"CHI SA, CUCINA, CHI NON SA LAVA I PIATTI" – IL VIAGGIO DI JULIAN BARNES TRA FORNELLI E RICETTE (LA VERA TORTURA): "TUTTO COMINCIA CON PAROLE SEMPLICI. MA QUANTO È GRANDE UN TOCCHETTO, A QUANTO CORRISPONDE UNA INNAFFIATINA O UN GOCCIO?" LA MORALE FINALE È CHE LA CUCINA DEVE PRIMA DI TUTTO RIVELARSI "UN ATTO DI SANITÀ MENTALE" - IL PROBLEMA DELLA CIPOLLA - IL LIBRO

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Stefania Vitulli per “il Giornale”

 

julian barnes julian barnes

Espressione di genio letterario, se mai nel caso di Julian Barnes ce ne fosse bisogno, è arrivare per ultimi su un tema e avere l' audacia e la sapienza di dire proprio tutto quello che ancora non era stato detto, facendoci scoprire un mondo segreto dentro al mondo che tanto bene credevamo di conoscere.

 

Succede in Il pedante in cucina, da oggi in libreria per Einaudi (trad. di Daniela Fargione, pagg. 118, euro 14, ebook euro 7,99), dopo una prima edizione di Guido Tommasi nel 2015. Il libro è una raccolta delle intuizioni geniali che Barnes ha pubblicato per lungo tempo ogni settimana sulla Guardian Review su un tema su cui, come sul calcio, ognuno di noi ha qualcosa da dire: la cucina.

 

Come è tipico appunto del genio e qui stiamo parlando dell' autore di capolavori letterari come Il pappagallo di Flaubert e Il senso di una fine, e di una delle menti che hanno cambiato la letteratura inglese a cavallo tra la fine del Novecento e gli anni Duemila - Barnes si è messo subito dalla parte del perdente e dell' insipiente, rigirando al volo, e mai detto fu più a proposito, la frittata alla perfezione. Alla fine del volume, infatti, ci ha sedotti senza abbandonarci un attimo da soli ai fornelli e nemmeno al supermercato e ci lascia in bocca il sapore giusto e l' entusiasmo di riprovare tutti i piatti che in passato ci sono venuti così così.

 

julian barnes julian barnes

Il primo imputato sul bancone di Barnes sono infatti i libri di ricette altrui e l' astruso gergo gastronomico che li caratterizza, mentre Il pedante in cucina si propone obiettivi misurati e concreti, tipici a prima vista di quella «convenzionale pruderie borghese» citata dallo stesso Barnes nelle righe di apertura, pruderie che, se vale per la cabina elettorale, il letto coniugale e il confessionale, a maggior ragione deve avere una sua efficacia nel luogo deputato ad altrettanto focali segreti millenari, la cucina. Il Pedante vi si avventura un passo alla volta, senza fretta, senza scomporsi.

 

julian barnes julian barnes

Bando a pregiudizi irrilevanti tipo che un maschio non si dedica ad attività da femminuccia, poiché papà aveva l' orto e spettava a papà preparare la colazione a base di porridge e melassa, pancetta e pane tostato. Bando a una vita da single universitario a base di surgelati così come l' industria li ha progettati: piselli da freezer, magari, patate già pelate con sugo pronto, braciole il cui colore acceso non varia in cottura: e tuttavia, «braciola di maiale con piselli e patate» può considerarsi alla fine nel ricordo, se non proprio una ricetta, almeno un «piatto forte», un gusto «tipicamente Barnes». Specie grazie al tocco da maestro: una colata di burro finale ad affogare il tutto.

 

Un esordio tempestoso, insomma, dovuto a povertà, incompetenza e conservatorismo gastronomico. Il che non solo non scoraggia il Pedante, ma lo spinge a comprendere come ampliare un repertorio inaccettabile, sempre a microscopici passi, come la promozione dal petto alla spalla d' agnello o l' attraversamento di carne, verdure e dolci per giungere al guado di risotti, gratin e soufflé e il successo, inatteso, dello scambio di ricette con mamma. Si comprende come le ore in cambusa, se così narrate diventino il percorso di un uomo verso un orizzonte colmo di conferme.

 

Quel percorso tuttavia, nel magistrale volumetto, è tanto più gustoso quanto costellato di dubbi, apprensioni, panico, persino, che solo intelligenza, testardaggine e, sì, quella grazia che alla fine benedice i perseveranti possono mitigare.

 

famiglia in cucina 2 famiglia in cucina 2

Il primo nemico necessario, dicevamo, sono proprio le ricette di cui il Pedante è tanto affamato: «Chi sa, cucina, chi non sa, lava i piatti», Barnes ne è certo, quindi il pedante è un devoto della ricetta, mentre il non-pedante è un creativo, che legge le ricette solo per trarne ispirazione. Ma, sottolinea Barnes, vi affidereste a un avvocato «creativo», che solo ogni tanto dà un' occhiata al codice? Eppure, proprio le ricette sono la vera tortura: «Tutto comincia con parole semplici. Quanto è grande un tocchetto, a quanto corrisponde una innaffiatina o un goccio, a che punto una spruzzata diventa una pioggia?

 

Una tazza è un' espressione generica di approssimazione o una precisa unità di misura americana? Perché dirci di aggiungere un bicchiere di qualcosa, quando esistono bicchieri di tutte le dimensioni?».

 

Di progresso in progresso, poi, il Pedante - che diventa di pagina in pagina più malizioso, persino sexy, come solo gli esperti «tardivi» sanno essere, espone - e in parte risolve, gli enigmi storici della cucina, paragonabili per complessità solo a ciò che si son trovati di fronte Navier-Stokes o Fermat.

cipolla cipolla

 

Prendiamo il «problema della cipolla»: Barnes prova ad evitare di piangere bardandosi con una maschera da decespugliatore, ma ne ricava solo le solite lacrime condite di sangue per via del subitaneo appannamento. Ma tosto progredisce fino a distinguere ben cinque metodi per fare a pezzi l' erbaceo bulbo cavandone il meglio. E allora via, verso nuove avventure: il trattamento di piselli, pomodori, funghi, bocconcini e sapori nelle ricette da dieci minuti, la metodologia scientifica per la scelta dei manuali giusti, la brutale reazione alla resistenza anarchica dell' indivia alla cottura in padella e altre eroiche lezioni che, oltre ad offrire soluzioni preziose per serate con amici e famiglia, sono capolavori di retorica letteraria.

 

julian barnes julian barnes

 

La «morale finale», come la definisce lo stesso Barnes, è che la cucina deve prima di tutto rivelarsi «un atto di sanità mentale». Principi come semplicità, coscienziosità, «mangiare per vivere piuttosto che il vivere per mangiare» devono prevalere senza farne il podio per un' esibizione né la misura dell' esistenza: «Di scegliere una baguette. Di essere oltremodo smisurati con il burro. Ridurre la cucina in caos totale. Cercare di non sprecare nulla. Nutrire amici e parenti. Sedersi intorno a un tavolo per quell' irriducibile rito sociale che è il condividere il cibo con gli altri». Ecco, alla fine, di che cosa si tratta.

 

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