non possiede una villa in Toscana e si trova spesso a dover giocare alla lotteria sperando di vincere: se scrivesse, avrebbe di certo più denaro, e non avrebbe dovuto vendere i suoi Warhol per pagare le spese condominiali.

 

Anche il fatto di avere dei Warhol, peraltro, era incidentale: uno dei suoi primi lavori a Manhattan (oltre a quelli di tassista, donna delle pulizie, venditrice di cinture) fu a Interview Magazine, la rivista da lui fondata, per cui Lebowitz curò due rubriche, una di cinema in cui recensiva film brutti (The Best of the Worst) e una in cui scriveva di quello che le andava (I Cover the Waterfront).

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Entrambe le rubriche confluirono poi, insieme ad altri saggi apparsi su Mademoiselle, in due raccolte intitolate Metropolitan Life (1978) e Social Studies (1981), che ad oggi costituiscono gli unici libri che abbia mai pubblicato, insieme a un libro per bambini del 1994.

 

Se ne attendono da allora almeno altri due, di cui negli anni si è molto parlato, e di cui il suo editor dice: «Essere l’editor di Fran è il lavoro più facile del mondo, non ho niente da fare». In un’intervista a David Letterman, Lebowitz trovò un nome per questo blocco: blockade, dall’unione di “block” e “decade”.

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E del resto perché scrivere, si chiede lei intervistata dal suo amico Martin Scorsese (lo chiama Marty), quando può tranquillamente passare nove ore di fila a leggere? Il suo lavoro è quello lì, e in casa conserva diecimila volumi, sistemati in ordine alfabetico e divisi per sezioni (ha per esempio una sezione biografie). Perciò legge tutto il giorno, ogni tanto parla in pubblico, e per il resto del tempo si sente in colpa perché non sta scrivendo.

 

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La verità è che di cose su Fran Lebowitz se se potrebbero dire tremila: da quanto fuma a quanto parla, dal cameo che “Marty” le fece fare in The Wolf of Wall Street, al fatto che non ha cellulare né computer e scrive a penna.

 

Si potrebbe poi raccontare della sua amicizia di una vita con Toni Morrison (a cui Pretend It’s a City è dedicato), come del fatto che le rubriche su Interview gliele trascriveva l’altro amico di una vita, Marc Balet, art director del magazine, a cui Fran piombava in casa alle 7 del mattino con caffè e croissant perché battesse a macchina ciò che lei aveva scritto a mano da mezzanotte all’alba.

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Si potrebbe raccontare della sua idiosincrasia per i turisti, poiché proprio da quella viene il titolo del documentario: “Pretend it’s a city” è infatti la frase che vorrebbe gridare ai turisti, troppi, che invadono New York, quando incrociandola per strada hanno la malaugurata idea di chiederle indicazioni. Fate finta che sia una città. Non è un parco giochi ma una vera città. Non siamo qui perché voi possiate venirci in vacanza, siamo qui per viverci.

 

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E appunto, anche se di cose se ne potrebbero dire tremila, l’unica che valga la pena spiegare è quanto Fran Lebowitz sia un essere inscindibile dalla sua città, questo luogo infinito chiamato New York che, come scriveva Colson Whitehead ne Il Colosso di New York, è otto milioni di nude città dentro una città, e non ha mai fine, né mai l’avrà.

 

Questo luogo in cui si è trasferita a 18 anni dal New Jersey dopo essere stata espulsa dal liceo, con un’unica idea in testa: fare la scrittrice. All’epoca nessuno voleva fare lo scrittore, perché tutti volevano essere musicisti, o al massimo registi, ecco perché, racconta lei, fu assunta a Interview: non trovavano scrittori.

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E lo stesso era accaduto a Changes, la rivista della quarta moglie di Charles Mingus, con cui Fran divenne grande amica e che una volta la portò a fare colazione insieme a Duke Ellington (l’unico di cui Mingus nella vita abbia avuto soggezione, racconta lei).

 

Lebowitz è anche lesbica, ma ha detto spesso di non essere mai stata un’attivista in tal senso. Esiste però un suo pezzo molto famoso, scritto nel 1987 per il New York Times (che le aveva chiesto di spiegare l’impatto dell’AIDS nel mondo dell’arte), in cui dice: «Qual è stato l’effetto dell’AIDS sulla cultura? Dovremmo farci un’altra domanda: che cos’è la cultura senza i gay? Che cosa ne rimane?».

 

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Questo sia perché l’epidemia falcidiò un’intera generazione di artisti, sia perché il pubblico che quell’arte poteva davvero apprezzarla morì con loro, e non esiste più: «La capacità critica è sparita con la morte di quel pubblico, nello stesso modo in cui, morendo, se n’è andata l’abilità creativa. E ciò ha permesso la salita alla ribalta di artisti di quinta categoria. L’AIDS non ha decimato solamente gli artisti, ma la conoscenza: la conoscenza di una cultura».

