DI BRITISH NON E' RIMASTO QUASI NULLA – IN GRAN BRETAGNA L’ULTIMO CENSIMENTO ACCENDE IL DIBATTITO SULL’IMMIGRAZIONE: IN INGHILTERRA E GALLES DIECI MILIONI DI PERSONE (UN ABITANTE SU 6) SONO NATE ALL'ESTERO - A LONDRA ADDIRITTURA IL 40% DEI RESIDENTI È NATO IN UN PAESE STRANIERO – SUL PODIO DELLE NAZIONI DI ORIGINE SONO INDIA, POLONIA E PAKISTAN. MA PER LA PRIMA VOLTA C’È ANCHE L’ITALIA AL SESTO POSTO DELLA TOP TEN – E IL GOVERNO DI RISHI SUNAK FINISCE SOTTO PRESSIONE PER…

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Luigi Ippolito per il “Corriere della Sera”

 

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Che la Gran Bretagna, a differenza dell'Italia, sia un Paese multietnico non è una scoperta per nessuno: ma i dati dell'ultimo censimento, appena pubblicati, sono stati comunque una sorpresa. Viene fuori che in Inghilterra e Galles ben dieci milioni di persone (ossia un abitante su 6) sono nate all'estero; a Londra addirittura il 40% dei residenti è nato in un Paese straniero, con punte superiori al 50% in alcuni quartieri. Di tutti questi immigrati, oltre il 40% è arrivato negli ultimi dieci anni: 680 mila solo nel 2020, anno precedente al censimento, nonostante le restrizioni ai viaggi dovute al Covid.

 

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Quanto alle nazionalità di origine, in testa ci sono gli indiani, a quota 920 mila (e fra di loro c'è pure Akshata Murty, la moglie del primo ministro Rishi Sunak). Seguono i polacchi a 743 mila, i pachistani a 632 mila, i romeni a 538 mila e gli irlandesi a 324 mila. Ma la vera sorpresa sono gli italiani, che entrano per la prima volta nella top ten e si piazzano sesti a quota 276 mila: una comunità variegata, dai baristi agli sportivi come Antonio Conte, dai banchieri alle scrittrici come Simonetta Agnello Hornby.

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In totale, gli europei sono quasi 4 milioni, meno dei 5 milioni e mezzo che avevano fatto domanda per la residenza permanente post Brexit: segno che tanti sono tornati in patria a seguito del Covid.

 

L'immigrazione nell'ultimo decennio è stata comunque più contenuta che nel decennio precedente e quella dall'Europa è crollata dopo la Brexit. Ma le cifre del censimento indicano comunque uno smottamento sismico nella composizione sociale dell'Inghilterra e rilanciano il dibattito sull'immigrazione, reso già incandescente dagli arrivi (quest' anno già 40 mila) di migranti sui barchini che attraversano la Manica.

 

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Il governo di Rishi Sunak è sotto pressione: secondo un sondaggio, quasi il 60% dell'opinione pubblica ritiene che le autorità abbiano perso il controllo dei confini, che era tra l'altro uno degli obiettivi sbandierati della Brexit. Al ministero dell'Interno c'è Suella Braverman, detta «Crudelia», esponente della destra dura del partito conservatore e fautrice di un contenimento drastico dell'immigrazione: l'altro giorno in Parlamento ha addirittura parlato di «invasione», suscitando un coro di critiche per un linguaggio giudicato «incendiario».

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 Ma in realtà ha toccato un nervo scoperto. Il premier è però stretto tra l'ala «salviniana» dei conservatori e il mondo delle imprese, che chiede ancora più immigrati per venire incontro alla carenza di manodopera. E il portavoce di Sunak ha salutato positivamente i risultati del censimento, affermando che «il Regno Unito è sempre stato il Paese della diversità e noi celebriamo questo fatto». Non c'è dubbio che la Gran Bretagna sia stata resa grande dall'immigrazione: lo testimoniano premi Nobel come Kazuo Ishiguro, nato in Giappone, e Abdulrazak Gurnah, nato a Zanzibar, campioni dello sport come Mo Farah, che è somalo, o popstar come Rita Ora, che è kosovara.

 

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E il fatto che il primo ministro sia di origine indiana sta lì a dimostrarlo (così come la stessa Braverman e il ministro degli Esteri Cleverley sono figli di immigrati, mentre il Cancelliere Hunt, unico bianco fra i ministri-chiave, ha una moglie cinese). Ma non sono soltanto i tabloid di destra come il Daily Mail a denunciare la pressione insostenibile sul sistema sanitario e scolastico, oltre che sulla coesione sociale. Già il governo di Boris Johnson aveva messo in campo soluzioni drastiche, come la deportazione in Ruanda degli immigrati che arrivano illegalmente: ma il piano era stato bloccato dalla Corte Europea per i Diritti Umani.

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Ora la ministra Braverman starebbe cerando accordi con Paraguay, Perù e Belize per mettere in piedi uno schema simile. Quello che sembra escluso è il blocco dei gommoni nella Manica, considerato illegale: piuttosto, si cerca di raggiungere un'intesa con le autorità francesi (che al momento chiudono un occhio) per impedire le partenze.

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