“PAPÀ, PRENDI LA VALIGIA E I BIBERON” – EVA KAILI TENTÒ DI FAR SPARIRE LE PROVE DELLE MAZZETTE DEL QATARGATE, OVVERO IL BORSONE CON “50-60MILA EURO IN CONTANTI” CHE AVEVA IN CASA – INTERROGATA, L'EX VICEPRESIDENTE DEL PARLAMENTO EUROPEO, IN CARCERE CON L’ACCUSA DI CORRUZIONE E RICICLAGGIO, SOSTIENE DI NON AVER MAI SAPUTO NULLA DEI TRAFFICI DEL COMPAGNO FRANCESCO GIORGI: “SAPEVO CHE CUSTODIVA DELLE BORSE PER PANZERI. NON RIUSCIVA MAI A DIRE NO” – LA CRICCA GUIDATA DA PANZERI TENTÒ DI INFILTRASI IN 11 COMMISSIONI PARLAMENTARI UE

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1 – KAILI TENTÒ DI FAR SPARIRE LE PROVE

Estratto dell'articolo di Luca De Vito e Giuliano Foschini per “la Repubblica”

 

eva kaili 2 eva kaili 2

«So che mio marito stava custodendo qualcosa per il suo vecchio capo, Antonio Panzeri, e forse anche per il suo attuale capo, Andrea Cozzolino». Eppure non sapevo cosa né perché: «Non credo di fidarmi più di nessuno dopo quello che è successo». La linea difensiva di Eva Kaili fa perno qui, sulla giustificazione che quanto avvenuto sia stato il frutto di macchinazioni nell’ombra organizzate da Panzeri e dal suo compagno Francesco Giorgi. Traffici di cui, sostiene, lei stessa non voleva sapere.

 

Nel primo verbale rilasciato agli inquirenti, l’eurodeputata greca del Pasok ed ex vicepresidente del Parlamento europeo, finita in carcere con l’accusa di corruzione e riciclaggio nell’inchiesta Qatargate, ha dovuto spiegare molte cose ai due agenti della polizia giudiziaria di Bruxelles che l’hanno interrogata […]

 

FRANCESCO GIORGI EVA KAILI FRANCESCO GIORGI EVA KAILI

«Dopo che il mio compagno è stato arrestato sono entrata nel suo ufficio. Ho guardato tra le sue cose per capire perché fosse stato arrestato». Kaili trova la valigia, così come un pc e un telefono. «Allora ho chiamato mio padre, che era con la bambina. Gli ho chiesto di venire a prendere la valigia. (…) È una valigia per Panzeri che mio marito teneva in casa. (…) Sapevo che mio padre avrebbe raggiunto mia figlia perché nella valigia che aveva preso avevo messo dei biberon».

 

Subito dopo prova a chiamare anche l’ex sindacalista e i suoi amici: «Ho prima provato a chiamare Panzeri (che parla solo italiano) ma non sono riuscita a trovarlo, quindi ho provato a contattare Marc Tarabella e Maria Arena. Non sapevano perché Panzeri non avesse risposto».

 

banconote sequestrate a pier antonio panzeri e eva kaili banconote sequestrate a pier antonio panzeri e eva kaili

Le parziali ammissioni fatte da Kaili, che rigetta le accuse di corruzione, riguardano proprio il denaro. «Ho aperto la valigia. Ho anche aperto la cassaforte. So che (Francesco Giorgi, ndr ) stava custodendo qualcosa per il suo vecchio capo, Antonio Panzeri, e forse anche perl’attuale capo, Andrea Cozzolino».

La valigia quindi era di Panzeri, assicura Kaili, aggiungendo poi però che «c’era un’altra borsa che conteneva denaro. Era questo che (Giorgi,ndr ) aveva preso in prestito per la proprietà immobiliare». La coppia ha infatti appena comprato un appartamento. Il mutuo è a nome dell’eurodeputata, che paga il canone e i lavori, il denaro cash invece «era il contributo del mio compagno ». Nella borsa c’erano «50 o 60mila euro, non lo so esattamente perché non ho intenzione di indagare nei suoi affari». […]

 

Non mancano dei rimpianti. Dei «rapporti (di Giorgi, ndr) con Panzeri e Cozzolino non sempre mi fidavo. Francesco aveva un obbligo morale verso Antonio e Andrea, ma era troppo. Ogni volta che gli altri gli chiedevano qualcosa, si sentiva in dovere di rispondere e mettersi a disposizione. Non sapeva dire di no. Forse avrei dovuto dire qualcosa perché sono più grande di Francesco. È troppo accomodante, troppo gentile con i suoi amici in generale» […]

 

2 – QATAR-GATE: "BORSONE CON 50-60MILA € DI GIORGI". KAILI SVELA ALTRI DETTAGLI

Estratto dell'articolo da www.affaritaliani.it

 

Eva Kaili Francesco Giorgi Niccolo Figa-Talamanca Pier Antonio Panzeri Eva Kaili Francesco Giorgi Niccolo Figa-Talamanca Pier Antonio Panzeri

[….] La "cricca" - prosegue Repubblica - lavorava così. Infiltrando, secondo il parere degli inquirenti, proprio i comitati o le commissioni dell’Europarlamento. "Svolgiamo la nostra ricerca — si legge in uno dei documenti allegati dai magistrati belgi ai mandati di cattura dei primi cinque indagati e datato 12 settembre — sulla base delle Commissioni di cui fanno parte le persone interessate dal fascicolo".

 

Questo metodo di lavoro da parte dei magistrati del Belgio apre scenari inquietanti su quanto fosse estesa la rete dei rapporti.

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