 

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Vedendo le immagini di lei da ragazza, già vestita come veste adesso, cioè con jeans, camicia, giacca, e ogni tanto un maglione, ci si stupisce per quanto il suo viso fosse diverso da quello di oggi, e non nel senso di invecchiato, ma proprio di diverso.

 

Oggi è Fran Lebowitz, una persona che ha trasformato la sua abilità nel parlare nella sua professione e nella sua arte. Adesso è un’icona, ma allora era bellissima. Stupenda nel modo minaccioso in cui potevano esserlo certe giovani e intelligentissime lesbiche newyorkesi di quegli anni, ovvero: lasciando immaginare dietro a quelle sopracciglia inarcate interi mondi e intere vite da vivere amandola.

 

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Peccato che, come dice lei stessa, l’amore non sia mai stato il suo forte. No, lei è stata, a detta sua, la figlia migliore del mondo, e una brava parente, e una buona amica, ma sempre, sempre, una terribile fidanzata: la sua storia più lunga è durata tre anni, e ora sostiene che non riuscirebbe a immaginarsi impegnata in una relazione per più di sei giorni.

 

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Soprattutto, non è mai riuscita a capire che senso abbia la monogamia. Questo però si può spiegare, forse, comprendendo che nella sua vita un grande amore c’è già, ed è quello per la sua città. Perché nonostante i prezzi (delle case, degli affitti e di tutto), New York è l’unico posto in cui Fran Lebowitz potrebbe vivere. “Pretend it’s a city”, fate finta che New York non sia una vostra fantasia, ma una vera città: rimane comunque l’unico mistero in cui valga la pena perdersi.

 

FRASI, BATTUTE, AFORISMI DI FRAN

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“Anche quando lavati di fresco e privati di tutti i dolciumi in vista, i bambini tendono ad essere appiccicosi.”

 

“Ricordati che sei all'ultimo stadio della tua vita di adolescente quando ti rende felice il solo sapere che il telefono squilla per te.”

 

“L'umiltà non è un buon sostituto di una buona personalità.”

 

“Il pensiero originale è come il peccato originale: entrambi sono accaduti, prima che tu nascessi, a persone che non hai potuto eventualmente incontrare.”

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“Il contrario di parlare non è ascoltare. Il contrario di parlare è aspettare.”

 

“Il mio animale preferito è la bistecca.”

 

“Il successo non mi ha rovinato, sono sempre stata insopportabile.”

 

“Non preoccuparti di discutere del sesso con dei bambini piccoli. Raramente hanno qualcosa da aggiungere.”

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“La televisione educativa dovrebbe essere abolita nel modo più assoluto. Vostro figlio proverà una comprensibile delusione scoprendo che le lettere dell'alfabeto non saltano fuori dai libri e non si mettono a danzare in tutù azzurro.”

 

“Nessun animale dovrebbe mai saltare sui mobili del soggiorno a meno che non sia assolutamente certo di poter di poter tenere testa nella conversazione.”

 

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“Diventare una donna è di particolare interesse solo per un maschio transessuale che aspira ad essere tale. Per le donne d'oggi è semplicemente una buona scusa per non giocare a calcio.”

 

“La vita è qualcosa che ti accade quando non riesci ad addormentarti.”

 

“Se sei un cane e il tuo padrone ti suggerisce di indossare un maglioncino... suggeriscigli di indossare una coda.”

 

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“Il comunismo richiede ai suoi aderenti che si alzino presto e partecipino a una faticosa serie di esercizi ginnici. Per chi si augura che le sigarette arrivino già accese il pensiero di tale sforzo a un'ora in cui le persone oneste stanno per addormentarsi è completamente detestabile.”

 

“Non permettere mai a tuo figlio di chiamarti per nome. Non ti conosce da abbastanza tempo.”

 

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“Non ho mai preso droghe allucinogene perché non ho mai voluto che la mia consapevolezza si espandesse di una virgola non necessaria.”

 

“Le grosse e pelate carote crude sono accettabili come cibo solo per coloro che vivono nelle tane attendendo con impazienza la Pasqua.”

 

“Se le tue fantasie sessuali interessassero davvero gli altri, non sarebbero più fantasie.”

 

“Chiedi a tuo figlio cosa vuole per cena solo se è lui a comprare.”

 

“Le grandi persone parlano di idee, le persone medie parlano delle cose, e le piccole persone parlano del vino.”

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“Ho fatto i calcoli e le tue probabilità di vincere la lotteria sono identiche sia che tu giochi oppure no.”

 

“La carriera letteraria non è priva di svantaggi, principalmente quello di essere chiamati di frequente a mettersi seduti e scrivere.“

 

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Il sonno è la morte senza responsabilità.

 

Il telefono è un buon modo di parlare alla gente senza essere obbligati a offrir loro da bere.

 

Le ragazze che ci stanno sono puttane, quelle che non ci stanno sono signore. Ma è un'accezione arcaica. Se ti capita di incontrare una ragazza che non ci sta non saltare alla conclusione di aver trovato una signora. Probabilmente hai trovato una lesbica.

 

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Le verdure sono interessanti ma mancano di senso se non accompagnate da un buon pezzo di carne.

 

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