“QUANDO TUTTO SARÀ FINITO, PER GLI ANZIANI SERVIRÀ LA SORVEGLIANZA DOMICILIARE ATTIVA” - IL GERIATRA ROBERTO BERNABEI: “SE RIENTRI NELLA CATEGORIA DEGLI ANZIANI CON PATOLOGIE TI SORVEGLIO, TI GUARDO COME SE FOSSI IL SANTO GRAAL - NON BASTERÀ DIRE CHE NON DEVONO USCIRE DI CASA, MA QUESTE PERSONE ANDRANNO SEGUITE COSTANTEMENTE PERCHÉ PRENDANO LE PILLOLE, PERCHÉ SIANO IN EQUILIBRIO, VERIFICARE CHE NON ABBIANO SCOMPENSI…”

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Mauro Evangelisti per “il Messaggero”

 

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«Dobbiamo proteggere i più fragili dei fragili, ormai è evidente che vi sono alcune categorie in cui Covid-19 provoca il numero maggiore di vittime. E quando saranno allentate le misure di contenimento servirà una sorveglianza domiciliare attiva, da parte dei medici di medicina generale, per le persone più anziane con quelle patologie che si sono dimostrate maggiormente a rischio con Covid-19».

 

Il professor Roberto Bernabei è direttore del reparto di geriatria del Policlinico Gemelli di Roma. Membro del Comitato tecnico scientifico, era tra gli scienziati che ieri pomeriggio hanno incontrato il governo in videoconferenza. Tema: come gestire la fase due e quando dovrà partire. «Su questo però abbiamo deciso di parlare il meno possibile per ora».

i carabinieri portano la spesa a un anziano i carabinieri portano la spesa a un anziano

 

Però è evidente che il Paese deve pensare a come difendere i più anziani. Gli ultimi dati dell'Istituto superiore della Sanità dicono che l'83,7 per cento dei deceduti aveva più di 70 anni, in particolare nella fascia di età tra 80 e 89 anni c'è la fetta più ampia, il 40,2 per cento, con una letalità che supera il 30 per cento. Prima di tutto: cosa potremo fare per tutelare i più deboli dal contagio del coronavirus?

 

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«Dipende da quale categoria e dove. Per capirci: la protezione dei più fragili dentro le Rsa, le residenze sanitarie assistenziali, è complicatissima perché ci sono i più fragili dei fragili. Età media 85 anni, 60 per cento malati di Alzheimer. Devono essere assistiti da personale che entra ed esce, da parenti che entrano ed escono. Questo spiega il dramma terribile successo in queste strutture. In tutta Italia, ma in realtà in tutto il mondo. Ho colleghi di 50 paesi con cui collaboriamo, mi dicono tutti la stessa cosa: dalle più prestigiose rsa degli Stati Uniti a quelle meno prestigiose dell'India, è praticamente impossibile proteggere queste strutture. Vi sono i più fragili dei fragili e basta che il virus passi lì vicino per mietere vittime».

 

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Ma gli anziani in Italia sono spesso, per fortuna, autonomi, hanno una buona qualità della vita. Le vittime però non sono solo coloro che sono ospitati nelle residenze sanitarie assistite o nelle case di riposo.

«E cosa ci insegna il coronavirus? Analizzando le cartelle cliniche dei decessi ci accorgiamo che sono morti con più frequenza quelli che avevano cardiopatia ischemica, fibrillazione atriale, ipertensione, diabete, insufficienza renale e obesità. Allora cosa dobbiamo fare da oggi in poi? Abbiamo identificato esattamente le stesse categorie che morivano per le ondate di calore. E allo stesso modo, queste persone vanno tracciate. E bisogna chiedere ai medici di medicina generale un impegno specifico perché ogni settimana, ogni dieci giorni, abbiano l'esatta contezza di come stanno queste persone, per poi intervenire se serve».

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Quindi è necessaria una vigilanza attiva specifica sugli ottantenni che abbiano quelle patologie.

«Esatto, se rientri in quella categoria ti sorveglio, ti guardo come se fossi il Santo Graal. La formula giusta è quella della sorveglianza attiva. Non basterà dire che non devono uscire di casa, ma queste persone andranno seguite costantemente perché prendano le pillole, perché siano in equilibrio, verificare che non abbiano scompensi. Questo deve evitare che vengano ospedalizzate con le possibile drammatiche conseguenze che abbiamo visto».

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In un futuro in cui potremo ripensare le misure di contenimento ci potranno essere delle forme di controllo specifiche per questo tipo di persone, anziani con determinati tipologie?

«È esattamente quello che ci siamo detti fino adesso. Per il momento, oltre a una forma di assistenza domiciliare, che è un discorso generale, che deve essere sviluppato nel nostro Paese, serve anche un ruolo di sorveglianza attiva per quelli che sono più a rischio da parte del medico di medicina generale».

 

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